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Autore: endif    29/06/2009    10 recensioni
"Il buio si fece più buio. Una voragine si spalancò nel mio petto. All’improvviso sentii il dolore, immenso, pulsante, invadermi la testa. «Non c’è più…» mormorai. Chiusi gli occhi e con tutto il fiato che avevo in gola urlai tutta la mia disperazione."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change'
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NOTA DELL’AUTRICE: Grazie a tutti voi per il sostegno. Posto il nuovo cappy, il penultimo (sigh!!!). Non deludetemi e commentate numerosi….

endif

 

CAP. 36

OBBLIGHI E SCELTE

 

BELLA

Una sensazione di torpore ed indolenzimento si era impossessata del mio corpo. Provai ad aprire gli occhi con lentezza. La stanza era fresca e avvolta dal buio, fatta eccezione per una flebile luce che proveniva dalle mie spalle. Il silenzio era totale.

Ero girata di fianco con il viso rivolto alla finestra. Ebbi la chiara percezione di non essere sola.

Mi voltai con il capo alla ricerca del mio miracolo personale e mi scontrai con due ridenti occhi color miele in un volto incorniciato da una zazzera spettinata di capelli neri.

Sobbalzai trattenendo il fiato.

«ALICE??!!!» la voce mi uscì stridula e gracchiante. Arretrai con velocità disumana al bordo opposto del letto tirandomi il lenzuolo fino sopra la punta del naso e mi misi una mano sul cuore. Aveva perso un battito ed ora cercava di recuperare galoppando come un cavallo da corsa. Lo sentivo fino alla gola.

«Tranquilla, Bella! Ti farai venire un infarto!» la sua voce scampanellante nascondeva una nota gioiosa. Era in estasi.

«Come ti senti? Dormito bene?» ora aveva assunto un tono cospiratore e malizioso.

Arrossii fino alla radice dei capelli e puntai gli occhi sulle lenzuola.

«Che … ci fai qui? Dov’è Edward?» chiesi mentre tentavo di riprendere padronanza di me stessa passandomi una mano tra i capelli.

«E’ dovuto andare a caccia. Lui non voleva, ma gli ho consigliato vivamente di farlo. Con le buone, si intende … Io sono rimasta ad attendere il tuo risveglio.» rispose lei serafica.

La guardai. Era seduta comodamente su una poltroncina nell’angolo della stanza, con gli immancabili jeans sbiaditi e una camicetta color panna tutta intarsiata con motivi tribali.

Impeccabile, come sempre.

Era imbarazzante sapere di essere completamente nuda sotto le lenzuola, ma, soprattutto, sapere che lei ne era perfettamente a conoscenza.

Mi guardai intorno disorientata. Non avevo di certo immaginato così il mio risveglio dopo quella serata indimenticabile, ma conoscendo Alice, doveva esserci di certo qualcosa sotto.

 La osservai con circospezione e lei mi restituì uno sguardo candido e beato.

Sì, decisamente c’era qualcosa che mi stava nascondendo.

«Da quanto sei qui?» le chiesi un po’ infastidita, ma anche un po’ preoccupata.

«Da un po’.» rispose sempre evasiva.

Strinsi le labbra indispettita. «Bhè, ammetterai che non è propriamente la stessa cosa …» mormorai secca.

«Cosa?» fece lei di rimando.

«Svegliarmi e trovare te, invece di lui. Dopo che …, dopo la nostra …, insomma dopo aver …» cominciai ad impappinarmi e ad arrossire.

«… fatto l’amore?» finì lei per me, sporgendosi sulle ginocchia e sorridendomi dolce.

«Infatti, e per la prima volta per giunta.» aggiunsi io e la voce mi si incrinò leggermente. No, non era affatto un bel risveglio non trovare al tuo fianco la persona con cui hai condiviso dei momenti così intimi proprio poco tempo prima.

Cercai di ricacciare indietro le lacrime che sentivo pizzicarmi gli occhi, e presi dei bei respiri profondi per calmarmi. Ad ogni inspirazione sentivo male al fianco.

Mi piegai indolenzita per sciogliere i muscoli. Peggio, il movimento mi faceva stare peggio. Dal mio risveglio idilliaco, stavo lentamente passando alla scomoda realtà. Certo, forse tra vampiri non si usa, ma non avrei mai creduto che Edward mi lasciasse sola proprio dopo aver fatto l’amore con me per la prima volta!

Alla sofferenza fisica si sommò quella morale.

Cominciai ad agitarmi sotto le lenzuola. Aggrottai le sopracciglia e vidi che Alice si era seduta sul bordo del letto dal lato opposto al mio. Mi guardava con occhi dolci ed io non riuscii a trattenere un musetto dispiaciuto.

«Bella, calmati. Se ti agiti, sforzi la costola.» mi disse piano.

«La costola?» le chiesi disorientata.

«E’ incrinata. E hai un labbro tumefatto, oltre ad un po’ di lividi sparsi su tutto il corpo.» aggiunse tranquilla.

Assimilai le sue parole con una lentezza esasperante persino per un umana, poi, mi assalì un dubbio atroce.

«Lui …, lui lo sa?» le domandai sconvolta. Forse per questo era andato via.

«Non precisamente. Ha usato tutto il suo autocontrollo, ma è cosciente che avresti potuto avere delle conseguenze. Non dimenticare le sue lauree in medicina …»

«Peccato che gli manchi quella in psicologia femminile!» non riuscii a trattenermi dal dire stizzita.

Alice sospirò e, guardandomi con tenerezza, disse: «Bella, credo di capire come ti senti in questo momento. Hai tutta la mia comprensione femminile, ma non dimenticare che voi due non siete una coppia come dire …, TRADIZIONALE.» scandì piano l’ultima parola.

La fissai senza capire. Ovvio che non eravamo una coppia come le altre, ma questo che significava? Che lui era autorizzato a disertare il letto subito dopo aver fatto l’amore con me perché era un vampiro? E che lasciandomi la sorella nella stanza, al mio risveglio mi sarei sentita felice come una Pasqua, invece che mortificata ed umiliata come in realtà mi sentivo?

«Alice, non offenderti, ma perché non è qui a dirmele lui queste cose? Perché ha lasciato te a spiegarsi e non c’è lui qui? Se c’è qualcosa che non và, avrei preferito sentirmelo dire personalmente …» la mia voce che era salita di tono progressivamente, si perse in un singhiozzo strozzato.

La vidi scuotere la testa con un sorriso comprensivo dipinto sul volto angelico.

«Bella, non capisci. L’HO OBBLIGATO IO AD ANDARSENE.» scandì lentamente parola per parola. 

E quando la fissai ancora più confusa, la sentii prendere un profondo respiro e scostare il lenzuolo con un gesto deciso.

«L’ho dovuto fare per forza.» disse indicandomi il coprimaterasso.

Pensai che fosse impazzita, ma poi, guardai il punto verso cui era rivolta la sua mano e capii.

Quasi al centro del letto una vistosa macchia di sangue ormai rappreso faceva bella mostra di sé.

Il rosso era di una tonalità molto chiara, viva.

Quello era il sangue proveniente dalla mia verginità.

Fissai imbambolata quel contrasto di colore con il candore del resto del lenzuolo e mi sembrò di andare a fuoco.

Oh, Edward!

Chissà cosa doveva aver sofferto a starmi vicino mentre del sangue vivo fluiva da me!

«Alice, io …» cominciai mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime.

Lei ricoprì il lenzuolo e mi accarezzò una guancia.

«Shh, non piangere, Bella. Questa è una cosa meravigliosa, non una tragedia. Ad alcune donne non succede proprio nulla, ma tu perdevi molto sangue. Non avercela con lui. Se ti può consolare, l’ho dovuto letteralmente scaraventare fuori di casa, perché non si sarebbe mai mosso da qui. Che impicciona, penserai tu! Ma ricorda che io ho qualche informazione supplementare …» e si toccò la tempia con l’indice.

«Hai … hai avuto una visione?» le chiesi balbettando.

Mi fissò con occhi vacui per un attimo, poi, scrollò le spalle e mi guardò nuovamente con lo sguardo limpido «Non ci pensare.»

«Quando tornerà?» ero ansiosa di rivederlo, mi mancava terribilmente.

«Fra non più di mezz’ora. Bella, giù c’è anche Carlisle. Se te la senti, vorrebbe darti un’occhiata alla costola. Ma se vuoi possiamo aspettare Edward …» la voce di Alice era dolce e affettuosa.

«Dammi solo un attimo per riprendermi.» risposi io.

«Ma certo, quando sei pronta lo accompagno su da te.» fece lei alzandosi dal letto e dirigendosi verso la porta.

Si soffermò con la mano sulla maniglia, poi si girò e strizzandomi l’occhio disse: «Però, niente male il mio fratellino eh?!»

Il cuscino che le lanciai si scontrò sulla porta chiusa, mentre la risata di Alice scampanellava per le scale.

 

EDWARD

Lo osservai attentamente.

Era sempre un piacere cacciare insieme a lui, ogni volta c’era qualcosa da imparare. La sua esperienza in tattica e strategia era davvero insuperabile. Si accucciò e chiuse gli occhi per farsi guidare essenzialmente dall’udito e dall’istinto, invece che dalla vista.

Anche quando si trattava di prede molto facili, Jasper agiva con cura e precisione. Era nella sua natura. Lo vidi girarsi in maniera impercettibile verso destra e affinai anch’io l’udito.

Il silenzio del bosco era una delle cose che preferivo quando cacciavo. Amplificava la concentrazione e acuiva i sensi.    

Un battito leggero e rapido proveniva da quella direzione. Dopo qualche attimo un giovane stambecco maschio si fece strada tra le rocce. Il ritmico rumore dei suoi zoccoli si era fatto leggermente più intenso ora che non procedeva più sull’erba.

Jasper spostò il peso sulle punte dei piedi e in una frazione di secondo gli fu sopra afferrandolo di lato. Vidi l’animale dibattersi furiosamente tra le sue braccia. Scalciò con tutta la sua forza, quindi Jasper inclinò con grazia la testa verso il suo collo. Lo stambecco si irrigidì un attimo ed infine, si accasciò privo di forze su se stesso.

Lui  lasciò cadere la carcassa con delicatezza per terra.

Nel suo modo di fare, in ogni suo gesto non c’era disprezzo per la vita che aveva preso. Paradossalmente uno dei vampiri più sanguinari che avessi mai conosciuto, di quelli che avevano ucciso nella loro esistenza centinaia e centinaia di esseri tra umani e vampiri, provava rispetto per l’animale che l’aveva nutrito.

Ecco una nuova lezione che si poteva trarre quel giorno dall’aver cacciato con lui. C’è sempre tempo per recuperare, per capire quale sia la strada giusta da percorrere.

Si avvicinò a me con passo lento.

Mi osservò mentre, appoggiato con le spalle al tronco di un quercia, lo guardavo assorto.

Qualcosa non và? Pensò fermandosi a pochi passi da me.

Scossi leggermente il capo. «Jasper, cosa provi quando cacci?»

Spostò il capo di lato e guardò il corpo esanime dello stambecco poco distante da noi. Sospirò e puntò gli occhi su di me: «Non mi piace uccidere, se è questo che vuoi sapere.» Non mi è mai piaciuto. Pensò quasi contemporaneamente.

Continuai a guardarlo. Lui sosteneva il mio sguardo tranquillo. Sentii dalla sua testa che stava cercando di sondare le mie emozioni.

Sorrisi. Lui fece altrettanto. Sapeva che gli stavo leggendo la mente.

Ti stai chiedendo cosa mi ha convinto a cambiare rotta alla mia esistenza? Mi chiese con i suoi pensieri.

Annuii con il capo in maniera impercettibile.

«Alice.» rispose.

Attesi che continuasse. In genere non ci soffermavamo quasi mai in discorsi così confidenziali, ma quella sera le cose per me erano cambiate. Sentivo di essere ad una svolta.

«Come sai, prima di incontrarla ero allo sbando, in un vortice di violenza e di odio.» si interruppe un momento, poi continuò.

«Edward, io ho ucciso molti uomini, e molti vampiri. Troppi. Nella mia mente sentivo le loro emozioni, prima che le loro esistenze finissero. Ho preso le loro vite, ma quello che non riuscirò mai a cancellare dalla mia anima e la perdita della loro speranza. La consapevolezza che il mio viso sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbero visto, che non si sarebbero mai salvati e che io ero la loro fine, mi ha marchiato a fuoco. Al pari della loro, anche in me la speranza moriva con ogni vita che stroncavo, con ogni famiglia che distruggevo …» fece un attimo di silenzio, poi proseguì: «Incontrare Alice è stato come un fulmine a ciel sereno. Ho saputo immediatamente che lei era il mio destino, che non sarei mai più stato lo stesso. Lei è stata la cima a cui mi sono aggrappato per risalire a galla. Con lei ho ritrovato la speranza.» disse le ultime parole con un sorriso a fior di labbra.

E’ un po’ come quello che provi per Bella. Ogni cosa al suo posto … terminò la frase pensandola nella sua testa.

Feci un cenno di assenso con il capo. Già ogni cosa al suo posto. Sì, ma lui non rischiava di ucciderla Alice. Erano uguali, loro.

Di certo io potevo considerare lei il sole nella mia eterna mezzanotte, la mia ancora di salvezza. Ma lei? Quella sera avevo reso donna la mia Bella, ma almeno un paio di volte avevo messo a rischio la sua vita. E il suo corpo da umana ne aveva risentito. Non sapevo quanto male le avessi fatto, ma di sicuro non era un caso che con Alice fosse sopraggiunto anche Carlisle.

Jasper mi aveva portato via a forza, proprio quando ero giunto al limite.

“I nostri corpi erano ancora allacciati, i nostri respiri ancora affannati, e mi ero accorto che Bella aveva perso conoscenza tra le mie braccia. Il suo corpo era caldo, un po’ sudato. Il mio si era leggermente intiepidito a contatto con il suo. Le avevo sostenuto il capo con delicatezza appoggiandolo sulla mia spalla, dopo essermi spostato io sotto portandola sopra di me, per non pesarle addosso. Immobile, ascoltavo il battito del suo cuore che da forsennato stava lentamente normalizzandosi. Reazione umana normale, avevo pensato, tranquillizzandomi un po’. Avevo dato uno sguardo rapido alla sua schiena mentre con dita leggere l’accarezzavo. Alcuni segni rossi, sulle braccia, uno più vistoso alla base del fondoschiena, in prossimità della colonna vertebrale. Lì dovevo averle fatto davvero male.

Sospirai. Avevo cercato di essere il più delicato possibile, ma ero consapevole che il mio meglio poteva non essere stato abbastanza.

Dopo un po’, stringendo i denti al pensiero che era giunto il momento di staccarmi da lei, di uscire dal suo corpo, presi un bel respiro e accennai ad un lieve movimento. Ma non avevo tenuto conto della delicatezza del suo organismo. Appena mi ero spostato un po’, ritraendomi, avevo avvertito un caldo fluire dal suo ventre verso di me.

Sangue.

E parecchio anche.

Vivo e caldo sangue.

Bella priva di sensi tra le mie braccia, il richiamo della mia droga preferita che si faceva sentire prepotente, che mi invadeva l’olfatto, il tatto, tutti i sensi.

Gli occhi che si scurivano. La bocca che si apriva leggermente e si avvicinava al suo collo reclinato sul mio petto. I miei denti scoperti, affilati quanto rasoi, che avevano quasi sfiorato la sua carne tenera …”

Ansimai e chiusi gli occhi.  

Calmati, Edward. Stà bene, non temere. Carlisle la starà visitando per sicurezza, ma se le fosse accaduto qualcosa ci avrebbero avvertiti. Sentii la voce mentale di Jasper e un senso di pace mi invase.

“E, poi, come in un sogno la sua voce che sussurrava il mio nome «Edward …»

Mi ero bloccato ad un millimetro dalla sua gola, chiudendo gli occhi.

«Ti amo …» ancora la sua voce nel sonno.

Con gli occhi ancora chiusi, avevo sorriso impercettibilmente.

Non esisteva forza più potente al mondo che potesse piegare la mia belva della voce dolce e angelica di Bella Swan. Specie quando era indifesa, inconsapevolmente innocente tra le mie braccia.

Avevo deglutito il veleno che mi invadeva la bocca, e l’avevo stretta a me teneramente.

Dopo più o meno una trentina di minuti avevo cominciato a sentire i pensieri di Alice. Mi mostrava  me stesso, con gli occhi neri dalla sete e sofferente per la vicinanza con il sangue di Bella e aveva insistito affinchè andassi a caccia con Jasper. Bhè, diciamo che mi aveva praticamente obbligato, dopo avermi mostrato una certa immagine di Bella …”

Non essere così duro con te stesso, in fondo è andata bene, no? Osservai Jasper strizzarmi l’occhio furbescamente.

Bene, non rendeva in realtà l’idea. Era stata un’esperienza indimenticabile, unica e meravigliosa. Una smania incontrollabile di rivederla cominciò a farsi sentire prepotentemente.

Bella, amore mio … Chissà cosa aveva pensato al suo risveglio non trovandomi accanto a lei?

«Jazz, se tu sei pronto, vorrei tornare.» dissi staccando il busto dal tronco e drizzandomi con le spalle.

Annuì, comprensivo.

Ero impaziente di ritrovarmi con Bella.

Dovevamo parlare.

  

 

   
 
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