Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Federico    30/06/2009    3 recensioni
E' vietato introdurre codice html pesante. Ladynotorius assistente amministratrice.
Genere: Drammatico, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...), Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Spazio autore

Nueblackcrowfriend: Ma no, quello “schifo immondo” era solo per scherzare….e quando ho scritto che Zoro è analfabeta allora? Se proprio volessi farti quattro risate leggiti “Arlong all’asilo”, lì sì che prendo in giro veramente tutti…

Quanto a “Carissimi Rogia” non c’è bisogno che ti scomodi, visto che io stesso sto scrivendo gli ultimi due capitoli dedicati a Ace e Smoker ( ho preferito evitare i cattivi dei film che non conosco e Barbanera che non essendo intangibile è un po’ diverso dagli altri Rogia) e fra pochi giorni li pubblicherò, dopodichè tornerò con una nuova storia, la mia prima AU di One Piece.

ShessomaruJunior: Grazie di tutto, anche se continuo a pensare che le mie supposizioni siano un po’ troppo ardite. Spero solo che un giorno il maestro Oda ci illumini sul passato degli Schichibukai…

 

Jinbei- Il giorno che sei partito

 

Rotta maggiore, presso l’isola degli uomini pesce

Il mercantile continuava a veleggiare, le bianche ali gonfiate dal vento, lasciando dietro di sé una lunga scia di schiuma, interrotta soltanto dagli occasionali movimenti del timone.

L’equipaggio era in apparenza tranquillo, ma in realtà la tensione era palpabile; non era mai consigliabile navigare troppo vicino all’isola degli uomini pesce, per il rischio di incontrare questi ultimi, non proprio bendisposti verso gli uomini, o temibili pirati diretti verso il Nuovo mondo.

Ma la nave portava un carico importante, e al comandante premeva di consegnarlo presto.

La calma era addirittura innaturale, come se stesse per essere rotta da qualcosa di terrificante e inaspettato: ed era ciò che quasi accadde.

Infatti, ad un certo punto, i marinai che si riposavano indolenti sul ponte scorsero i loro colleghi sui pennoni e sulle coffe agitarsi improvvisamente in preda al terrore, come posseduti.

Uno di essi abbassò il binocolo e, balbettando fuori di sé per lo spavento, disse, indicando con il dito la macchia nera all’orizzonte che veniva verso di loro a gran rapidità: “La nave di Jinbei…Che il cielo ci aiuti o moriremo tutti…”.

A sentire quel nome, i marinai imprecarono o cominciarono a tremare, poiché era assai temuto il nome del capo dei pirati uomini pesce, e non si potevano certo aspettare pietà.

Il comandante optò per la fuga e fece spiegare tutte le vele, ma per precauzione ordinò che si distribuissero i moschetti alla ciurma.

Passarono i minuti e il vascello nemico gli raggiunse; i malcapitati potevano sentire il rumore del vento che faceva sbattere le vele e delle onde che si infrangevano sulle fiancate.

La nave pirata era grossa circa tre volte la loro, e in proporzione ben più armata; le vele e gli alberi, estesi e in ottimo stato, potevano sospingerla sui flutti a velocità difficilmente eguagliabili.

La prua, dolcemente arrotondata, era decorata con un sottile strato d’oro sovrapposto al legno su cui spiccavano le pesanti ancore e la polena a forma di squalo, mentre la poppa, impreziosita nella stessa maniera, ospitava la pala del timone, una cabina dalle grandi vetrate e tre lanterne per la navigazione notturna.

Sulla velatura, sulle bandiere e su ogni parte dello scafo pitturato di giallo e blu si distinguevano rosse figure rappresentanti pescecani e rotondi soli circondati da una corona di raggi.

Curiosamente, non vi era traccia né uditiva né visiva degli occupanti, forse nascosti per tendere un imboscata; ma gli sbalorditi marinai dovettero certo tirare un insperato sospiro di sollievo vedendo che i bucanieri cambiavano rotta, come disdegnandoli.

La verità era che il vascello era di ritorno da una lunga crociera attraverso gli oceani fatta di arrembaggi, massacri e saccheggi, e quindi, pieno di bottino, non poteva certo permettersi di inseguire altre prede ormai inutili.

Sul ponte vi erano poi pochi uomini pesce, che si occupavano di governare il timone e la velatura, mentre gli altri erano ai livelli inferiori a fare baldoria per celebrare i ricchi successi.

I pirati erano seduti attorno ai tavoli, ovviamente di misure proporzionate alle loro, e festeggiavano cantando, mangiando i cibi più prelibati che si potessero trovare nella stiva e bevendo fiumi di rum e gettando a terra bottiglie e bicchieri in preda all’euforia.

Alcuni, stretti in  un angolo, contavano in silenzio i propri piccoli patrimoni, derivanti dalla somma di varie quote di bottino, e facevano affari; altri, al centro della mensa, si improvvisavano ballerini e piroettavano al suono di flauti, violini e tamburelli.

A un tavolo più lussuoso degli altri sedeva capitan Jinbei, enorme, valido combattente, avvolto in un kimono colorato e, come spesso accadeva, di buon umore.

Era orgoglioso della propria ciurma, composta da giovani esuberanti e ardimentosi, membri di tutte le razze: infatti, come gli uomini si dividevano in vari popoli a seconda dell’aspetto, della cultura, della lingua, gli uomini pesce si distinguevano in vari tipi a seconda dell’animale marino cui somigliavano: polpi, anguille, squali, pesci spada, pesci rossi, triglie e altri ancora.

Jinbei era uno squalo balena, il più poderoso pesce che abitasse gli oceani, il re delle bestie.

Quel che gli dispiaceva era che i veterani, gli ex membri dei pirati del sole, coloro che erano stati sottratti a un destino di misera schiavitù dal leggendario Fisher tiger, fossero sempre meno: in effetti dopo la morte di quel glorioso comandante la ciurma si era divisa in tante altre, come quella di Jinbei, mentre altri compagni si erano messi a viaggiare per il mondo, come il celebre Tom, carpentiere a Water 7, divenuto famoso e giustiziato per aver costruito il veliero di Gold Roger.

Ma fortunatamente c’erano le nuove generazioni con il loro entusiasmo a riempire i vuoti.

“Capitano, perché non ci raccontate una delle vostre avventure?”domandò uno dei commensali.

“Certamente Francisco. Dovete sapere che era una notte buia e tempestosa…”.

 

***

Il giorno stesso la nave gettò l’ancora davanti all’isola degli uomini pesce.

Il comandante scese dalla passerella, osannato da una folla in delirio che aveva preso letteralmente d’assalto il molo e lo invocava come il loro re e salvatore, che li proteggeva dalle minacce esterne.

“Grazie, grazie gente” diceva alzando le mani per salutare la popolazione esultante. “Ma ricordate che c’è un altro angelo che veglia su di noi”.

Alludeva al pirata Barbabianca, uno dei pochi umani di cui si fidasse, che da quando si era imposto come il filibustiere dominante nella regione impediva che avventurieri senza scrupoli sbarcassero sull’isola per farne schiavi gli abitanti, come purtroppo accadeva spesso in passato.

Mentre i più giovani membri dell’equipaggio ostentavano orgogliosi ai connazionali gli ingenti bottini o si pavoneggiavano davanti a capannelli di sirene adoranti, Jinbei si recò su una spiaggia solitaria per riposarsi dalle fatiche del viaggio.

Stava per tuffarsi in acqua, dove si sarebbe trovate perfettamente a proprio agio, quando vide

un’altra figura passeggiare sulla battigia e la riconobbe.

Era Arlong, uno dei suoi migliori capitani, evidentemente anche lui in cerca di quiete.

Era un pesce sega molto alto e sconciato, estremamente muscoloso, di colore, blu; aveva lunghi capelli neri, mani palmate, labbra carnose da cui spuntavano denti acuminati e indossava sandali, un lungo cappotto blu, pantaloni corta, una cintura di seta verde, una sciarpa e un cappello.

Nei calzoni teneva una grossa pistola, mentre con una mano imbracciava un’enorme spada dalla lama a forma di sega con tutta noncuranza.

I due si videro e si salutarono calorosamente, dati i buoni rapporti che scorrevano fra loro: “Allora signore, come è andata la scorreria? Purtroppo non ho potuto partecipare per via dei preparativi”.

Jinbei assentì, toccato in un punto particolarmente dolente.

Entrambi i pirati avevano tatuato sul petto un sole rosso, che indicava la loro passata condizione di schiavi, ma il tatuaggio di Arlong raffigurante un pesce sega, ora nascosto dalle maniche del cappotto mostrava la sua inequivocabile decisione di fondare una ciurma tutta propria.

I “preparativi” a cui accennava erano quelli della nave che lo avrebbe portato lontano, sin nel Mare orientale, dove avrebbe iniziato la conquista di quelle terre che, seguite da tutte le altre isole del mondo, avrebbero dato vita all’impero degli uomini pesce, dove questi ultimi avrebbero potuto vivere finalmente liberi e non discriminati.

A Jinbei dispiaceva che un amico tanto fidato dovesse separarsi da lui, forse per sempre, ma non doveva biasimare altri che sé stesso: egli infatti aveva dato l’ordine ad Arlong.

“Guardate comandante, non è un gioiello?” chiese il pesce sega indicando un grosso veliero pitturato di rosso che giaceva placido in una baia riparata.

“Arlong…Un’ultima raccomandazione. Sii fedele e non dimenticarti mai della tua missione. Addio amico mio” disse lo squalo balena in tono solenne, al che l’altro fece per rispondere ma non poté, scorgendo il proprio ufficiale Kuroobi che lo cercava incespicando su una duna.

Pochi minuti dopo il vascello sciolse le vele e si avviò verso il mare aperto, mentre una bandiera nera decorata da un pesce sega rosso e due ossa incrociate sventolava sull’albero maestro.

D’un tratto Jinbei, ancora addolorato per la partenza del proprio braccio destro, fu colto dai dubbi: e se la missione di Arlong fosse stata sbagliata? Non era ingiusto sottrarre agli uomini le loro case?

Ma cosa importava ormai: erano pirati!

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Federico