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Autore: cristal_93    22/02/2018    3 recensioni
[Alcuni di questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di di Cassandra Clare. La storia è ambientata tra il terzo e il quarto libro di The Mortal Instruments. *Spoiler * da Cronache di Magnus Bane e Le Origini. La protagonista e, più avanti, anche altri personaggi, appartengono a me in qualità di Original Characters; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro]
A Brooklyn, dimora di una delle più grandi concentrazioni di Nascosti del mondo, presto farà la sua comparsa una ragazza proveniente dal lontano Oriente. Il suo nome è Yumi, ed è una strega, figlia di un demone e di un umana, ma è diversa da tutti i suoi simili, e nasconde un grande segreto. Ha viaggiato in lungo e in largo per molto tempo prima di raggiungere la Grande Mela, dove vive l'unica persona in grado di aiutarla. Ma la meta, pur essendo così vicina, in realtà è ancora molto lontana. E Yumi si ritroverà a combattere una dura battaglia, sia contro sè stessa, in cui dovrà scegliere se rivelare il proprio segreto o andare contro i propri principi morali e contro il proprio passato.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Catarina Loss, Magnus Bane, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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« Proprio non ti entra in testa cosa significhi essere diplomatici, vero? »

« E tu cosa voglia dire farti gli affari tuoi » grugnì Yumi. « Giusto per sapere, c’è qualcosa che devi dirmi a proposito del tuo orientamento sessuale? Non mi sembra ti abbia dato fastidio il suo commento ».

« La mia sessualità è a posto, ma ho molti dubbi a proposito della tua ».

Yumi sbuffò e si massaggiò gli occhi. L’altra la ignorò e prese il menù. Yumi la imitò ma guardò le parole stampate sulla carta senza vederle davvero, perdendosi immediatamente nel fiume dei propri pensieri. Malgrado fosse iniziata nel peggiore dei modi, la giornata era miracolosamente proseguita bene: dopo il breve scambio di battute nello spogliatoio, lei e Catarina non si erano quasi più rivolte la parola, ma questo non aveva affatto intralciato le loro mansioni; a dirla tutta si sarebbe potuto pensare che non sarebbe andato così bene se una delle due avesse aperto bocca durante il lavoro, che era filato liscio come l’olio. L’intesa che avevano scoperto aiutando quella ragazza incinta si era mantenuta intatta e aveva creato come un canale di comunicazione in cui a parlare era stato più il silenzio che le parole dette ad alta voce.

Yumi non ci aveva fatto caso subito perché il lavoro le aveva assorbite completamente ( era rimasta sconvolta quando aveva scoperto che Catarina non aveva esagerato a proposito del carico eccessivo) ma ora che non aveva più bende da cambiare, iniezioni da fare, persone da tranquillizzare e tenere ferme, poteva ragionare con calma e ritrovarsi a riflettere con sorpresa su quello che  era successo. L’affinità che aveva instaurato con Catarina, tanto per cominciare:  non riusciva a spiegarsela, era stata… istintiva, come respirare; dopo poco si era trovata a lavorare in perfetta sincronia con quella donna come se non avessero fatto altro per tutta la vita. Cercò di convincersi che fosse dovuto al loro essere sia streghe che guaritrici e quindi avevano una comune visione del mondo e delle persone… ma non erano le sole cose che avevano in comune,  Yumi l’aveva capito non tanto durante la pausa pranzo, quando si erano fermate a mettere qualcosa sotto i denti ed erano finite a parlare del più e del meno, quanto lavorando insieme.

Le differenze tra loro erano così poche che si riducevano ai loro marchi e alle abilità metamorfiche  e combattive di Yumi, anche se, riguardo quest’ultima, non era molto corretto classificarla come una “differenza”: c’erano modi e modi di essere guerrieri che non necessariamente  si traducevano nello impugnare armi o fare a cazzotti così come non tutte le battaglie erano per forza di cose quelle in cui si combattevano demoni, con ogni probabilità, Catarina non sapeva nemmeno maneggiare un pugnale… ma era anche lei una guerriera senza ombra di dubbio, forse anche più di quanto lo fosse Yumi, anche se il suo corpo non era segnato come quello di lei, anche se non andava in giro di notte furtiva come un’ombra, anche se non aveva zanne né artigli.

Yumi lo aveva capito lavorando con lei: anche se era pienamente consapevole dei rischi che correva ogni giorno per via del suo marchio, non lasciava che la paura di essere smascherata influisse sulla sua volontà di curare i mondani e lavorava duramente per prendersi cura di loro anche se non le rendevano per niente la vita facile, anche se molte volte non erano per niente gentili con lei e anzi avrebbero meritato di essere lasciati a sé stessi se non fosse stato per il buon cuore di Catarina, che si preoccupava per gli umani come Yumi non aveva mai visto fare a nessuno, l’affetto che nutriva per loro era proporzionale  solo a quello che Yumi aveva nei confronti dei Nascosti.

E l’ammirava davvero tanto per questo: lei metteva tutta sé stessa per aiutare i mondani, anche se veniva vessata e sarebbe incorsa ad un trattamento assai peggiore se avessero scoperto la sua vera identità, e lo faceva senza pretendere nulla in cambio con il minimo tasso di riconoscenza che si potesse ricevere dalle persone nonostante il duro lavoro che ogni giorno svolgeva. Di lei Yumi aveva capito anche che era una persona seria e responsabile, di quelle che sapevano stare al mondo, perfettamente consapevole dei propri punti di forza così come dei propri limiti, di cosa voleva e dove voleva essere, che non si lasciava distrarre dalle sciocchezze e che considerava il proprio lavoro la propria vita e metteva anche l’anima in ciò che faceva.

Yumi non faticava a credere che Catarina rimanesse un’infermiera in ogni istante della sua giornata, sia dentro che fuori l’ospedale, ancor più che una strega, e dopo averlo capito aveva iniziato a guardarla con vero rispetto, perché non c’era assolutamente paragone tra di loro. Era evidente chi fosse la vera guerriera tra le due: era Catarina quella più coraggiosa, quella che combatteva le battaglie più difficili, un’eroina che però restava nell’ombra senza emergere, misconosciuta dalla maggior parte delle persone a cui però non interessava affatto brillare e nemmeno si sforzava di nascondersi ma semplicemente viveva la vita che si era scelta senza farsi condizionare da niente e nessuno…e soprattutto che sapeva gestire benissimo la sua rabbia e usarla per qualcosa di costruttivo.

A suo confronto, Yumi si sentiva arrogante e presuntuosa: certo, anche lei metteva l’aiutare gli altri prima di qualsiasi cosa e non le importava essere famosa, ma a differenza di Catarina combatteva eccome alla luce del sole, il suo nome era sulla bocca di tutti e purtroppo non aveva potuto evitarlo, anche se avrebbe preferito di gran lunga rimanere nell’ombra se le circostanze della sua vita glielo avessero permesso e se tra i Nascosti le voci non dilagassero a macchia d’olio appena questo veniva rovesciato.

Non riusciva a non sentirsi invidiosa di Catarina, e per più di una volta nell’arco di quella giornata si era ritrovata a scoprire che avrebbe di gran lunga preferito essere come lei, senza che nessuno sapesse la sua identità e trasformasse il suo nome in una parola da pronunciare con devozione come se fosse uno scongiuro quando le cose si mettevano male. Non lo avrebbe detto a Catarina però, non era il caso di metterla a parte di certe confidenze, anche perché parlarne l’avrebbe solo fatta a sentire più a disagio di quanto non fosse già; considerato poi come la pensava Catarina al riguardo, era meglio evitare di accendere falò pericolosi e rischiare di causare un incendio.

Le metteva una certa apprensione, comunque, essere così in sintonia con Catarina, ma non abbastanza da farle abbassare la guardia e lanciarsi a testa bassa dandole troppa fiducia senza la giusta prudenza. A turno finito, Yumi le aveva proposto di andare a cena fuori, e dopo che Catarina le ebbe dato della ruffiana e l’aveva messa in guardia in merito al fatto che certi giochetti di flirt con lei non funzionavano e Yumi le ebbe detto che lei non era tipo da sotterfugi e che anzi disapprovava quel modo di corteggiare qualcuno, erano andate da Taki. Con un Portale avrebbero fatto molto prima, ma di comune e tacito accordo le due avevano deciso di andare a piedi.

Iniziava già a fare freschino, ma non così tanto da stringersi nelle giacche e allungare il passo, così entrambe si erano godute la passeggiata, sempre se “godere” significava passare buona parte del tragitto a sentirsi prendere in giro per la propria maglietta dei Pokémon (Yumi si era cambiata d’abito in un vicolo, vogliosa solo di levarsi di dosso il competo elegante e di non indossarlo più per i prossimi tre decenni) ed essere classificata come una “nerd maschiaccio che puzzava di selvatico”.

La mutaforma però aveva tenuto la testa altra e aveva risposto dicendo che era meglio nerd che la rappresentazione vivente di un personaggio di cartoni per bambini col moccio al naso, e tra una frecciatina e l’altra erano arrivate a destinazione, ma era stata un’allusione di Kaelie a porre fine alla battaglia, con la Nascosta che aveva fatto i complimenti a Yumi “per aver deciso di godersi finalmente le gioie della vita”. Catarina aveva adocchiato al volo un tavolo libero e aveva trascinato via Yumi prima che potesse compiere un faticidio, con lei che aveva borbottato tra sé e sé sul modo migliore per cuocere mezze-nixie impertinenti.

Dette solo una veloce occhiata al menù ignorando deliberatamente la sezione per i Nascosti, tanto né la carne al sangue né le trote crude avrebbero mai avuto un posto nel suo piatto e soprattutto nel suo stomaco visto che la prima l’avrebbe nauseata e la seconda l’avrebbe fatta andare fuori di testa. Una volta non si sarebbe fatta tutti questi problemi, in altri tempi si sarebbe buttata in acqua completamente vestita invece di annodarsi la veste ai fianchi e immergersi fino alle ginocchio, avrebbe sguazzato nell’acqua e si sarebbe buttata sui pesci senza nemmeno aspettare l’occasione propizia. Anche dopo essere riuscita a prenderne qualcuno, avrebbe comunque dovuto lottare ancora, questa volta con Ryuu, per appropinquarsene il più possibile, sfide che però finivano per degenerare in duelli in cui l’unica legge era quella del più forte, con i due contendenti completamente dimentichi del cibo abbandonato sull’erba a marcire al sole.

Anche dopo essersi guadagnato il bottino con onestà, però, Ryuu doveva poi fare i conti con la testardaggine dell’amica, che non si dava per vinta e ci riprovava ancora e ancora finché non crollava sfinita, e allora lui se la caricava in groppa, prendeva tra i denti il telo con dentro i pesci e tornavano a casa, dove Ryuu consegnava cibo e figlia a Sora e Karin e poi tornava nel bosco.

Si rese conto di aver pensato a Ryuu per la prima volta dopo ore e ore e le mancò il respiro: si era dimenticata di lui, che era il suo primo pensiero al mattino prima di aprire gli occhi e l’ultimo la sera prima di chiuderli, che cercava come un riflesso incondizionato anche se erano così vicini che sentiva il suo corpo muscoloso premere contro le sue gambe e quando lo trovava si sentiva più tranquilla e sicura perché, anche dopo tutti gli anni trascorsi, aveva ancora che potesse sparire da un momento all’altro... come se non esistesse, e non era mai successo.

Sentì il cuore irrigidirsi, e ben presto si ricordò della ragione per cui il lupo non c’era, e con essa subentrarono di nuovo la rabbia e il senso di colpa. Si era trovata bene con Catarina malgrado le premesse, però… sentiva che non era giusto, che non andava bene, che mancava qualcosa… e quel qualcosa era proprio Ryuu, perché non riusciva a permettersi di essere serena se lui non c’era, ancor meno se sapeva benissimo di non meritarselo e di essere la causa del motivo per cui lui non era presente. Non era la prima volta che litigavano, ma allora cosa c’era di diverso stavolta, perché le pesava più del solito? Forse era perché non avevano propriamente litigato ma si erano trincerati dietro il loro mutismo senza nemmeno affrontarsi direttamente; Yumi era ancora delusa dal suo comportamento a cui comunque doveva ancora trovare una spiegazione… o forse il suo era solo una scusa per non ammettere di essere maggiormente in torto tra i due e ora Ryuu ne faceva le spese… di nuovo.

Tra di loro erano sempre stati i gesti a parlare, ma non era mai stato un problema: anche se erano completamente diversi, non ci avevano mai dato peso perché erano proprio queste differenze il fondamento del loro rapporto; aveva sempre guardato alle loro diversità come ad una benedizione, ma mai come allora a Yumi sembrò invece una maledizione, e il non aver ricevuto nessun segno di vita da parte di Ryuu per tutto il giorno non migliorava di certo la situazione.

« Terra chiama Yumi, rispondete Yumi » disse Catarina scioccando le dita davanti agli occhi della ragazza, che si riscosse e tornò al presente.

« Ci sono, ci sono… » mormorò per niente convinta.

« Non si direbbe, è cinque minuti che guardi il menù come un ebete, potresti riconnetterti col mondo terrestre e decidere cosa vuoi, per favore? » chiese spazientita l’altra colpendole il braccio col menù.

Yumi la guardò storto.

« Un’insalata, grazie » borbottò monocorde alla cameriera.

Catarina aggrottò le sopracciglia perplessa e dette la propria ordinazione senza smettere di scrutare Yumi. Kaelie, al contrario, guardò la mutaforma con divertimento:

« Qualcuno ha la luna storta, stasera? »

« Smamma, figlia dei fiori mancata » disse seccata Yumi.

La Nascosta guardò ai lati di Yumi e sogghignò:

« Ne hai combinata un’altra delle tue, vero? Dovresti iniziare a pensare seriamente ad ammorbidire il tuo carattere, o finirà che non riuscirai mai a trovare un ragazzo  ».

Yumi strinse i pugni e scoprì i denti.

« Ops, tasto dolente ? » insinuò Kaelie ridacchiando. « Ora mi spiego la presenza di questa strega, non potendo avere il carrozzone ti accontenti del Go Kart? ».

Yumi afferrò la saliera e si alzò di botto per ficcargliela in gola, ma Catarina la tirò per i capelli e la fece ricadere al proprio posto.

« A parte il fatto che, malgrado sia veramente difficile credere che sia una ragazza, piuttosto che con lei preferirei andare a letto con un malato di gonorrea, se levassi dalle tue viscide pupille la membrana che le ricopre forse ti accorgeresti che non è Yumi quella che si autocommisera ogni giorno per colpa di qualcuno per cui non sarà altro che un’eterna ruota di scorta da prendere in considerazione solo per noia » disse duramente la strega blu.

Kaelie serrò le labbra e inspirò profondamente, ma invece di rispondere girò i tacchi e se ne andò indispettita.

« Troverà un altro modo per vendicarsi » sentenziò Yumi guardandola allontanarsi.

« E come, sputandomi nel piatto? Stai tranquilla che me ne accorgerei ».

« Io invece penso non siano in molti ad accorgersi che non è il caso di sottovalutarti ».

« Non sono un’attrazione da circo come te, Robin Hood ».

« Scusami tanto, Puffetta, ma le tigre ammaestrate sono passate di moda ».

« Come no, e gli Shadowhunters odiano i Nascosti perché uno di noi gli ha rubato l’ultimo budino alla mensa scolastica ».

« Ma stai zitta… » borbottò Yumi sforzandosi però di non sorridere e tirando fuori il cellulare.

Nessuna chiamata e nessun messaggio, anche se Yumi non credeva al detto “niente nuove buone nuove” perché non era vero, ma comunque non poteva nemmeno stare col fiato sul collo dei ragazzi: gli voleva bene e sempre, sempre sarebbe stata preoccupata per loro, ma doveva lasciarli vivere la loro vita; se mai avessero avuto bisogno di lei, allora sarebbe accorsa in men che non si dica, ma non gli avrebbe fatto nessuna pressione. Rimise a posto il telefono e si appoggiò allo schienale del divanetto sbuffando, col cappello che le scivolò giù dagli occhi.

Guardò in direzione della collega, pur non vedendola davvero attraverso la stoffa del cappello, e si trovò ad ammirarla e esserle grata per l’ennesima volta, non era proprio dell’umore giusto per sopportare le provocazioni di Kaelie, se non ci fosse stata Catarina… Ringraziò di avere il volto coperto, sennò niente avrebbe impedito alla strega di capire i suoi pensieri se avesse avuto modo di guardarla in faccia. Una delle cose che la spaventavano e affascinavano di Catarina: riusciva a leggerla molto bene.

Non del tutto per fortuna, però sembrava capace vedere dentro di lei come se fosse stata trasparente e ciò che pensava fosse messo in risalto, inutili i tentativi di sviarla o negare l’evidenza. Non aveva però del tutto il coltello dalla parte del manico: anche Yumi si era riscoperta abbastanza brava da intuire quali fossero i pensieri della donna dietro i suoi modi bruschi, glielo aveva fatto intendere molto presto, ma Catarina non era sembrata affatto infastidita, casomai piacevolmente stupita e non in senso cattivo. E sorpresa era stata anche Yumi, perché quando guardava Catarina… le sembrava quasi di guardare sé stessa.

Catarina era molto diversa da lei, ma al tempo stesso guardarla era come guardare il proprio riflesso allo specchio, poco importava che una avesse la pelle pallida, capelli neri e occhi a mandorla mentre l’altra fosse una sottospecie di gnomo da giardino con la pelle blu. Le sarebbe piaciuto smettere di avere paura, lasciarsi andare per davvero per una volta e imparare di nuovo a fidarsi di qualcuno, ma il suo orgoglio e le vecchie ferite continuavano a impedirglielo; ancora non aveva imparato a scenderci a patti e conviverci, certe cose non era possibile risolverle nemmeno dopo secoli .

Non voleva poi sembrare di nuovo debole davanti a Catarina e spingerla a comportarsi nei suoi confronti come se fosse una povera demente bisognosa di cure, e inoltre era evidente che non le stava molto simpatica, quindi non dubitava che non si sarebbe lasciata scappare occasione per darle contro. Senza contare poi che, ora che ci faceva caso, i suoi occhi azzurri le ricordavano in modo fin troppo doloroso quelli di Ryuu, ed era proprio come se in quel momento il suo amico la stesse guardando e rimproverando silenziosamente marcando ulteriormente la sua assenza che Yumi sentiva sempre più tangibile ogni secondo che passava…

 
Catarina guardò di sottecchi la compagna e la vide mordersi le labbra come se qualcosa la frustrasse ma stesse cercando di combatterla per non lasciarle prendere il sopravvento. Sospirò: si erano conosciute ufficialmente quella mattina, ma le sembrava di averlo fatto da un’eternità. Aveva sentito parlare di lei per anni, certo, ma non era come Magnus, sapeva bene che ci voleva l’esperienza diretta, l’approccio e il confronto con l’altra persona per poter dire di conoscerla, non pretendere di saperlo fare solo perché ritenevi sufficiente quello che avevi sentito dire.

Si era trovata bene con lei: malgrado il carattere, Yumi era davvero in gamba, intelligente, acuta, volenterosa, disponibile e affidabile, non la bestia indomabile e ottusa che le era sembrata all’inizio. Catarina non si era mai trovata a lavorare così bene con qualcuno da…bè, probabilmente era la prima volta. Da quello che aveva imparato su Yumi, però, sapeva che non sarebbe stato facile conquistarsi la sua fiducia, la ragazza non era il tipo a cui bastava cambiare le lenzuola in compagnia per indurla a fidarsi del prossimo.

Sapeva che era presto per pensare una cosa del genere, ma le sembrava che ci fossero abbastanza buoni pronostici perché la loro collaborazione potesse sfociare in un buon rapporto come quello tra …Sbatté le palpebre e si prese la testa tra le mani: ma cosa andava a pensare? Era bastato un solo giorno in compagnia di quella ragazzina per desiderare che potesse diventare la sua amichetta del cuore solo perché avevano qualche interesse e capacità in comune?! Scosse forte la testa, agghiacciata da sé stessa: da quando era diventata così sdolcinata? Un ragionamento simile se lo sarebbe aspettato da Magnus, non da lei. Era alquanto imbarazzante, e lo sarebbe stato ancora di più se fosse arrivato alle orecchie di…

Si bloccò nello stesso istante in cui si rese conto del pensiero appena formulato e si passò una mano sul viso: ci era cascata di nuovo. Ancora parlava di lui come se fosse vivo, come se componendo il suo numero il telefono non avrebbe suonato a vuoto ma al terzo squillo la sua voce profonda e perennemente scocciata si sarebbe fatta sentire dall’altro lato dell’apparecchio… una voce per cui avrebbe dato qualunque cosa per sentire ancora una volta, per udirla ridere e scherzare con lei, per sentirla spazientita ed esasperata rivolta a Magnus o per sentirla chiamare il suo nome…

Strinse i pugni: ancora non riusciva a pensare a Ragnor senza sentirsi straziare dal dolore, ma era passato troppo poco tempo, le cose sarebbero sicuramente migliorate…o forse no, e come avrebbero potuto, del resto? Lui era stato una delle persone in assoluto più importanti della sua vita, mai avrebbe smesso di sentirne la mancanza, di cercarlo ovunque e in ogni cosa, di sognarlo di notte e risvegliarsi in lacrime il giorno dopo. Era anche questo il motivo per cui si sentiva avversa a ponderare l’idea che lei e Yumi potessero diventare amiche: la ferita nel suo cuore era ancora troppo aperta, troppo dolorosa, e dubitava che una perfetta estranea sarebbe riuscita a lenirla, anzi, dubitava che chiunque, persino Mangus, potesse farlo, perché nessuno sarebbe mai stato in grado di prendere il posto che Ragnor aveva e sempre avrebbe avuto nel suo cuore…

« Senpai, ci sei? » la chiamò Yumi sventolandole la mano davanti alla faccia.

Catarina si riscosse e la guardò storto.

« Cosa vuoi? »

« Farti notare che sono arrivate le nostre ordinazioni perché pensavo avessi appetito, oppure te ne sei accorta e stavi attuando uno sciopero della fame in favore dei senzatetto che non ricevono abbastanza aiuti dal governo? »

« Di sicuro meriterebbero di non fare la fame molto più di te ».

« Fà come ti pare » disse Yumi prendendo l’insalata.

Catarina prese il proprio piatto di zuppa e fece un cenno alla cameriera, che si congedò. Guardando con sospetto la ciotola, Catarina mescolò il contenuto e se ne portò un cucchiaio alla bocca, ma lo allontanò appena sfiorò le sue labbra.

« E’ gelata! »

« Avrà visto il colore della tua pelle e avrà pensato che ti saresti sentita a tuo agio » disse Yumi masticando una foglia di radicchio.

Catarina la fulminò e rimestò quella brodaglia gelida con disgusto.

« Si sa che la vendetta è un piatto che va servito freddo » continuò Yumi divertita.

Catarina si morse le labbra per non darle la soddisfazione di ammettere che aveva avuto ragione e cercò Kaelie con lo sguardo. Yumi mandò giù il radicchio e sospirando le toccò la spalla.

« Dà qua, ci penso io » .

La strega blu aggrottò le sopracciglia ma le passò la ciotola senza obiettare . Yumi si tolse il guanto destro e posò le dita sulla porcellana:  dopo un paio di secondi dalla minestra si alzarono volute di fumo.

« La signora è servita » disse Yumi spingendola di nuovo verso Catarina.

La donna la guardò sorpresa.

« Perché l’hai fatto? » disse infine dopo alcuni attimi di silenzio.

« Perché così darai uno schiaffo morale degno di nota a quell’ anguilla in gonnella piuttosto che abbassarti a fare il suo gioco chiedendole una zuppa più calda. E per farle capire con chi ha a che fare » rispose Yumi agitando una mano per aria.

« Non eri tenuta a farlo ».

« E tu non eri tenuta a rispondere a Kalie al posto mio risparmiandole una morte lenta e dolorosa » ribatté Yumi.

Catarina aprì la bocca ma non ribatté, e anche l’altra non insistette oltre e si rimise il guanto. Yumi non sapeva che lei non era intervenuta né per proteggere Kaelie né in virtù del patto che avevano suggellato, ma del resto neppure Catarina sapeva che Yumi non le aveva rivolto quella gentilezza per lo stesso motivo di cui sopra. Forse entrambe sospettavano la verità ma tennero comunque i propri pensieri per sé e fecero finta di niente. Catarina rimestò la zuppa senza però attingerne e Yumi se ne accorse:

« E’ troppo calda? ».

L’altra si voltò appena.

« Anche se lo fosse ormai il danno è fatto, non ti pare? ».

« E poi sarei io ad avere bisogno della museruola... Guarda che sono anche capace di assorbirlo, il calore »
sbuffò Yumi.

Catarina stavolta si voltò completamente, ma ormai Yumi aveva già distolto lo sguardo, borbottando parole incomprensibili che Catarina intuì essere nella sua lingua natia. Occhieggiò il piatto della ragazza e si accorse che era praticamente intonso, tolte quelle poche foglie che Yumi aveva spiluzzicato. Di nuovo si sentì molto affine a lei, così tanto da avere voglia di avvicinarsi e abbracciarla, ma si trattenne: sarebbe stato imbarazzante e di certo non avrebbe facilitato le cose tra loro. Si chiese se fosse davvero il dolore a farla ragionare così, a spingerla a cercare il conforto di una perfetta sconosciuta solo per il puro bisogno di riempire quel vuoto che aveva nel petto o che fosse per qualche altra ragione che non capiva e che forse non riguardava esattamente il bisogno di sciogliere il gelo che aveva dentro...

« Hai proprio bisogno di mangiare insalata e perdere un po' di peso, la divisa oggi ti tirava da tutte le parti. Sicura di non essere imparentata con un gorilla? » disse senza guardarla.

« Chi lo sa » disse Yumi riservandole la stessa indifferenza . « Di sicuro però sono messa decisamente meglio di te, pianta di mirtilli senza frutti ».

Catarina ci mise qualche istante afferrare il senso della sua battuta e a voltarsi verso di lei assumendo davvero il colorito di un mirtillo maturo.

« Questa te la concedo… » borbottò sconfitta.

Yumi si lasciò scappare un sorriso che l’altra, suo malgrado, ricambiò.

« A parte le battute, sei davvero a dieta? Anche oggi a pranzo hai a malapena mangiato una mela ».

« Disse quella che neanche ci sarebbe andata, a pranzo, se non glielo avessi detto io …» disse Yumi.

Ebbe la sensazione di sentire Ryuu scuotere la testa con veemenza e si portò istintivamente una mano al cuore, ma lui non diede altri segni di vita per cui lasciò ricadere il braccio delusa pensando di esserselo immaginato. « In ogni caso ti informo che sono semplicemente vegetariana ».

« Dalla nascita o per scelta? » chiese Catarina curiosa.

« Più una conseguenza delle circostanze, direi ».

« L’essere una belva feroce ti ha istigato principi di veganesimo? Strano, pensavo che per voi mutaforma non costituisse un problema ».

« E’ più complicato di così … » sospirò Yumi.

Catarina la guardò di sottecchi.

« E’ un motivo imbarazzante per una mutaforma animale? » azzardò.

« Non ti sfugge niente, eh? » sbuffò Yumi.

« Non sono stupida ».

« Senpai, penso che tu sia tante cose, ma stupida proprio no; sei una delle persone più in gambe che abbia mai incontrato , è per questo che sono scocciata ».

Catarina rimase attonita.

« E perché allora? ».

Yumi sospirò di nuovo.

« Prima non avevo problemi a mangiare carne… da dopo però aver iniziato a usare questi » e s’indicò la bocca « non solo figurativamente ma anche letteralmente, specie contro i demoni…il sapore e la consistenza della carne hanno iniziato a ricordarmi troppo quelle delle loro carcasse e a darmi la nausea finché non ho smesso definitivamente di mangiarla ».

Catarina la guardò in silenzio e Yumi immaginò che la stesse ritenendo una pazza, o peggio, una principessina delicata che si dava tante arie ma alla fine era tutto fumo e niente arrosto.

« E’ perché tu non gli lasci prendere il sopravvento, vero? ».

Le congetture di Yumi si frantumarono in mille cristalli di vetro.

« Cosa? »

« Il tuo demone » disse pazientemente l’altra. « Tu non gli permetti di prendere il sopravvento, riesci a controllarti al punto da non dimenticare che sei anche una persona, non lasci che l’istinto della belva che è in te offuschi il tuo giudizio ».

« Sì, è così… » mormorò debolmente Yumi.

« Ti avevo sottovalutato allora: hai più controllo di quanto pensassi, anche se non sembra » disse Catarina con un’alzata di spalle, come se fosse una cosa di poco conto.

Yumi rimase senza parole.

« Ed è una cosa negativa? » si azzardò a chiedere più per non fare la figura della stupida che per vera curiosità.

« Vuol dire solo che non sei un totale animale mandato allo sbaraglio, malgrado il tuo carattere ».

« Rieccola… il mio carattere non dipende in nessuna maniera dal mio essere una mutaforma ».

« Però contribuiscono ad alimentarsi a vicenda, non è vero? ».

« Chiudi il becco » disse Yumi cavando di nuovo il telefono dalla tasca ma rischiando di farlo cadere tanto che la sua mano tremò dal nervoso.

Ringhiò a fior di labbra: Catarina si stava dimostrando sempre più pericolosa. La faceva sentire scoperta, vulnerabile, disarmata; se avessero continuato a parlare temeva che avrebbe finito per soppiantarla, o peggio, smantellare completamente le sue difese e scoprirla per come era davvero, e non voleva cedere alla propria debolezza. Come se non bastasse, la tentazione di lasciarglielo fare era fortissima, quasi insopportabile, e questo la stava rendendo furiosa. Invitarla a cena fuori le era sembrato il minimo per ricambiarla di quello che aveva fatto per lei, ma iniziava a temere di aver fatto uno sbaglio, ancora peggio dell’essere andata comunque al colloquio.

Se non lo avesse fatto, poi, non avrebbe nemmeno incontrato Catarina e ora non si sarebbe sentita così confusa da desiderare così intensamente da farsi male che Ryuu uscisse dal suo corpo e le facesse poggiare la testa sul proprio petto permettendole di stringerlo fino a perdere sensibilità e di respirarlo fino a non sentire più il naso… ma lui rimase sordo al suo appello, e anche se sapeva di meritarselo, non fu sufficiente a placare lo sconforto che serpeggiava nel suo animo.


Catarina sorseggiò un po' di zuppa tenendo d’occhio la ragazza: era arretrata come una belva che avverte il pericolo e perciò si allerta e osserva l’ambiente con circospezione prima di decidere la prossima mossa, a quanto pareva sentiva di essersi esposta troppo e questo l’aveva resa guardinga. Si era davvero sbagliata sul suo conto: per essere in grado di ragionare così razionalmente persino accedendo alla sua parte demoniaca, doveva davvero avere più autocontrollo di quanto pensasse… forse anche troppo.

Erano solo supposizioni, ma forse era proprio questo il problema di Yumi, il contrario di quanto pensava Catarina: che avesse fin troppo controllo sul suo demone. Non poteva dirlo con certezza perché non l’aveva ancora vista davvero all’opera, però il sospetto era ormai radicato in lei e niente lo avrebbe levato così facilmente. Questo però le faceva supporre anche che quella mattina doveva essere successo qualcosa di grave, o Yumi non sarebbe parsa così ferita. Sì, era così che le era sembrata: un animale ferito da cui sarebbe stato consigliabile restare alla larga perché ancora più pericoloso che non da sano ma a cui non si può fare a meno di essere attratti perché manteneva comunque intatta la sua fierezza e il suo orgoglio.

Effettivamente Yumi le aveva detto che era successo qualcosa prima di venire lì, e conoscendola un po' meglio Catarina presupponeva che dovesse trattarsi qualcosa di veramente grosso, Yumi non era il tipo che si abbatteva per poco. Non le aveva chiesto più niente e lei non ne aveva più parlato, quindi era inutile tirare in ballo l’argomento se non aveva voglia di farlo. Si girò comunque verso di lei e si accorse che aveva messo via il telefono e che la guardava con attenzione.

« Mai visto una tua simile mangiare la zuppa? » commentò sarcastica.

  Yumi non si scompose e Catarina alla fine sbatté il cucchiaio sul tavolo.

« Parla ora o taci per sempre: perché mi stai analizzando come un vetrino al microscopio? ».

« Stavo solo riconsiderando la mia teoria » rispose semplicemente Yumi.

« Su quanto sia gustoso un piatto per una strega se è appena stato sottoposto al potere di un suo simile? »

« Su da chi penso discendiate voialtri con la pelle colorata ».

« Davvero? » disse Catarina sbuffando. « E quale sarebbe? Che siamo figli di pittori miopi che ci hanno scambiato per tavolozze? »

« Che siate progenie di Oni » rispose Yumi.

Catarina stavolta la guardò con sincero interesse.

« Oni? »

« Sì, hai presente? Bestioni umanoidi con un paio di corna in fronte e la pelle colorata ».

« Ho presente, ma non ne ho mai visti ».

« Io sì ».

Catarina si sporse verso di lei e Yumi sorrise divertita. Non riuscendo a placare il tumulto che sentiva nel cuore aveva deciso di provare a distrarlo facendo lavorare il cervello e aveva colto la palla al balzo quando l’occhio le era caduto sulla carnagione di Catarina che le aveva fatto ripensare a un ragionamento che portava avanti da decenni ma che era ben lungi dall’essere completo.

« Cosa ti ha portato a concepire la tua teoria? »

« Solo l’ aver conosciuto un paio di nostri simili che gli somigliano. Tu sei la terza che mi capita d’incontrare, anche se non hai le corna e sei una donna » disse Yumi.

« E gli altri due erano simili tra loro in tutto e per tutto? »

« Affatto, in comune avevano solo la stazza e le corna, per il resto erano completamente diversi . Anche se sono convinta di quello che penso, purtroppo, la mia teoria fa acqua da tutte le parti ».

« Come mai? »

« Tanto per cominciare perché tu sei nana, mingherlina e piatta come un ferro da stiro ».

« Ha parlato la venditrice di cocomeri… »

« Intanto sono messa meglio di te ».

Catarina guardò prima in basso poi Yumi e le due si scambiarono un sorriso.

« Seconda cosa » continuò Yumi, « dovreste essere nati in Giappone, ma nessuno dei miei due amici lo è e immagino nemmeno tu ».

« Esatto ».

« Come pensavo. Terzo… se foste figli dello stesso tipo di demone avreste anche gli stessi tipi di poteri… o forse i poteri variano da pigmento a pigmento, non so… »

« Ti stai arrampicando sugli specchi, non è vero? »

« Mi hai scoperta » ammise Yumi alzando le mani in segno di resa.

Catarina ridacchiò.

« E caratterialmente parlando, neanche lì puoi notare somiglianze? ».

« Inesistenti » disse Yumi ora più seria. « Uno dei due era un autentico rompiballe, sempre col muso lungo, critico, fastidioso, puntiglioso… ».

Strinse la forchetta nel pugno.

« E l’altro? »

« Tutto il contrario: gentile, educato, umile, modesto, affidabile, premuroso... »

« Stai parlando di uno stregone o di un alieno? »

« E’ quello che credo anche io alle volte… » disse Yumi.

Catarina non mancò di notare che aveva parlato di quest’ultimo in modo molto dolce, e si ritrovò a sorridere di nuovo. Buttò giù un altro po' di zuppa, anche se si sentiva lo stomaco chiuso. Yumi la imitò ma non era messa meglio, con tutti i pensieri che le affollavano la mente e non lasciavano spazio a nient’altro. Aveva messo a parte anche il suo maestro della sua teoria, ma oltre a non mostrarsi affatto interessato si era arrabbiato perché aveva pensato che il suo fosse un espediente per farsi dire da lui chi fosse suo padre.

Dopo essersi calmati e chiariti, le aveva suggerito di non stare a perderci tempo su perché tanto non avrebbe portato a niente. Yumi non aveva più affrontato l’argomento con lui per non farlo arrabbiare ma aveva comunque continuato a elaborare la sua teoria, a cui però era stata costretta a rinunciare e ritenere piena di pecche quando nella sua vita era entrato il suo gigante gentile, il totale opposto del suo maestro come il giorno lo era della notte, e poco era servito constatare che, come lui, avesse corna, muscoli ed epidermide colorata. Anche lui però era stato dello stesso avviso: quel demone sconosciuto che l’aveva generato non era e mai sarebbe diventato qualcuno per lui, quindi non aveva senso cercare di capire che tipo di demone fosse.

A sentire questi discorsi, Yumi si era vergognata da morire: lei ce l’aveva avuto un vero padre, non solo perché fosse il suo padre biologico ma anche perché lui l’aveva cresciuta, aveva giocato con lei, aveva asciugato le sue lacrime quando si era fatta male, l’aveva stretta tra le braccia quando si era svegliata per gli incubi… aveva davvero fatto parte della sua vita invece che assistervi da lontano. Aveva sempre saputo che si sarebbe sentita diversa rispetto ai suoi simili per questo, ma saperlo e pensarci solo nella propria testa e confrontarsi con altre persone erano due cose completamente diverse. Dallo stupore di Catarina era facile intuire che lei non avesse incontrato il proprio padre ma si astenne anche questa volta dal chiedere, anche se le era grata per non aver reagito come aveva fatto il suo maestro.

« Anche io » disse la strega blu strappandola dalle sue riflessioni.

« Come? »

« Anche io… conoscevo qualcuno così ».

« Rompiscatole o di un altro pianeta? »

« Bè, variava a seconda dell’umore… ma in fondo tutti noi abbiamo radici da un’altra dimensione, no? … » disse debolmente Catarina.

« E ti manca da morire » concluse Yumi per lei.

Catarina non rispose e tra le due scese il silenzio, non quello imbarazzante di chi non sa cosa dire ma quello che significava intesa, condivisione degli stessi pensieri e tacito accordo a non esporli perché non è facile parlarne. Yumi la guardò sospirando: lei e Ryuu si conoscevano da tutta la vita, avevano sempre condiviso tutto e per questo riuscivano a capirsi con molto poco; con quella donna erano ancora estranee, eppure riuscivano a intendersi benissimo e a comunicare anche restando in silenzio, che si caricava di mille parole non dette che però venivano capite lo stesso come se fossero state espresse ad alta voce.

Da quando lo aveva conosciuto aveva pensato di aver trovato un’intesa simile con Magnus, e anche se non era certa che quello a cui stava pensando non fosse altro che una conseguenza dello scontro di quella mattina, fatto restava che ora , pensando a lui , si riscopriva incredibilmente tranquilla, senza avvertire più quell’ irrefrenabile interesse che aveva dirottato i suoi pensieri per una settimana ( e forse anche per gli ultimi due secoli) e per cui aveva quasi rischiato il tracollo.

L’incontro con Catarina aveva come cancellato la confusione che aveva sovraffollato la sua mente, quello che avvertiva stando con lei non era neanche lontanamente paragonabile  a ciò che aveva provato con Magnus, era molto ma molto più intenso, più… intimo. Anche se continuava a spaventarla, questa consapevolezza la stava portando a rivalutare i suoi pensieri, a cui ora riusciva ad affacciarsi con molta più calma e razionalità, anche se non abbastanza da renderla più propensa al perdono o a scusarsi con lui.

Purtroppo però c’era sempre quell’altra incognita che nemmeno Catarina era riuscita a risollevare, di certo molto più impegnativa e importante trattandosi non di un perfetto sconosciuto ma di colui che la conosceva da tutta la vita e che per più di chiunque altro voleva trovare il coraggio di chiedergli scusa. Quello però era un problema suo, non aveva senso coinvolgere Catarina che di certo aveva cose più importanti a cui pensare, anche se la voglia di aprirsi con lei e alleggerire il peso che l’opprimeva era molto forte…

« A proposito, Yumi » disse Catarina all’improvviso.

« Sì? »

« E’ da stamani che volevo chiedertelo ma alla fine mi è passato di mente… non dovrebbe esserci qualcuno con te? Ho sentito che hai un compagno inseparabile, ma non mi sembra di averlo ancora visto in giro ».

I denti della ragazza si serrarono di scatto sulla forchetta che aveva in bocca rischiando di spezzarla in due. Yumi si sforzò di mandare giù il boccone d’insalata e di togliersi la forchetta dalla bocca con calma, ma la Tigre divenne inquieta e si agitò nervosa.

« Sì, è così  » rispose ostentando una calma che non aveva.

« E come mai allora non c’è? » disse Catarina guardandosi intorno come se da un momento all’altro fosse in procinto di spuntare fuori uno sconosciuto.

« E’ inutile che lo cerchi, non lo troverai ».

« Perché no? »

« Non è qui » tagliò corto Yumi.

Catarina capì che non aveva nessuna voglia di parlarne quindi lasciò cadere la questione. Si chiese però che tipo fosse e se anche lui si ritrovasse sempre sul piede di guerra con la sua amica per cercare di farla ragionare su qualche guaio che lei aveva appena causato e in cui, anche se non li condivideva, puntualmente si ritrovava coinvolto perché non voleva abbandonarla, un po' come era per lei con Magnus.

Yumi era di gran lunga più affidabile e coscienziosa dello stregone, ma Catarina non dubitava che le capitasse spesso di causare situazioni in cui era meglio intervenire prima che qualche testa volasse, per cui riteneva una fortuna che anche Yumi avesse il proprio angelo custode. Era un po' delusa nel non poterlo conoscere di persona,  soprattutto perché così non aveva modo di lenire il senso di colpa che percepiva nei suoi confronti, dopotutto si era avvicinata alla sua amica proprio mentre lui non c’era.

Ovviamente sapeva bene che sarebbe stato alquanto infantile e immaturo avere un atteggiamento simile nei confronti della propria amica, braccandola e tenendola lontana dagli altri come se fosse una proprietà esclusiva che nessuno doveva azzardarsi a toccare, però era altrettanto consapevole che, quando si conosceva una persona che aveva già un saldo legame con qualcun’altro, bisognava essere cauti. Non essendo successo ancora niente aveva la speranza che non fosse quel tipo di persona, ma forse c’era un altro motivo per cui non si era ancora fatto vedere, una ragione che riconduceva di nuovo, lo temeva, agli eventi non raccontati di quella mattina.

Si ritrovò a sperare che non riguardassero gli Shadowhunters, era abbastanza stufa di avere grane per colpa loro. Non aveva problemi a sapere Magnus fidanzato con uno di loro: anche se non era pienamente d’accordo su questa scelta, il suo amico sembrava così felice che lei non aveva alcuna voglia di interferire, ma questo non le impediva di guardare con preoccupazione ad Alexander e fingere di non sapere di chi fosse figlio.

Sapeva che Magnus non era così stupido da aver accantonato la cosa e che lo preoccupava ancora, anche se lui e il giovane Lightwood sembravano aver raggiunto un buon equilibrio; Catarina però sapeva che in realtà non era finito niente, che il pericolo sarebbe sempre stato in agguato e che ogni istante poteva trasformarsi nel preludio alla tempesta che imperversava da sempre tra Nascosti e Shadowhunters e che gli Accordi avevano a malapena attenuato ma non cancellato.

Magnus non aveva dimenticato, anche se dava l’impressione contraria, ma non la faceva in barba alla sua migliore amica che lo conosceva meglio di chiunque altro al mondo…lei che era rimasta l’unica. Guardò Yumi: non ce l’aveva affatto con lei, non le addossava la colpa di quello che era successo a causa di Valentine e suo figlio. Catarina però si chiedeva spesso se Yumi sapesse cosa pensavano davvero certi Nascosti di lei. Catarina e Magnus non erano tra questi, così come non lo era stato Ragnor: quella ragazza era molto coraggiosa, ma era sbagliato caricarle sulle spalle tutti i problemi del loro mondo come se fosse stata l’unica ad avere le capacità per risolverle e pensare che, visto c’era lei, allora era legittimo cacciarsi nei guai perché tanto ci sarebbe stata lei a salvarli, come se non fosse stata altro che un risorsa che era utile avere a disposizione messa lì appositamente per loro.

Catarina viveva la stessa situazione ogni giorno coi proprio pazienti, e anche se stringeva i denti e sopportava in silenzio, non approvava affatto quel comportamento, e se era dura per lei che se la cavava con un ospedale, figuriamoci come doveva essere con un mondo intero. Yumi portava il peso di una grossa responsabilità, una responsabilità che si era accollata da sola ma di cui altri si erano arrogati diritti in merito come se dovesse dipendere da loro quello che lei poteva fare o meno. Lei e Yumi avevano dato un dito, ma il mondo si era preso tutto il braccio e anche di più, nel caso di Yumi. Non si erano ancora presi Yumi stessa, però, e Catarina dubitava che ci sarebbero anche riusciti.

Anche se fino a quel momento di lei aveva solo sentito parlare, Catarina non aveva mai pensato nemmeno per un istante a Yumi negli stessi termini di molto altri Nascosti, e anzi, era arrivata più volte a prendere le sue difese, ad accusare i Nascosti di essere degli smidollati che non sapevano nemmeno fare da sé: Yumi non era il 911 dei Nascosti a cui ricorrere in caso di emergenza, era piuttosto qualcuno a cui avrebbero dovuto guardare per imparare a rimboccarsi le maniche e sistemare i propri problemi con le loro forze invece che lasciare che fosse qualcun’altro a farlo.

Di nuovo si sentì affine con Yumi come se si conoscessero da sempre invece che da poche ore: anche se in maniera diversa, entrambe assolvevano la stessa missione ed entrambe lo facevano per scelta propria, non perché erano stati altri a imporglielo, anche se riteneva la missione della ragazza di gran lunga più difficoltosa della sua, e ora che la conosceva meglio era felice di non essersi affatto sbagliata sul suo conto e di non doversi pentire di averla difesa anche quando era solo un nome senza volto ma carico di storie.

Distolse lo sguardo prima che Yumi fraintendesse le sue motivazioni mordendosi però le labbra: era piena di cose di cui avrebbe voluto parlare con lei; sentiva a pelle che, se l’avessero fatto sul serio, sarebbero finite a parlare per giorni interi senza mai stancarsi e senza esaurire gli argomenti, ma c’era quel peso che le opprimeva il petto e le impediva di lasciarsi andare come avrebbe voluto; oltretutto, non voleva permettere a quella mocciosa di metterla nel sacco, aveva una faccia da salvare.

Era inutile però, ormai l’aveva capito: Yumi non era affatto stupida e sicuramente aveva già intuito molto su di lei anche se non lo aveva detto esplicitamente. Catarina era davvero sorpresa di aver trovato qualcuno che fosse così diversa eppure al tempo stesso uguale a lei ma invece di infastidirla era contenta. Aveva sempre desiderato incontrare qualcuno così, ma col passare degli anni aveva smesso di farlo; mai avrebbe pensato che un giorno sarebbe successo… mai avrebbe creduto che sarebbe accaduto proprio con lei. Dal muro che aveva eretto involontariamente intorno al suo cuore stava già iniziando a cadere un po' di calcinaccio , ed era certa che fosse lo stesso anche per Yumi. Un giorno, forse neanche troppo lontano, entrambe forse sarebbero riuscite a smettere di fare le stupide e a demolirlo completamente.

« Ce l’hai anche tu, senpai? » disse Yumi spezzando il silenzio.

« Cosa? »

« Un amico rompiscatole ».

Catarina sbatté le palpebre.

« Sì, ce l’ho… »

« Non esserne troppo entusiasta, eh? »

« Lo saresti anche tu se il tuo amico fosse un piantagrane patentato immorale, folle, sempre con la testa tra le nuvole, impulsivo, avvenente, irresponsabile… »

«… che però sei sempre disposta ad aiutare »  concluse Yumi per lei.

« Sì… anche se a volte mi chiedo perché io continui a sopportarlo… » disse Catarina.

« Tu non lo sopporti » la interruppe Yumi sorprendendola.

« E tu che ne sai? Non sai niente di me né di lui, quindi non- »

« Tu non lo sopporti , » la interruppe Yumi « perché tu lo ami ».

A Catarina sembrò di sentire la propria mascella cascare per terra e rompere il pavimento.

« Sei fuori di testa?! » esclamò. « Come puoi… per me è come un fratello, innamorarmi di lui sarebbe- »

« Sopportare è ben diverso che amare, e se tu lo sopportassi come sostieni, non corresti in suo soccorso ogni volta che ne ha bisogno! » ribatté Yumi battendo la mano sul tavolo.

Entrambe si guardarono in cagnesco, poi si calmarono e rilassarono le espressioni.

« Esistono molti modi di amare, senpai » disse Yumi.

Catarina fermò sul nascere la risposta acida che le era salita alla bocca e si morse le labbra invitandola a proseguire.

« Non ho detto che ne sei innamorata » proseguì Yumi. « Tu lo ami, lo capisco dal tono che usi, ma non intendevo in quel senso: hai ragione, di lui non so niente… ma so abbastanza di te, e da come lo dipingi capisco che non vi somigliate affatto ».

« Dì pure che siamo l’antitesi l’una dell’altro … » borbottò Catarina.

« Niente di strano » disse Yumi serena. « Spesso i rapporti più saldi sono proprio quelli che intercorrono tra persone completamente diverse, anche se da fuori sembra assurdo. Ma è proprio questo il bello, no? Anche se siete molto diversi, anche se siete continuamente in disaccordo, tu lo accetti per quello che è, difetti e annessi compresi; anche se vorresti che fosse più responsabile, meno immorale etc. è perché ti preoccupi per lui e vorresti solo vederlo felice ma non cambieresti una virgola di quello che è perché, se così fosse, non sarebbe più LUI, e le cose tra di voi sarebbero alquanto diverse ».

« Quasi lo preferirei, invece » disse Catarina. « Io… gli voglio molto bene, farei qualsiasi cosa per lui… ma alle volte mi sembra di non fare abbastanza… di essere inutile ».

« Sei tutt’altro che inutile, senpai, e se il tuo amico non capisce quanto sia fortunato ad averti, allora permettimi di dire che è un idiota ».

Catarina non la contestò e giocherellò col cucchiaio sentendosi stranamente imbarazzata.

« Vi conoscete da molto? » riprese Yumi.

« Sì, praticamente da sempre… anche se alle volte mi sembra di non conoscerlo affatto: dopo tutti questi anni, ancora non sono in grado di prevedere o anche solo intuire le sue intenzioni… »

« Io penso che sia impossibile conoscere davvero una persona completamente, anche se ci sono molti che sostengono il contrario ».

« Se ogni tanto mi desse retta e dimostrasse di tenere al mio giudizio, sarebbe già qualcosa… »

« Magari fa solo fatica a dimostrarlo ».

« Trovi? »

« Trovo ».

Catarina rimase in silenzio alcuni istanti, incerta se proseguire o meno, ma qualcosa nello sguardo di Yumi la spinse a vincere le sue resistenze e farle una domanda che le premeva costantemente, certa che lei avrebbe potuto darle una vera risposta:

« Perché fa così, secondo te? Perché non vuole ascoltare chi gli vuole bene e vuole solo aiutarlo? »

« Perché forse è proprio questo il problema, senpai » rispose Yumi. « Sai… ci sono persone, come me e te, che si fanno in quattro per aiutare gli altri anche se sono dei perfetti estranei… ma quando si tratta delle persone che amiamo falliamo il più delle volte, non perché non ne siamo capaci ma proprio perché le conosciamo così bene che siamo completamente coinvolte emotivamente, ed è il nostro amore a offuscare il nostro giudizio, portandoci spesso a trattenerci dal fare o dire quello che in realtà vorremo perché non vogliamo aggravare ulteriormente il dolore di chi vogliamo bene, arrivando così a compiere spesso le scelte sbagliate e a ferirle ancora di più… e loro non sempre capiscono… » .

Ormai Yumi era persa nel suo discorso, sembrava quasi essersi dimenticata che Catarina fosse lì.

«  Amare significa anche confidare nel fatto che l’altro ci sarà sempre qualsiasi cosa succeda, che non cambierà niente né col tempo né con le tormente né con gli inverni. Amare però non è tutto rose e fiori, al contrario: significa soprattutto sofferenza, pazienza, coraggio, fiducia, mettersi in gioco, decidere di rischiare, fare un salto nel vuoto.

L’amore va’ oltre la rabbia, la lotta e gli errori e non è presente solo nei momenti allegri (*1) . Ad un certo punto della tua vita però arrivi a chiederti se valga ancora la pena continuare a lottare oppure mollare tutto, ma non è tanto il cervello quanto il cuore a impedirti di arrenderti. Ti senti come dietro una muraglia di vetro e ti domandi cosa provi davvero chi sta dall’altra parte, pensando che forse non si rende conto di quello che lo circonda e ne abusi quando magari invece ne è più che consapevole, forse fin troppo ma non sa come dimostrare il contrario.

Ci sono persone convinte di non meritare l’amore: loro… si allontanano in silenzio dietro spazi vuoti…cercando di chiudere le brecce al passato (*2). Così facendo però il loro disagio e la loro insicurezza aumentano perché li sentono pesare sul proprio cuore e sperano che qualcuno si infili in quello spazio asettico e lo distrugga, anche se al tempo stesso hanno paura che succeda perché non vogliono soffrire ancora…e nel frattempo questa situazione porta a danni e fraintendimenti tanto a loro quanto a coloro che gli stanno intorno solo perché sono troppo orgogliosi per ammettere di aver sbagliato e pensano siano gli altri a dover fare il primo passo, cosa che hanno remora di compiere perché temono le conseguenze e di peggiorare la situazione… ma è proprio in questi casi che si misura l’amore degli altri, proprio quando ormai c’è il deserto intorno a te e tu puoi solo guardarti intorno e piangere lacrime amare che nessuno asciugherà… ».

Catarina la fissò quasi senza respirare. Yumi sembrò risvegliarsi dalla trance in cui era caduta e si rese conto di aver detto troppo. Girò la testa evitando lo sguardo di Catarina: aveva esagerato di nuovo. Si era lanciato in uno sproloquio che era più che altro una polemica rivolta a sé stessa senza nemmeno ponderare che avrebbe potuto ferire lei o peggio ancora il suo amico.

« Spetta a noi… cercare di venirgli incontro e aiutarli a capire… anche solo semplicemente restando al loro fianco » disse infine Catarina.

Yumi alzò appena gli occhi.

« E se loro sono così testoni da non volere nessuno attorno? ».

« Dobbiamo rispettare i loro tempi, senza stargli col fiato sul collo perché mettergli pressione è peggio ».

« Nemmeno se ci mettono troppo? ».

Catarina fece una smorfia.

« Diciamo che se li conosciamo abbastanza, speriamo che non siano stupidi e siamo fiduciosi che prima o poi lo capiranno comunque, anche se ci dovessero mettere un po’… e in certi casi passa fin troppo tempo senza che ci riescano ma ricaschino nel tranello… di nuovo . L’importante è che non dimentichino che non sono soli… e che dovranno passare sul nostro cadavere casomai decidessero di adottare misure estreme ».

« Coinvolgere sempre gli altri nei nostri problemi però non è giusto… »

« Se la cosa è a senso unico sì, se invece è condivisione e cercare una soluzione insieme allora no ».

Stavolta fu Yumi a fare una smorfia.

« Il confine è davvero sottile, prima o poi tutto raggiunge davvero un limite… »

« Ma si capisce quando si raggiunge, no? »

« No…perché ogni volta temi che sia la fatidica goccia… »

« In questo caso la soluzione migliore sarebbe quella di parlare e chiarirsi ».

« A che pro se tanto il giorno dopo sarai daccapo? »

« Appunto per questo, Yumi » sospirò Catarina. « E’ preferibile passare tutto il tempo in silenzio lasciando che le negatività si accumulino invece di fare uno sforzo per rimediare prima che esplodino tutte in una volta e portino a danni irreparabili? Se il legame è forte  e vero, a maggior ragione la sincerità può solo migliorarlo invece di distruggerlo ».

Yumi la guardò e sospirò.

« Tu sei sempre diretta con lui? »

« Sempre ».

« E lui non ti ascolta ».

« Il 90 % delle volte no ».

« Ma è in nome di quel 10 % che tu insisti e tieni duro ».

« Esattamente » disse Catarina sorridendo.

Non si era resa conto della portata di ciò che aveva dentro finché non si era ritrovata a parlarne, e ora che era finita si rese conto che avrebbe voluto farlo da molto tempo ma di non averne mai trovato il coraggio, o forse semplicemente non aveva trovato qualcuno con cui farlo davvero, qualcuno che non sminuisse le sue preoccupazioni con due parole veloci per non stare a ripetere allo sfinimento lo stesso discorso portato avanti anno dopo anno, qualcuno che potesse offrirle un punto di vista nuovo ma niente affatto futile o di circostanza. Non si sentiva più in colpa, non ce n’era bisogno: non c’era assolutamente niente di male a conoscere nuove persone e nuovi punti di vista invece di fossilizzarsi su quelli di sempre, anzi di più, era sano, infatti per la prima volta dopo settimane lei si sentiva decisamente più tranquilla e serena. Sorrise grata a Yumi e lei ricambiò.

« Senti, io devo andare un attimo in bagno, puoi tenere d’occhio le mie cose, per favore? » disse Catarina.

« Vai pure, qui faccio io » .

L’altra allora si alzò, ma prima di andare si volse verso di lei un’altra volta.

« Yumi? »

« Che c’è ancora? ».

Catarina tenne una mano sul divanetto e sorrise.

« Non è solo ascoltando i consigli degli altri che i propri problemi si risolvono, dobbiamo essere noi a volerlo fare davvero. Invece che continuare a fare a cornate e finire col dimenticare il motivo per la quale tu e il tuo amico avete litigato, faresti meglio a pensare se valga davvero la pena continuare o invece scegliere di fare la cosa giusta prima che sia troppo tardi » e se ne andò senza aggiungere altro.

Yumi sbatté le palpebre e scosse la testa. Si mise a giocherellare con la forchetta riflettendo attentamente su quanto lasciatole da Catarina, quando si sentì chiamare:

« Yumi? »

 
*Angolo autrice

Eccomi qua, la dottoressa è tornata ( sì, il lungo calvario è finito, ora sono ufficialmente una dottoressa J ) con un nuovo capitolo. Scrivere mi è mancato tantissimo, riprenderlo in mano dopo settimane è stata un’emozione. Di nuovo creare un capitolo è stato più difficile del previsto, succede specialmente quando lavori su quelli importanti, non di passaggio come il precedente, un po' per i contenuti e un po' per la situazione che volevo creare, è stato molto faticoso. Spero di essere riuscita a trasmettere il messaggio che volevo e che abbiate capito le mie intenzioni. Scegliere di citare il Piccolo Principe è stato inconscio, lo ammetto, e sono stupita io stessa per prima di averlo fatto, non amavo particolarmente quel libro da ragazzina, allora non mi trasmetteva niente; oggi invece mi fa riflettere su molte cose. E lo rivedremo ancora, nel corso della storia ;-)
 

Citazioni:

(1*) citazione da Il Piccolo Principe;
(2*) citazione da Into The Wild;
   
 
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