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Autore: FatSalad    16/03/2018    4 recensioni
Spartaco è giovane, bello, spiritoso, laureato, con un contratto a tempo indeterminato e con un “superpotere”: quello di far cadere ai suoi piedi qualsiasi donna senza fare assolutamente niente.
Il rovescio della medaglia di una capacità del genere, però, è che Spartaco è incapace di costruire rapporti di amicizia con le ragazze e, soprattutto, quando si scoprirà completamente e perdutamente innamorato si renderà conto di una cosa: non ha assolutamente idea di come si conquista una donna.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
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Spartaco fissava lo schermo del computer senza riuscire a concentrarsi per più di un paio di minuti consecutivi sul lavoro che doveva svolgere. Aveva altro per la testa.
“Dove la porto?” si chiedeva mentre giocherellava con la rotellina del mouse.
Aveva conosciuto Alice, Niccolò e un'altra mezza dozzina di ragazzi disabili che frequentavano abitualmente il centro diurno TeneraMente, era rimasto così colpito dalla determinazione di alcuni che quando il giorno seguente era uscito con Irene aveva passato quasi tutto il tempo a parlare delle sue impressioni sull'uno o sull'altro. A conclusione del monologo aveva detto che avrebbe contattato presto Giovanni per pensare insieme a lui ad un progetto per mettere su una squadra sportiva di ragazzi disabili. Tornato a casa si era accorto di aver passato delle ore con Irene senza dire una parola sul loro rapporto e si era dato dello stupido in tutte le lingue che conosceva, convinto di essersi giocato (di nuovo) un'occasione.
Invece Irene l'aveva ricercato e aveva sostenuto con sempre maggior entusiasmo il suo progetto, da lì Spartaco aveva capito che non aveva perso niente, ma, anzi, aveva solo trovato un argomento in più di cui parlare con la ragazza che gli piaceva.
Erano stati al cinema insieme per la prima volta, a vedere un film che qualche tempo dopo Spartaco avrebbe definito insulso, ma che sul momento gli era parso “niente male”, erano stati a fare shopping insieme e Spartaco l'aveva trovato persino divertente, avevano continuato a cercarsi anche a lavoro ed era tutto perfetto quando si incontravano, tutto come si era immaginato e anche meglio, perché Irene cominciava a fidarsi di più e quando gli riservava certi sguardi delicati o certi gesti attenti Spartaco capiva di essere un privilegiato.
C'era solo un piccolo, minuscolo particolare che minava la sua pace interiore. Mancava qualcosa, qualcosa che stava crescendo e stava assumendo dimensioni spropositate, facendo sentire sempre di più la sua assenza: un bacio.
Si erano già baciati una volta, d'istinto, per sbaglio, eppure non rendeva le cose più semplici, anzi. Spartaco voleva dimostrare di non essere un ragazzino dominato dagli ormoni e aveva giurato a se stesso che non sarebbe saltato di nuovo addosso ad Irene per nulla al mondo, ma la quasi totale assenza di contatto fisico tra di loro cominciava a renderlo nervoso.
Stava pensando di portarla in un posto carino, un luogo significativo che potesse convincerla a fare quel passo in più. Aveva escluso i ristoranti troppo chic o la sala da ballo in cui le debuttanti, con i loro abiti da sogno, danzavano lenti una sera all'anno. Erano posti che potevano impressionare molte, ma che rischiavano di mettere a disagio Irene, facendola chiudere o allontanare, anziché il contrario.
Quella piacevole mattina di settembre, mentre Spartaco stava architettando un piano perfetto, Irene, con volto funereo, bussò alla porta del suo ufficio e gli chiese un attimo del suo tempo. Spartaco si preoccupò.
«Mi ha contattato Costanza, la ragazza di Filippo – spiegò la ragazza una volta usciti nel corridoio – per la cena a cui avevamo accennato quella volta che ci siamo incontrati in centro. Ci invita per sabato prossimo.»
«Ok.» rispose il ragazzo, visibilmente sollevato.
«Ok? Tutto qua? Non ti scoccia?» chiese Irene dopo un lungo istante di silenzio durante il quale si era limitata ad aspettare altri commenti con un sopracciglio sollevato.
«Non faccio salti di gioia al pensiero di rivedere quel tizio, d'accordo, ma decisamente mi ero immaginato di peggio.»
Irene spostò il peso da un piede all'altro, incerta.
«Allora do la nostra conferma?» chiese.
«Certo, ma saremo al ristorante?»
«Sì, perché?»
«Peccato. Morivo dalla voglia di comprare a Filippo una piantina... di quelle carnivore, hai presente?»
«Spartaco!»
«Ok, scusa, hai ragione: è un padre di famiglia ormai. Magari un vinello pessimo?»
«Faresti una pessima figura, considerando che suo padre è un enologo.» ribattè Irene con tono più rilassato.
«Uffa, allora è inattaccabile! Come posso fargli arrivare il mio disprezzo in modo civile?» si lamentò il moro.
«Tranquillo, sii... te stesso.» disse Irene.
Aprì la bocca e la richiuse per un paio di volte, sul punto di aggiungere altro, ma alla fine scosse il capo e lasciò perdere e Spartaco rimase con il dubbio che velesse dirgli qualcosa di importante.
La fatidica serata arrivò prima che il ragazzo potesse rendersene conto e, come da accordo, fu Irene a passare a prenderlo in auto. Spartaco si era battuto fino alla fine per essere il guidatore, ma lei aveva ben pensato di non rivelargli il nome del ristorante per costringerlo a salire al posto del passeggero.
Capì che Irene aveva qualcosa di strano fin da subito, quando prese posto accanto a lei sulla sua vecchia Twingo. Aveva lasciato a casa gli occhiali e c'era qualcosa di diverso nei suoi capelli, ma non se ne preoccupò più di tanto fino a quando non arrivarono (miracolosamente illesi) al ristorante.
Quando infatti Irene scese di macchina Spartaco notò che stava indossando un vestitino azzurro e un paio di tacchi alti. Era decisamente elegante rispetto al suo solito e Spartaco si chiese se il posto in cui stavano andando a mangiare non fosse un ristorante famoso.
Aprì la bocca per manifestare la propria ammirazione, ma una voce squillante lo precedette.
«Tesoro, sei uno splendore!» esclamò Costanza raggiungendoli.
Irene rise, ringraziò e le due amiche si scambiarono due bacetti.
«Woah! Chi è questa topa?» disse un Filippo disinvolto e allegro.
Spartaco rise, decise di non commentare e i due uomini si scambiarono una stretta di mano decisa.
«Ciao Spartaco, caro, tutto bene?»
Fece poi Costanza sbaciucchiando pure lui e lasciandolo un po' interdetto.
«Sì, molto bene, grazie. E voi?» chiese educatamente, senza però rivolgere lo sguardo a Filippo.
Costanza cominciò a parlare della gravidanza e Spartaco si finse interessato, controllando di tanto in tanto il suo rivale con la coda dell'occhio.
«Che ne dite di entrare?» disse amabilmente quando gli sembrò che il ragazzo si fosse preso troppe confidenze con Irene.
Lei lo raggiunse e lo prese per mano con un sorriso mentre oltrepassavano l'uscio. Decisamente non si preannunciava una bella serata per lui.
Andò solo a peggiorare quando si sedettero al tavolo. Filippo fece una battuta e tutti risero, poi Costanza si voltò verso il compagno e i due diedero spettacolo con un bacio appassionato degno di un film vietato ai minori. Fu solo la prima puntata delle interazioni amorose della coppia, intermezzi poco gradevoli a cui Spartaco assistette suo malgrado, restandone non poco turbato.
Il linguaggio di Costanza, poi, non faceva altro che aumentare il suo disagio, tra vezzeggiativi ricorrenti rivolti persino alla cameriera e discorsi dettagliati e noiosissimi sulla gestazione, di cui stava diventando esperta seguendo gli incontri di tre differenti percorsi pre-parto.
Come se non bastasse aveva Filippo davanti e, peggio ancora, doveva ammettere che a tratti iniziava a trovarlo simpatico.
Dopo una serie interminabile di “tesoro”, “caro”, “cucciolotto” e baci poco casti davanti ai loro occhi, Spartaco salutò con sollievo l'arrivo del dolce. Non chiese neanche il caffè, sia perché non vedeva l'ora di andarsene, sia perché bastava già la presenza di quel tipo a fargli venire l'acidità di stomaco.
Si salutarono promettendo di rivedersi ancora e Spartaco tirò un sospiro di sollievo poco educato non appena la coppia uscì dalla sua visuale.
Irene lo guardò storto, chiedendo spiegazioni.
«So che sei contenta che adesso vadano d'amore e d'accordo ma... un po' di pudore, per carità! Sembrava che volessero spogliarsi sul tavolo!»
Irene rise.
«Non sono proprio il ritratto del bon ton, in effetti.»
Poi, vedendo che l'espressione di Spartaco non si faceva più rilassata, aggiunse, più seria.
«Spartaco, c'è qualcosa che non va?»
Lui guardò altrove mentre rispondeva di no e Irene non si lasciò ingannare nemmeno per un istante. Incrociò le braccia al petto e lo guardò significativamente, attendendo la risposta sincera. Spartaco allora decise di deporre le armi e cercò i suoi occhi.
«E va bene, la verità è che sono irritato da prima.»
Irene inclinò il capo, facendogli cenno che era tutta orecchie.
«Stasera... tu... sei molto carina. Troppo.»
Irene sbattè le palpebre un paio di volte, non sapendo come interpretare un complimento detto con quel tono serio misto al rimprovero.
«Non ti sei mai vestita così bene quando sei uscita con me e mi disturba che tu ti sia messa in tiro per...»
«Non penserai che l'abbia fatto per piacere a Filippo, spero!» esclamò Irene, interrompendolo.
Il silenzio del ragazzo fu una conferma più che evidente.
Irene non gli lasciò dire altro, colmò la distanza tra loro e l'abbracciò, cogliendolo di sorpresa.
«Stupido... Quando ti ho detto dell'invito avresti potuto tirare fuori un miglialio di scuse diverse per declinarlo, invece hai accettato. Per me era importante, perché quando hai conosciuto Costanza ti ho costretto a fingerti il mio ragazzo e invece per la prima volta siamo andati ad un ristorante come coppia, senza fingere.» disse a voce bassa tenendo la guancia poggiata sul suo petto.
Spartaco le diede qualche carezza leggera sui lunghi capelli, cercando di calmarsi.
«Perché non me l'hai detto prima, che era così importante per te?»
«Perché ci sarebbero stati anche Filippo e Costanza e sapevo che non ti sarebbe piaciuta la loro compagnia. Non volevo costringerti.»
Spartaco fu colto da un moto di tenerezza per tutti i timori inespressi di Irene.
«In effetti non ho accettato esattamente per la gioia di rivedere loro, ma ho preparato un piano malefico: la prossima volta andremo a mangiare con Michele e Elena!»
«Ah, è un ricatto, quindi?» chiese Irene sollevando il volto, cogliendo lo scherzo nella sua voce.
«Esatto e una malvagia umiliazione nei tuoi confronti per farti vedere che i miei amici conoscono le buone maniere meglio dei tuoi!»
«Oh, intendi il tuo amico Michele che mi ha chiesto se volevo “copulare educatamente in maniera sbrigativa” con lui non appena ci hai presentati?»
«Beh... ecco...»
«Ma certo, ha avuto il “buongusto” di farmi sapere che potevo scegliere il modo e il luogo che preferivo.»
Spartaco cercò qualcosa da ribattere, ma fu costretto a chiudere la bocca, sconfitto.
«Accidenti a Michele, mi rovina sempre l'immagine! E non posso nemmono riempirlo di botte ora che è felicemente sistemato con Elena!»
Irene ridacchiò trionfante e Spartaco si unì a lei. Nei loro occhi adesso c'erano una serenità e un languore nuovi.
«Grazie per stasera.» concluse Irene sollevando il capo.
Si sporse verso il suo viso e lo baciò lievemente sulle labbra.
Spartaco rimase così stordito da quel gesto tanto semplice che non reagì e si limitò a sbattere le palpebre. Diede il tempo a Irene di rendersi conto di ciò che aveva fatto e questo la fece allontanare, lo superò per raggiungere l'auto senza dire una parola.
Allora Spartaco la seguì, in due falcate le si parò davanti e si avvicinò al suo viso, sorrideva mentre la guardava dritto negli occhi e vi scorgeva i primi segnali d'imbarazzo. Con le nocche cominciò ad accarezzarle il mento come faceva di solito per salutarla, solo per sciogliere un po' la tensione e vederla sorridere.
«La prossima volta però devi avvertirmi – sussurrò – così anch'io posso vestirmi bene per impressionarti.»
«Tu non hai bisogno di vestirti bene per impressionarmi.»
A Spartaco si allargò il sorriso. Prese il viso di Irene tra le mani e fece per baciarla. Si arrestò ad un soffio da lei, ricordandosi con un lapsus che si era ripromesso di non saltarle addosso un'altra volta, sentì le dita della ragazza sulla schiena, a trattenerlo, avvicinarlo e gli venne da ridere per come si stava comportando da stupido, intestardendosi su una questione tanto irrisoria. Che importanza aveva chi chiedeva un bacio per primo? In fondo l'importante era che lo volessero entrambi. Allora la baciò, ponendo fine a quel dolce supplizio e trovò le sue labbra schiuse nell'attesa di quel contatto.
La prima volta che si erano baciati era stato un gesto vorace e frettoloso e Spartaco aveva tutte le intenzioni di rendere quel nuovo contatto più dolce. Fu lento e misurato, all'inizio, si attardò ad assaggiare le sue labbra come se volesse studiarle e quando volle approfondire il bacio Irene lo accolse con dolce arrendevolezza. Spostò le mani sul suo collo e sulla schiena, cercando di avvicinarla di più a sé, avido del suo calore, ubriaco del suo profumo di pesca, impaziente di imparare a conoscere il suo corpo. Si sentì d'un tratto rilassato ed eccitato insieme, provò allegria e struggimento, tenerezza e onnipotenza. Aveva atteso a lungo quel momento e capì che nome dargli: era felicità.
Avrebbe volentieri proseguito tutta la sera, ma un clacson li sorprese, separandoli all'istante.
«Che cazz...» mormorò Spartaco strizzando gli occhi in direzione dell'auto colpevole.
«Facevano i timidi quando erano con noi...!» disse Filippo parlando dal finestrino aperto.
«Scusate, mi sono accorta di aver dimenticato la trousse in bagno... - intervenne Costanza - Dai, tesoro, lasciamoli in pace! Buonanotte...»
“Almeno lei ha la decenza di fingersi mortificata” pensò Spartaco.
«Buonanotte.» rispose Irene con un risolino imbarazzato.
«Lo odio sempre più profondamente...» disse Spartaco tra i denti.
Irene rise in modo più genuino e si strinse di nuovo al ragazzo.


Presto Spartaco scoprì che Irene aveva un debole per i suoi capelli, ci giocava sempre quando si baciavano, tuffava le mani tra i suoi riccioli e gli accarezzava un punto della nuca che gli faceva venire i brividi. Scoprì anche che adorava la linea della sua mascella, la disegnava con le dita, vi strofinava il naso e la seguiva con scie di baci e morsetti. E poi amava le sue mani, lo prendeva per mano con qualsiasi pretesto, studiava la forma delle sue unghie, gli lasciava baci leggeri sulle nocche.
Niente di tutto ciò era veramente sconvolgente, per una coppia, solo che Spartaco non poteva fare a meno di stupirsi di quanto Irene fosse affettuosa. Con il resto del mondo, lui compreso fino a poco tempo prima, si mostrava fredda e distaccata e Spartaco capì che si stava fidando in maniera cieca di lui. Ne fu onorato e quasi spaventato. Come era spaventato di fare un passo falso e mandare in frantumi quell'assurda felicità che provava.
«Hai visto le partecipazioni di Giulia e Nathan?» gli chiese Irene riportandolo alla realtà.
La ragazza l'aveva costretto a stare sul divano mentre lavava i piatti, dopo che avevano mangiato insieme.
«Sì, mi hanno fatto vedere due bozze, sono ancora indecisi.» rispose distrattamente Spartaco.
«A che pensi?» chiese Irene, che quando voleva non si faceva sfuggire niente.
«A te.»
Irene sbuffò mentre si asciugava le mani.
«Davvero, pensavo a quanto sei dolce.»
Voleva dirlo in modo serio, ma aveva notato che lei era in vena di scherzare, allora continuò:
«Sei dolce e coccolosa, sotto alla tua crosta di seriosità. Perciò pensavo che dovrei chiamarti “Sofficino” d'ora in poi, oppure “Tronky”. Che te ne pare? Se non ti piacciono posso sempre usare il “Chicca”.»
Irene si allungò per afferrare un cuscino e lanciarglielo, ma se era tanto dolce e affettuosa non era altrettanto agile e Spartaco anticipò la sua mossa bloccandole le mani e facendola franare sul divano. Duellarono scherzosamente finché Irene non si ritrovò in braccio a Spartaco e, bloccatogli il capo, prese a mordicchiargli la mascella.
A Spartaco venne da ridere.
«Ecco, era a questo che pensavo: che ti piace la mia mascella.»
Irene inclinò la testa per guardarlo con aria interrogativa.
«Non è vero?» chiese allora il moro.
«Immagino di sì, ma non è certo la prima cosa che mi viene in mente se penso a cosa mi piace di te.»
«Ah no? E cosa c'è in cima alla lista? - chiese incuriosito – I miei capelli?»
Irene rise.
«Sono abbastanza in alto nella classifica, in effetti, ma non sono al primo posto.»
Cosa c'era al primo posto? Spartaco era diventato curiosissimo e cominciò a domandare insistentemente, chiedendo se fosse questa o quell'altra cosa. Erano le sue mani allora? Le spalle? Il sorriso? Cosa?
«Gli occhi?»
«Gli occhi sono al secondo posto.»
«Gli occhi?! Davvero? Perché?»
«Perché sono lo specchio dell'anima, cerdo. - disse scrollando le spalle - E perché quando c'è il sole diventano di un verde che non avevo mai visto. Mi ricordano il mare e l'erba allo stesso tempo.»
Spartaco, benché avessa confidenza con il proprio corpo, rimase colpito da quelle parole e chiese in modo più delicato cosa le piacesse di lui più degli occhi.
Irene gli sistemò i capelli mentre cercava le parole, poi disse:
«Ti ricordi quando ti ho detto di essere te stesso per far arrivare il tuo disprezzo a Filippo? Ecco, volevo dirti questo. Col senno di poi ho capito che Filippo si sforza tanto per farsi piacere alla gente, per risultare il più simpatico, l'amico di tutti... ma a volte è solo una montatura. Tu sei... sempre autentico e questo per me è in cima alla classifica.»
Spartaco riflettè su quelle parole, la strinse di più a sé e sussurrò un “Grazie” direttamente sulle sue labbra. Irene però non si lasciò baciare per molto e mentre si staccava da lui chiese, con una luce maliziosa negli occhi:
«Dunque, direi che è il tuo turno...»
Spartaco aprì la bocca per rispondere, ma il suono del campanello lo bloccò.
«Aspettavi qualcuno?» chiese Irene, scendendo dalle sue gambe per fargli raggiungere la porta.
Spartaco aprì senza indugi e una ragazza abbronzata dai capelli lunghi fece il suo ingresso spumeggiante.
«Ciao, Spartacuccio!» esclamò la bionda, gettandosi al collo di Spartaco.
«Lilla!» boccheggiò Spartaco, colto alla sprovvista.
«Cos... chi...?»
La vocina di Irene era ridotta ad un sussurro, mentre, in piedi in mezzo alla stanza, guardava con occhi sbarrati e increduli la scena.
«Non ci posso credere… sei falso esattamente come lui!» lo accusò.
«No, aspetta, Irene…» cominciò Spartaco, rendendosi conto di trovarsi in una posizione difficile.
Irene notò il suo disagio e non lo lasciò fiatare, afferrò la borsa e scappò letteralmente dall'appartamento.




3 anni prima, 16 aprile, ore 18:23
- Secondo te, Corto, quanto può andare avanti l'amicizia tra due persone che non si vedono mai?
- Intendi... come noi?
- Beh, no, intendo che si vedono raramente, non proprio mai...
- Se va avanti l'amicizia tra di noi, che non ci siamo mai visti, allora può andare avanti anche l'amicizia di chi si vede poco frequentemente.
- E quanto andrà avanti la nostra amicizia?
- Non so, io punto “verso l'infinito e oltre”, bro!




Il mio angolino:
Per chi sperava che Lilla si perdesse tra i fiordi norvegesi: non odiatemi... sapete anche voi che la “questione Lilla” non può più rimanere in sospeso!
La bella notizia? I prossimi capitoli sono quasi pronti, quindi conto di aggiornare in tempi brevi ragionevoli.
Alla prossima,
FatSalad
   
 
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