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Autore: Daymy91    29/06/2009    5 recensioni
“Ho sempre creduto di essere un uomo forte. Ho fatto i miei errori… ma son sempre stato capace di superarli e di andare avanti.- l’uomo sorrise amaramente – ma credere, non sempre basta a sfuggire alle paure e alla sofferenza.” ....Storia basata sul finale della 5 stagione di House md!! PUBBLICATO 11° CAPITOLO! =)
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Greg House, James Wilson, Lisa Cuddy | Coppie: Greg House/Lisa Cuddy
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Quinta stagione, Sesta stagione
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Salve a tutti gente!!!!!!!!!
Un grazie enorme va sempre a tutti voi che continuate a recensire e a sostenermi nella realizzazione di questa storia:
ChrisP, huddy4eIsAnastaciaHuddy92ladyT lady cat e, sopratutto, un grazie speciale va a  GaaRa92! GaarRa, grazie per la bellissima recensione! Mi ha fatto molto piacere leggere il tuo parere... ^^
Vi lascio questo chap sperando che vi possa piacere e sperando di non aver deluso le vostre aspettative. Del resto, devo dirlo, tutto ciò che viene sritto dalla sottoscritta, capitolo dopo capitolo, è tremendamente premeditato! XD
Alla prossima gente! (che secondo i miei calcoli sarà verso metà luglio :P)
Grazie ancora a tutti!!!

Miky

CHAP 7

L'intero problema si riduce a questo: la mente umana è in grado di dominare ciò che ha creato?
(Paul Valéry)

 

 

 

 

Gregory House chiuse la porta alle sue spalle, entrando con passo lento nella sua stanza.
Era pomeriggio.
Ricordava ancora l’amaro di quel pasticcio di cibo che lui e la psicologa Jenny Dawson avevano mangiato in un fast-food qualche ora prima, parlando e discutendo di cose che, per quel che gli riguardava, non avrebbe mai pensato di dire ad una donna, in un ambiente come quello per lo più.
Era stanco.
Stanco di camminare, stanco di parlare.
Era stato in giro tutto il giorno, con una donna veramente niente male, aveva giocato a bowling, guidato una macchina da urlo… si insomma, avrebbe dovuto sentirsi soddisfatto. In fin dei conti, non gli stava finendo poi così male.
Non del tutto.
O almeno… questo era bello pensarlo.
Per quanto quel giorno si fosse divertito, i dialoghi con Jenny l’avevano sfinito. E se in precedenza aveva creduto che lei fosse solo una poco di buono, in tutti i sensi possibili immaginabili, adesso si dovette ricredere.
La realtà era che adesso adorava e temeva la figura della psicologa. Ma, soprattutto, adorava e temeva ciò che lei era stata in grado di dedurre da quel che lui gli aveva raccontato. 

“Così, adesso lei è il tuo capo.”
“Si.”
“E come se la cava?” Jenny è seduta davanti a te, sul volto uno sguardo sorridente.
“È odiosa… pretende di starmi dietro in ogni singolo attimo della sua vita solo per controllare se faccio il mio lavoro.”
Ricordi ancora l’espressione che in quell’istante assumesti nel parlare di lei… e, ne sei certo, questa la stava notando anche Jenny.
“Piantala di lamentarti. – la vedi ingoiare un boccone a fatica, tanto era disgustoso quel panino che stringeva in mano – Inutile negare che ne sei innamorato.”
Sbuffi, come se lei ti stesse dicendo qualcosa di pesante.
In realtà è così.
Scuoti il capo con fare seccato, per poi posare lo sguardo sul tuo panino.
“Si.”
 

“Così sei riuscito ad ammetterlo finalmente.”
La voce di un uomo lo destò da quei ricordi, spingendolo a far vagare lo sguardo per l’intera camera.
Poi, improvvisamente, eccolo.
Stava vicino la finestra, le mani nascoste nelle tasche del camice che indossava.
“Kutner.”
Il giovane indiano sorrise amichevolmente “Chi non muore si rivede.”
“Senti da che pulpito viene la predica… – House zoppicò verso il letto, gettando a terra lo zaino che teneva sulle spalle – del genere: chi è già morto si rivede sempre e comunque.”
Kutner si avvicinò ad Amber, affiancandola ai piedi del letto e rivolgendosi ad House che, in quell’istante, si stava concedendo un po’ di riposo “Sai che non è così.”
“Si, si, lo so… tu ed Amber siete due fratellini capricciosi, sapete?!” li rimproverò ironico.
“È il nostro compito.”
House si gettò sul letto, portando le mani dietro la nuca ed iniziando a fissare il soffitto “Il vostro compito è quello di rompere le scatole?!”
“Esattamente.” Amber sorrise, abbracciando Kutner con fare amichevole. Sembrava contenta che House li avesse definiti in quel modo.
Il giovane indiano le cinse i fianchi, rivolgendosi con fare serio al diagnosta “Ciò che ti ha detto la psicologa è pesante. – iniziò – Cosa pensi di fare? Hai intenzione di seguire il suo consiglio o rimanere a crogiolarti nell’autocommiserazione ancora per un pò?”
Il diagnosta lo fulminò con lo sguardo, alzando il proprio busto con i gomiti per meglio poter vedere l’espressione che adesso il giovane medico aveva sul volto: sorrideva.
Sapeva che Kutner voleva una risposta, e sapeva anche che ciò che voleva era la certezza del fatto che lui si sarebbe deciso a prenderla.
Esitò.
Per un attimo, sentì il bisogno di riprendere nella propria mente il discorso che qualche ora prima Jenny Dawson gli aveva fatto. 

Le hai raccontato tutto.
Le hai detto della tua allucinazione con Cuddy, di quel giorno quando urlasti a tutto l’ospedale di essere andato a letto con lei.
Sei imbarazzato, non osi proferir parola mentre adesso, Jenny, ti osservava intrigata.
Come diavolo eri riuscito a raccontarle tutto non lo sai nemmeno tu… ti ha praticamente strappato con la forza quelle parole. Eppure, non ne sei dispiaciuto.
Sei curioso di sentire cosa ne pensa, sei curioso di sentire come interpreterà tutto quel che ti è successo.
Eppure, ciò che adesso lei ti dice ti stupisce alquanto: “Era la prima volta?”
Esiti un attimo, cercando di capire cosa lei voglia dire.
“Prego?!” sussurri, con un tono tra l’ovvio e il confuso.
La vedi sorridere divertita, probabilmente si è resa conto di aver fatto una domanda troppo criptata.
“Intendevo… era la prima volta che avevi un’allucinazione su di lei?”
La guardi sconvolto, come se stesse dicendoti chissà quale offesa “Ma ci stai quando dico che è stata la mia prima allucinazione?!” borbotti, dando un ultimo morso al tuo panino al formaggio.
Se c’era una cosa da fare dopo aver mangiato quella schifezza, quella era andare indubbiamente a farsi una bella lavanda gastrica.
“Ok, scusa... hai ragione.”
“No invece.” senti Amber sussurrare qualcosa alla tua destra.
Ti volti, incuriosito da quella sua esclamazione.
Sta giocherellando, tracciando con il dito disegni invisibili sul freddo legno del bancone del locale.
Poi si volta a guardarti, lo sguardo deciso “Non è stata la prima volta...”
Vedi Jenny che si volta a guardare il bancone anch’ella, cercando di capire cosa tu in realtà stai guardando. Ma era ovvio che ciò che al momento stava attirando la tua attenzione, lei non l’avrebbe mai notato.
Vedi Amber posare lo sguardo su di lei,  poi nuovamente su di te.
Inizia ad accarezzarsi la gamba dolcemente, facendo scivolare la propria mano verso l’alto, iniziando a percorrere la coscia sinistra, in modo da scoprire parte del suo corpo che qualche istante prima era coperto dalla gonna.
“Che bei ricordi… non smetterei mai di pensarci. - sussurra maliziosa, attaccandosi ad un palo che affiancava il bancone del negozio ed iniziando a muoversi sinuosamente -Rammenti Gregory?”
Curvi leggermene il capo, guardando i suoi movimenti con interesse.
Striscia sul palo con insolita bravura, imitando i movimenti di qualcuno… qualcuno che tu conosci benissimo.
Aveva ragione, non era stata la prima volta.
“Tempo addietro, ebbi un incidente – inizi, senza però distogliere lo sguardo dalla bionda dottoressa – E a causa di ciò che accadde dopo, svenni… ed ebbi una sorta di sogno-allucinazione su di lei.”
Jenny ti sorride sorpresa, per qualche strana ragione adesso ti guarda ammirata “È stata Amber a dirtelo?!”
Ti volti a guardarla, incuriosito dalla sua reazione.
“No, me l’ha fatto solo ricordare.” rispondi ovvio, gesticolando in maniera vaga con la mano destra.
“È strabiliante quanto si sia acuito il tuo dialogo con il tuo subconscio.” ti sussurra meravigliata, poggiando il mento sul palmo della mano ed iniziando a focalizzare l’attenzione solo ed esclusivamente su di te.
“Io lo chiamerei inquietante.” brontoli tu, lanciando di tanto in tanto delle piccole occhiate ad Amber.
“Però non è stata un’allucinazione – Jenny riesce ad attrarre nuovamente la tua attenzione, iniziando a riflettere ad alta voce – È stato solo un sogno. Intendo quello dovuto all’incidente. Se dici di esser svenuto…”
“Già, forse ha ragione.” Vedi che Amber adesso si trova alle spalle della psicologa, seduta sul tavolino dietro, mentre inizia a riflettere su quell’ultima esclamazione. 
“Si.” bisbigli confuso, abbassando il capo nell’atto di riflettere.
In realtà era stato solo un sogno. Lo sai benissimo.
E adesso ti domandi come mai dalla tua bocca è uscito quell’argomento.
“Eppure Amber, il tuo subconscio, ha voluto che tu me lo dicessi.- la psicologa inizia a sorridere intrigata, e ciò che lei ha appena detto sembra darti non poco timore – Capisci cosa vuol dire?”
La vedi gesticolare convinta, muovendo entrambe le mani con forte passione mentre quelle parole le escono dalla bocca. È come se ti stessi guardando allo specchio, come se stessi notando quella scintilla che ti aveva sempre spinto nel risolvere i tuoi amati casi clinici.
E adesso, tu eri il suo caso.
Tu eri diventato la sua passione, il suo mistero da svelare.
“Spiegamelo.”  le sussurri incuriosito.
Noti che adesso anche Amber è concentrata sulla psicologa, curiosa anch’ella del verdetto.
“Hai sempre pensato che il tuo problema fosse il vicodin, la tua droga. – inizia Jenny - Eppure non ti sei mai reso conto che la tua vera droga è sempre stata lei: Lisa Cuddy.”
“Cosa diavolo stai blaterando…?!”
“È così Greg! Persino il tuo subconscio cerca di fartelo notare. Ti ha appena fatto ricordare altre tue esperienze simili a queste allucinazioni proprio per questo, per sottolineare tutto questo. – ti spiega con enfasi - …non mi stupirei se Amber o Kutner avessero cercato di convincerti a dimenticarla o ad allontanarti da lei.”  
Senti un brivido percorrerti la schiena.
“Le tua allucinazioni… tutto, è basato su di lei.”
Guardi Amber, cercando il suo sguardo. Noti che anche lei ti guarda ma, contrariamente dalla tua espressione sconvolta, lei sorride.
La vedi abbassare lo sguardo verso Jenny, come fosse attratta dalla genialità di quella donna.
La psicologa aveva ragione.
Per tutto quel tempo il tuo subconscio aveva tentato di farti dimenticare Lisa Cuddy… e adesso sai il perché
. 

“È così Gregory… il tuo unico problema è lei. – Kutner lo destò dai suoi pensieri per la seconda volta nel giro di pochi minuti, facendogli riaccendere la frustrazione che tutto quello gli stava creando - È lei l’iceberg contro il quale stai picchiando la testa.”
“Perché…?” sussurrò tra se Gregory House, passandosi una mano in fronte, sconvolto al ricordo di quelle parole.
Amber si avvicinò alla sponda del letto con passi lenti.
“Perché lei non ti ama. Tu continui ad immaginare che non sia così… e invece lo è. Renditene conto. – si era fermata davanti a lui, in mano una vecchia foto dei tempi dell’università che man mano che lei parlava andava svanendo – Solamente in questo modo riuscirai a controllare te stesso.”
Il diagnosta la fissava interdetto, conscio di ciò che quelle parole stavano a significare.
Vide la foto di quei due giovani svanire debolmente, sconfitto.
Si mise a sedere sulla sponda del letto, chinando la testa sulle proprie mani.
Ciò che il destino gli stava imponendo era dura da reggere come emozione.
Era stanco di sopportare.
“Conosci la diagnosi… adesso devi solamente iniziare la cura. Se ne hai il coraggio. – sentì la voce di Kutner seguire quella di Amber, il suo tono era identico a quello della dottoressa – E non cercare vie traverse, perché poi, alla fine, ne rimarrai sconfitto comunque. Come è stato per la tua gamba.”
Sentì la propria pelle gelarsi al suono di quelle parole.
Odiava Kutner, odiava Amber, odiava tutto ciò che loro continuavano a sbattergli in faccia. Ed odiava il loro ruolo in tutto quello.
Odiava se stesso. 

La porta si aprì improvvisamente, costringendolo ad alzare lo sguardo verso colui che aveva osato aprirla senza un minimo di permesso.
“Ciao – il caro vecchio Bill era adesso davanti i suoi occhi, fermo sull’uscio della porta – Come va?”
“Se non te ne vai, male.”
“Siamo nervosetti…- gli sorride, senza però entrare nella stanza – Devo dedurne che con la psicologa non è andata molto bene.”
“Non avevi detto che oggi non mi avresti girato intorno?!”
“Si, ma solo fin quando stavi con Jenny Dawson.”
House gli gettò un’occhiataccia, grattandosi il capo con fare nervoso “Perché sei qui?”
“Volevo ricordarti che è ora di cena. Ti aspetto all’ascensore.” si limitò a dire l’uomo, velocemente, giusto per assolvere al suo dovere. Poi si voltò, andando per richiudere la porta.
Ma il suono di questa fu praticamente assente.
House alzò nuovamente lo sguardo, notando che il medico, bloccandosi nel suo gesto, l’aveva riaperta.
“Ah, quasi dimenticavo – riprese – Questa mattina ti cercavano. Ha chiamato una certa Lisa Cuddy.”
Vi fu un attimo di silenzio.
Amber e Kutner si scambiarono due sguardi vaghi d’intesa.
“Ok, grazie.” sussurrò House dopo qualche istante, congedando definitivamente il medico.
Sospirò, vedendo la porta chiudersi di fronte a sé e, mettendosi in piedi, prese il proprio bastone tra le mani.
Chiuse gli occhi, riflettendo sul da farsi.
Era stanco di tutto quello che aveva attorno.
Era stanco di continuare a vivere una vita piena di ozio. Strano da parte sua, ma avrebbe pagato per poter tornare al proprio lavoro.
Avrebbe dovuto lottare e la cosa non si sarebbe di certo rivelata facile, lo sapeva.
Ma cel’avrebbe fatta.
Era stanco delle sue allucinazioni, dei suoi tormenti e di tutto quello che vi girava attorno.
Sapeva benissimo che quel che Bill qualche attimo prima gli aveva detto era solamente frutto della sua fantasia. Ormai aveva iniziato a capire la sua mente e le sue tattiche.
E sapeva benissimo che Cuddy non avrebbe mai osato chiamarlo.
Non dopo tutto quel tempo.
Non così all’improvviso.
Era stata tutta un’ennesima allucinazione, senza dubbio.
Si voltò verso Amber e Kutner, sul volto un’espressione ferma, convinta.
Se il problema era quello, la soluzione era solamente una: dimenticare lei.
Dimenticare tutto ciò che rientrava in lei o che viveva nei suoi ricordi.

Doveva dimenticare Lisa Cuddy.
“Sono pronto.” sussurrò ai due medici, consapevole del valore di quella affermazione.
E fu allora che, per la prima volta dopo tre duri e pesanti mesi, le figure di Amber e Kutner iniziarono a svanire davanti ai suoi occhi. Sul loro volto, finalmente, un’espressione di vittoria.

 

 
 

 

 

 

 

 

To be continued…

 

 

 

 

  
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