Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
Segui la storia  |       
Autore: sophie97    13/03/2018    3 recensioni
“Ho subìto un danno. Le persone danneggiate sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere... È la sopravvivenza che le rende tali... perché non hanno pietà. Sanno che gli altri possono sopravvivere, come loro.” (Il danno, 1992)
14 Novembre, Colonia, un giorno grigio come tanti.
Una storia che comincia come una storia qualsiasi, con un istante di vita. Rapporti incrinati, il riemergere di un passato che fa paura, una serie di piccoli, fatali errori compiuti uno dopo l’altro, fino alla rovina. Fino a quando non si smette di vivere, per iniziare a sopravvivere.
Storia che nulla ha a che fare con la mia serie ancora in corso; storia triste e drammatica, ne sono consapevole. Ma mi piacerebbe ugualmente condividerla con voi.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andrea Schafer, Ben Jager, Nuovo personaggio, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dal capitolo precedente:

«Mi dispiace, Andrea... mi dispiace tanto...».
A qualche metro di distanza l’uno dall’altro, legati e incapaci di muoversi, per la prima volta dopo mesi si sentirono veramente vicini.


Image and video hosting by TinyPic

GIORNO 13.

Ben si passò una mano sugli occhi, semichiusi per la stanchezza.
Andò in bagno per sciacquarsi il viso con dell’acqua fresca, poi tornò in fretta verso la sua scrivania. Non si era mosso dall’ufficio per tutta la notte e Kim e Margaret avevano fatto lo stesso.
Il giorno prima, Hartmut aveva esaminato da cima a fondo la casa dove Andrea e Semir avevano vissuto per nemmeno dodici ore e la via carrabile su cui essa si trovava. Aveva trovato alcune tracce sulla strada che lo avevano portato a fare ipotesi sul tipo di vettura usata dai criminali, ma niente che potesse portarli a qualcosa di concreto. In casa, invece, aveva rilevato un’impronta parziale lasciata da una suola di scarpa sporca di terriccio, di cui il tecnico avrebbe esaminato la composizione durante la notte. Li avrebbe chiamati non appena avesse avuto novità, ma ancora quella mattina non si era fatto sentire.
Nel frattempo, loro tre avevano continuato a ragionare sulle possibili future mosse dell’evaso, senza però trarre alcuna conclusione soddisfacente.
«Ben, raccontami la storia ancora una volta.» lo pregò Margaret, con un sospiro.
«Maggie, è inutile, te l’ho già raccontata...».
«Ben...».
«Allora...» ricapitolò l’ispettore, controvoglia, per l’ennesima volta «Il collega di Semir, Chris Ritter, che lavorava con lui da qualche mese, si era infiltrato nell’organizzazione criminale di cui Keller era a capo; grazie a questa operazione sotto copertura, l’autostradale aveva ottenuto informazioni sugli scambi che si sarebbero effettuati nelle settimane successive e in particolare su quelli a cui lo stesso Keller avrebbe presieduto. L’autostradale doveva passare le informazioni all’LKA, il caso era di loro competenza, ma all’imboscata parteciparono entrambe le squadre, dal momento che la Engelhardt aveva promesso completo supporto ai colleghi dell’altro dipartimento e l’operazione sotto copertura era stata svolta da un suo agente. Quel giorno in particolare lo scambio in programma era con alcuni trafficanti di droga francesi. Appena prima che lo scambio avvenisse, però, uno degli uomini di Keller, che poi è rimasto ucciso durante il conflitto a fuoco, si accorse della presenza della polizia. Preso dal panico, Keller iniziò a correre, dandosi alla fuga. Corse verso la sua auto, parcheggiata a un centinaio di metri dal luogo esatto dello scambio, ma mentre gli altri agenti erano impegnati con i francesi e gli scagnozzi di Keller, Semir lo seguì e gli intimò di fermarsi. Lui non lo ascoltò, si nascose dietro l’auto e iniziò a sparare. Per difendersi e per evitare che potesse scappare, Semir rispose al fuoco, ma mirò anche alle gomme dell’auto, sotto la quale c’era una perdita di benzina, e la vettura esplose. Aveva i vetri oscurati, per cui Semir non immaginava che dentro all’auto ci fossero una donna e due bambine: aveva visto scendere solo Keller e il suo braccio destro dalla vettura giusto pochi minuti prima. Non sappiamo come mai avesse portato la moglie e le figlie allo scambio. Fatto sta che loro saltarono in aria davanti ai suoi occhi e ovviamente non ci fu assolutamente nulla da fare per salvarle. Semir venne sospeso dal servizio in attesa del processo, che poi confermò che lui non avrebbe potuto immaginare che...».
«Ripetimi cosa ha detto Keller a Semir dopo l’esplosione, ti ricordi le parole esatte?» chiese ancora Maggie, annotando qualche frase su un block notes.
«“Io ti distruggerò, vedrai la tua vita crollare. Fosse l’ultima cosa che faccio.”».
La ragazza annuì, piano.
«Semir mi ha anche detto di aver scoperto in seguito che Keller dovesse essere davvero molto legato alla moglie e alle bambine, in un modo viscerale. Ha detto di aver visto vera disperazione nei suoi occhi, quel giorno.» aggiunse Ben, ricordando le parole dell’amico.
«Bene.» si intromise la Kruger, rimasta fino a quel momento testimone muta del racconto «Maier, lei come si comporterebbe se fosse al posto di Keller?».
La domanda lasciò Margaret leggermente sorpresa «Io... io non...».
«Abbiamo bisogno che lei provi a entrare nella mente di quest’uomo.» ribadì Kim, con decisione «Non abbiamo tracce concrete, per cui dobbiamo almeno provare a intuire come abbia intenzione di muoversi. Lei che cosa farebbe? Che cosa vorrebbe da Gerkhan?».

La porta della grande stanza si aprì con un cigolio e Semir e Andrea alzarono di scatto la testa, portando lo sguardo verso l’entrata.
Sulla soglia apparve Keller con la piccola Lily in braccio, che aveva un’espressione a dir poco terrorizzata.
«Oddio.» fece Andrea, sgranando gli occhi «Lily, amore mio, va tutto bene. Stai bene, amore?».
La bambina annuì, spaesata.
Keller non sembrò curarsi di nulla, fece sedere la bambina per terra e la legò vicino alla mamma, senza che la piccola provasse nemmeno a ribellarsi, tanto era impaurita.
Andrea sorrise alla figlia tentando di rassicurarla. Avrebbe voluto abbracciarla, ma legata com’era sarebbe stato impossibile.
Un istante dopo, la donna bionda che Semir aveva inseguito in macchina giorni prima varcò la soglia della stanza, tenendo Aida per mano e trascinandola letteralmente vicino alla sorella. Gridava, cercava di dimenarsi dalla presa della donna con tutta la forza che aveva in corpo. Ma lei la strattonò con noncuranza e la legò accanto alla più piccola.
«Papà! Mamma!» gridò la bambina, vedendo i suoi genitori legati, ma non ebbe il tempo di aggiungere altro perché la donna bionda strappò due pezzi di nastro isolante e li attaccò sopra la bocca delle bambine, obbligandole a tacere.
«Aida, Lily, state tranquille.» disse Semir, mentre il cuore ricominciava a battere all’impazzata «State tranquille...».
«Perché le hai portate qua, che cosa vuoi fare?» fece poi, rivolto verso Keller, mentre la rabbia e la paura montavano in lui a livelli incredibili.
«Non ti preoccupare di questo, Gerkhan, non ora.» rispose l’uomo, con una certa vena sarcastica nella voce.
Lanciò un’occhiata alla donna bionda che, tornata accanto alla porta, stava in piedi e osservava, a braccia conserte, con un sorriso beffardo dipinto sul volto. Poi tornò a rivolgersi al suo prigioniero.
«Ora voglio che tu lo ammetta. Voglio che tu ammetta che è stata colpa tua, voglio che tu ammetta di averle uccise.».

«Io... forse vorrei che Semir ammettesse di aver ucciso la mia famiglia.» mormorò Maggie, infine «A volte le persone hanno bisogno di sentir dire dal carnefice che li ha privati di qualcosa ciò che effettivamente questa persona ha fatto. Questa confessione permette loro di sentirsi meno in colpa per ciò che faranno loro stessi alla persona su cui hanno scelto di vendicarsi.».
«Quindi Keller vorrà che Semir ammetta di aver ucciso sua moglie e le sue figlie.» ripeté la Kruger, pensierosa.
«Sì, è probabile...».

«Ammettilo...» sibilò Keller, vicino al viso del suo prigioniero.
«Dimmi perché hai portato qui le bambine.» fu la risposta secca del poliziotto. Non voleva rispondere alle domande di quel pazzo, voleva che fosse lui a rispondere alle sue. Ma Keller non lo avrebbe accettato.
Semir non vide nemmeno la mano arrivare, sentì solo il colpo e si ritrovò il labbro inferiore spaccato a metà e sanguinante. Chiuse un attimo gli occhi per riprendersi dal colpo che lo aveva sorpreso.
«Ammetti di averle uccise.» scandì Keller, con un tono che non avrebbe ammesso altre repliche.
«Perché poi tu ti possa sentire meno in colpa?» fece Semir, guardandolo negli occhi «Scordatelo.».
Il pugno che gli arrivò dritto nello stomaco gli tolse il respiro.
«Bambine, non guardate... non guardate...» mormorò Andrea, con le lacrime agli occhi, sperando con tutto il cuore che le figlie la ascoltassero.
Ma Aida non aveva alcuna intenzione di fare come aveva detto la mamma: rimaneva invece con gli occhi sbarrati, terrorizzata.
«Pensi... pensi che questo... cambierà le cose?» ansimò Semir, sempre sostenendo lo sguardo dell’uomo che aveva di fronte «Non è stata colpa mia, ma solo... solo tua...».
«Maledetto bugiardo.» gridò Keller, ormai completamente fuori di sé. Era impressionante come passasse dall’essere incredibilmente calmo all’essere folle nel giro di pochi istanti.
«Spero che tu non abbia il coraggio di ripeterlo, Gerkhan.» gli intimò.
Ma Semir non aveva alcuna intenzione di cedergli.
«Te lo ripeto, Keller: è stata solo colpa tua.».
Questa volta fu lui a scandire bene ogni sillaba in faccia al criminale.
La scarica di pugni che ne seguì, però, lo fece pentire di aver pronunciato quella frase.
Mentre l’uomo lo colpiva sperò solo che le bambine non stessero guardando.
«Le hai uccise... tu le hai ammazzate! Io le amavo e tu le hai ammazzate!» continuò a gridare Keller, rosso in volto, ora girando per la stanza in preda a una specie di crisi isterica «Le mie bambine sono morte per colpa tua, maledetto bastardo assassino!».


La donna bionda, in disparte, guardava a braccia conserte e sorrideva.
Ad Andrea, in quelle condizioni, Keller faceva ancora più paura.
Mentre lui continuava a gridare e a inveire, Lily era scoppiata a piangere, mentre Aida era sbiancata e non distoglieva mai gli occhi dal papà, che appeso per i polsi a quella sbarra e con i piedi legati a terra, lottava ogni secondo di più per mantenere la lucidità.
«Vigliacco...» mormorò lui tutt’a un tratto, tanto piano che Keller non capì che cosa avesse detto.
Si avvicinò scattosamente e lo costrinse ad alzare lo sguardo.
«Ripeti.» ordinò.
«Sei... sei solo un vigliacco... solo un maledetto vigliacco.» scandì Semir, con il poco fiato che gli rimaneva in corpo.
Keller si trattenne solo perché pensava che se avesse sfogato ancora la sua rabbia su di lui l’avrebbe ucciso in quell’esatto istante.
Per astenersi dal farlo, istintivamente, strinse i pugni fino a farsi male e arretrò di due passi, allontanandosi dal suo bersaglio.
Semir respirava affannosamente, le gambe non gli reggevano. Se non fosse stato per i polsi legati sopra alla propria testa, sarebbe crollato a terra.
Ma non smise di sostenere il suo sguardo.

Pochi minuti dopo, Ben, Maggie e la Kruger si trovavano in macchina.
Hartmut li aveva finalmente chiamati, dicendo di aver analizzato il terriccio il più velocemente possibile.
Non si era dilungato nella spiegazione di procedure scientifiche che i poliziotti non avrebbero potuto comprendere, sapeva che la situazione fosse estremamente grave e che non fosse affatto il momento di scherzare.
Aveva spiegato loro di aver trovato del materiale contenente frammenti di un tipo particolare di ghiaia, di cui poco fuori Colonia si trovava una cava.
Non appena ricevute le coordinate del luogo, Kim e Ben si erano precipitati in macchina e Margaret aveva insistito per andare con loro.
Ben aveva il cuore in gola: la possibilità di ritrovare il suo socio lo faceva sperare, ma non sapeva in che condizioni lo avrebbe trovato o, peggio, in che condizioni avrebbe trovato la sua famiglia. E questo lo terrorizzava.
Guidando altamente oltre i limiti consentiti, raggiunse la cava in poco più di venti minuti.
Ma quando i tre scesero dalla vettura, ebbero fin da subito la sensazione di essere nel posto sbagliato.
Sarebbe stato troppo facile.
Trovarono una monovolume nera abbandonata, all’interno un paio di scarponi sporchi di ghiaia.
Ma nessun’anima viva.
Dopo una rapida perlustrazione, richiamarono Hartmut perché andasse ad analizzare l’auto, poi si diressero nuovamente verso la Mercedes di Ben con la quale erano arrivati.
«Lo sapevo.» mormorò l’ispettore, amareggiato «Lo sapevo, Keller non fa questi errori.».
Mise in moto, con sguardo cupo.
«Li troveremo, Jager.» disse la Kruger, risoluta.
«Maier.» fece poi rivolta a Margaret «Dopo aver fatto ammettere il delitto a Gerkhan, che cosa farebbe lei al posto di Keller?».
«Quell’uomo è ossessionato dalla vendetta, commissario.» rispose la psicologa, con voce flebile ma al tempo stesso con tono deciso «Non ha mai superato la morte della famiglia. Io credo... credo che se fossi in lui vorrei che Semir soffrisse tanto quanto ho sofferto io.».

«Hai ancora il coraggio di guardarmi negli occhi e dirmi che sono un vigliacco, quindi.» sibilò Keller, tentando di contenere il più possibile la propria rabbia, che però era evidente.
Semir continuò a guardarlo, non rispose. Sentiva il gusto metallico del sangue in bocca e la testa gli girava. Le corde che aveva legate ai polsi, che ormai da sole sostenevano tutto il suo peso, gli stavano lacerando la pelle.
«Ma non temere, non ti farò più niente, non mi sfogherò più in questo modo, avevo solo bisogno di scaricare la tensione. Non sarà così semplice e immediata la tua fine.» continuò l’uomo, ora fermo a pochi centimetri da lui «Tu soffrirai. Mi pregherai. Desidererai morire. Ma non morirai... perché io e te sopravviviamo, Gerkhan, è questo il nostro Inferno.».
Il silenzio era interrotto solo dai singhiozzi di Lily, che alle orecchie del poliziotto arrivavano ovattati.
Keller si avviò deciso verso la porta, ma poi si fermò sulla soglia, rivolgendosi ancora un’ultima volta al suo prigioniero «Intanto ti do un compito per la notte, Gerkhan. Comincia a pensare a chi rinunceresti tra il tuo migliore amico e la tua famiglia, domani sarò curioso di conoscere la risposta.».
Poi, con una risata, lasciò la stanza.
Lo stesso fece anche la donna bionda, dopo aver strappato lo scotch dalla bocca di entrambe le bambine.
«Gridate quanto volete, intanto qui non può sentirvi nessuno.» aveva sibilato, prima di sparire e chiudersi la porta alle spalle.

«Semir...» mormorò Andrea quando furono soli, trattenendo a stento le lacrime.
Il poliziotto sollevò debolmente la testa, per incontrare lo sguardo della moglie «Non... non ti preoccupare... va tutto bene...» sussurrò, a fatica.
«Papà!» esclamò Aida. Aveva la voce terrorizzata, ma ferma. Non piangeva.
«Papà, stai tanto male?» chiese, temendo la risposta.
Ma la risposta non arrivò.
Semir udì a malapena la moglie che consolava le bambine, dicendo loro che papà si sarebbe ripreso presto, che stava bene.
Poi il buio piombò su di lui.

 

Eeeh basta, adesso giuro che non gli farò più niente, toccherà a qualcun altro, il che potrebbe anche spaventarvi...
Minacce a parte, ho saltato una settimana, lo so, per questioni di indecisione. Sono stata indecisa per un po’ sul proseguo della storia: è finita da mesi, ormai, ma non sapevo se renderla un po’ più leggerina o meno prima di pubblicarla. Come potete immaginare, alla fine ho scelto di non farlo. La manterrò come la mia mente malata l’ha voluta in origine, spero che non mi odierete troppo troppo per ciò che accadrà.
Grazie sempre a chi mi segue e soprattutto a chi recensisce, grazie, grazie, grazie!
A presto,
Sophie

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11 / Vai alla pagina dell'autore: sophie97