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Autore: Hell Storm    26/02/2018    1 recensioni
Da bambina papà mi diceva che dove c'era la luce, c'era la vita, la speranza ... e il pericolo. Solo nel 2077 mi fu ben chiaro il vero significato di quelle parole, quando le bombe caddero e il mondo bruciò. Io e altri miei commilitoni ci salvammo nascondendoci fra le mura della nostra base, ma quando uscimmo alla luce, il nostro mondo non c'era più. Rimasti soli e a guardia di uno dei più grandi tesori prebellici della storia, decidemmo di fondare il primo insediamento della Zona Contaminata. Un faro di speranza in un oceano di morte e buio che avrebbe attirato altri superstiti in cerca di aiuto e di conseguenza anche intere legioni di mostri nati dalle radiazioni e predoni senza scrupoli.
Io sono il sorvegliante Rocket Earp. Noi siamo i fondatori di Beacon City. La Zona Contaminata è il nostro mondo. E questa ... è la nostra storia.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Omicidio nel Bunker

Tutti sono dei sospettati. Tranne il cane.

 

 

26/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/P1/Gold Circle

Ore 22:48

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

Scala a colore. Venticinque dollari nel piatto. Centootto di riserva.

Ero all’American Memory a farmi una partitina a poker con alcuni commilitoni e un insano modo di spendere i soldi dello stipendio.

Al tavolo migliore del locale erano seduti il tenete Wright, la sottoscritta, il sottotenente Grant, Lootah e un addetto alla manutenzione che quella sera aveva sperato di potersi intascare qualche dollaro.

Loro non lo sapevano, ma tre giorni dopo la nostra scampagnata a Elkhart ero passata al centro di chirurgia del centro medico per farmi trapiantare degli innesti. Gli innesti erano una tecnologia molto sviluppata e costosa già da prima della Grande Guerra. Principalmente si trattava di miglioramenti per la forza, l’agilità ecc., ma i più costosi garantivano invece benefici assai speciali e unici.

Dovetti spendere lo stipendio di un mese e chiedere un anticipo all’ufficio finanziario dell’amministrazione, ma con qualche sacrificio riuscii ad aggiudicarmi quattro innesti davvero notevoli. L'acceleratore ipertrofico migliorò la mia forza, mentre il filtrante MKIII depurava il sangue e in caso di bisogno mi pompava nelle arterie dell’adrenalina per muovermi più velocemente. I migliori e più costosi erano però l’armatura sub-dermica che tramite delle placche sottocutanee migliorava la resistenza della mia pelle contro danni di vario genere e il calcolatore di probabilità che inserendosi nel lobo frontale calcolava le probabilità di successo con il V.A.T.S. e … le carte. Ce n'erano di altri tipi, ma con il portafogli a secco e il fisico che avevo, ce ne sarebbe voluto di tempo prima che potessi installarne degli altri.

Certo avevo dovuto passare un intero fine settimana sul divano imbottita di Med-X, ma in futuro quegli innesti mi avrebbero fatto comodo. Uno in particolare.

-Io, aggiungo venti dollari.- Dissi mettendo al centro del piatto le fiche.

-Diavolo Red! Vuoi far saltare il banco o cosa?- Mi chiese il tenente Wright.

-Vuoi giocare o ti ritiri tenente?-

Wright abbandonò le sue carte sul tavolo e Grant fece lo stesso.

-Vedo.- Disse Lootah aggiungendo le sue fiche al piatto.

-Anch’io.- Continuò l’addetto.

Mi piacque vedere come quei due avevano accettato la mia sfida, e mi piacque ancora di più vedere le loro facce quando la mia scala a colori batté il full dell’addetto e il poker del cecchino indiano.

-Signori, è stato un piacere.- Dissi raccogliendo la mia vincita e alzandomi dal tavolo.

-Hey, aspetta. Vogliamo la rivincita.- Obbiettò Grant.

-Parla per te.- Lo corresse Lootah.

Portai le mie fiche al bancone, dove il cassiere del locale me le cambiò in contanti. Il calcolatore cominciava già a ripagarsi.

-Notte a tutti.- Dissi salutando le persone nei dintorni prima di scendere le scale.

Il barista, la cameriera e i due civili al bancone mi risposero con dei cenni mentre le persone più lontane non mi notarono.

L’American Memory era il locale finanziato dell'amministrazione. Costruito su due piani era suddiviso nella zona ristorante a cinque stelle al piano terra, con le decorazioni a tema patriottico e la cucina, mentre il piano superiore era adibito a club riservato ai militari e al personale speciale, con tanto di bar, pista da ballo e tavoli da gioco.

Scese le scale mi diressi verso la porta principale senza incontrare nessun altro. Di solito a quell’ora il ristorante era vuoto.

-Buona notte soldato!- Mi salutò il Mr Gutsy messo alla porta come buttafuori.

-Notte.- Dissi senza badarlo più di tanto.

Il Gold Circle era un intero isolato ideato per ospitare attività commerciali e di svago per la popolazione. Costruito come un cilindro cavo, era alto novanta metri, largo centodieci e con tre passerelle circolari che permettevano ai passanti di accedere ai locali superiori ed ammirare la vista sul piazzale. La strada principale collegava il piazzale centrale al quartiere residenziale attraverso un breve tunnel di circa venti metri dotato di porta blindata, che in caso di emergenza, sigillava i due settori impedendo a incendi, allagamenti e a molte altre brutte cose di passare da un quartiere all’altro in caso di emergenza. E oltre al piazzale circolare, erano presenti altri piccoli quartieri costruite intorno ad esso, che garantivano più spazio per le attività dei civili e per le strutture del personale.

Il nome di Gold Circle non derivava dall’alta presenza di negozi, ma dalla sua forma a cerchio e dalle luci dei lampioni e dei led appesi alle pareti, che durante il giorno illuminavano tutta la zona con una luce calda e dalle sfumature dorate. Il tocco di classe era però la cupola di vetro posta in cima al piazzale. Con le luci montate nel piccolo spazio di vuoto tra il vetro e il cemento soprastante, davano a chiunque ci passasse sotto la sensazione che il cielo fosse appena oltre quella cupola. Peccato che la notte gran parte delle luci venivano spente.

Essendo una delle attività più importanti e finanziato dall'amministrazione, l’American Memory si trovava nel piazzale principale insieme ai locali e ai negozi più lussuosi del P1. In pochi erano riusciti ad aggiudicarsi i lotti intorno al piazzale e tra questi c’erano il Cheerful Vegetable con gli ortaggi migliori delle serre, la scuola di guida finanziata dall'amministrazione, il Salon Des Dames per le donne che volevano esibirsi al meglio, la Brock’s Gym dove andavo ad allenarmi ogni volta che potevo, l’impresa edile Orenthal & Sons, la University of Beacon City finanziata e amministrata dal rettore Spectrum e naturalmente il Little-Nuka.

Il locale di Nick e Trinity era un grazioso fast food a tema Nuka-Cola, con le decorazioni della bevanda e l’ambiente per famiglie migliore del bunker. Grazie alla memoria fotografica di Trinity e a quella maniacale di Nick, gli arredatori della Orenthal & Son avevano ricreato le stesse insegne, stampe, decorazioni e l’arredamento dei locali Nuka-Cola Corporation. Chi sa come il vecchio Bradberton avrebbe reagito nel vedere un simile monumento alla memoria della sua creazione? Probabilmente avrebbe imposto il pagamento dei diritti senza alcuna obbiezione.

Come quasi tutti i locali nei dintorni, anche il Little-Nuka era chiuso. Ma i Nuka-Mixer collocati alla parete esterna funzionavano ventiquattrore su ventiquattro. Inserii le monetine, selezionai la Nuka-Cola Quartz e la macchina mi servì un bicchiere di carta medio con la bevanda frizzante e luminescente.

Mi diressi al tunnel per il quartiere residenziale sorseggiando la Nuka-Cola Quartz e ammirando la strada asfaltata costruita nel tunnel. La strada iniziava in una finta stazione degli autobus dal lato del quartiere residenziale, circondava il piazzale del Gold Circle e terminava nella finta stazione. Un giro dell’oca in pratica. Forse però i dettagli della stazione e della strada erano anche troppo perfetti. Neanche una crepa in uno dei due marciapiedi o un tombino ostruito.

Arrivata quasi a metà della strada incontrai Trinity in compagnia di Atom e Nick. L’infermiera e il cane correvano fianco a fianco, mentre il meccanico era rimasto un po indietro.

-Corsetta notturna?- Le chiesi velocemente.

-Fa sempre bene tenersi in allenamento.- Mi rispose Trinity.

L’ultima volta che avevo visto Nick correre per allenarsi fu durante le lezioni di educazione fisica a scuola, ma da quando nella sua vita era comparsa quella biondina, il suo stile era mutato completamente. Mangiare cibi salutari, leggere libri, indossare vestiti che non fossero da lavoro, valutare di andarsene a vivere fuori dalla casa di mammina. Cose che il Nick del passato non avrebbe mai ponderato.

-Dacci dentro Rodriguez.- Lo incoraggiai quando mi passò a fianco.

-Sto per morire.- Mi rispose il meccanico boccheggiando.

Lasciai i due piccioncini alla loro sessione di jogging e un attimo dopo giunsi alla stazione. Da lì tornare a casa fu … parecchio noioso. Neppure passare vicino al parco fu tanto bello. Anche perché le luci erano spente.

Per strada trovai un paio di agenti di pattuglia e un uomo intento a buttare la spazzatura.

Arrivata a casa gettai il bicchiere vuoto nel bidone della carta locale e aprii la porta.

-Ben tornata Lady Earp.- Mi accolse Charles.

-Ciao Charles.- Lo salutai porgendogli il cinturone.

Dopo essermi tolta gli stivali avvertii subito un leggero solletico ai piedi.

-Ruffled!-

Il piccolo micetto era corso a salutarmi. Lo faceva sempre quando tornavo a casa e io lo prendevo sempre in braccio per abbracciarlo. In poco meno di un mese era passato dall’essere una tremolante pallina di pelo grigio grande a malapena come la mia mano, a un giovane gattino in piena salute e iperattivo.

-Le ho preparato la vasca da bagno e il suo bicchiere di latte caldo.-

-Cosa farei senza di te Charles?-

Lasciai Ruffled sul pouf del salotto per andare a lavarmi. Una delle cose che più amavo dei Mr Handy, era la precisione millimetrica nel fare ogni singola attività domestica e lavorativa. Temperatura della casa ventidue gradi. Temperatura acqua nella vasca trentaquattro gradi. Duecentocinquanta millilitri di latte a trentanove virgola tre gradi. Frigorifero sempre pieno e in ordine di scadenza. Cura delle piante e degli animali domestici. E tutto questo a vantaggio dei proprietari, garantito dalla General Atomics.

Dopo essermi lavata bevvi il bicchiere di latte, indossai il pigiama e andai dritta a letto. Come ogni sera portavo anche Ruffled con me a dormire. Non mi piaceva lasciarlo a dormire da solo in quei primi giorni e quindi ci facevamo compagnia a vicenda. In più potevo dire a me stessa che in tutta la mia vita almeno un maschio aveva dormito con me.

L’importante era che non mi bagnasse come qualche sera prima.

-Buona notte Charles.-

-Notte Lady Earp.-

-Buona notte Ruffled.-

 

 

27/01/2078 D.C.

 

P1/Quartiere residenziale

Ore 7:33

 

-C’è grande attesa per l’incontro di sabato sera tra Long Brown Joe e Hollywood Danny Cox al Gold Circle, quindi se volete aggiudicarvi i posti migliori correte a comprare i biglietti per gli spalti, altrimenti vi dovrete accontentare delle passerelle superiori. Passiamo ora alle notizie sull’economia. I lavori al C5 anno subito dei ritardi negli ultimi giorni, ma il capo Castillo ha affermato che entro la fine del mese il cantiere sarà ultimato e i commercianti che si sono aggiudicati i lotti locali potranno accedere alle loro proprietà in piena sicurezza.-

Anson Bennett aveva realizzato il suo sogno. Il carismatico ex meteorologo era diventato il presentatore ufficiale del notiziario di Beacon City. Dopo essersi lavato e rifocillato, gli venne data una spuntatina alla barba, un completo elegante e il posto più ambito nel mondo dell’intrattenimento.

Io stavo facendo colazione con Ruffled in salotto. Lui beveva il latte nella sua ciotola mentre io mangiavo le mie Sugar Bombs affogate nel latte caldo.

-La sua tuta è pronta signora. Ho anche controllato il suo cinturone e non manca niente.-

-Grazie. Ora se non vi dispiace devo andare.- Dissi cambiando canale.

Sul canale dell’intrattenimento stavano trasmettendo RALPHIE. La storia di un ragazzino che dopo aver trovato un eyebot in fuga da un generale cattivo lo nasconde in casa diventando così il suo migliore amico. Un vecchio programma per bambini trasmesso su Vault-Tec Channel 9.

L’unico modo per uscire senza che Ruffled se ne accorgesse e mi si incollasse agli scarponi con gli artigli, era distrarlo con i cartoni e i programmi della mattina.

-Questo pomeriggio lo porterò al parco per farlo giocare nell’erba signora.- Mi informò Charles portando la mia ciotola al lavello.

-Ottimo. Ricordati però di spegnere il televisore tra un’ora e dagli la sua pallina.-

Non era un problema di bolletta, dato che come “impiegata statale” non le pagavo entro un certo limite, ma tutti quei cartoni animati non gli avrebbero fatto bene, pur essendo un gatto. Credo.

Mi lavai i denti, raccolsi i capelli nella mia solita acconciatura e indossai la tuta di sicurezza. Ma prima che aprissi la porta, il Pip-Boy emise uno dei suoi soliti bip.

Incuriosita guardai la casella delle missioni e come immaginavo, ne era comparsa una nuova.

Dovevo dirigermi al C4 e incontrare l’agente Green. L’animazione della missione mi rappresentava in vesti da detective con tanto di lente di ingrandimento.

-A stasera.- Dissi uscendo dalla porta.

I messaggi e le indicazioni che venivano inviate al mio Pip-Boy provenivano o dal microprocessore dello stesso computer che analizzava trasmissioni ed eventi locali, o dell’amministrazione che in caso di necessità mi affidava dei compiti speciali. Ecco perché quella mattina, al posto di recarmi in ufficio, mi diressi dove indicatomi dal Pip-Boy.

Giunta al Gold Circle trovai il solito trambusto quotidiano generato dai passanti, mentre dall’alto le lampade speciali illuminavano l’intera area con la loro luce splendente.

L’entrata del C4 si trovava tra l’università e la scuola di guida. Li trovai un checkpoint con due agenti di guardia e Green intento a compilare delle carte. Appena mi vide, mise via i documenti e mi fece segno di seguirlo.

-Che succede?- Gli chiesi seguendolo nel corridoio.

-Stamattina alle sette uno dei nostri ha trovato il corpo di un soldato. È il primo omicidio che ci capita dalla Grande Guerra.-

-Omicidio? Ne siete sicuri?-

-Giudica tu stessa capo.-

Quando arrivammo nel piccolo piazzale il corpo era già stato portato via. Uno degli agenti stava fotografando da più angolazioni la sagoma disegnata sul pavimento con il gesso mentre altri quattro stavano esaminando e catalogando gli oggetti nei pressi della scena del crimine.

-Causa della morte?-

-Ci vorrà l’esame del medico legale, ma a prima vista è stata la decapitazione ad ucciderlo.- Disse Green indicando un’altra sagoma più piccola vicino a quella del corpo.

Doveva trattarsi della testa del deceduto. Stavo giusto iniziando a chiedermi perché non l’avessero disegnata attaccata alla sagoma più grande.

-Chi era la vittima?-

-Ivor, che avete trovate?- Domandò Green a uno degli altri agenti.

-Soldato semplice Justin Campbell.- L’agente stava leggendo un portablocco. -Sentinella del deposito sei. Le videocamere nel tunnel lo hanno visto entrare ieri sera alle ventitré e cinquanta, ma non uscire.-

-Deposito sei vi dice qualcosa?- Chiesi ai miei due sottoposti.

-Una settimana fa sono scomparsi dei pezzi. Ci stiamo ancora indagando.- Ricordò Green.

-Abbiamo trovato queste nelle sue tasche.- Disse Ivor mostrandoci degli oggetti in una cartellina. -Una scheda di puntamento avanzato, due bobine per relè e una dozzina di fusibili, di cui alcuni sparsi sul pavimento.-

Era chiaro che quel soldato centrasse con la scomparsa dei rifornimenti. Ma il suo coinvolgimento era ancora da chiarire.

-A quanto pare abbiamo trovato il nostro ladro.- Dedussi.

-Dici? Non potrebbe aver trovato lui il ladro e cercando di arrestarlo si è fatto ammazzare?- Ipotizzò Green.

-Non credo. Parte della refurtiva era nelle sue tasche e la sua occupazione lo rende il soggetto ideale. Secondo me si è incontrato qui con il suo cliente per contrabbandare i pezzi e qualcosa è andato storto.-

Grazie agli episodi del commissario Murray e alle riviste di Vere Storie di Polizia, mi ero fatta una certa cultura nel campo delle investigazioni, ma gli studi migliori gli avevo fatti settimane prima durante i corsi serali per detective. Il dipartimento necessitava non solo di ottimi agenti, ma anche di futuri validi elementi necessari per determinate situazioni. Come un caso di omicidio.

-Chi cavolo ammazza per dei pezzi di ricambio?- Domandò Green.

-Non lo so. Fallo scoprire ai nostri nuovi investigatori.-

-Sono in malattia.-

-Come? Tutti a due?-

-Stavano indagando anche loro sul deposito sei. A stare in superficie per ore si sono presi una congestione.-

-Mi prendi in giro? C’è qualcun altro che può sostituirli?-

-Fino ad ora nessun altro ha superato l’esame. Il corso ha avuto anche dei ritardi per la formazione della squadra di intervento speciale.-

-E allora chi pensa a questo caso?-

Green mi guardò come se la risposta fosse ovvia e in un attimo capii a cosa stesse pensando.

-Sei tu quella che ha partecipato a più lezioni.-

-Si, ma non ho partecipato ad alcun test finale!- Obbiettai.

-Beh, allora chiamiamo uno dei ragazzi al corso, ma non credo che siano più formati di te.-

Valutai tutti i rischi e le probabilità. Gli unici veri detective del bunker erano in malattia e quelli che stavano ripetendo le lezioni non erano ancora pronti. Io invece avevo partecipato a tutte le lezioni serali, ma senza effettuare i test finali. Prendermi la responsabilità di un vero caso di omicidio non era tra i programmi della giornata, specialmente il primo nella storia della nostra comunità. Ma d’altro canto, come capo della sicurezza era mio dovere accettare ogni singolo compito che mi veniva affidato. E per un giorno non sarei stata in ufficio in compagnia delle solite scartoffie.

-Ok, lo faccio io. Voglio però campo libero e nessuno tra i piedi che mi distragga. A e qualcuno mi dovrà portare la lista dei materiali mancanti, il referto del medico legale e l’elenco delle persone all’interno del Gold Circle al momento dell’omicidio.-

-E io posso aiutare.- Disse qualcuno alle nostre spalle.

Voltandoci vedemmo avvicinarsi un cerebrobot. Il cassone metallico aveva una bombetta sopra alla cupola di vetro. Proprio quella in cui un cervello organico stava galleggiando in bella mostra nel biogel.

-Una delle scimmie da laboratorio di Spectrum dev’essere scappata.- Scherzò Green.

-Del Dr. Spectrum, si. Scimmia, no. Forse solo il mio cervello.-

-Sicuri che sia di Doc?- Chiese Ivor.

-Dr Watson al vostro servizio.- Si presentò il robot alzando la bombetta con il suo braccio multiuso.

-Si, non c’è dubbio. È suo.- Confermai io.

-Il mio illustre creatore mi ha progettato per supportare gli investigatori durante le indagini e affidato a lei in seguito ai recenti avvenimenti.-

Non mi stupì scoprire che Spectrum aveva saputo dell’omicidio. Oltre ad essere un membro del consiglio aveva pieno accesso alle comunicazioni nel bunker.

-Beh, tanto vale cominciare. Green, porta via tutti tranne le guardie all’entrata. Qui ci penso io.-

L’agente fece sgomberare la scena del crimine, lasciandomi sola con il robot.

Iniziai a guardarmi un po in torno. Ivor mi aveva lasciato la lista degli oggetti trovati in giro, ma a parte un paio di viti e un chiodo scartato dalla costruzione dei lotti nei pressi, non era stato trovato altro. Gli indizi migliori erano già stati trovati.

Controllai anche le porte dei lotti, ma le chiavi non erano state neppure consegnate ai futuri proprietari e le serrature non mostravano segni di scassinamento.

-Questo potrebbe servirle?- Mi chiese Watson offrendomi un olonastro. -Ci ho appena scaricato gli orari di entrata ed uscita dei passanti.-

Presi l’olonastro e lo inserii nel Pip-Boy. Sulla schermata comparve la lista degli ultimi tre giorni. Di più non sarebbe stato possibile per un singolo olonastro. Nella sezione di quel giorno erano presenti i nomi di nove persone, entrate la sera prima e uscite dopo la mezza notte. Come Nick, Trinity e Atom. Il cane però l’avevo già scartato dalla lista dei possibili colpevoli.

-Watson, va a cercare queste persone e portale nella sala interrogatori. Green penserà a loro. E già che ci sei, fatti dare tutti i dati che ho chiesto a Green.-

-E poi cosa faccio?-

-Mi raggiungi alle serre appena hai finito. Ora vai.-

 

 

Forte di Beacon City

Ore 8:21

 

-Quindi Justin è morto per davvero. Diamine. Pensavo fosse un’errore di comunicazioni.-

Il sergente maggiore al comando della sicurezza dei depositi era nella caserma quando lo trovai. Stava ancora cercando di capire l’origine della mail speditagli dalla direzione. Difficile pensare che in un bunker di massima sicurezza qualcuno potesse morire a causa di un omicidio.

-Saprebbe dirmi qualcosa su di lui sergente? Qualche stranezza nel comportamento o cambiamento particolare?-

Il soldato si gratto la testa cercando di ricordare qualche dettaglio.

-Se ne stava spesso per conto suo. Non è venuto mai a festeggiare con noi al bar o a farsi una partita. Non parlava molto con me o le altre guardie. A Natale e a Capodanno si è offerto come volontario per le ronde notturne.-

-Persona discreta e antisociale. Perfetta per non attirare attenzioni spiacevoli.-

-Grazie per l’aiuto. La lascio al suo lavoro.-

-Di nulla Sorvegliante.-

 

 

Corridoio

Ore 8:36

 

Mentre il montacarichi secondario scendeva lungo la sua tromba, mi venne un sospetto. Presi la cornetta del telefono sul montacarichi e digitai uno dei numeri più segreti del bunker. L’attesa non fu molto lunga.

-Ufficio tredici.-

-Sono Rocket. Avete per caso le pratiche del mese scorso sui consumi nutrizionali?- Domandai.

-Ah, è lei signora. Di che ha bisogno?- Chiese l’agente all'altro capo.

La parola d’ordine per la stanza di monitoraggio era stata ideata per impedire che qualcuno chiamasse casualmente lo stesso numero e scoprisse che i nostri ospiti fossero spiati giorno e notte.

-Avete visto qualche comportamento anomalo ultimamente?-

Ci fu una breve pausa.

-No. Sto controllando sul terminale principale, ma niente. Oggi Foster è anche più tranquillo del solito.-

-Bene. Scusatemi per il disturbo, ma dovevo avere conferma. Se succede qualcosa di insolito avvisatemi. Chiudo.-

Chiamatemi paranoica, ma l’idea che Foster e i suoi fossero implicati nel caso, aveva avvolto il mio cervello come un serpente. Per loro fortuna mi ero sbagliata.

 

 

Serre

Ore 8:55

 

-Solo questa roba?- Mi chiese Castillo.

-No, questa è la refurtiva che gli abbiamo trovato addosso oggi. Dal deposito sei sono stati rubati anche venti fusibili, tre batterie a fissione, tre moduli sensori, due circuiti stampati militari, otto bobine per relè, sei valvole termoioniche, due taniche di alluminio vuote, dieci unità di fibra ottica e alcune viti.-

Castillo era il capo degli addetti alla manutenzione e se c’era qualcuno che mi poteva dire cosa si faceva con la refurtiva, quello era lui. Stava rimontando i componenti della console per il controllo delle acque quando lo trovai e si fermò solo quando gli lessi la lista completa della refurtiva.

-Le cose sono tre.- Disse pulendo uno dei componenti elettronici dalla polvere. -Uno, voleva rivendere i pezzi a prezzo ridotto e farci qualche soldo, ma ne dubito. Troppo pericoloso. Due, il suo cliente è un piccolo tecnico che con queste attrezzature voleva fabbricarsi vari piccoli oggetti fai da te. E tre ….-

-Tre?- Gli chiesi guardandolo dalla passerella sottostante.

-Il suo cliente è un tecnico professionista intenzionato a creare qualcosa di potente.- Mi rispose sporgendosi dalla console.

-Tipo un bombarolo o un sabotatore?-

-Forse, ma finché non metterà le mani su del fertilizzante o un nucleo di fusione non potrà fare granché. Sono solo le batterie che mi preoccupano. Quelle hanno una buona potenza e una lunga durata.-

-Mi scusi. Ha visto il sorvegliante Earp?- Gli chiese qualcuno alle spalle.

-OH DIO!!!- Urlò Castillo appena voltatosi.

L’ingegnere capo ebbe un tale colpo, che a causa dello spavento, finì col far cadere uno dei componenti elettronici.

-Mi scusi non volevo spaventarla.- Gli rispose quella persona.

Anzi, quel robot.

Con i miei occhi, vidi il congegno fare un volo di quattro metri e cadere davanti ai miei piedi, rompendosi in mille pezzi.

-Oh no.- Dissi lasciando cadere il portablocco degli appunti.

I frammenti di plastica e metallo mi sembravano famigliari.

-Cavolo robot, fa più attenzione quando ti avvicini alle spalle di qualcuno.-

-Oh santissima riverita VERGINE MARIA!- Urlai in preda al panico.

-Cosa succede la sotto?- Mi chiese Castillo tornando a guardarmi dall’alto.

-IL NEURONE! IL NEURONE PER IL CONTROLLO DELLE ACQUE!!!- Urlai come una forsennata pensando a quali conseguenze avrebbe causato l’evento.

-Ehm … Earp? Quello era un semplice regolatore di pressione.-

Tornai a guardare meglio i frammenti sul pavimento e con un esame più accurato e meno precipitoso capii di essermi sbagliata.

-Ah, un regolatore di pressione. Ah, ah, ah.-

Scoppiai in un’euforica risata che mi fece anche piangere. Un attimo prima ero nel panico e subito dopo avevo scoperto di aver preso un granchio. Anche Castillo afferrò il lato comico della cosa e anche lui iniziò a ridere.

-Pensavi davvero che mi sarei messo a pulire uno dei Neuroni con così tanta noncuranza?-

-Beh, per un attimo direi di si.- Risposi asciugandomi le lacrime con la manica della tuta.

-Ma cosa sta succedendo?- Domandò il robot.

Alla terza volta riconobbi la voce di Watson. Ce n'erano di persone che non si abituavano mai alla visione di quei cervelli galleggianti.

-Di sicuro ti avrebbero incaricata di andare in giro per la Zona Contaminata alla ricerca di un altro congegno per il controllo dei depuratori idrici.- Continuò Castillo.

-Ah … ah … ma anche no.-

 

 

Centro medico

Ore 9:48

 

Dopo aver salutato Castillo ed essermi ripresa dal più grande shock degli ultimi giorni, io e Watson ci eravamo diretti all’obitorio del centro medico. Per tutto il viaggio il robot non fece altro che scusarsi per “l’increscioso” incidente, ma non me la presi più di tanto. Lo convinsi invece a coprirsi la cupola di vetro con una placca metallica fornitaci da Castillo. Questo ci permise di passare in mezzo alla folla senza spaventare i civili e lasciando comunque a Watson di indossare la sua bombetta.

-Salve Dr Price.- Dissi entrando nell’obitorio.

-Ciao Red, mi stavo giusto chiedendo quando saresti arrivata. Ho appena finito con il nostro amico.-

Il Dr Price era stato con mio padre nell’esercito e dopo il congedo aveva aperto la sua ditta di pompe funebri a Boise City. Quando mia madre morì fu lui ad occuparsi del funerale e quindi ci conoscevamo molto bene.

-Buon giorno signore.- Lo salutò Watson.

Price non si stupì alla vista del cerebrobot. Anche se poche unità erano uscite dalle fabbriche, quel tipo di robot era già conosciuto nel settore medico prebellico. In diversi modi.

-Secondo lei cosa l’ha ucciso?- Chiesi indicando il cadavere ancora sul tavolo operatorio.

-Un proiettile laser sparato a bruciapelo.- Disse indicando le ustioni sul taglio. -Il fascio è stato come un bisturi bollente. Praticamente ha reciso la testa cauterizzando buona parte dei tessuti recisi.-

-Quindi è stata un’arma laser. Un fucile?-

-No, non credo. A queste distanze anche una pistola di media potenza può fare danni seri. E poi c’è questo.-

Il Dr Price inclinò la testa mozzata in verticale e spostando i capelli della frangetta mi mostrò un livido quadrato poco sopra la fronte.

-Un martello?-

-La base dell’impugnatura di una pistola laser.-

-Questa è una sega oscillante?- Chiese Watson prendendo in mano una degli strumenti sul vassoio chirurgico.

-Fermo Watson! Rimettilo subito a posto.- Gli ordinai con tono autoritario.

Il robot rimise la sega oscillante sul vassoio e dopo aver indietreggiato di qualche metro si portò le mani dietro alla schiena.

-La mia teoria è che o l’aggressore avesse la pistola con sé e l’abbia usata per stordire la vittima un attimo prima di dargli il colpo di grazia, oppure che la vittima la tenesse in tasca e il suo aggressore glie l'abbia rubata per poi ripetere la stessa procedura.-

Il ragionamento del Dr Price non faceva una piega, ma il soldato non aveva la fibbia o il cinturone al momento del ritrovamento. Quindi era probabile che il nostro sospettato si fosse procurato un’arma al mercato nero. Cosa che il dipartimento non poteva lasciare che accadesse.

-Grazie per le informazioni dottore. Ci saranno utili.-

 

 

Sicurezza

Ore 12:06

 

Green entrò nel mio ufficio con un’aria rassegnata. Aveva passato metà mattina a interrogare gli unici presenti e ad esaminare le loro testimonianze.

-Niente.- Ammise.

-Niente, niente?- Gli chiesi.

-Niente di niente. Il tuo gruppo del poker se né andato alla stessa ora, subito seguito dallo staff dell’American Memory e gli altri otto clienti. Le uniche altre due persone che stavano gironzolando nei pressi del piazzale erano i coniugi Rodriguez con il cane e il Mr Gutsy di guardia.-

-Aspetta! Il robot potrebbe … -

-Già fatto.- Mi interruppe Green. -Controllato e ricontrollato fino alla nausea. Niente hackeraggi o avarie. La cronologia era pulita e in memoria non aveva nulla di anomalo.-

Le indagini non procedevano come avevo sperato. Gli indizi non ci avevano portati da nessuna parte e i nostri sospettati avevano degli alibi di ferro. Più le nostre opzioni si esaurivano e più il primo caso di omicidio nella storia di Beacon City rischiava di rimanere irrisolto.

-Posso prenderne una?- Mi chiese Watson indicando una delle ciambelle sulla mia scrivania.

-Fai pure.- Gli risposi con un pizzico di scetticismo.

Mentre Green camminava avanti e indietro scervellandosi su cosa non avessimo valutato, io ammirai il cerebrobot nel momento in cui si rese conto di non possedere una bocca o un impianto digerente.

-Se solo gli operai avessero installato il sistema di video sorveglianza già ieri avremmo risolto il caso da un pezzo.- Disse Green furibondo.

Il mio vice aveva più che ragione ad infuriarsi. La costruzione del Gold Circle era avvenuta in maniera troppo frettolosa e tra le cose che gli ingegneri avevano messo in fondo alla lista il sistema di videosorveglianza pienamente operativo era la più importante. Se non fossimo riusciti a risolvere il caso, il capo cantiere responsabile del montaggio avrebbe dovuto spiegare alla giuria il perché di un simile ritardo.

-Si è vero, ma ormai la fritta è fatta.- Gli risposi semplicemente.

Esasperato Green si sedette su una delle poltrone dell’ufficio e finalmente si rilassò. Avevo fatto bene a prendere quelle più comode in vendita da ODS. Anche perché le spese per l’ufficio andavano all’amministrazione.

Dalla vetrata del mio ufficio potevo vedere tutta la sala principale del dipartimento e i vari agenti e operatori al lavoro. Uno di loro stava correndo lungo la strada al centro della sala, e un attimo dopo essere sparito dalla mia visuale, entrò come una saetta nel mio ufficio. Da come respirava doveva essersi fatto una bella corsetta.

-Avanti.- Lo invitai sarcasticamente.

-Mi scusi capo, ma è lei che si sta occupando del caso Campbell?- Mi chiese l’agente.

-Io e qualche altro agente. Perché?-

-Volevo solo informarla che quelli del notiziario informeranno la popolazione dell’omicidio stasera stessa e quelli del Beacon Post lo pubblicheranno domani mattina in prima pagina.-

Io e Green restammo sbigottiti. Lui più di me, e l’altro agente se ne accorse.

-Si insomma … credevo che dovevate saperlo … quindi io … torno alla mia scrivania.-

Solo quando l’agente uscì chiudendosi la porta alle spalle Green espresse il suo disappunto.

-MA CHE CAZZO!-

-Green.-

-NO! SIAMO NOI SFIGATI O TRA UNA SETTIMANA PUBBLICHERANNO QUALCHE DOCUMENTO TOP-SECRET RIGUARDANTE IL VASO STESSO?!-

-Green.-

- DOMANI A QUEST’ORA L’INTERA POPOLAZIONE …-

-GREEN!!!- Urlai sbattendo il pugno sulla scrivania. -Questa storia mi ha già fatto venire un fottutissimo mal di testa! Non potresti abbassare la voce?-

L’agente capii di aver esagerato e di non essersi comportato in modo professionale.

-Scusa capo. È che quest’ultima novità non ci voleva.-

-Lo so, ma la libertà di stampa è una delle tante cose a cui il colonnello e molti altri cittadini tengono.- Dissi ingerendo una pillola di mentats ai frutti di bosco che tenevo nel primo cassetto della scrivania.

-Si, ma è il primo caso di omicidio. Come lo prenderà la gente? E poi come hanno fatto a scoprirlo?-

-Forse tra i nostri ci sarà qualche bel chiacchierone che avrà venduto l’esclusiva ai giornalisti, ma sicuramente la voce avrà iniziato ha circolare quando il comandante della vittima ha dovuto informare le altre guardie che il loro collega non sarebbe tornato al lavoro.-

-Forse tornare sulla scena del crimine ci aiuterebbe a trovare altre piste.- Suggerì Watson che nel frattempo era stato zitto.

-Si. Credo anch’io che sarebbe la cosa più giusta da fare.-

-Già, anche perché non vedo altre soluzioni.- Confermò Green.

Poi qualcuno bussò alla porta.

-Avanti.-

La porta si spalancò e Nick fece una delle sue solite entrate.

-Chi viene a mangiare gratis nel fast food migliore del bunker?!-

 

 

Little-Nuka

Ore 12:58

 

-Quindi … voi due da quanto vi conoscete?- Chiese Nick a Watson.

-Nick ti prego.- Lo implorai.

-No Red, no! Non sto aggredendo la tua nuova spalla. Gli sto solo chiedendo da quanto tempo mi ha sostituito.-

Nick e Trinity ci avevano offerto il pranzo nel loro bellissimo locale. Anche se non eravamo nel fine settimana la quantità di clienti era abbastanza alta. I genitori si godevano le varie pietanze che i camerieri assunti da Trinity gli portavano, mentre i bambini giocavano nella sala giochi sempre a tema Nuka-Cola.

-Beh, ecco, sono entrato in servizio stamattina alle sette, quindi ci conosciamo da più o meno da … cinque ore.-

-Ventiquattro anni che ci conosciamo, tre messi di servizio passati fianco a fianco, un numero incalcolabile di bevute ammazza fegato … e tu mi sostituisci con questa spalla di seconda categoria.-

Il meccanico non doveva aver preso bene la comparsa del mio aiutante robotico. Nick continuava a guardarlo con invidia e sospetto.

-Tesoro, non è che forse stai esagerando.- Gli disse Trinity sedutagli a fianco. -Il Dr Watson fa parte del dipartimento, quindi …-

-Silenzio donna. È una faccenda tra spalle.- La interruppe Nick con tono autoritario. -Tu non puoi capire. Sei comparsa solo nel capitolo nove.-

-Capitolo nove?- Chiese Trinity confusa.

-Cioè volevo dire … White Flat.-

Tra il cerebrobot e il meccanico non scorreva buon sangue, anche se probabilmente solo uno dei due era la causa del problema. E non mi riferisco a quello di metallo. Approfittai del momento per alzare i tacchi.

-Scusatemi ma il dovere ci chiama. Grazie del pranzo.-

-Grazie, è stato ottimo.- Si complimentò Green.

-Grazie per il pranzo, anche se non ho potuto mangiare nessuna delle vostre pietanze.- Li ringraziò Watson. -Magari tornerò a farvi visita.-

-Si, torni pure a trovarci dottore. Sapremo come accoglierla.- Lo salutò Nick con fare sinistro.

Uscimmo dalla porta principale portandoci dietro due bibite pagate al bancone e una volta fuori tornammo al lavoro.

-Torniamo al C4?- Mi chiese Green.

-Voi due si. Io faccio una piccola deviazione.-

 

 

Università di Beacon City

Ore 13:03

 

La UBC era più simile a un grande cinema piuttosto che ad un’università. Nell’atrio era stata costruita la reception dell’università con tanto di segreteria e bagni. C’era perfino una statua dello Spectrum umano con in mano un atomo ingrandito. Le classi erano state costruite sovrapposte e in maniera identica. Per ognuno dei tre piani del Gold Circle era presente una classe a forma di trapezio isoscele con i rispettivi novanta posti per gli alluni e naturalmente la cattedra con alle spalle la lavagna. Spectrum aveva speso un capitale per plasmare quel tempio alla conoscenza, sicuro che nel prossimo futuro avrebbe mietuto degli ottimi ricercatori da destinare ai suo laboratori invece di lasciare che il meglio della nostra gioventù finisse nell’esercito o nella manutenzione.

Mi recai alla segreteria e chiesi del Dr Spectrum, che negli ultimi giorni stava passando più tempo ad insegnare che a dirigere i suoi laboratori. L’addetta della segreteria mi indicò l’aula al primo piano, dove lo scienziato stava svolgendo una delle sue prime lezioni.

-Qualcuno mi sa dire chi ha detto: Adesso sono diventato Morte, il distruttore dei mondi?- Domando Spectrum appena entrai nell’aula.

Dei venti studenti li presenti, solo cinque alzarono la mano.

-Si Lucy?-

-Il Professor Julius Robert Oppenheimer, alla detonazione della prima bomba atomica, detta anche Trinity, nel luglio del millenovecentoquarantacinque.- Disse una ragazzina di circa dodici anni.

-Esatto Lucy, davvero molto brava.-

La ragazzina ricevette l’approvazione anche dei suoi compagni molto più grandi di lei, mentre io iniziai a scendere i gradini laterali che portavano al fondo della sala.

-E chi mi sa dire da quale testo sono state tratte tali parole?-

Alla seconda domanda non ci fu alcuna risposta, tanto meno dalla sottoscritta.

-Dal Bhagavadgītā, cioè Canto del Diavolo. Un episodio del Mahābhārata, l’antico poema epico indù. Questo serve a farvi capire che per raggiungere un vero livello di conoscenza, superiore alla norma, non dovrete interessarvi solo ai libri e alla cultura americana, ma studiare anche il modo di pensare degli altri… oh Red.-

-Rettore Spectrum.- Lo salutai arrivata in fondo all’aula.

-È venuta per partecipare alla nostra lezione di filosofia o per illustrare a questi giovani le tattiche per vincere ad Atomic Rollers?-

Alcuni ragazzi si fecero un paio di risate ricordandosi come la sottoscritta avesse vinto uno dei tornei della sera di capodanno e poi essere corsa via ancor prima di ricevere il premio senza dire una parola. Almeno non sapevano che ero nel bel mezzo di un trip.

-Ah, che simpatico. Chi sa se i ragazzi si ricordano della sua entrata in scena con i fuochi d’artificio e la musica a tutto spiano. Già che c’era poteva mettersi dei lustrini e una parrucca alla pompadour.-

La mia risposta fece ridere tutta la classe, e non solo chi mi aveva visto a capodanno, ma il dovere chiamava. Feci segno a Spectrum di raggiungermi nell’angolo in modo che i ragazzi non ci sentissero.

-Mi serve il tuo aiuto.- Gli sussurrai appena mi raggiunse.

-Problemi con le indagini?-

-Se per problemi intendi che il caso rischia di rimanere irrisolto allora puoi dirlo forte. Il tuo Watson non è proprio un grande investigatore. Capisco che ha il cervello di una scimmia, ma non …-

-Umano.-

-Come?-

-Umano. Il cervello di Watson è di un corpo donato all’università del Colorado.-

L’ultima correzione di Spectrum mi fece gelare il sangue. Sapere che un cadavere umano era stato dissezionato e utilizzato per dar vita a quella diavoleria tecnologia … beh.

-Ok, ma non mi sta aiutando in alcun modo.-

-Non può risolvere il caso. È progettato solo per raccogliere dati, elaborarli entro un certo limite e fare tutto ciò che gli altri cerebrobot sanno fare.-

-Non potevi creare un’intelligenza artificiale?- Chiesi contrariata.

-No, lo sai che sono troppo pericolose. Ne crei una per controllare il termostato di casa e il giorno dopo ti ritrovi con la casa in fiamme. Perfino questi ragazzi ne conoscono i pericoli.-

Effettivamente le intelligenze artificiali erano un pericolo. Più un’IA era potente e capace di superare i limiti della sua programmazione e più il pericolo di ribellarsi aumentava. Per un semplice robot non c’era molto da temere, ma per un sistema di controllo metropolitano ad ampio raggio impazzito allora la minaccia era reale. Ecco perché per la maggior parte i robot erano dotati di semplici programmi, mentre le IA, come quelle dei super computer ZAX, erano poche e ben sorvegliate.

-Senti, lo so che questa cosa dell’università ti sta gasando e che hai pur sempre il tuo reparto da dirigere, ma non è che potresti fare un salto dopo le lezioni? Tanto per rimetterci in carreggiata.-

L’eyebot si prese un momento per rifletterci come solo lui sapeva fare. Emettendo la solita luce blu ad intermittenza e una serie di suoni elettronici.

-Si, avevo una riunione con i tecnici del progetto F11, ma posso posticiparla. Alle cinque passo a vedere cosa posso fare.-

Finalmente la mia piccola deviazione aveva dato i suoi frutti. Con le prove raccolte e il cervello di Spectrum avremmo avuto molte possibilità in più rispetto a prima. Un giorno però avremmo dovuto procurarci una qualche unità di investigazione elettronica di supporto. Magari un’IA detective.

-Grazie Doc. Sei il nostro salvatore. Appena sei libero raggiungici sulla scena del crimine.- Dissi entusiasta.

-Posso portarmi il mio Deerstalker?- Mi chiese lo scienziato.

-Il tuo cosa?- Chiesi confusa.

-Capello da caccia ai cervi delle Highlands scozzesi!- Specificò cercando di farmi capire.

Io però continuavo a non capire il riferimento.

-Il cappello di Sherlock Holmes.-

-Ah, ehm … okay, se ti fa piacere.-

-Oh che bello! Finalmente potrò impersonare uno dei miei personaggi preferiti!- Affermò lo scienziato.

-Io vado. Ci vediamo al C4.-

Lasciai che lo scienziato tornasse alla cattedra e risalii le scale. Forse Green e il Dr Watson avevano scoperto qualcosa in mia assenza.

-Dunque, tornando a noi.- Continuò Spectrum. -Qualcuno di voi sa dirmi chi è stato il primo a dire: La guerra … la guerra non cambia mai?-

 

 

C4 del Gold Circle

Ore 13:19

 

Quando arrivai davanti al checkpoint, trovai le due guardie e un assaultron di supporto. Venni informata che a parte Green e Watson nessun altro aveva varcato l’ingresso. Tanto per essere sicuri che nessuno di non autorizzato avesse avuto accesso alla scena del crimine.

Green stava fissando il soffitto alla ricerca di altri possibili indizi, mentre Watson stava esaminando il pavimento tenendo in mano le nostre due bibite.

-Trovato niente?-

-Nulla per terra.- Mi informò Watson.

-Forse io ho trovato qualcosa.-

-Cioè?-

-La su. Una grata del condotto di ventilazione.- Disse Green indicando il soffitto.

La grata si trovava a tre metri di altezza e di larghezza misurava appena quindici centimetri.

-Dici che sia passato per di la il nostro assassino? Non è un po' stretta?- Gli chiesi.

-Beh, forse stiamo cercando una persona minuta. Un ragazzino magari.-

-Ma per arrivarci avrebbe dovuto usare una scala e quando sono arrivati gli agenti non c’era.-

-Forse si era preparato una corda o magari avrà lanciato un rampino. La mia è un ipotesi.-

Il ragionamento di Green non era sbagliato, pur essendo ricco di incognite. Ma vista la nostra situazione tanto valeva dare un’occhiata.

-Ok. Aspettatemi qua mentre vado a prendere una scala da …-

Mi bloccai quando alle mie spalle udii un suono simile a quello dell’acqua e voltandomi vidi il Dr Watson versare lentamente uno dei bicchieri vicino alla sagoma di gesso sul pavimento.

-Ehi quella è la mia Orange!- Lo rimproverò Green.

-Watson stai inquinando la scena del crimine.-

-Guardate.- Disse il robot.

Incuriositi ci avvicinammo e con stupore notammo che la Nuka-Cola Orange stava passando attraverso le fessure di una delle piastrelle più grandi che pavimentavano il C4.

-Una crepa?- Domandò Green.

-No, un vecchio trucco.- Gli risposi intuendo cosa avesse trovato Watson. -Datemi una mano a spostarla.-

Con l’aiuto di Green e degli artigli meccanici di Watson riuscii a sollevare la piastrella che pur essendo sottile era larga e pesante. In oltre qualcuno l’aveva rinforzata da sotto con una lastra di metallo. Forse per impedire che camminandoci sopra qualcuno potesse romperla e scoprire l’entrata del tunnel che grazie a Watson noi altri avevamo appena rivenuto.

-Ecco da dove l’assassino è fuggito.- Ne dedusse Green. -Se il cadavere avesse perso sangue forse ce ne saremmo accorti subito.-

-Watson, saresti da promuovere a detective.- Dissi complimentandomi con il robot.

-Qual’è la nostra prossima mossa signora?- Mi chiese il robot.

-Elementare Watson!-

   
 
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