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Autore: Liveandlove    14/02/2018    4 recensioni
Abito all'ultimo e settimo piano della mia palazzina. A quest'altezza uno si aspetterebbe di essere circondato da tetti popolati da antenne tv e piccioni appollaiati su cornicioni e mattonelle, invece la mia vista è otturata da un altro palazzo. Da un paio di settimane a questa parte in quell'appartamento si è trasferito un ragazzo che ha deciso di mettersi contro la persona sbagliata. Si sbaglia di grosso se pensa che basti una leccata al suo ghiacciolo per fottermi.
ATTENZIONE: la storia contiene un linguaggio/scene violente e di sesso. Ho impostato il rating arancione solo per permettere anche a chi non ha un account di poter accedere alla storia.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Right in front of you

Dieci


I suoi occhi aguzzi, nel buio dello spogliatoio sembrano neri, quasi a rimproverarmi per i miei malefatti e nonostante sia di spalle, percepisco lo sguardo scorticarmi le pelle attraverso i vestiti. “Finiscila Jeon Jungkook, finirai per consumarmi.” “Se per farti parlare devo consumarti con lo sguardo, lo faccio volentieri.” Sbuffo sbattendo lo sportello del mio armadietto e lo raggiungo con pochi passi; ne avevo abbastanza di questa storia.
Tutti quegli - utopici e burrascosi - avvenimenti erano accaduti solo il giorno prima, e mettendo piede fuori casa, l’esistenza di un mondo esterno mi aveva sballottolata violentemente come un mare in tempesta; tempesta persistente quanto il muro di ambiguità instauratosi fra me e Jungkook.
Provenivo da una bolla atemporale e pudica, una realtà dove sussistevamo solo io e quell’ignoto Min Yoongi, in cui ci eravamo ritrovati a sbollire sentimenti intrinsechi di lussuria e dolcezza. Realtà dove vergogna è peccato, e dove il nume non è altro che onestà e piacere.
Con passo svelto ed il cuore gonfio di felicità e la mente impregna di quelle immagini - dal tocco delle sue carezze con cui mi ero svegliata, al suo volto angelico contratto in un’incontinente espressione di piacere, al battito del suo cuore lesto e pesante dovuto alle mie schiette e dolci parole - mi dirigo verso il mio impiego notturno, dove vado a sbattere contro la barriera del castano. Ero consapevole che aveva domande, un’infinità di domande e dal rapporto instauratosi fra noi, sarebbe stato equo che io rispondessi fino all’esaurimento.
Tuttavia decido di ignorarlo e raggiungo la nostra postazione, sperando - invano - che questo lasci perdere. Non avevo proprio voglia di spiegargli tutta la faccenda dei miei genitori, le difficoltà perdurate questi ultimi anni - se non l’avevo mai fatto, c’era un motivo - e gli sviluppi di ieri sera; avrei preferito di gran lunga continuare ad ascoltare la sua storiella sul suo Taehyung.

Le ore passano e come previsto, il moro ogni volta che può mi inchioda - come un gufo - con il suo sguardo interrogativo, in attesa di risposte. Provo a persistere fino alla fine, ma quando si avvicina l’orario di chiusura e ormai il locale è vuoto, seccata, poso pesantemente lo strofinaccio e mi volto incontrando i suoi occhi pungenti. “Va bene, parliamo.” Noto l’angolo della sua bocca sollevarsi in un piccolo ghigno, soddisfatto del risultato ottenuto in cambio della sua tenacia, stuzzicando la mia voglia di strappargli letteralmente quell’espressione dal viso.
“Con il tempo ho imparato a conoscerti e per questo non ho mai osato a curiosare sul tuo passato, però dopo ieri sera, non puoi non darmi delle spiegazioni.” Percepisco la supplica nella sua voce - mai utilizzata nemmeno le volte in cui mi aveva chiesto di sostituirlo per stare con Taehyung - ed un lieve dispiacere si fa spazio nel mio petto; dopotutto non aveva fatto niente di male, aveva cercato come al solito di darmi dei consigli ricevendo in cambio la mia inclemenza. “Cosa vuoi che ti dica Jungkook? - sospiro, al pensiero della lunga conversazione che mi aspettava - Ieri sera è andato tutto alla grande, grazie a te.” Con la coda dell’occhio noto il suo viso illuminarsi di curiosità e la sua mano raggiunge velocemente il mio braccio, come a volere di più, più informazioni. “E quindi? Ora state insieme?” Le parole mi si bloccano in gola; sapevo sin dall’inizio che non era una buona idea parlarne con Jungkook: aveva ancora una volta incasinato quella giornata riempiendo la mia testa di domande. La transazione da “amici” a sconosciuti sino ad andare a letto insieme e provare ad essere felici l’uno al fianco dell’altra, era accaduto troppo rapidamente, tanto che non sapevo come etichettare tutto questo. Era questa la definizione di “relazione”? Rimane ancora un’interrogativo.
“Non ne ho idea. - faccio le spallucce - Ci siamo promessi che avremmo cercato di far funzionare le cose, e che lui avrebbe provato a rendermi felice.” La sua stretta sul mio braccio aumenta lievemente. “Lui non mi piace affatto, te l’ho già detto. - Io alzo gli occhi alla sua futile affermazione, ed apro bocca, pronta a ribattere per difendere l’altro - Tuttavia lui sembra essere sincero, ed io onestamente vorrei vederti felice, senza tutte queste barriere che ti sei creata. Per una volta segui il tuo cuore.” I suoi lineamenti morbidi, contratti in una dolce espressione smuovono in me una calorosa sensazione, una sensazione calda ed affettuosa, diversa da quella invocata da Yoongi, comunque piacevole. Quella giornata continuava a colmare quella freddezza nel mio petto con nuove emozioni: a nessuno era mai importato del modo in cui la mia percezione del mondo si fosse gradualmente atrofizzata, e tutto d’un tratto due ragazzi avevano fatto breccia in questo iceberg.
“Scusami Jungkook, per ieri sera.” Fatico a formulare questa frase senza balbettare, frase che evidentemente prende alla sprovvista il castano, il quale spalanca gli occhi. “Avevo paura di questi sentimenti… Sai come sono fatta.” Scusa più patetica del mondo. Inaspettatamente la stretta sull’avambraccio si trasforma in un abbraccio che mi coglie di sorpresa e con fatica, reprimo l’istinto di respingerlo con forza dall’altra parte della stanza. “Ormai siamo amici, Shin-ae, la mia unica amica direi. Non ti devi preoccupare, sappi che voglio solo che tu sia felice.” Lentamente il mio corpo irrigidito da questo contatto, si tranquillizza e a questa strana e piacevole sensazione di conforto, il mio viso si scioglie - come miele.
“Sappi anche che ogni qual volta ne avrai bisogno, sarò disposto ad ascoltare i tuoi problemi presenti, futuri e passati” con evidenza rimarca l’ultima parola, uccidendo il sorriso sulle mie labbra che si serrano in una linea retta. “Non-“

“Che succede quì?” Mi scrollo bruscamente dall’abbraccio e dall’altra parte del bancone, un Yoongi con uno sguardo di fuoco rischia di incenerirci sedutastante. Nonostante la sua espressione, le immagini delle ultime ore si fanno spazio nella mente come la pellicola di un film e non riesco a non lasciarmi scappare un sorriso. I capelli biondo tinti sono perfettamente allineati, ed il fisico asciutto è fasciato da un paio di jeans neri attillati con una maglietta bianca ed una giacca di pelle: è maledettamente affascinante; e malgrado le ore passate fra sesso e tenere carezze, la voglia di saltargli addosso non passa mai. “Yoongi” lo accolgo tentando di reprimere la mia oscura voglia, attratta ancor di più da quella scintilla ardente nei suoi occhi.
Il più giovane, inaspettatamente si sporge sulla piattaforma di legno - ancora umida - e si ritrova faccia a faccia con il biondo. “So che genere di persona sei Min Yoongi, Taehyung mi ha parlato di te. Perciò, sappi che se la fai soffrire ti uccido con le mie stesse mani.” All’espressione indifferente del più grande, cerco di reprimere una risata. Trovavo carina la protettività del moro nei miei confronti, ma allo stesso tempo era esilarante come Yoongi non ne fosse minimamente toccato. “Non ti preoccupare, pivello. Non farò soffrire la ragazza di cui mi sono innamorato, perciò se la tocchi ancora, quelle mani non le avrai più.” Il suo tono così confidente diffonde un lieve calore sulle mie guance - “la ragazza di cui sono innamorato” - e la sua gelosia mi rende stranamente compiaciuta, come se ne avessi tratto qualche profitto. Ancora non ero assuefatta a tutto questo calore o meglio… amore? affetto? Nulla mi era ancora chiaro; però sapevo che tutto ciò mi faceva stare bene e non ci avrei rinunciato per nulla al mondo. Prima che il piccolo Jungkook possa ribattere, la porta del locale si riapre ancora una volta, rivelando la figura della solita donna dall’aspetto etereo: il boss. 
“Oh ma chi abbiamo di nuovo quì? Nipote mio, ti vedo molto spesso da queste parti. Non dovresti occuparti di qualcosa, o meglio, di qualcuno?” Ci accoglie marcando queste ultime parole, facendo storcere l’espressione del biondo. Sapevo bene quanto fosse straziato Yoongi, non c’era bisogno che qualcun altro appesantisse questo fardello.
Per far tacere quella donna e reprimere la voglia che solletica il palmo della mia mano che ha ripreso a stringere lo strofinaccio, fingo un’espressione lieta e chiedo “cosa ci fa da queste parti?” La sua maschera fredda si ravviva repentinamente e mi rivolge un caloroso - ed improvvisamente nauseante - sorriso. “Sono venuta a controllare che tutto sia apposto, e soprattutto come procede Seokjin.” Giusto, Kim Seokjin. Non l’avevo più sentito da quella chiamata. 
Avverto il peso dello sguardo del biondo su di me ed il boss analizza la scena con circospezione. “Shin-ae? Vorrei parlarti un attimo appena finisci il turno.” Annuisco dando uno sguardo all’orologio sul mio polso che contava 10 minuti le 2:30.
Con passi lenti e graziosi, simili a quelli di un gatto, accompagnata dal dal suono dei suoi tacchi, la donna scompare dietro la porta che nasconde la cucina e tutti i presenti esalano un sospiro di sollievo. Un tocco piumato sulla mia mano, attira la mia attenzione e noto il dorso del più grande. “Tranquilla, ormai ci sono abituato.” Il suo tono tranquillo rasserena in parte quel nervosismo nato in gola, ed il suo pollice che accarezza amabilmente la mia pelle sensibile al suo tocco, modula il prurito del mio palmo, che mi istigava a chiuderlo in un bel pugno e scagliarlo contro un qualsiasi soggetto. Annuisco con il capo ed ancora una volta la bellezza dei suoi occhi mi incatena, facendomi entrare in quell’intimo mondo parallelo che avevo scoperto recentemente; che fosse quello il paradiso?
“Ehm” il castano tossicchia per ricordarci della sua esistenza, ed io mi libero dalla presa. “Dicevo, che tu - indica con l’indice Yoongi - devi prenderti cura di lei e cercare di tenere l’uccello nei pantaloni.” Scuoto il capo con un leggero sorriso, e gli do’ un leggera spinta che non lo smuove di un centimetro. “Non ti preoccupare per me, occupati del tuo Tae.” “Già occupati del tuo Taetae e tieni le mani apposto, che tanto hai bisogno di altro per alzare il tuo di uccello.” Il suo tono flemmatico mi fa alzare gli occhi al cielo e quando vedo il più piccolo ribattere, alzo di poco la voce per terminare questo battibecco. “Basta, voi due! Smettetela di fare i bambini.” Entrambi assumono un’espressione colpevole - da cani bastonati - e chiudono la bocca come due ragazzini sgridati dalla propria mamma.
I minuti passano velocemente e in un men che non si dica, la serata termina, con la nostra postazione che torna ordinata e pulita. Come da richiesta della donna, mi dirigo verso il suo ufficio, lasciando in attesa il mio “vicino di casa” sul sofà di pelle all’ingresso.
Quando metto piede nell’ufficio la donna è al telefono ed appena incrocia il mio sguardo, con un sorriso mi indica la poltrona e termina celermente la chiamata.
“Allora Shin-ae…” inizia con un tono indagatorio, il quale mi mette sull’attenti. Non aveva mai utilizzato un tono del genere nei miei riguardi e questo mi insospettiva non poco. I suoi splendidi occhi corvini - molto simili al ragazzo - mi analizzano come uno scanner e finalmente continua posando elegantemente una mano sotto il mento. “Vedo che hai già fatto amicizia con mio nipote, Yoongi.” Annuisco alla sua ambigua affermazione. “Andrò dritta al punto: non voglio che voi due intratteniate alcuna relazione amorosa. Anche se so che non sei il genere di persona che si lega a chiunque.” Il suo tono così confidente e le sue parole, mi lasciano di stucco, quasi mi seccano. Non capivo cosa c’entrasse lei in tutto questo e perchè si sentisse il diritto di avere voce in capitolo. “Perchè?” Chiedo quasi intimorita dalla sua risposta. Avevo il presagio che di lì a poco avrebbe sputato un motivo valido e logico per distanziarmi da lui; anzi ne ero sicura. Lei è sempre stata donna ragionevole e razionale, tanto da far valere le sue congetture in ogni occasione. Nonostante ciò, dopo tutto ciò che avevamo instaurato, dopo tutte quelle promesse, non avrei dato ascolto più a nessuno, avrei cercato di essere felice; non mi sarei più negata a lui, non avrei più passato un giorno senza assaporare le sue dolci labbra o senza una delle sue squallide provocazioni. 
“Perchè Shin-ae, io ti vedo come una figlia. Tu e Jungkook siete come due figli per me, e non voglio vedervi soffrire.” Il suo tono materno e protettivo, mi fa quasi accapponare la pelle. Sapevo che sentisse un attaccamento nei nostri confronti, ma per i miei gusti stava già oltrepassando il confine. “Posso capire che tiene a noi come dei figli, ed anche io devo ammettere di aver sviluppato un certo affetto nei suoi confronti, ma penso che le mie scelte personali non abbiano nulla a che fare con il lavoro o con lei…” Alle mie parole, sulle sue labbra si disegna un sorriso a dir poco inquietante. “Invece mi riguardano eccome. Shin-ae, ho intenzione di passare la gestione del locale a te.” Questa affermazione mi toglie qualsiasi parola di bocca. Non mi sarei mai immaginata che io rientrassi in tal modo nei suoi piani; da una lato ero felice che mi considerasse parte fondamentale di questo posto, tanto da cedermene la gestione, tuttavia il fatto che non ne avesse proferito parola con me mi irritava al contempo. “Questo solo se non avrai niente a che fare con Yoongi.” Eh, no. Ora mi aveva stufata con quei suoi modi di fare; si comportava come se avesse voce nella mia vita, come se fosse mia madre. Oltre tutto non eseguiva nemmeno bene il suo ruolo di zia, sporcando maggiormente la coscienza di Yoongi.
“Ma si può sapere che ha contro di lui?!” Faccio fatica a mantenere la calma, la lucidità è quasi inafferrabile; non mi capitava mai di perdere la mia placidità in questo modo. “Ho che per tutta la sua vita è stato un irresponsabile, danneggiando sua nonna, i suoi genitori e perfino se stesso. Non posso raccontarti tutto, ma è un ragazzo da buttare. Non merita il mio rispetto né il tuo.” Ogni singola parola sembra aggiungere un po’ di pagliuzza a quella fiammella innescata nel mio petto. Sicuramente non sapevo ancora molto di Min Yoongi, ma una cosa era sicura: era il ragazzo migliore che avessi mai conosciuto, perciò degno di tutto il mio rispetto e del mio “amore”. Con risolutezza formulo questo pensiero; come se questa fosse l’unica parola in grado di rispecchiare questo sentimento che mi pervadeva e mi attorcigliava come uno strofinaccio. “Signorina Min, Yoongi è il ragazzo migliore e più rispettabile che abbia mai conosciuto. Malgrado i suoi enormi sbagli, merita il mio rispetto, di conseguenza non voglio più sentirle pronunciare una parola contro di lui. Inoltre vorrei ricordarle che lei è solo il mio capo, perciò non ha diritto di mettersi in mezzo nella mia vita privata. Che mi ceda il locale oppure no, non mi interessa. Si ricordi che non è mia madre. Né quella di Jungkook.” Detto questo, mi catapulto fuori da quell’ufficio grezzo e dalle pareti color oliva, che mi stava facendo venire una certa claustrofobia e - come un dejà-vù inverso - afferro il polso del biondo che lentamente si stava alzando e acciuffo una boccata d’aria fuori da quel posto.
Il vento aiuta i miei polmoni a ristabilire una regolare circolazione ed anche la lucidità perduta. Quando noto la mia vigorosa stretta su quel polso bianco latte, mollo improvvisamente la presa e lo fisso negli occhi con espressione dispiaciuta. Nelle sue iridi non c’è traccia di collera, né di irrequietezza, solo comprensione e dolcezza, ed in un men che non si dica, mi ritrovo avvolta dalle sue robuste braccia e dal suo profumo devastante, che mi manda in estasi, come se fossi sotto l’effetto di una qualche droga. Le sue dita scivolano lentamente fra i miei capelli e le sue labbra imprimono un lieve bacio sulla mia fronte, rilasciando le pieghe d’espressione contratte. “Mia zia fa questo effetto, ormai ci sono abituato.” Inspiro profondamente la sua aroma che mi aiuta a rilasciare i nervi. “Tua zia è una figlia di puttana” sputo con rancore, senza nessun timore che questa possa spuntare da un momento all’altro. Una sonora risata risuona come una dolce musica alle mie orecchie e queste contribuisce a farmi ritrovare la mia pacatezza. Ancora una volta quella giornata mi rinfilzava l’ennesimo dilemma quotidiano. Avrei dovuto riferirgli le parole di sua zia? Probabilmente lui mi avrebbe detto di seguire ciò che mi diceva il cuore, o addirittura mi avrebbe convinta a… No. Dopo tutto il sudore speso nella costruzione questo “rapporto”, non avrebbe mandato tutto a rotoli per sua zia.
“Non ti preoccupare per ciò che ti ha detto” interrompe le mie riflessioni. Mi allontano lievemente dal suo petto per incontrare i suoi occhi - così simili a quelli maligni di poco fa - “sappi che per me, sei il ragazzo migliore che abbia mai incontrato in tutta la mia vita. Non importa cosa dicano gli altri.” Il mio tono è conciso e nei miei occhi è riflessa niente meno che la mia onestà.
Il suo battito cardiaco aumenta notevolmente, tanto da essere udibile ad entrambi ed il biondo si morde un labbro nascondendo un sorriso, quasi imbarazzato. “Cavolo, ero io che dovevo renderti felice, non tu.” Le sue labbra raggiungono le mie e con un dolce schiocco si uniscono in un carezzevole e tenero bacio, dove assaporo ancora una volta il suo fantastico sapore accogliente, il sapore simile a quello di casa
Pochi istanti dopo, il biondo si allontana da quella dolce danza ed io mi acciglio contrariata da questa interruzione. “Shin-ae, dobbiamo andare.” Io lo osservo interrogativa. Era tardi, tuttavia non abitavamo così lontano e non avevamo nessuna fretta.

“Sai, no… dobbiamo fare le valigie” parla come a darmi degli indizi per ricostruire qualcosa che la mia memoria sta evidentemente omettendo. “Quali valigie, Yoongi?” “Dobbiamo andare da mia nonna… ricordi?” Il ricordo della sua proposta mi colpisce in pieno. “Ma io ti avevo detto che sarebbe meglio se andassi da solo… ricordi?” “E io ti avevo detto che avrei preferito andarci con te… ricordi?” Non capivo affatto cosa gli passasse per la testa. Se voleva recuperare il tempo perduto con sua nonna, di certo io non gli sarei stata di nessun aiuto, anzi gli sarei stata di intralcio. Iniziamo a dirigerci verso casa mentre continuiamo a dibattere su questo argomento. 
“Perchè dovrei fare da terzo incomodo? Ribadisco, sarebbe meglio che voi passaste del tempo insieme.” Tra l’altro avevo già programmato il viaggio per Busan, e avevo davvero voglia rivisitare il posto.
Dopo la mia ultima affermazione che lo rende piuttosto inquieto, non ci rivolgiamo più la parola, ed entrambi spostiamo l’attenzione al buio circostante, bombardando questo silenzio con migliaia di pensieri. La luna è nuovamente lesta e chiara, con forma quasi piena ed il tempo primaverile rende l’atmosfera perfetta, se non fosse per il broncio sul suo viso.
Una delle cose che ho notato in questa “relazione” è che siamo capaci di gustare il tempo passato assieme anche senza proferire parola senza che si crei tensione o un’atmosfera imbarazzante - o almeno per me - ho compreso che mi basta la sua presenza; ma non in questo momento. Questo momento pesante mi appesantisce, quasi mi esaspera.
Di tanto in tanto le nostre mani si sfiorano mentre penzolano durante la camminata e ad ogni dannato tocco, i miei palmi si fanno sudaticci. Il venticello serale fortunatamente attutisce questa umidità, ma non basta. So che non cederà mai alla tentazione, infastidito com’è per la mia risposta. Perciò mi tocca sormontare la mia indecisione e spiccare il volo. Poiché malgrado la cruda onestà e schiettezza parte del mio essere, di fronte a lui mi sentivo realmente una ragazza spoglia di tutta la sua armatura. Non era la prima volta, - fino a qualche ore fa mi ritrovavo letteralmente nuda fra le coperte - eppure ogni volta mi faceva sentire come una ragazzina in piena pubertà. 
Ormai non mi dilungo nemmeno più alla ricerca di una spiegazione - su come sia possibile questo mio cambiamento di personalità - poiché ho appreso sarà sempre così: un continuo via e vai tra razionalità ed emozioni. Quando finalmente decido di cogliere l’opportunità ed intrecciare la sua mano alla mia, giungiamo a destinazione e la sua presa frena il mio passo frenetico.
Il biondo osserva le nostre mani e sorride maliziosamente. “Mi chiedevo davvero quando avresti preso l’iniziativa.” Il suo commento mi fa alzare gli occhi al cielo. “Non ti ci abituare, signor vicino di casa.” Al mio nomignolo ridacchia e mi avvicina a sé posando le mani sulle mie spalle. In un battito di ciglia sono nuovamente incatenata ai suoi meravigliosi occhi che mi mozzano il respiro, e le dita che pettinano e si attorcigliano tra i miei capelli non fanno che incrementare quello scombussolato groviglio nel mio stomaco. “Vorrei tanto che tu domani venissi perchè vorrei che prima di… andarsene, mia nonna conoscesse l’unica ragazza di cui io mi sia mai innamorato.” Il suo alito ad ogni singola parola, sfiora il mio viso sensibile al suo calore, ed il mio cuore pompa più forte, entra in crisi. “Non puoi fare così…” mormoro quasi sussurrando, incantata dal modo in cui scombussola i miei sensi. E’ già la terza volta che lo proclama ad alta voce. E non è giusto, non è giusto che bastino queste semplici parole - quasi fossero un incantesimo - per farmi cadere ai suoi piedi.
Mi mordo nervosamente il labbro inferiore, indecisa sul da farsi. Anche se evidentemente non c’è molto su cui riflettere.
“Rimarremo solo un paio di giorni, verso metà settimana torneremo a Daegu, lo prometto. So che entrambi abbiamo i nostri impegni.” “Chi ti dice che mi prenderò dei giorni di riposo solo per stare con te, bello?” Mi acciglio con un sorrisetto ed incrocio le braccia, come a sfidarlo. “Lo dico io perchè ormai sei innamorata anche tu di me, bella.” Tento di cacciare via quel calore che cerca di impadronirsi delle mie goti. “Ma questo non vuol dire che devo dar meno ai miei impegni.” “Eh allora cos’era quel biglietto del treno sul tavolino di andata e ritorno per mercoledì pomeriggio?” Mi do’ mentalmente uno schiaffetto ed alzo gli occhi al cielo sbuffando. Certo che non gli sfuggiva niente a quel pigrone. Sì, pigrone. Avevo recentemente scoperto che aveva le energie di un bradipo, - tranne quando si trattava di stuzzicarmi e fare sesso - e quella mattina aveva impiegato 2 ore sole ore per alzare il culo dal letto.
“Fortunatamente posso chiedere di cambiare l’orario del mio biglietto, sai mia nonna è di Busan ci saremmo incontrati comunque, e a te basta annullare la prenotazione nel posto in cui saresti andata a stare” mi spiega il suo programma soddisfatto.” “Va bene, pigrone.” Alla fine cedo con l’ennesima alzata di occhi che gli fa comparire un sorrisetto compiaciuto. “Eh brava, la mia piccola.”
Con delicatezza mi tira a sé e mi accoglie in un bacio inizialmente dolce come caramello. Le mie labbra si modellano sulle sue, combaciando alla perfezione e seguendo quel vortice che a mano a mano si fa impetuoso. Il dolce sapore propaga ancora una volta quella sensazione di tedio calore che stritola e gioca con le mie viscere, facendomi sentire sola al mondo con l’unico ragazzo capace di farmi sentire la persona più felice del mondo. La delicatezza di quelle sensazioni mi mozzano il respiro, giocano con i miei sensi e quando le sua lingua si insinua vorace alla ricerca della mia, le sue mani ricercano il contatto con i miei fianchi. Una scarica di elettricità parte dal contatto con la sua fredda pelle che mi travolge attivando i miei ormoni. Il suo corpo ormai già esplorato, sembra sempre nuovo al mio, che al suo tocco lo richiama disperato, assetato dell’altro. Le mie mani scivolano fino alla sua nuca e giocano con i suoi capelli, come se questo quietasse la voglia di esplorare ogni centimetro di pelle sotto quei vestiti.
Nonostante il buio pesto renda tutto più magico come se non esistesse nient’altro al di fuori di noi e nonostante la mia pelle che pizzica vogliosa e ardente, il poco senno rimasto mi manda quei pochi input per ricordarmi che il giorno dopo mi aspettava una giornata impegnativa. E quando sento la sua prorompenza sporgere dai suoi jeans attillati, afferro questo input. Con fatica mi stacco da quella tempesta di sensazioni e recuperando il fiato, a stento pronuncio “ehy pigrone, so che il tuo amico quì vorrebbe il contrario, - lo prendo in giro dando una spinta al suo junior con il mio bacino - ma domattina devo andare a lavoro e poi abbiamo un lungo viaggio che ci aspetta.” Imbronciato mette un tenero muso facendo sporgere le labbra, a cui rispondo con un’alzata di sopracciglio. “Sei sempre la solita guastafeste, perchè invece di preparare gelati a lavoro, non mi aiuti stasera con il mio?” Non so se arrossire o scoppiare a ridere alla sua sfacciataggine. “Che c’è? Mi hai ignorato per tre giorni e stai sempre attaccata a quel Junkuk o come si chiama.” Questa volta scoppio decisamente in una fragorosa risata e facendo slittare la mano sul suo pacco voluminoso, lo stringo e mi avvicino, arrivando a poche spanne dal suo volto. “Ti ho ignorato perchè è di te che mi sto innamorando, non di Jungkook. E mi dispiace, ma il tuo gelato al latte dovrà attendere.” Con espressione contorta in un misto fra il supplichevole e gioia, sussurra “io non sono un semplice gelato al latte, sono un gelato alla stracciatella e menta.” Cerca di farmi un’occhiolino, ma l’improvviso movimento dell’altra mano che gioca con l’elastico dei boxer, lo fa sussultare. “A domani, signor gelato al latte.” Gli stampo un soffice bacio sulle labbra facendo scoccare rumorosamente l’elastico del suo intimo contro la sua pelle.

 

A causa del mancato sonno, - passato da un pensiero e l’altro, rivivendo nitidamente quelle trascinanti sensazioni che mi provocava il biondo - le ore di lavoro trascorrono con una lentezza inesorabile in uno stato di continua dormiveglia. Fortunatamente questo sabato nessuna orda di adolescenti o pensionati annoiati sembrano esser golosi di gelato ed il momento di arrangiare le valigie giunge in completa stasi.
Con fatica chiudo la valigia stipata di vestiti pesanti - ho sempre sofferto particolarmente il freddo - e mi sdraio sul letto in attesa del suono del citofono. Osservando dalla finestra l’altro locale vuoto e spento, intuisco che questo non tarderà ad arrivare, e così fu, poiché dopo un quarto d’ora il trillo assordante - che mi ricordava quella notte in cui aveva fatto irruzione nel mio appartamento il biondo assieme al moro -  irrompe nel silenzio, e con cautela raggiungo la strada trascinando i bagagli fino alla sua macchina, una fottuta Porsche grigia; certe volte dimenticavo il suo background da riccone. “Ma per andare alla stazione dovevi portare una macchina del genere?” Chiedo osservando con occhio svelto l’intelaiatura in pelle e l’ambiente lussuoso. “Mi hanno comprato la macchina per la prima volta a diciassette anni, e da ragazzino qual ero non ho badato a spese. Poi quando ho iniziato a crescere, ormai ne avevo combinate così tante che i miei avevano voglia zero di comprarmene un’altra. Così per adesso mi accontento di questa finché non accumulo abbastanza soldi per la macchina dei miei sogni” conclude facendo le spallucce, come se stessimo parlando di spicci.
Scuoto il capo e chiedo “come sta oggi il mio gelato al latte preferito?” sedendomi sul sedile a fianco al guidatore. “Il gelato alla stracciatella e menta, non vedo l’ora di essere leccato da te.” Dice mettendo in moto l’auto sportiva, facendola rombare rumorosamente per poi farmi un occhiolino. “Idiota” sputo alzando gli occhi al cielo. “Il gelatino dovrà attendere un bel po’, visto che saremo in compagnia di tua nonna.” “Questo lo dici tu” rispondere con sguardo sagace, come a sottintendere altro.
Il viaggio fino alla stazione di venti minuti viene ravvivato dalle nostre voci che accompagnano la playlist preferita di Yoongi: AgustD. Un misto tra canzoni - fantastiche - prodotte da lui stesso ed altre che vanno dai più disparati, dai rap malinconici degli Epik High, alle canzoni della diva Beyoncé, sino ai rap di Eminem e Lil Wayne.
Con sorpresa, la sua voce si trasforma in una più bassa, forte e staccata che accompagna la melodia con un rap che lo rende - se possibile - ancora più attraente; tranne quando giungono le note più alte, che cerca di raggiungere con un falsetto assordante che mi porta ogni volta le lacrime agli occhi. Le canzoni scritte da lui, mi sbalordiscono per la profondità dei testi e per il modo in cui suo essere presuntuoso ma non superficiale, viene rispecchiato in esse e rappresentate in modo talmente armonioso.
Arriviamo alla stazione appena in tempo, e saliamo sul treno che dopo pochi minuti parte. Fortunatamente il treno non è così affollato e nonostante i posti designati su sedili distanti, il biondo decide comunque di sedersi al mio fianco.
Il viaggio dura non più di tre ore e con le cuffiette condivise, il paesaggio primaverile ravvivato dagli alberi in fiore, e le sue conversazioni da idiota che mantengono costante il sorriso caldo sul mio volto, sembriamo quasi dimenticare il motivo di quel viaggio.
Le varie playlist dal cellulare di Yoongi, passano in rassegna - sono davvero numerose - ed il proprietario sembra evitare ogni accenno alla sua musica, nonostante la mia evidente curiosità.
In macchina si era limitato ad accennarmi la sua passione per il rap, ma era cristallino come l’acqua che aveva tracciato una linea oltre il quale non voleva passare, ed io avevo lasciato stare, preferendo attendere che me ne parlasse lui di sua spontanea volontà.
Verso la fine del viaggio, a poche fermate di distanza da Busan, giunge l’ultima canzone della sua quarta playlist - intitolata "The Last" intravedo sullo schermo - e nonostante gli occhi fissi sul finestrino, ogni parola mi afferra come delle pesanti catene. La voce di Yoongi canta della sua battaglia contro la depressione e più di chiunque altro mi sentivo toccata da queste. Mi stavo rendendo conto di come in realtà non sapessi quasi niente su di lui, mentre io gli avevo raccontato tutti i miei trascorsi nei dettagli.
Il mio petto gonfio di amarezza e malinconia mi spinge ad osservarlo con la coda dell’occhio, ritrovandolo con lo sguardo fisso nel vuoto ed il capo poggiato sullo schienale.
Raggiungo la sua mano poggiata sul divisore del sedili ed intreccio le nostre dita in una calorosa stretta. Il suo sguardo sorpreso, incontra il mio, comprensivo, e gli sorrido dolcemente.
“Sai, il mio sogno è sempre stato quello di diventare un rapper.” Il suo tono incerto mi stringe il cuore e con una carezza sul dorso della sua mano lo incoraggio ad andare avanti. “I miei ovviamente si sono sempre opposti, avevano in mente altri piani per me. Mio padre voleva che ereditassi la sua azienda e mia madre avrebbe preferito che io facessi il chirurgo, proprio come lei; ma nessuno di questi ha mai fatto per me. Te lo giuro, ci ho provato. Sono stato mesi e mesi ad assistere mio padre nel suo noioso ufficio e ad accompagnarlo ai suoi eleganti incontri, oppure a passare i pomeriggi nel movimentato pronto soccorso dell’ospedale di mia madre. Ma niente, niente mi emozionava ed eccitava come la musica, niente è come chiudere gli occhi e rappare con parole sviluppate in millisecondi secondo flow diversi, sormontando anche quelli più difficili. Te lo giuro, niente è comparabile alla sensazione di produrre un qualcosa che ti permette di sfogare le tue emozioni e melodie fantastiche.” I suoi occhi ardono di passione, passione a cui tutti si opponevano. Aveva confluito quel misto di ardore e malinconia in quelle canzoni, e tutto quel fiume di emozioni racchiusi in quei 4 minuti, sormontano nel mio cuore come un fiume in piena. “Sono sicura che se è questo ciò che vuoi, ci riuscirai” utilizzo un tono rassicurante, ma sono realmente sicura delle mie parole. Sono sicura che abbia la passione ed il talento sufficiente per sfondare qualsiasi classifica. Non che sia un’esperta, ma perfino il mio udito ignorante ed il mio gelido cuore era stato toccato dalle sue parole taglienti e allo stesso tempo scottanti.
“Non lo so, Shin-ae. Sto trattando con una nuova compagnia e temo che mi fottano anche questa volta. E’ sempre così.” I suoi occhi vuoti, animati da una mesta scintilla carica di angoscia.
“Yoongi, proprio come sei riuscito a conquistarmi e a penetrare nel mio gelido scudo, proprio come mi hai fatto superare uno dei momenti più difficili della mia vita, sono sicura che ci riuscirai. Che sia questa compagnia, che sia un’altra, io sarò quì, al tuo fianco.” So’ che le mie parole non gli danno la carica sufficiente, ma lo vedo nel suo sguardo, lo vedo di aver tolto dal suo petto parte del suo peso. “Un’altra cosa bella nella mia vita, sei tu. E a quanto pare la mia famiglia, anzi, mia zia, è contro anche di te. Stamattina mi son dovuto sorbire una bella ramanzina” sospira pesantemente e stringe la presa lievemente come a proteggermi e a voler tenermi stretta in ogni evenienza. “Non ti preoccupare di lei, ora che mi hai reso così vulnerabile a te e mi hai fatto tutte quelle promesse, mi aspetto che tu le mantenga. Non ti lascerò andare da nessuna parte.” Mi acciglio con fare grave per fargli  intendere la serietà delle mie parole. Il suo sorriso caldo, che scopre anche la sue gengive rosee mi scaldano il cuore e capisco di aver alleggerito parte del suo gravoso fardello. “Grazie, Shin-ae.” 

“Prossima fermata, Busan.”
 


 

Ben tornati a tutti 💓

Innanzitutto vorrei scusarmi per la mia assenza ed il mio estremo ritardo. Volete uccidermi, lo so.
E’ stato ed è ancora, un periodo stressante, perciò farò fatica a pubblicare queste settimane.
In ogni caso eccomi quì, con un nuovo capitolo.
Come sempre ci sono nuovi avvenimenti, inaspettato il comportamento del boss così inquietante
 ed il nostro Min Yoongi ci apre ancora una volta le porte al suo cuore 
😌
L’ho scritto un po’ frettolosamente rubando tempo quì e lì, ma spero che il risultato sia comunque interessante,
anche se posso affermare che questo è il capitolo più insoddisfacente di tutti.

 


Va bene, signorino.


Come diavolo fa?


The duality.

Alla prossima xx

 
  
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