Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Yoshiko    22/03/2018    5 recensioni
È trascorso molto tempo dal viaggio dei ragazzi a Kyoto. Era autunno, la città li aveva accolti nella sua splendida cornice di aceri rossi, promettendo un soggiorno piacevole tra visite ai giardini e ai templi, colloqui per nuovi ingaggi e prove per uno spot televisivo. La spensieratezza di quei giorni si era infranta di colpo e gli strascichi di quei tragici avvenimenti continuano tuttora a segnare le loro vite.
Holly e Patty sono a Barcellona, Benji ad Amburgo, Mark è atterrato in Italia inaspettatamente accompagnato, e il resto del gruppo si trova in Giappone finché un’amichevole contro l’Italia di Salvatore Gentile e Dario Belli li riunisce tutti, ancora una volta.
Rain è il sequel di Leaves che a sua volta è il continuo di Snow. Per capire la storia e seguirne l’andamento è consigliabile avere un po’ di pazienza e cominciare dall’inizio, anche per la presenza di personaggi out of character, già presentati nelle precedenti fanfiction.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Kojiro Hyuga/Mark, Salvatore Gentile, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Time'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Settimo capitolo



-Sono venuta al party come mi hai chiesto, Mark. Adesso posso andarmene?-
Jenny si aggrappò alla sua giacca e lo fissò implorante. Gentile si era allontanato con Carol e tardava a tornare. Questo significava che se fosse riuscita a convincere l’amico a non trattenerla ancora, poi sarebbe dovuta andare a cercarlo e avvertire anche lui.
Mark lanciò un’occhiata all’orologio, erano quasi le undici. Tentò di rassegnarsi all’inevitabile.
-Davvero non vuoi salutare gli altri?-
-Voglio solo andare a casa.- strinse la borsetta tra le dita -Posso chiamare un taxi. Non c’è bisogno che mi accompagni e non c’è bisogno che mi accompagni neppure Salvatore. Dammi solo le chiavi di casa e…-
-Landers, non ce la presenti la tua ragazza?-
Jenny sussultò, la voce di Philip si levò proprio dietro di lei, vicinissima. Percepì nella sua domanda una sfumatura beffarda, quasi di fastidio, e per un istante si chiese se non l’avesse riconosciuta, se non si fosse avvicinato apposta, se non intendesse schernirli perché li aveva visti insieme. Si pietrificò, forse impallidì. Non riuscì a muoversi, rimase imbambolata, rigida come una statua. Lo sguardo sconvolto fisso negli occhi dell’amico che le era di fronte.
Mark alzò il viso, spostando la propria attenzione da Jenny a Philip fino a Clifford che sorrideva sornione e beffardo, e gli altri che li circondavano pieni di curiosità. Non poteva credere a tanta fortuna. L’interesse di quei ficcanaso aveva sbloccato una situazione di stallo che stava andando avanti da quasi due ore. Fu contento che li avessero raggiunti quasi come se avesse appena segnato un goal.
-No. Non te la presento. E sai perché?- la sua voce uscì controllata, le parole ben scandite anche se appena ombreggiate da un velo d’ansia, perché in definitiva l’atteggiamento spaurito di Jenny e quello preoccupato di Holly gli avevano fatto venire molti dubbi sulla decisione di portarla con sé a quella festa -Prima di tutto perché non è la mia ragazza.- dalle labbra gli sfuggì una smorfia ironica -E poi perché la conosci già.- posò le mani sulle spalle di Jenny che continuava a stargli davanti, immobile, il panico che le velava lo sguardo. Era a dir poco terrorizzata.
Il vestito si mosse come un’onda bianca intorno alle gambe della giovane, mentre Mark la voltava di colpo quasi fosse una bambola e la costringeva a trovarsi faccia a faccia con Philip. Lei lo guardò senza battere ciglio, cerea, una maschera inespressiva sul volto. Il cuore le batteva all’impazzata, le dita erano strette sulla borsa, le unghie affondate nel tessuto, quasi a lacerarlo. Respirava appena ma riuscì a sostenere quello sguardo che conosceva a memoria senza vacillare, senza abbassare il proprio. Sarebbe voluta scappare, non le sarebbe importato della figuraccia che avrebbe fatto con gli altri e ne fu tentata, ma Clifford e i ragazzi avevano formato un semicerchio ad intrappolarla lì dov’era, impedendole ogni via di fuga.
Il passato investì Philip come un pugno allo stomaco. La curiosità e il divertimento scomparvero dai suoi occhi. Li spalancò di colpo, le sue labbra si tesero, le spalle si irrigidirono. Dimenticò all’istante di essere ad una festa, circondato dai compagni. Divenne totalmente incapace di udire i commenti e le battute degli altri che continuavano in sottofondo tutt’intorno a loro. Non c’era più niente davanti a lui, se non Jenny. Si guardarono per un istante lunghissimo, lei terrorizzata, lui sgomento, praticamente sotto shock. Poi si riscosse e si fece tornare la voce.
-Jenny?-
Il suo tono fu carico di sorpresa, di aspettativa. Spostò per un secondo lo sguardo su Mark, in una domanda inespressa. Ma un istante dopo tornò a fissare lei, perché erano mesi che non la vedeva e ora che poteva farlo, che sapeva dov’era, provava un sollievo immenso. Ma non capiva, non riusciva a farlo. Jenny non poteva razionalmente trovarsi in Italia, a Torino, in quell’hotel, nel loro hotel. Continuò a fissarla incredulo per un interminabile istante finché le guance di lei, sotto il suo sguardo così insistente, si arrossarono nel modo che gli piaceva da impazzire. Le sorrise, o almeno ci provò, teso com’era. Mosse un braccio per toccarla, per assicurarsi che non fosse un miraggio, per accertarsi che fosse reale, che fosse davvero lì, in carne e ossa. Lei si tirò indietro di scatto e urtò Mark.
La mano di Philip ricadde pesantemente al suo posto. La sua reazione lo colpì come una doccia ghiacciata. Era successo di nuovo, dopo tutto quel tempo… Non si vedevano da mesi eppure non appena lui aveva cercato di avvicinarla, lei si era tirata indietro. Pur di non essere sfiorata era finita addosso a Landers. Un sospiro amaro gli salì su per la gola e diede voce alla sua delusione.
-Che ci fai qui?-
Lei lo fissò inespressiva, a parte il rossore che le imporporava gli zigomi. Non seppe come rispondergli ma di una cosa fu certa. Non voleva assolutamente che Philip pensasse che si fosse imbucata al party per incontrarlo.
Il tempismo di Gentile fu perfetto. Si fece largo tra i giapponesi, scostò Philip in modo brusco e raggiunse Jenny. Le passò un braccio intorno alle spalle in un equivocabile segno di possesso. I suoi occhi azzurri dardeggiarono di fastidio e neppure Mark sfuggì alle sue frecciate stizzite.
-Tutto a posto?-
-È un casino.- rispose lei in italiano e un secondo dopo tornò a guardare il suo ex, continuando in giapponese -Sono con Salvatore.-
Mark si rese conto che in un secondo, con poche e semplici parole, con una frase che avrebbe fatto meglio a tacere, Jenny aveva mandato a puttane il suo primo incontro con Philip. Tutta la fatica che aveva fatto per portarla lì era stata inutile, sprecata. Gentile era spuntato nel momento peggiore, rovinando tutto. Lo guardò e lo odiò più ferocemente del solito. Lui ringhiò di rimando.
-Grazie per avermelo detto.-
A dire la verità, se anche Benji una manciata di minuti prima non gli avesse spifferato tutto, gli sarebbe bastato posare anche solo un istante gli occhi sull’espressione beota di Callaghan per intuire che tra lui e Jenny doveva esserci, o forse esserci stato, qualcosa. E ora che sapeva, negli occhi con cui quel deficiente la guardava, riusciva a scorgere tracce di anni e anni di amore. Ma a lui tutto ciò non importava, a lui di Callaghan non fregava un cazzo. Jenny in quel momento era la sua ragazza e quel giapponese doveva starle alla larga. Posò una mano sul corpo caldo e morbido di lei, appena sotto la vita, sul fianco fasciato dall’abito e l’accostò a sé.
-Stasera non riusciamo a starcene un attimo tranquilli.- le disse in inglese.
Philip si irrigidì, spostò gli occhi dalla ragazza all’italiano e poi dall’italiano tornò su di lei. Jenny non  lo guardava, ma lui si perse lo stesso su quello sguardo che da anni era stato una sua esclusiva e che adesso era riservato ad un altro. D’istinto i suoi occhi si abbassarono sulla mano dell’italiano che le spiegazzava la stoffa dell’abito, troppo vicino ad una natica. La gelosia lo invase e gli serrò lo stomaco in una morsa. Jenny era reale, non stava sognando, non era in preda alle allucinazioni, ma non era lì per lui. Non era in Italia per vederlo, non era alla festa per incontrarlo. Era lì con Gentile e per Gentile.
-Maledetto guastafeste! Dovevi arrivare proprio adesso?- Mark fremette, le dita strette a pugno e le unghie conficcate con forza nei palmi delle mani. Aveva atteso per ore, per giorni, anzi per mesi questo momento e quell’infame di Gentile aveva rovinato tutto. Perché non crepava?
-Vengo a prendere ciò che è mio, Landers. E tu avresti fatto bene a mettere le cose in chiaro.-
-E spianarti la strada?-
-Sarebbe stato meglio per tutti, anche per il tuo amico.-
-Col cazzo…-
Lo fulminò con una stilettata azzurra.
-Jenny ed io stiamo insieme!-
-Certo non per colpa mia!-
Dario Belli raggiunse il gruppo chiedendo gentilmente permesso. Sbucò tra i gemelli Derrick, uno da una parte e uno dall’altra identici. Li guardò stupito, per un secondo pensò di vederci doppio. Sbatté le palpebre un paio di volte.
-Mi sa che è meglio se mi fermo con l’alcol stasera.- commentò soprappensiero, molto più interessato a Gentile, che teneva Jenny accostata a sé, a Mark che lo fissava astioso, a Callaghan immobile, granitico. Intorno a loro la tensione era palpabile -Cos’è? Un tentativo di suicidio?- rimproverò il compagno -Che ti ha avvertito a fare Price se poi ti metti a far casino davanti all’intera nazionale giapponese?-
Mark non credette alle proprie orecchie. Era colpa di quel maledetto portiere del cazzo! Perché s’era immischiato? Perché era andato da Gentile a spifferargli tutto?
-Metto i paletti, Dario. Marco il territorio, Jenny sta con me.- incrociò lo sguardo di Callaghan prima di chinarsi su di lei e baciarle la bocca.
Il gesto produsse il suo effetto persino sulla giovane, che avrebbe volentieri evitato una scena del genere. Ma poiché non se lo aspettava, non fece in tempo a scostarsi.
-Sei un deficiente, testardo fino all’ultimo.-
-Fatti gli affari tuoi, Dario.-
Mark gli sputò addosso tutta la sua rabbia.
-Non posso credere che tu abbia fatto una cosa così meschina! Sei veramente un pezzo di merda!-
Philip li sentiva parlare ma non capiva nulla. Si sforzava di rendersi conto che il bacio che Gentile aveva dato a Jenny non era stato altro che un banale sfioramento di labbra, eppure lo aveva trapassato da parte a parte con la stessa brutalità di una coltellata. La fissò ma lei non lo guardava. Le guance di nuovo arrossate, sembrava spaesata da quel dialogo concitato in una lingua che non conosceva. Pareva spersa quanto lui.
Gentile la spinse lontano da loro con una leggera pressione della mano tra le scapole e Philip la seguì con gli occhi mentre gli passava accanto vicinissima, scortata dall’italiano. Per un secondo vide risplendere sulla pelle nuda, vicino alla spallina bianca del vestito, le tre minuscole cicatrici a forma di luna lasciate dai denti di McFay. Segni che lei, finché erano rimasti insieme, aveva cercato in tutti i modi di nascondergli.
-Cazzo Philip! Quella è Jenny?-
Clifford lo riportò brutalmente alla realtà. Una curiosità divorante bruciava nei suoi occhi e in quelli dei compagni. Facce stranote che però non riusciva a mettere a fuoco. Indietreggiò di un passo, in un gesto estremo di difesa alle loro inevitabili domande.
-È Jenny?- ci si mise anche Ralph -Davvero quella è Jenny?-
-Sì, porca miseria!-
Gli occhi di Clifford lampeggiarono di stizza.
-Price, maledetto bastardo! Ci ha preso tutti per il culo! Aveva detto che non la conosceva, che era cinese, forse coreana…-
Nonostante Mark bruciasse di collera nei confronti del portiere spione, non riuscì a fare a meno di schernire il compagno.
-Sei proprio un idiota! Prenderti per il culo è facile come rubare una foglia di lattuga a una lumaca.-
Sandy si accostò a Yuma e lo tirò per la manica della giacca.
-Io te l’avevo detto che mi sembrava di averla già vista da qualche parte.-
-Non ricominciare con i tuoi “te l’avevo detto”!-
-Però te l’avevo detto!-
-Quindi per tutti questi anni ci hai nascosto una ragazza così, Philip. Bravo!- fu il complimento ironico di Ralph -Che bell’amico!-
-Scusa perché, che pensavi di farci con Jenny?- gli domandò Mark, vagamente preoccupato. Ma nessuno fece caso a lui.
Philip si ficcò le mani in tasca.
-Da quando siamo amici, Ralph?- gli rispose furente, lasciandolo di sasso.
Clifford rise sguaiato.
-Hai ragione, sai? Giochiamo nella stessa squadra ma mica siamo amici! Non mi sognerei mai di invitarvi alla mia festa di compleanno.-
-E chi ci verrebbe?- borbottò Mark, pensando che se Holly li avesse sentiti si sarebbe strappato i capelli. Lui che lottava e si dannava per l’armonia e l’affiatamento della nazionale. Con questo suo atteggiamento scostante, Callaghan non gli stava certo dando una mano.
-Comunque, tornando a Jenny…- riprese Clifford provocando una smorfia di disappunto nell’espressione di Philip, che sperava di averla scampata -Non ce l’hai mai presentata perché avevi paura che qualcuno di noi te la fregasse, vero?-
-Che stronzata! Non ti sei mai visto allo specchio?-
-Vaffanculo Landers e non ci scassare. Piuttosto spara, Callaghan! Che diamine ci fa la tua ex con Salvatore Gentile?-
-È appunto la mia ex! Per quale motivo dovrei saperlo?-
-Non stavate insieme? Ti avrà pur detto che veniva in Italia.-
-Ci siamo lasciati! Perché avrebbe dovuto dirmelo?-
Clifford rise.
-Se ti ha lasciato per lui, Jenny ci ha senz’altro guadagnato. Almeno la porta alle feste e soprattutto a conoscere i compagni di squadra.-
Peterson annuì.
-Appena Gentile la molla un istante io mi presento. Che fai Clif? Vieni con me?-
-Certo che vengo! Sono anni che sento parlare di lei e adesso voglio togliermi qualche curiosità. Alla faccia tua, Callaghan, e del tuo insensato egoismo!-
-Egoismo?- gli fece eco lui.
-Sì, egoismo, perché te la sei tenuta tutta per te! Le cose belle vanno condivise!-
Philip stentava a seguire il senso delle loro proteste. Che accidenti volevano da lui? Che andassero a presentarsi a Jenny, per quello che gli importava.
-Sapete una cosa?- rifletté Jason lisciandosi una basetta con le dita -Tra lei e Julie Pilar non so davvero chi scegliere.-
-Sai che ce ne frega, Derrick. Non devi scegliere tu, semmai Philip.-
-Philip ormai non ha più niente da scegliere, visto che non stanno insieme.- rise Ralph -Tu chi preferisci, Clifford?-
Yuma tornò a fissare pensieroso la ragazza, oggetto di tanta curiosità. Accarezzò con lo sguardo la scollatura dell’abito che metteva in risalto la curva dei seni. Indugiò sulla pelle nuda della spalla e del braccio, poi risalì sulla linea del collo e sul volto grazioso. Aveva le guance ancora leggermente arrossate, gli occhi scuri e brillanti. Gentile le era accanto come una guardia del corpo e non la mollava. A Philip quell'occhiata insistente diede fastidio.
-Non lo so. Devo esaminarla più da vicino per dare un parere.-
-Hai ragione.- annuì Peterson -E se le piacciono i calciatori può darsi che uno di noi abbia una possibilità.-
Mark scosse la testa.
-Beati illusi…-
Evelyn spuntò tra loro, gli occhi che emanavano dardi di interesse e stupore.
-Philip! Che accidenti ci fa qui Jenny?-
Si volse stralunato. Ci mancava solo lei e la sua prorompente curiosità.
-Che ne so?-
-Sta con Gentile? Si è messa col biondo? Perché non lo sapevo?- spostò gli occhi da Philip a Mark e viceversa, cercando una risposta che non venne. Allora proseguì, perché il desiderio di svelare quel mistero era infinito, inarginabile -Come accidenti è possibile? Tu lo sapevi, Philip?-
-No!-
-Lo immaginavo.- borbottò delusa. Guardò Mark, pronta a riprendere l’interrogatorio, poi si accorse che Patty si avvicinava a Jenny, lasciò perdere i ragazzi e le raggiunse di corsa. Tanto valeva fare le domande alla diretta interessata.
-Jenny! Che accidenti ci fai qui?-
-Ciao Patty…-
-“Ciao”?- la fissò incredula -Come “ciao”? Sei sparita da mesi e mi dici “ciao”? Andrebbe meglio un “Se mi metto in ginocchio mi perdoni”?
Jenny le rivolse un sorriso fragile.
-Scusami… avevo bisogno di riprendermi i miei spazi.-
-Altro che spazi! Mi hai fatta morire di preoccupazione! Perché non mi hai detto che eri in Italia?-
Già, perché?
-Lo avrei fatto, presto…- incrociò lo sguardo cristallino di Gentile che si era fermato ad aspettarla e accennò un sorriso -Lei è la moglie di Oliver Hutton.-
-Lo so. Va tutto bene?-
-Sì, ora sì. Resto con lei, siamo amiche.-
La presenza di Patty sembrò tranquillizzarlo. Così mentre Evelyn arrivava, gli occhi sull’italiano da cui non riusciva a distogliere lo sguardo, quello le lasciò sole.
-Porca miseria Jenny! Gentile ti ha baciata! State insieme?- le scoccò un’occhiata carica d’invidia.
-Ciao Evelyn.-
-Be’ sì, ciao. Sai che hai una fortuna sfacciata? Io, i ragazzi così, non riesco neppure ad avvicinarli per intervistarli, mentre a te...-
-Eve!-
-Eve cosa? Io verrei di corsa in Italia se sapessi che mi sta aspettando un simile esemplare di maschio.- sorrise maliziosa, come solo lei sapeva fare -Non preoccuparti, sono felice di vedere che c’è un tale leone accanto alla mia amica…- abbassò appena la voce -Più che un leone è un toro lì sotto, vero?-
Jenny non rispose, arrossì e basta mentre Evelyn traeva le sue conclusioni, atteggiandosi a donna saputa.
-Ovvio. La natura non può rovinare un capolavoro del genere con certi errori. Quindi com’è a letto?-
Jenny cambiò colore.
-Non sono affari tuoi nel modo più assoluto!-
-Hai ragione, porca miseria!- l’espressione seria e delusa di Evelyn fu così comica da far ridere Patty e Amy -Ma a me puoi dire com’è stato! Siamo amiche!-
-Neanche morta!-
-Diamine Jenny! Non è giusto! Tu puoi soddisfare tutte le mie fantasie più perverse! Non sai cosa farei a quello lì se solo potessi mettergli le mani addosso!-
Amy rise.
-A noi lo ha detto, dopo te lo racconto.-
Evelyn le lanciò un’occhiata in tralice, poi continuò rivolta a Jenny.
-Spero che almeno tu ti sia sbizzarrita! Cavolo!-
-Basta per favore.-
-Jenny ha ragione, Eve.- Patty tentò di riportarla all’ordine -Questo non è il momento adatto né il posto giusto per parlare di certe cose.-
-A parte gli sproloqui di Eve, come stai, Jenny?- s’informò Amy scrutandola con preoccupazione.
Ci pensò Evelyn a risponderle.
-Sta benissimo, è una bellezza. Non lo vedi?- strizzò l’occhio all’amica che tornava ad arrossire -Questo vestito ti sta bene, Jenny. Ha una splendida scollatura sia davanti che dietro. Sono sicura che Philip ha apprezzato. E non solo lui.- lanciò un’occhiata a Clifford e agli altri che non le staccavano gli occhi di dosso e li indicò con un cenno della mano -Sei dimagrita. Ti sei messa a dieta?-
-No.-
-Da quanto tempo sei in Italia?-
-Un paio di mesi.-
-Diavolo, così tanto?- Evelyn tornò a guardare Salvatore e incrociò per pura fortuna il suo sguardo azzurro. Sussultò e arrossì, abbassando gli occhi.
Quel barlume di timidezza le fece ridere.
-Sei tutto fumo e niente arrosto, Eve.- la prese in giro Amy dandole una lieve gomitata.
Lei si sventagliò teatralmente il viso con una mano.
-È troppo bello e mi fa quest’effetto. Che ci posso fare?-
Patty scosse la testa.
-Se hai finito di intontirci con le tue chiacchiere, vorremmo parlare di cose serie.-
Jenny si ritrovò a pensare che la premessa di Patty sembrava persino più pericolosa dell’esuberanza di Evelyn. Non aveva nessuna voglia di parlare di cose serie, quali che fossero. Né in quel momento, né con loro. Voleva solo tagliare la corda, in realtà. E adesso che aveva visto Philip e che lui aveva visto Gentile baciarla, era decisa a farlo il prima possibile.  
-Andiamo a sederci da qualche parte e ci racconterai con calma.-
Non sapendo come evitarlo, si lasciò trascinare verso i tavoli. Mentre passava accanto ad una composizione floreale, vide Carol chiacchierare al cellulare, lo sguardo abbassato sulle unghie laccate che stava esaminando con un’attenzione tutta professionale. Le tornò in mente il modo in cui aveva fissato Holly e un istante dopo accantonò il problema. Ora aveva davvero altro a cui pensare.
Philip si era liberato dall’assedio dei compagni infilandosi in un capannello di invitati. Aveva costeggiato il tavolo del buffet e aveva girato intorno alla piscina, facendo perdere le proprie tracce tra tavoli, sedie e camerieri. Aveva bisogno di respirare, perché da qualche minuto non riusciva più a farlo.
Per un istante non l’aveva neppure riconosciuta, Jenny, visto che tutto si aspettava tranne che incontrarla proprio lì. Quando aveva posato gli occhi su di lei, aveva sentito qualcosa di forte scuoterlo da dentro. Non sapeva cosa, forse l’emozione di vederla, di saperla lì, di constatare che stava bene. Il tutto era durato un attimo. Poi era arrivato Gentile che l’aveva stretta a sé. A quel punto la stessa identica emozione che l’aveva scosso, era andata in frantumi.
Attraverso la piscina la vedeva, il suo vestito bianco risplendeva alle luci notturne del giardino. Le amiche le stavano intorno, i loro abiti colorati si muovevano all’unisono, come i fiori di un prato accarezzati dal vento. Erano di nuovo insieme, come lo erano state a Shintoku prima in ritiro e, l’anno successivo, in vacanza. Se da una parte la sensazione che i pezzi sparpagliati di un puzzle stessero tornando pian piano al loro posto gli provocava un sentimento di conforto, dall’altra non riusciva a far quadrare gli eventi. Non c’era spiegazione al perché Jenny fosse a Torino. Sapeva per certo che a Furano non c’era più, perché qualche giorno prima di partire per l’Italia era ripassato davanti casa sua e aveva trovato le finestre ancora chiuse. Ma era straconvinto che fosse in America dai suoi genitori. E invece no, non era a New York. Era in Italia.
Il tradimento di Mark poi gli bruciava. Perché non lo aveva avvertito? Perché l’aveva lasciato all’oscuro, facendogli fare la figura del fesso? A fissarla inebetito, boccheggiando come una trota appena pescata?
-Una bella sorpresa, eh?-
Philip si volse. Benji gli stava alle spalle e lo guardava, anzi, lo studiava, la giacca aperta e tirata indietro dalle mani ficcate nelle tasche dei pantaloni. Aveva un’espressione pensierosa.
-Sicuramente una sorpresa.- si sforzò di rispondergli, atono. Riprese a camminare, non voleva ascoltarlo.
Fu inutile, Benji gli andò dietro.
-Non sei contento?-
-Non stiamo più insieme.-
-Questo è ininfluente sul fatto che tu sia contento o meno.-
-Perché dovrei essere contento?- la domanda gli salì su dritta dal cuore. Cosa c’era da essere contenti a trovare Jenny con un altro? Era vero, si erano lasciati, ma vederla con Salvatore Gentile era quasi insopportabile.
-Perché lei è qui.-
La risposta lo colse impreparato. Spostò gli occhi in quelli dell’amico e non riuscì a rispondergli, non seppe assolutamente cosa dirgli. Era vero, Jenny era lì. Ma poi? Scosse le spalle in una replica che non venne e si allontanò perché non aveva voglia di parlare né con lui, né con nessun altro.
Benji rinunciò a seguirlo e raggiunse i compagni con un sacco di domande da porre.
-Da quanto tempo te la tieni in casa, Landers?-
-Cosa ne sai?-
-Me lo ha detto lei.-
-Jenny?-
-Proprio.-
Incredulo si accorse che Julian lo fissava e, non era il solo, disapprovava.
-Sta da te, Mark?-
Lui si difese passando all’attacco.
-Dove pensavi che stesse? In un hotel?-
-Non ho pensato nulla, non ne ho avuto il tempo. Piuttosto bell’amico che sei… Ospiti l’ex di Philip e neppure lo avverti.-
-Non stanno insieme!-
-E quindi pensi che non avrebbe voluto saperlo?-
-No che non lo penso, ma Jenny mi ha detto di non dirlo a nessuno. Cosa dovevo fare?-
Benji scostò una sedia e si sedette tra loro.
-E adesso cosa farai?-
-Assolutamente niente! Non sta con me ma con Gentile. Io la ospito e basta.-
-Ecco, appunto. Giusto questo volevo chiederti. Perché hai lasciato che si mettesse con Gentile senza neppure provarci? Eppure Jenny ti interessa, è lampante.-
Mark s’inalberò.
-Jenny non mi interessa! Non mi è mai interessata e se la pensi in questo modo significa che non hai mai capito un cazzo.- si accorse che anche gli altri lo fissavano scettici e un fremito di stizza gli corse su per la schiena.
-Non ti interessa, eh? O ci hai provato e ti ha detto di no?-
-No, Price! Non ci ho provato!- lo fulminò con un’occhiata di fuoco -Pensi che siamo tutti uguali a te? Che davanti ad un paio di tette perdiamo la testa?-
-Mi stai confondendo con Bruce.-
-Lasciatemi fuori dalle vostre discussioni del cavolo.- si fece sentire quello.
-Penso solo che sei un cretino, Landers, perché avresti potuto approfittarne e toglierti lo sfizio.-
-Benji…- Holly tentò di metterlo a tacere.
-Se c’è un imbecille tra noi quello sei tu, Price, che non avresti problemi a farti la ragazza di un amico. Ma questo è niente! Perché sei andato a spifferare a Gentile i fatti di Jenny e di Philip? Cosa cazzo gliel’hai detto a fare?-
-Davvero pensi che non lo avrebbe capito? Che non se ne sarebbe accorto? Non è deficiente come te.-
Landers scostò brusco la sedia e si alzò. Holly si tese, pronto a intervenire se fosse saltato addosso a Benji per strozzarlo e fargli rimangiare una volta per tutte le sue inaccettabili insinuazioni. Invece si allontanò senza dire una parola, un diavolo per capello, ringhiando in italiano qualcosa che non capirono.
Mark non s’era seduto al tavolo dei compagni per lasciare che quel maledetto portiere lo insultasse a raffica o lo mettesse in imbarazzo con le sue teorie da quattro soldi. Avrebbe voluto risolvere la situazione, lui. Riflettere con loro e trovare il modo di riavvicinare Philip a Jenny, o Jenny a Philip. Andava bene qualsiasi cosa. Ma finché Benji non esauriva il repertorio della sua stronzaggine, questo non era possibile.
Holly respirò a fondo, poi si rivolse al portiere.
-Sei ubriaco, Benji?-
-No, perché?-
-Allora per quale motivo l’hai assalito in quel modo?-
-Per favore, non vorrai mica difenderlo? Si è dimostrato un coglione, non ha detto niente a Philip di Jenny, ti pare giustificabile?-
-In effetti…- si trovò d’accordo Bruce.
-Philip sa difendersi da solo, non c’è bisogno che lo fai tu.-
Benji spostò gli occhi su Julian.
-Lo so, ma mi interessava sapere se tra lui e Jenny c’è stato qualcosa. Philip sa difendersi da solo, hai ragione, ed è abbastanza intelligente da riuscire a passare sopra al fatto che lei stia con Gentile. Ma che lei e Mark se la siano spassata non potrebbe sopportarlo.-
Julian scosse la testa e gli lanciò un’occhiata carica di sarcasmo.
-Un pensiero troppo altruistico per uno come te. Hai semplicemente approfittato dell’occasione per insultarlo, visto che erano mesi che non lo facevi più di persona.-
Benji scoppiò a ridere.
-Non hai tutti i torti, Ross.-
Finalmente solo, senza scocciatori in giro, Philip si sforzò di ridare un ordine ai pensieri che gli ingarbugliavano la testa, che gli sfuggivano prima che riuscisse a metterli a fuoco, che volavano via eterei. Ma in fondo che bisogno c’era di pensare? Doveva solo sforzarsi di razionalizzare, come faceva sempre, perché a tutto c’era una spiegazione. Bastava trovarla. Se Jenny era a Torino doveva esserci un motivo che non poteva certo essere Salvatore Gentile. E doveva esserci un motivo anche per spiegare il silenzio di Mark. Solo che lui, per quanto si sforzasse, non riusciva a rispondersi. La sua mente sembrava essersi inceppata. Lanciò un’occhiata rapida a Jenny che sedeva al tavolo con le amiche, circondata da mezza nazionale giapponese. Quella sera stava succedendo esattamente ciò che per anni lui si era dato da fare ad evitare, con il risultato che ora la curiosità dei ragazzi era inarrestabile perché al mistero che la circondava si era aggiunta anche la sua relazione con Gentile.
Seduta al suo fianco Evelyn, infastidita da tanta invadenza, tamburellava con le dita sulla tovaglia, ad ascoltare allucinata le idiozie che i ragazzi sfornavano a raffica per attirare l’attenzione di Jenny, per strapparle un sorriso, mostrando invece, a suo parere, il peggio di loro. La bocca serrata dal fastidio, una specie di invidia si stava facendo strada nella sua testa, perché in fondo non le sarebbe dispiaciuto essere al centro di tutta quell’attenzione. Sentì Patty ridere e spostò gli occhi su di lei. Poi tornò a guardare Jenny, rigida sulla sedia, la schiena dritta, profondamente a disagio. Era chiaro che avrebbe desiderato essere ovunque tranne che lì. Rispondeva come poteva, cercava di sorridere ed essere gentile, ma Evelyn era quasi certa che dentro di sé stesse ringraziando il suo ex di averle evitato per anni quella tortura.
Jenny tentava di mostrarsi interessata e cordiale, ma non riusciva a concentrarsi sulla conversazione e sulle battute dei ragazzi. I suoi occhi vagavano nel giardino in cerca di Philip. Non lo trovava, non lo vedeva da nessuna parte. Chissà dov’era sparito. Probabilmente se n’era andato, scontento di trovarla lì dopo tutta la fatica che aveva fatto per riuscire a liberarsi di lei. Il pensiero della sua fuga la ferì. Serrò le dita sulla borsetta e i battiti del cuore accelerarono. E lei? Lei se n’era andata da Furano proprio per non incontrarlo per strada, magari mentre era a spasso con Grace o a fare la spesa. Venire in Italia non era servito a niente.
Philip era lì e quella sera si erano ritrovati così vicini da potersi toccare. Lui avrebbe potuto davvero, eppure all’ultimo non lo aveva fatto. Anche se aveva proteso la mano, era bastato che lei accennasse a tirarsi indietro per farlo desistere. La sua esitazione l’aveva ferita nel profondo, facendo tornare a galla un dolore che sperava di aver dimenticato. La sofferenza invece era ancora tutta lì, pronta a farle di nuovo del male. Ancora una volta, Philip aveva dimostrato che preferiva arrendersi di fronte a quel che restava delle sue ferite, piuttosto che affrontarle. Esattamente quello che aveva fatto per mesi, privandola di lui. Davanti a tanto distacco e a tanta freddezza da parte sua, Jenny non aveva neppure sentito l’impulso di piangere. Mentre negli occhi di Philip balenavano lo sconcerto e la confusione, lei aveva provato soltanto uno sconfinato senso di vuoto, di dolorosa mancanza.
Sussultò quando sentì qualcuno sfiorarle la spalla. Alzò gli occhi di scatto e incrociò quelli di Evelyn, supplichevoli.
-Coraggio, Jenny. Rispondi a mio cugino così si toglie dai piedi con i suoi discorsi cretini.-
Lei alzò gli occhi su Clifford, confusa. Come poteva rispondergli se non aveva ascoltato una parola?
-Eve, perché non vai a farti un giro?- rispose lui nervoso -Magari in mezzo agli italiani, visto che ti piacciono tanto!-
-Non solo a me, vero Jenny?- mostrò la lingua al cugino e si allontanò verso il buffet, lanciando un’occhiata curiosa a Mark e Gentile che parlavano uno di fronte all’altro a due passi dalle vivande. Peccato che lo stessero facendo in italiano, avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere cosa si stessero dicendo.
L’ira di Salvatore era implosa, grazie anche ad un bicchiere di costosissimo champagne ghiacciato che Belli gli aveva messo in mano intimandogli di berlo d’un fiato.
-E così Jenny stava con quello sfigato!- mandò giù un sorso della bevanda e finse un’espressione sollevata -Meno male che si è accorta dell’errore!-
-Pallone gonfiato, come osi?-
Gentile gli rispose con un ghigno, poi cercò Philip tra la gente e non lo trovò.
-Il tuo amico non ha le palle. Come ha visto che Jenny era con me, ha tagliato la corda.-
Mark lo guardò di traverso, poi decise che non voleva litigare. Quella serata lo stava stremando peggio di un allenamento con Gamo. Il suo silenzio diede il via libera a Salvatore, che continuò carico.
-Ha capito subito che non può competere, che perderebbe su tutta la linea. In confronto a me lui è niente.-
-Lui è qualcosa più di te, idiota. In prestigio ti frega. È il capitano della nazionale giapponese, tu non sei neppure il vice di quella italiana.-
Gentile lo fissò interdetto. Non ci aveva pensato, porca miseria. Gli bastò un attimo per riprendersi.  
-Sta solo sostituendo Hutton. In realtà non conta niente. È talmente insignificante che non ricordavo neppure il suo nome.-
Mark lo fissò. In definitiva, che ci faceva lì con lui? Perché lo stava a sentire? Per una volta che erano avversari e poteva evitarlo alla grande, stava ancora a perdere tempo?
-Sono un cretino. Perché sto ad ascoltare le tue stronzate?- gli voltò brusco le spalle e si allontanò a testa alta. Di lui ne aveva abbastanza.
Salvatore gli mandò tremila maledizioni, poi andò a recuperare Jenny per sottrarla all’interesse morboso dei suoi connazionali. Everett e Peterson si scostarono quando si fece largo senza chiedere permesso.
-Vieni con me.- le disse in italiano, porgendole una mano in un gesto inequivocabile.
Lei si alzò subito, contenta di avere finalmente una scusa per dileguarsi. Distribuì a casaccio qualche sorriso, poi si allontanò con Salvatore.
-Quindi Callaghan è il tuo ex ragazzo.-
Lui le teneva una mano sul fianco, così la sentì irrigidirsi. Si fermarono poco più in là, per guardarsi negli occhi.
-Chi te lo ha detto?-
-Era un segreto?- ostentò indifferenza -Non mi pare, lo sanno tutti.-
Jenny non riuscì a capire se le parole di Salvatore fossero una semplice constatazione o nascondessero un rimprovero.
Qualcuno lo chiamò, salvandola da una risposta che non veniva fuori. Si volsero entrambi. Davanti al buffet Dario Belli stava facendo cenno al compagno di raggiungerlo. Era insieme ad Alex Marchesi, il centrocampista della Juventus, e a Matteo Solari, l’attaccante della nazionale italiana. Salvatore gli rispose con un gesto impaziente di diniego, poi spinse Jenny ancor più lontano da tutta quella confusione, fin sul bordo della piscina. L’odore di cloro solleticò le loro narici, lo sciabordio dell’acqua si mescolò alla musica e il riflesso delle luci azzurre tinse i loro corpi.
-Io non volevo venire. Se non fosse stato per Mark lo avrei evitato volentieri!-
-Non volevi venire per lui?-
Marchesi lo chiamò di nuovo. Adesso erano cinque o sei, a cercare di attirare l’attenzione del ragazzo. Si erano riuniti in un gruppetto rumoroso e Jenny desiderava tanto che andasse da loro e la lasciasse a mortificarsi in solitudine. Lui però sembrava di tutt’altro avviso.
-Dai Gentile, quanto la fai lunga!-
-Datti una mossa!-
Lui si volse e prese a gesticolare scocciato.
-Che palle che siete! Non vedete che sono occupato? Andate a rompere l’anima a qualcun altro!-
-Ci puoi parlare dopo, con la tua ragazza!-
-Non state a seccarmi!- li liquidò spazientito e tornò a guardarla -A me non frega niente, in definitiva, se Callaghan è il tuo ex, però…-
-E che avrai da dirle di così importante?-
Uno scoppio di ilarità tra gli italiani.
-Facci la grazia, è per una foto.-
-Due minuti ci vogliono, mica di più. La tua ragazza non scappa di certo.-
Salvatore ne ascoltò appena la metà, di quei richiami. Infastidito, vomitò su di loro tutto il nervoso che Landers aveva fatto affiorare con la sua tracotanza.
-Porca miseria! Mi lasciate in pace? Ho da fare, non lo vedete?-
Dario fece spallucce ma Alex Marchesi non si scoraggiò.
-Salvatò, dobbiamo fare una foto di gruppo, non una partita. Quanto ci vorrà? Puoi degnarci della tua illustrissima presenza per trenta secondi?-
Ma lui niente, non lo ascoltò. Continuava a fissare Jenny che, a disagio, torturava la borsetta tra le dita.
-Senti, mi dispiace…- il vestito di lei risplendeva di blu e quando si mosse lo chiffon si sollevò come un’onda -Te l’avrei detto, alla fine. Forse non stasera, ma te lo avrei detto…- lanciò un’occhiata ai ragazzi che fremevano poco distanti, stufi di essere ignorati e di dover aspettare i comodi del compagno per fare chissà cosa -Vai da loro, ti stanno chiamando ancora. Ne riparliamo dopo, abbiamo tutta la serata…- sorrise per convincerlo e appoggiò una mano sul suo torace, accarezzando le falde della giacca di qualche ottima marca italiana.
Una faccia divertita spuntò alle spalle di Salvatore in modo così improvviso da farla gridare. Gentile neppure fece in tempo a voltarsi. Due mani possenti si posarono sulla sua schiena e premettero forte.
-Ma che cazzo…-
Si sbilanciò in avanti, travolse Jenny e la trascinò in acqua con sé. Caddero con un tonfo, sollevando una valanga di spruzzi. Ci fu un istante in cui le conversazioni degli invitati presenti nel giardino si interruppero. Persino il dj si distrasse, perse un giro e la musica si ripeté, distorta.
Riemersero zuppi, increduli, bagnati e infreddoliti. Si guardarono sgomenti, poi spostarono gli occhi sul bordo della piscina, dove quattro o cinque calciatori italiani li indicavano e ridevano.  
-Maledetti stronzi!- gli occhi di Salvatore Gentile saettarono sui compagni -Siete dei pirla! Dei pezzenti! Dovete crepare, dovete!- terminò il fiato, interruppe le invettive e guardò Jenny.
I suoi capelli lunghi intrisi d’acqua si erano sciolti e ora si allargavano a ventaglio alle sue spalle, fluttuando sulla superficie azzurra. Lo chiffon del vestito le galleggiava intorno, smosso dalle onde create dal loro stesso tuffo, modellandole intorno al petto una specie di corolla. Davanti alla sua espressione sgomenta e avvilita, l’indignazione nei confronti degli amici e del loro stupido scherzo lasciò il posto alla preoccupazione. Le era caduto addosso, l’aveva travolta ma per fortuna sembrava ancora tutta intera.
-Stai bene? Ti sei fatta male?-
-Sto bene…-
I ragazzi italiani continuavano a sbellicarsi sul bordo della vasca, mentre i pochi giornalisti ammessi alla festa si avvicinavano all’acqua pieni di curiosità.
Salvatore digrignò i denti e una furia omicida gli attraversò gli occhi.
-Maledetti, vi faccio a pezzi!-
-Com’è l’acqua?-
-Com’è l’acqua un cazzo!-
Marchesi rise di gusto.
-L’acqua fredda non ha placato i tuoi bollenti spiriti!-
-Ma vaffanculo fino a Natale, Alex!-
Seguì un attimo di silenzio, puoi un nuovo scoppio di ilarità. Gentile avrebbe voluto prenderlo a pugni, ma prima doveva uscire da lì. Si volse verso Jenny, pronto a scusarsi di nuovo e a issarla fuori dalla piscina. Non la vide più. Gli prese un colpo, nel suo sguardo affiorò il panico.
-Dietro di te.- gli gridò Dario.
Allora si volse e la vide. Scorse il suo corpo nuotare sott’acqua, risplendente d’azzurro. Raccolse qualcosa dal fondo della vasca e riemerse poco distante, la borsetta tra le mani. Salvatore la raggiunse con due bracciate.
-Cosa c’è? Tutto a posto?-
-Sì.- starnutì e aprì il gancetto della pochette. Era colma d’acqua e il pacchetto di fazzoletti che Mark vi aveva infilato galleggiava tra le sue mani. Il cellulare, spento, restò adagiato sul fondo di raso blu. Lo afferrò, lo tirò fuori dall’acqua e cercò di accenderlo -Mi sa che si è rotto…-
-Lascia perdere il cellulare. Usciamo che si gela.-
Gentile la spinse verso il bordo, l’afferrò per i fianchi e la issò fuori della piscina. Era leggera come un fuscello, nonostante il suo abito fosse intriso d’acqua. Belli le afferrò un gomito e l’aiutò a tirarsi in piedi. Poi la guardò amareggiato.
-Mi dispiace, sono degli animali…- con un cenno del capo indicò i compagni che continuavano a sghignazzare. Ma non di lei. I loro sguardi erano rivolti a Gentile che seguitava a insultarli a raffica, incurante degli ospiti, dei giornalisti, incurante di tutti.
Amy raggiunse Jenny.
-Peccato per il vestito. Il cloro lo rovinerà?-
-Non mi importa del vestito…- starnutì infreddolita, mentre gli occhi cominciavano a pizzicarle. Non era il vestito ad angustiarla ma il fatto di sentirsi ridicola, intirizzita e tremante davanti a tutti quegli spettatori. I capelli sciolti le ricadevano in ciocche grondanti e disordinate sul petto e sulle spalle, il vestito le si era incollato addosso. Sentiva l’acqua ghiacciata scorrerle sulla schiena, sulle braccia e le gambe, fino ai piedi, immersi in una pozza. Si mosse e l’abito si adattò ad ogni piega del suo corpo, senza staccarsi. Con orrore Jenny realizzò che forse, attraverso il tessuto leggero, si intravedevano persino gli slip. E i giornalisti continuavano a fotografarla. Si guardò intorno in cerca di Mark, che forse avrebbe potuto fare qualcosa. Cosa, non lo sapeva neppure lei. Non lo trovò. Dov’era finito?
Carol le scostò dal collo e dalle spalle le ciocche di capelli che si erano incollate alla pelle, le sistemò alla meglio le pieghe del vestito e infine, prendendo atto delle condizioni in cui era ridotto quello che reputava un suo capolavoro, prese a gridare insulti in italiano a chi aveva spinto Jenny in acqua.
-Che razza di uomini siete? Ci si comporta così con le signore?- si portò i pugni ai fianchi e avanzò verso Marchesi. Lui indietreggiò burlone, tirando fuori un’espressione comicamente intimorita -Villani! Ignoranti! Maleducati! Siete delle bestie! Vi dovrebbero tenere legati!-
Salvatore emerse con uno scroscio d’acqua, facendo leva sulle braccia, i muscoli in tensione che tesero la stoffa della giacca. Puntellò un ginocchio sul bordo e si mise in piedi, mentre una cascata allagava il pavimento di cotto, grondando dai suoi abiti. Gli occhi azzurri lampeggiarono di sdegno.
-Imbecilli! Che c’entrava Jenny?-
Marchesi si tirò prudentemente indietro.
-Lei c’è entrata per sbaglio.-
-Inutile che t’incazzi, Gentì. Sei tu che l’hai spinta in acqua!-
Philip, dall’altra parte della piscina, seduto ad un tavolo con Clifford e Ralph, assisteva in silenzio alla scena. L’aveva seguita fin dall’inizio, non ne aveva perso neppure un secondo perché nonostante avesse cercato di evitare di posare lo sguardo sulla ragazza, non aveva fatto altro che tenerle gli occhi addosso. L’aveva vista isolarsi dagli altri e Gentile infervorarsi per qualcosa. Aveva provato un bruciante fastidio quando lei gli aveva posato dolcemente una mano sui risvolti della giacca, all’altezza del cuore, in un gesto simile ad una carezza. Quando poi Gentile le era finito addosso travolgendola, era quasi saltato in piedi, il terrore che Jenny non sarebbe riemersa. Solo quando l’aveva vista tornare a galla, apparentemente illesa, aveva ripreso a respirare. Ora la vedeva rabbrividire di freddo e si sentiva gelare anche lui. In piedi sul bordo, lei gli dava le spalle e i capelli lunghi, divisi in ciocche grondanti, le ricoprivano la schiena per una buona metà. Non l’aveva mai vista Jenny, con i capelli così lunghi. Avrebbe voluto toccare quella cascata setosa e liscia, intrecciarla tra le dita e lasciarla scorrere via, ficcarci dentro il viso e inebriarsi del suo profumo che ormai non ricordava quasi più.
Mark si fece largo tra gli italiani e guardò Jenny dall’alto in basso, con aria truce. Incrociò lo sguardo di lei, fece per dirle qualcosa ma Patty sopraggiunse di corsa e lo spinse da parte. Stringeva al petto due enormi teli da bagno. Ne porse uno all’amica, l’altro Evelyn glielo tolse di mano e si avvicinò a Gentile, con un atteggiamento timido che non le si addiceva per niente. Allungò le braccia e lui le sorrise, ringraziandola poi in inglese. E quando l’interesse di Salvatore tornò sui compagni, Evelyn si avvicinò alle amiche e si piantò davanti a Jenny, le mani puntellate sui fianchi. La scrutò divertita, indecisa se farle una foto. Lasciò perdere perché immaginò che la cosa non le avrebbe fatto piacere.
-Se cado io in piscina non mi dà retta nessuno e quando esco sono ridicola.- borbottò contrariata -Ci cadi tu e ti stanno tutti intorno, il vestito ti dona senz’altro più di prima e il trucco non ti cola…-
Le ragazze risero, solo Carol restò seria.
-Per forza, l’ho truccata io! Sono una professionista!-
Jenny si passò l’asciugamano sul collo e sulle braccia per arginare i rivoli d’acqua che venivano giù ovunque, poi se lo avvolse intorno alle spalle e se lo strinse addosso. Spostò gli occhi su Evelyn.
-Almeno tu non finirai sulle prime pagine di gossip.-
-Scherzi? Magari succedesse! Darei qualunque cosa per essere fotografata insieme ad un fusto simile!- indicò Salvatore con un cenno.
Jenny fece spallucce, poi chinò il viso e si osservò l’abito incollato alle gambe. A parte il freddo, era davvero in uno stato pietoso.
-E adesso?-
Amy le sorrise.
-Ti presterò i miei vestiti. Vieni in camera.-
-Non posso rientrare in queste condizioni.- abbassò gli occhi a terra. Si era sfilata i sandali e i suoi piedi nudi sguazzavano in un lago.
-Portali qui, Amy.- decise Patty pratica -Jenny può cambiarsi nello spogliatoio della piscina.-
Salvatore le raggiunse, i capelli biondi avevano assunto una tonalità più scura. Divisi in ciocche gocciolanti, lasciavano ai suoi occhi tutto lo spazio necessario a sfavillare e conquistare. Evelyn non riuscì a togliergli lo sguardo di dosso mentre si liberava prima della giacca, gettandola su una sedia di plastica, poi della camicia. Rimase in maglietta, i bicipiti che spuntavano prepotenti dalle maniche corte, i pettorali scolpiti che il cotone zuppo metteva in mostra, incollato come una seconda pelle su quel corpo da favola.
-Ci sarebbe da ringraziare chi vi ha spinti in acqua…-
Jenny lanciò ad Evelyn un’occhiata storta, la forte tentazione di gettarla in piscina. Si trattenne soltanto perché non le parve il caso e si fece passare il nervoso concentrandosi su Salvatore. Il ragazzo, sotto lo sguardo adorante di Evelyn e di qualche altra invitata, che sembravano volerselo mangiare, si passò un angolo dell’asciugamano sui capelli, lasciando il resto del telo a penzolargli spiegazzato su una spalla e sulla schiena. Lui si volse e vide Jenny tremare di freddo.
-Devi trovare qualcosa da metterti prima che ti ammali.-
-Amy mi presterà i suoi vestiti. Lì c’è lo spogliatoio…-
Salvatore annuì.
-Già, è perfetto.-
La prese per mano e la trascinò verso la piccola costruzione in legno bianco. La porta non era chiusa a chiave. Entrò per primo, accese la luce e si guardò intorno mentre Jenny lo seguiva dentro, stringendosi addosso l’asciugamano.
-E adesso che fai? Ti imboschi?- gli gridò dietro Marchesi.
-Ma lasciatemi in pace, rompicoglioni!- rispose senza voltarsi, alzando il dito medio e richiudendo la porta con una manata. Quando furono soli guardò Jenny -Sono dei cretini… degli infami! E io ci gioco pure insieme… Affanculo li dovrei mandare, altroché…- gettò l’asciugamano su una sedia -Mi dispiace.-
-Non devi scusarti, non è colpa tua.-
-Il tuo vestito è rovinato.-
Lei gli sorrise.
-È solo un vestito.-
Salvatore concordò con una strizzatina d’occhio, poi si sfilò la maglietta. Recuperò l’asciugamano e se lo strofinò addosso. Jenny indugiò ad osservarlo, chiedendosi se si fidasse davvero a liberarsi dei vestiti, con quegli inaffidabili amici nei paraggi e tutti quei giornalisti lì fuori, pronti a scattare foto su di loro. Lei no, non ne aveva il coraggio, così restò immobile al centro della stanza. Quanto ci metteva Amy? Starnutì.
-Non ti spogli?-
Lui le si avvicinò a petto nudo e le tolse l’asciugamano per aiutarla a slacciare l’abito sulla schiena. Nell’istante in cui Jenny si tirava indietro, sentirono bussare.
-Che vogliono adesso?- sbuffò Salvatore.
Jenny riconobbe la voce di Amy che la chiamava.
-Sono arrivati i miei vestiti.-
-Ah, bene.-
Lui andò ad aprire, prese i vestiti che Amy gli porgeva, avvoltolati in un malloppo e sorrise al cellulare di Evelyn che ne approfittò subito per scattare un paio di foto al suo corpo mezzo nudo.
-Oggi è la mia giornata fortunata.- ringraziò lei strizzandogli un occhio.
Lui le sorrise. Un secondo prima di richiudere la porta, gli arrivò in mano un secondo fagotto di abiti. Lo afferrò al volo e si trincerò nello spogliatoio.
-Un bel tuffo…-
Evelyn comparve alle spalle di Philip così improvvisa che lui si volse di scatto, sorpreso. L’amica non lo guardava, era china sul display del cellulare e faceva scorrere rapidamente alcune immagini. Clifford, curioso, si sporse per guardare.
-Li hai fotografati?-
-Esattamente mentre cadevano in acqua.-
-Come hai fatto?-
-Ce li avevo inquadrati proprio in quel momento. Spero di riuscire a tirarci fuori qualcosa. Sono una coppia che fa notizia, non ti pare?-
-Certo che mi pare.- Yuma lanciò a Philip un’occhiata significativa -Con lui Jenny fa molta più notizia che con te.-
-Pensi che me ne importi?- l’occhiata truce con cui lo fulminò lo frenò dal continuare su quella strada.
-Vado a prendere un altro drink.-
-Ecco bravo.- Philip strinse i denti mentre Clifford si allontanava -Togliti dalle palle.-
Evelyn accantonò il cellulare e si lasciò cadere sulla poltroncina lasciata libera dal cugino.
-Sei nervoso stasera. Vuoi sapere cosa ho scoperto su di loro?-
Philip non rispose né sì né no e mostrando il massimo ma finto disinteresse rimase ad ascoltarla mentre lei sciorinava una serie di informazioni che non le aveva chiesto.
Jenny non ebbe il coraggio di cambiarsi davanti a Salvatore. Lo fece nei bagni stretti e risicati dello spogliatoio, lasciandolo con i vestiti che aveva rimediato a rispondere ai fastidiosissimi richiami dei compagni asserragliati a sfotterlo al di là della porta. Quando tornò da lui, rimase interdetta a fissare ciò che indossava. Poi scoppiò a ridere.  
-Cosa ti sei messo addosso?-
-Il senso dell’umorismo di Price.-
Tutto avrebbe immaginato, Jenny, tranne che vederlo vestito dalla testa ai piedi dell’uniforme del Giappone, la felpa azzurra della nazionale con il logo dell’adidas su una spalla, il simbolo della JFA sul petto e una chiassosa scritta JAPAN che gli campeggiava sulle spalle, bianca sullo sfondo blu.
-Vestito così i giornalisti ti adoreranno. Finirai su tutte le prime pagine.-
-Non mi dona?- rise anche lui -S’intona ai miei occhi, non trovi?-
Sì, in effetti trovava. E ad affascinarla era questa sua capacità di sorridere di tutto. Salvatore Gentile sprizzava energia da tutti i pori. A volte si imbronciava per niente come un bambino viziato, faceva i capricci e puntava i piedi, ma una volta passate le bizze tornava allegro e solare, contagiando chi aveva intorno col suo carattere accentratore, sempre disposto a ridere e a scherzare, a fare amicizia con tutti, la battuta sempre pronta.
-Vieni qui…- la prese tra le braccia e la strinse a sé.
Jenny era fredda come un ghiacciolo e approfittò di quel contatto per scaldarsi un po’. Lui le stampò un bacio sulle labbra e si scostò, osservando critico i suoi capelli bagnati. Li lasciò scorrere tra le dita.
-Dovresti asciugarli.-
Lei annuì, lo fissò nelle iridi celesti e colse al balzo l’occasione per chiedergli ciò che aveva desiderato da quando aveva messo piede in quell’hotel.
-Lo farò a casa, ce ne andiamo?-
-Vieni da me?-
Lei esitò solo per un secondo.
-Non è una grande serata questa. Non so se…-
Due violenti colpi sulla porta li fecero sobbalzare. Salvatore la lasciò.
-Qualsiasi cosa, basta che ce ne andiamo da qui. O stasera faccio secco qualcuno.-
Spalancò la porta e i suoi occhi dardeggiarono tra i compagni. Quelli, come lo videro, scoppiarono a ridere.
-‘Cazzo ti sei messo addosso?-
-Che pirla, che sei! Hai cambiato squadra!-
Gentile stette al gioco.
-Che vi aspettavate, dopo avermi buttato in piscina?-
-Sai che la divisa del Jàpan ti sta bene?-
-A me sta bene tutto, pure niente.-
-Io non ti ci voglio, in squadra.- disse serio Mark, ma il suo sguardo era divertito.
-Figurati io.- Salvatore lo superò e andò dritto verso Benji che se la rideva in solitudine -Sei uno stronzo geniale…- gli passò un braccio intorno alle spalle e si mise in posa mentre qualche giornalista inquadrava entrambi e li accecava con i flash.
Carol raggiunse Jenny. Era affranta.
-Stupidi idioti! Hanno rovinato la mia opera d’arte!- frugò nella borsetta, tirò fuori un pettinino di plastica da un euro e cercò di rimettere in riga le ciocche zuppe dell’amica.
-Carol, lascia stare…- i denti del pettine trovarono un nodo, Jenny gemette e si tirò indietro -Non fa niente.-
-Certo che fa! Eri così bella!- scoppiò a ridere -Oddio, non che adesso tu non lo sia, intendiamoci…- allungò di nuovo il pettine e glielo affondò tra le ciocche, facendola sussultare.
-Per favore, basta così. Sono un disastro e mi fai male.- le tolse il pettine e lo sfilò con precauzione da un groviglio di capelli in cui si era ingarbugliato, senza andare né su né giù.
-Ti sono cresciuti tantissimo.- notò Amy -Devi asciugarli o ti prenderai un malanno.-
-Non importa. Salvatore ed io ce ne andiamo.-
-Di già?-
-È quasi mezzanotte, sono distrutta.- e lo era veramente. Era stremata dal contrasto tra le sensazioni che provava, era stanca di quella serata e di tutto ciò che le stava accadendo. Non ne poteva più.
-Ci vediamo domani?-
Fu Carol a rispondere a Patty, carica di energia e di entusiasmo.
-Certo che ci vediamo domani! Volentierissimo!- ci pensò su -Anzi, io resto ancora un po’.- strizzò l’occhio a Jenny -Buon proseguimento, mia cara. E non divertitevi troppo.-
-Non vieni?-
-A far cosa? Il terzo incomodo? Andate pure e scatenatevi anche per me.-
Jenny sospirò paziente e cercò Salvatore nei dintorni. Un attimo prima era lì, adesso non lo vedeva più. Voleva andare a casa, dove accidenti era sparito? Lo vide tornare con una busta, nella quale infilò l’abito bianco che le tolse dalle mani. Appeso ad un braccio teneva il cappotto di Jenny che aveva recuperato al guardaroba. L’aiutò a indossarlo.
-Patty, avverti tu Mark che ce andiamo?-
-Sì. Ci vediamo domani.- ribadì lei, come a farle presente che non le avrebbe permesso di sparire di nuovo.
Jenny annuì, poi s’incamminò verso l’uscita insieme a Salvatore, aggrappata al suo braccio, le dita affondate nella manica della felpa azzurra di Benji, lo sguardo chino a terra nel timore di incrociare gli occhi di Philip che, lo sapeva, era lì da qualche parte e forse la stava osservando mentre se ne andava insieme a Gentile, tirando le sue ovvie conclusioni su come avrebbero trascorso il resto della serata.
Amy aspettò che Carol si allontanasse per servirsi un drink, poi esternò tutta la sua perplessità.
-Perché Jenny è qui?-
-Certo non è venuta a vedere la partita.- Evelyn infilò il cellulare nella borsetta. Adesso che Salvatore se n’era andato, non sapeva più chi fotografare -Se Jenny è riuscita a costruire un rapporto con Gentile non è arrivata ieri.-
Patty le ascoltò in silenzio, accarezzando distrattamente i petali di una rosa che si allungava verso di lei da una pianta carica di boccioli.
-Sapete qual è la cosa peggiore? Che Mark sapeva che eravamo preoccupate per Jenny e non ci ha detto che era qui.-
Amy non fu d’accordo.
-La cosa peggiore è che Jenny non si sia fatta sentire sapendo che eravamo preoccupate per lei.-
-Jenny non deve rendere conto a voi di quello che fa. E non mi pare carino rinfacciarglielo. Non ha passato un bel periodo, lo sapete benissimo.-
Patty e Amy fissarono Evelyn allibite. Era la prima volta che la sentivano esprimere un ragionamento tanto profondo. E sicuramente la prima volta in assoluto che parteggiava per l’amica assente. Oltretutto aveva ragione, quindi non ebbero davvero nulla da rispondere.
Dall’altra parte del giardino, Philip osservò Jenny che lasciava la festa. Si ficcò le mani nelle tasche, costeggiò la piscina e riuscì a svicolare tra i compagni senza attirare l’attenzione. Solo Pearson lo individuò mentre si dava alla fuga e cercò di fermarlo. Ufficialmente voleva parlargli della conferenza stampa, in realtà era preoccupato perché anche lui aveva visto Jenny e Gentile insieme, ma Philip si inventò che doveva andare in bagno e si sganciò in tre secondi. Attraversò il salone e salì in camera.
Aprì la porta ed entrò nella stanza, senza accendere la luce. Raggiunse la finestra rischiarata dalle luci della città e poggiò la fronte contro il vetro senza far caso al panorama notturno di Torino che si stagliava davanti ai suoi occhi. Il freddo esterno fu un sollievo al mal di testa che stava cominciando a salire. Respirò a fondo tentando di reprimere delusione, ira, gelosia e frustrazione, ma più di tutto un’immensa angoscia. Avrebbe voluto riformattarsi. Cancellare tutti i file inutili della mente e sostituirli con sentimenti ed emozioni più aggiornate. E invece era ancora lì, di nuovo dopo mesi, a riesumare la sofferenza del passato.
Si portò stancamente le mani al collo e allentò il nodo della cravatta. Poi se ne liberò e la gettò sul letto. In quell’istante bussarono alla porta.
-è aperto.-
-Perché sei al buio?-
L’ombra di Mark si stagliò scura sullo sfondo luminoso del corridoio.
-Perché la luce non mi serve.-
-Vai a dormire?- entrò, accostò la porta e si sedette sul letto di Julian. Philip seguì la sua avanzata, si volse e si appoggiò con la schiena alla finestra.
-Cosa sei venuto a fare?-
-Non scendi?-
-Che te ne importa?-
Stettero qualche secondo in silenzio a studiarsi, poi Mark parlò.
-Jenny è andata via.-
Philip non rispose, si limitò a fissarlo. Non riusciva a scorgere la sua espressione, la stanza era troppo buia e Mark era lontano dallo spacco di luce notturna che attraversava la finestra e si posava su un angolo del pavimento, sul tavolo e su una poltroncina, fasci di bianco nella stanza scura. Lo sentì sospirare, poi tentare di nuovo un avvicinamento.
-Un anno è lungo da passare, dopo quello che è successo. O forse è troppo breve, chissà… Jenny sembra che si sia ripresa, che stia bene.- cercò nei suoi occhi una conferma che non trovò -So che è stata dura, però…-
Philip lo mise bruscamente a tacere.
-No, non lo sai. Anche sforzandoti non arriveresti a immaginare neppure la metà di ciò che abbiamo passato.- fremette di fastidio. Quell’interesse per il suo stato d’animo arrivava ormai troppo tardi.
-Sì, però…-
-Però un cazzo! Non capisci, non puoi farlo. Non ci riuscirai mai! Quello stronzo ci ha cambiati, ha rovinato le nostre vite, ci ha resi diversi… Tu non puoi sapere, non puoi giudicare. Non hai neppure il diritto di parlare!-
-Datti una calmata, Callaghan! Non ti sto giudicando!-
-Ecco appunto, non farlo! Evitami le tue chiacchiere inutili. Perché se volevi parlarmi, per prima cosa avresti dovuto chiamarmi e avvertirmi che Jenny era qui. Poi dirmi tutto il resto.-
Mark si stranì.
-Perché avrei dovuto dirti di Jenny? Non vi siete lasciati?-
-Non cercare di fregarmi con le tue domande stronze! Se fossi stato al mio posto, avresti preteso che ti chiamassi!-
L’altro ci rifletté un istante, per niente sicuro che il compagno avesse ragione. Holly lo tolse dall’impiccio. La porta socchiusa si aprì con un cigolio sommesso e la sua testa comparve nello spiraglio.
-Gamo ci vuole tutti giù e vuole soprattutto te, Philip.-

*

Jenny si volse a guardarlo quando Salvatore le mise una mano sulla gamba proprio sopra al ginocchio. Lui sembrava aver chiaro in mente come aveva intenzione finire la serata. Per quale altro motivo, se non per averla tutta per sé, l’avrebbe portata nel suo splendido appartamento nel centro di Torino? Jenny sapeva benissimo cosa si aspettava da lei. I suoi occhi azzurri così profondi e limpidi erano carichi di desiderio.
Quando erano entrati Salvatore era andato in cucina, aveva preso una birra per sé e un bicchiere d’acqua per lei, poi era tornato in salotto e l’aveva fatta accomodare sul divano. Adesso, dopo pochi minuti, la situazione si era già evoluta. Chino su Jenny, la sua mano sotto la gonna risaliva lungo una gamba in una carezza di cui lei non riusciva a godere, tesa com’era. Avrebbe voluto lasciarsi andare, bearsi della sua compagnia, ma i pensieri che le frullavano nella testa non glielo permettevano. Continuavano ad andare a cozzare contro il volto di Philip, contro l’espressione che gli aveva visto in faccia nel momento in cui Salvatore l’aveva baciata. Ci stava provando con tutta se stessa, eppure non riusciva a scacciare dalla testa il pensiero di lui. Incapace di lasciarsi andare, rimaneva immobile agli approcci di Gentile, i nervi tesi, il respiro corto.
Salvatore la guardò, intuendo la sua esitazione. Gli sembrava quasi di tenere tra le braccia una bambola di porcellana. Piccola, fragile, perfetta nella sua delicata bellezza e proprio come una bambola, immobile e impassibile. In vita sua non gli era mai capitato di trovarsi davanti a tanta reticenza. Le ragazze gli si gettavano addosso nude prima ancora che alzasse un dito. Jenny no. Non si muoveva e non sembrava né entusiasta né lusingata dell’interesse che provava per lei. Si chiese se non fosse stato meglio bere l’acqua e darle la birra. A bloccarla dovevano essere per forza imbarazzo e timidezza.
Le accarezzò una guancia, si chinò su di lei e la baciò. Le loro labbra si unirono, la lingua di Gentile si fece strada nella bocca della giovane con dolce insistenza. Con una mano sulla nuca la tenne accostata a sé, l’altra le risalì lungo la gamba, sulla coscia fino al fianco, a giocherellare con l’elastico delle mutandine. Jenny fu percorsa da un involontario brivido di piacere mentre le dita calde di lui le solleticavano la pelle. Senza staccarsi dal suo corpo, Salvatore la spinse indietro e lei scivolò distesa. Le sfilò i sandali liberandole i piedi, poi si scostò per sfilarsi la felpa. Era eccitato e accaldato. Jenny incrociò il suo sorriso, il lampo azzurro dei suoi occhi carichi di apprezzamento e aspettativa. Le accarezzò il collo con le dita, poi si sporse su di lei e sfiorò lo stesso punto con le labbra. La giovane chiuse gli occhi, tutti i sensi concentrati sulla bocca che la copriva di baci, scivolando senza fretta verso il basso. Le mani di Gentile si ritrovarono sui bottoncini della camicia di Amy, che sbottonò in rapida successione. Scostò la stoffa abbassandogliela sulle spalle, e avvicinò il viso ai suoi seni, aspirando il suo profumo, che era buono anche se sapeva un po’ di cloro. Jenny socchiuse gli occhi, lasciò che le sganciasse  il reggiseno e glielo togliesse. Fece del suo meglio per perdersi nella miriade di sensazioni piacevoli che il ragazzo stava risvegliando sul suo corpo. Le sue braccia forti e muscolose la sollevarono dal divano per distendervela meglio. Sentì il cotone dei suoi pantaloni premerle contro l’inguine, poi lo sentì allontanarsi per sfilarle le mutandine. Solo in quel momento la consapevolezza di ciò che stava per succedere le piombò addosso come una secchiata d’acqua gelida. Seppe che non era sicura di farcela. Cercò le sue mani per fermarlo ma riuscì a intercettarne solo una, che Gentile liberò subito dalla sua debole stretta. Non si accorse dei suoi tentativi di allontanarlo. Riprese ad accarezzarla con maggior convinzione e desiderio, forse presagendo la sua esitazione, timoroso di veder sfumare l’opportunità di averla per sé.
Ma lei non poteva, accidenti, non quella sera. Non la sera in cui aveva rivisto Philip dopo mesi. Non ci sarebbe riuscita. Gli occhi spalancati, reclinò la testa e cercò di incrociare il suo sguardo. Salvatore le era sopra, la sua bocca sui suoi seni. I capelli biondi di tutte le sfumature dell’oro gareggiavano con la luce. Gli posò una mano sulla spalla, sotto la pelle ambrata guizzavano fasci di muscoli tesi. Quando non riuscì a scostarlo il panico l’assalì. Affondò le unghie nella carne e lo allontanò con una tale fermezza che Salvatore si bloccò all’istante.
Sollevò il viso verso di lei, le guance arrossate dall’eccitazione, le pupille dilatate, profonde come il mare, onde che brillavano. Dopo il tuffo i capelli avevano perso la piega fissata dal gel finendogli scomposti sul viso. Le sue labbra erano strette in una linea sottile che aveva spento il suo sorriso. Quando incrociò il lampo improvviso di terrore che le attraversò gli occhi, si irrigidì.   
-Non posso…- l’agitazione la spinse a parlare in giapponese senza rendersene conto.
E se non si fosse fermato? Se avesse insistito? Se avesse voluto farlo a tutti i costi? Se fosse successa di nuovo “quella cosa”? La paura le attanagliò lo stomaco e fu soltanto grazie ad uno sforzo di volontà che non si mise a urlare. Ma impallidì e il respiro accelerò.
Salvatore non riuscì a capacitarsi della sua reazione. La fissò incredulo, scioccato. Lei lo temeva, sembrava addirittura terrorizzata. Lo guardava come se lui fosse lì per farle del male. Non capì e non riuscì a spiegarsi, non gli era mai successo niente di simile.
-Jenny?-
Lei si raggomitolò su se stessa, gli occhi sbarrati.
-Jenny, tutto bene?-
Annuì, il cuore che rallentava i battiti, l’aria che tornava nei polmoni.
-Ti faccio paura?-
Lo guardò quasi ansimando, poi scosse la testa e incurvò le labbra in un sorriso stentato.
-No, sto bene.- la voce le uscì così debole che lui fu costretto ad accostarsi per udirla. Jenny si irrigidì di nuovo -Mi dispiace…- gemette con voce rotta. Scacciò il panico irrazionale che l’aveva invasa e lo fissò dritto negli occhi, dove trovò sconcerto, stupore e una certa dose di delusione. Le venne da piangere. Salvatore aveva fatto così tanto per lei in quegli ultimi mesi che l’ultima cosa che avrebbe voluto fare era ringraziarlo in questo modo. Non desiderava offenderlo, non avrebbe voluto rifiutarlo e neppure ferirlo, ma non ce la faceva ad andare avanti. Quell’incontrollabile paura, quel terrore insensato che l’aveva assalita così, all’improvviso, l’aveva fatta piombare nel panico. Le mani le tremavano ancora, il gelo la pervadeva, non riusciva a capire, o forse capiva fin troppo bene cosa le stava succedendo. Il ricordo si era risvegliato tutto insieme senza lasciarle scampo e se ciò non fosse bastato, adesso che aveva visto Philip non poteva. Non voleva più. Era stato un errore lasciarsi portare a casa sua.
-Sicura di star bene?-
Jenny annuì di nuovo, cercò di riscuotersi dal timore che la paralizzava. Si puntellò sul divano e si voltò alla ricerca di qualcosa con cui coprirsi, a disagio per la propria nudità. Afferrò dal pavimento la felpa di Benji e se la tirò addosso. Poi tornò a guardarlo. Salvatore si era messo seduto e si passava nervosamente una mano tra i capelli spettinati.
-Ho fatto qualcosa di sbagliato?-
-No…-
-E allora?-
-Il problema non sei tu.- riuscì a dire soltanto.
Lui scosse la testa innervosito e Jenny evitò di guardarlo, i suoi occhi emettevano lampi azzurri, lampi di rimpianto e confusione. Si alzò brusco e s’infilò in camera. Tornò dopo pochi minuti indossando un paio di jeans e una felpa sua, stavolta.
-Vuoi fare la doccia?-
Jenny lo guardò esitante.
-Giuro che non mi intrufolerò in bagno mentre ti stai lavando.- scherzò ma il suo tono era troppo carico di rammarico per riuscire a farla sorridere.
Però le sue parole la rassicurarono e annuì, perché il tuffo in piscina l’aveva intirizzita, si sentiva addosso l’odore del cloro e i capelli avevano urgente bisogno di essere lavati con dello shampoo. Salvatore la scortò nel bagno, le diede un paio di asciugamani puliti e uscì richiudendosi la porta alle spalle.
Jenny si appoggiò al lavandino senza forze. Un giorno avrebbe dovuto pure rifarlo, sarebbe dovuta pure tornare in sé. Un giorno avrebbe dimenticato, non avrebbe più pensato a come lui le aveva afferrato i seni strappando il vestito azzurro della festa, cercando di trascinarla verso il letto mentre lei si dibatteva, ignorando le sue suppliche, i suoi lamenti, le sue inutili proteste, incapace di fermarsi, incapace di rispettarla. Quella maledetta notte non era servito a niente provare a resistergli, perché lui aveva fatto comunque i suoi comodi. L’aveva immobilizzata sul letto con la forza dei suoi muscoli, il sapore ferroso del sangue le aveva invaso la bocca, l’aveva colpita, lividi sul volto e sulle cosce. Nonostante il tempo interminabile che era trascorso da quel giorno, dai momenti di panico che aveva affrontato, erano bastati solo pochi gesti di Gentile perché le tornasse tutto in mente, ogni singolo dettaglio. Forse Philip aveva avuto ragione a non volerla più toccare. Forse lui aveva capito meglio di lei che non sarebbe stato così facile superarlo.
Sprofondato nel divano, Salvatore pensò che se Landers fosse venuto a sapere come Jenny lo aveva mandato in bianco lo avrebbe preso in giro per l’eternità. Sarebbe stato contentissimo, Landers, di sapere com’era andata a finire la loro serata. Per questo motivo il pensiero di andare a riprendere lui e Dario non gli passò neanche per la testa. Non vedendolo tornare Belli avrebbe chiesto un passaggio a qualcun altro e avrebbe liquidato il tutto con una risata, Mark si sarebbe infuriato e ben gli stava. Che si arrangiasse. Si volse al rumore di passi nudi ed esitanti sul parquet. Jenny aveva già finito e lo aveva raggiunto. Lo fissava titubante dalla soglia, incerta, timorosa. Accennò un sorriso imbarazzato, lo raggiunse e si sedette al suo fianco. La felpa di Benji la faceva sembrare più minuta. Era davvero come una bambola di porcellana. Piccola, fragile ma perfetta nella sua delicata bellezza. Per impedirsi di saltarle di nuovo addosso, si alzò.
-Farò una doccia anch’io.-
Jenny annuì e quando tornò da lei, la trovò addormentata nella sua stanza, raggomitolata sul letto.  La punta delle dita spuntava appena dalle lunghe maniche della felpa di Benji, che le stava così enorme da arrivarle a metà coscia nonostante tenesse le gambe piegate. I capelli lunghi erano sparpagliati sul cuscino, ancora umidi e profumati di shampoo. L'azzurro scuro del cotone faceva risaltare con forza il pallore della sua pelle, solo le labbra rosse spiccavano sul suo volto, ombreggiato dalle lunghe ciglia abbassate.
Gentile si sedette sul letto al suo fianco e rimase a guardarla incerto. L'acqua calda della doccia lo aveva calmato, aveva lasciato che il getto portasse via lo scontento insieme alle tracce del cloro della piscina. Il suo corpo infreddolito dal bagno improvviso si era scaldato e rilassato, soffocò uno sbadiglio e scostò le coperte, sfilandole da sotto il corpo di Jenny. Si infilò nel letto e la ricoprì con cura, lei continuò a dormire, il suo respiro leggero e silenzioso gli sfiorò la fronte quando si chinò per scostarle una ciocca di capelli dal viso e indugiare ad osservarla.
Poi spense la luce, si stiracchiò sul materasso, ficcò le braccia piegate sotto il cuscino e osservò per un po' le luci delle macchine che filtravano tra le persiane, finché non si addormentò.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Yoshiko