Finì di decorare l’ultima ciambella,
osservò con orgoglio le proprie creazioni prima di infornarle. Aveva fatto un
ottimo lavoro, poteva riconoscerlo; ormai ci aveva preso la mano, dopotutto
aveva imparato dal miglior maestro.
Lo stesso non si poteva dire del suo
ragazzo, che nonostante tutto si dichiarava sempre ben disposto ad aiutarla in
cucina, in particolare quando preparavano i dolci.
Chissà come mai…
Sosteneva che si divertiva molto e
era un’occasione per passare del tempo con lei, ma la ragazza era di tutt’altro
avviso: il ragazzo così aveva il privilegio di assaggiare quelle delizie.
E a proposito di Adrien,
era già da un po’ che non sentiva la sua voce e di solito era il primo a
intavolare un discorso mentre lavoravano: quel silenzio era sospetto.
Starà pensando di farmene una delle sue…
Non ebbe nemmeno il tempo di pensarlo
che due braccia le avvolsero la vita dolcemente e sentì la testa del suo
assalitore posarsi delicatamente sulla spalla sinistra.
«Vediamo che capolavoro! Marinette, sei fantastica. Sei la migliore.»
Complimenti come quelli erano ancora
capaci di imbarazzarla, soprattutto se era Adrien a
farglieli; quel suo tono dolce e convinto la portavano a credere davvero alle sue parole.
«G-grazie. E
le tue, dove sono? Le hai già messe nel forno?»
Il ragazzo fece un suono d’assenso.
«Sai, stavo pensando» percepì la sua
bocca esperta lambirle il collo «se ami più me o i dolci.»
Subito smise di accarezzarla e alzò
la testa, di scatto.
«Stai forse dubitando del mio amore
per te, my Lady?» le chiese lui, fintamente preoccupato.
«Converrai con me» continuò Marinette, sorridendo «che una ragazza può farsele due domande…»
«Guarda cosa mi tocca sentire»
nonostante il tono piccato, sprofondò il suo naso tra i suoi morbidi capelli,
annusando quel profumo familiare e amato «Invece di essere grata a avere un
umile cavaliere a servirla.»
«Non so se sei più un aiuto o una
distrazione» ponderò la giovane, mezza seria e mezza divertita.
«E con questo cosa vorresti dire?»
fece il finto offeso.
«Che non si può negare la tua
passione per i dolci, Chaton»
affermò semplicemente Marinette.
«Dove li metterai, poi?»
Se l’era chiesto spesso. Il suo
ragazzo era perfettamente magro; l’aveva visto mangiare di gusto, ma sembrava
che lui fosse graziato dal non mettere su nemmeno un chilo: come ci riuscisse,
era davvero un mistero.
«Sai benissimo dove vanno…»
Obbiettivamente lo sapeva: Adrien faceva molto movimento, quindi quel poco peso che
riusciva ad accumulare, lo perdeva in un batter d’occhio. E, forse, era meglio
così: manteneva intatta la sua immagine di modello, bello e perfetto, come
voleva suo padre.
«Certo, saltare per i tetti di Parigi
ti tiene in forma.»
Oltre all’attività di scherma, non
andava dimenticato tutto il moto che faceva nei panni dell’intrepido eroe, Chat
Noir, fedele compagno di Ladybug.
«Non solo» le sussurrò, allusivo, all’orecchio.
Capendo a cosa si riferiva, lei
divenne paonazza.
«Adrien! Sei terribile!»
Lo sentì sorridere sulla sua pelle,
che era tornato a vezzeggiare; il suo respiro caldo la fece rabbrividire dal
piacere, la stretta sui suoi fianchi divenne più decisa.
Chiuse gli occhi, segno
inequivocabile dell’ammissione a lasciarsi cullare da quelle piacevoli
sensazioni: che male poteva mai fare?
Permise che la sua bocca le percorresse
tutto il collo, si fermò alla base a cui diede maggiori attenzioni; mugolò soddisfatta.
«Stiamo lavorando, vero?» la voce,
forte e chiara, di suo padre spezzò quell’idillio.
Aprì di scatto gli occhi, puntati
sulla porta, da cui in pochissimi secondi avrebbe fatto capolino la figura possente
di Tom Dupain.
Oddio! Non
voleva farsi beccare, così allontanò come poté il ragazzo da sé.
«Cos…?» soffocò una lamentela il
giovane Agreste.
Il pasticcere venne accolto dalla
vista dei due ragazzi, l’uno di fianco all’altra, entrambi gli rivolsero un
sorriso tirato come se stessero nascondendo qualcosa e quella sensazione
aumentò quando scorse il viso stranamente arrossato della figlia; notò anche le
mani del ragazzo che circondavano mollemente i fianchi di Marinette.
«Sì, come vedi sta andando tutto bene»
cercò di convincerlo la ragazza, allargando il braccio in aria indicando lo
spazio intorno a lei.
Il padre grugnì, poco convinto.
Prima di uscire, scoccò loro uno sguardo
penetrante, senza dire null’altro.
Una volta richiusa la porta, ambedue
i giovani poterono tornare a respirare normalmente, avevano avuto il cuore in
gola: d’ora in avanti avrebbero dovuto fare molta più attenzione.
«È tutta colpa tua. Ci poteva
scoprire. T’immagini?» l’orrore che si dipinse nei suoi grandi occhi blu era lo
stesso che provava anche lui.
Su una cosa, però, non era d’accordo.
«Colpa mia? Sei tu che mi hai
lanciato un certo invito» controbatté,
pronto, Adrien. «Io non ho fatto altro che seguirlo.
E non mi sembrava ti dispiacesse» le disse, malizioso.
Non poteva negare la maestria con cui
sapeva farla sciogliere come neve al sole.
«Va bene. Diciamo che abbiamo scelto
il momento meno adatto.»
Perché la colpa – se si ostinavano a cercarla – andava attribuita
a tutti e due che avevano abbassato la guardia per gustarsi al meglio quel
momento tutto loro.
Plagg e Tikki,
dov’erano? Avrebbero potuto avvisarli dell’imminente pericolo. Riflettendoci,
però, Marinette non era sicura che, presi com’erano,
avrebbero dato loro ascolto.
Buonsalve a tutti!^^
Sono tornata! XD Ero un po’ scettica
se postare o meno questa fanfic, ma alla fine mi sono
decisa. Probabilmente non è nulla di originale e forse potrebbe sembrare molto simile
ad altre fanfic del genere, spero comunque possa allietarvi almeno un po’. C:
Sapevo di dover scrivere un’Adrienette in cucina e questo è il risultato. Insomma,
bisogna scrivere una fic simile, almeno una volta
nella vita. XD
Fatemi sapere cosa ne pensate. Ve ne
sarei davvero grata. C:
Grazie. ♥
Selly