Quando Alec si deve sposare pensa amabilmente che potrebbe morire.
Il suo completo è oro puro, rifulge di luce propria, quasi quanto la stregaluce o forse proprio come quella visto che il tessuto ne è pregno, Sole accecante nella sua piccola celletta. È lì ad attendere e la camera non gli è mai parsa così vuota e al contempo così piena di ricordi.
Posa lo sguardo su un segno sul muro, proprio sopra la testiera del letto, dove spunta ancora un chiodo a cui un tempo era attaccato un oggetto che Alec ha sempre tenuto in grande cura e che ora è nel loft, nascosto dove né Max né Rafael possono vederlo e prenderlo.
Qualcuno bussa alla porta e Alec prega che non siano di nuovo sua madre o sua sorella, o Clary che vuole chiedergli qualcosa in vede delle altre, o Jace che cerca di far passare lui per quello agitato quando è evidente che il biondo lo è ancora di più e sta rischiano l'attacco di panico imminente.
Non capisce proprio perché la gente debba credere che lui sia in ansai, non sta mica andando a morire, sta per sposarsi con un uomo con cui convive già da anni e con cui ha già una famiglia, è solo un ufficializzazione, un poter finalmente essere riconosciuti come compagni anche da una legge che non li ha mai davvero aiutati ma che ha fatto passi da gigante da quando hanno cominciato la loro storia.
La presenza di Helen Blackthorn nel giardino dell'Istituto ne è la prova e lo fa gonfiare d'orgoglio.
La sua attenzione torna alla porta quando una chioma nera ma sbiadita sbuca dall'uscio ed Alec si ritrova a fissare una versione di sé più vecchia di trent'anni.
Robert entra di soppiatto, cercando di non farsi vedere da fuori, si poggia alla porta e lo guarda attento, in silenzio.
Rimangono così per un tempo indefinito, senza sapere cosa dirsi come non lo sanno da una vita.
Alec ha solo il coraggio di mormorare che ha paura di calpestare i piedi a Magnus durante il loro primo ballo, perché si, lo stregone vuole farlo a tutti i costi e lui non ha avuto possibilità di replica.
Si stropiccia le maniche della maglia che ha indosso e alza di scatto la testa quando Robert, improvvisamente lontano, gli ricorda che glielo aveva insegnato a ballare.
La palestra è grigia di ombre pomeridiane, il grammofono suona la sua melodia girando e rigirando su se stesso come un hoolahop impazzito. Sono note di un lento cadenzato e ripetitivo, ben scandito ed ideale per imparare a tenere il tempo.
Alec è di fianco a suo padre che gli indica il piede con cui iniziare, glielo sistema in posizione con il suo e gli intima di tenere la testa alta, reclinata leggermente all'indietro.
<< Un giorno dovrai prendere il mio posto, andrai ad Idris e dovrai saperti rapportare alla più alta società del nostro paese. Ballare valser e lenti è un ottimo modo per instaurare amicizie.>>
Gli prende le mani e gliele posiziona come si deve, abbassa il suo braccio e gli dice di reggersi, così provano a fare un paio di passi in sequenza.
Quando Izzy farà otto anni lo insegnerà anche a lei, ma per ora è troppo piccola, non imparerebbe nulla e si limiterebbe a ballicchiare come fa da sola, scoordinata e indisciplinata. Glielo dice con tono sicuro, certo che avrà il tempo di fare tutto ciò che si è ripromesso.
Poi i viaggi si erano fatti serrati, era nato Max, era arrivato Jace e tutto era sfumato.
Alec guarda suo padre e lo vede triste, la stessa patina opaca che oscura i suoi occhi da quando è nato, che non ha mai capito a cosa fosse dovuta.
Rimpianti e dolore, ora lo sa, ora lo capisce, lo capisce fin troppo bene Alec.
Se ne è reso conto in quegli anni, quando hanno trovato Max e poi quando hanno adottato Rafael, non lo giustifica, non giustifica assolutamente le azioni di suo padre, ma ora che lo è anche lui a sua volta, lo capisce. Così come capisce che il giorno del suo matrimonio non vuole vederlo in quello stato.
Con il coraggio che ha accumulato in quegli anni, la tranquillità verso sé stesso e coloro che ama, verso il suo essere e le sue azioni, con la pacatezza e la delicata gentilezza che lo caratterizzano da quando è nato Alec si alza dal letto che lo ha visto spesso insonne o distrutto da cacce, allenamenti e dolori e chiede a suo padre di aiutarlo a rivedere i passi.
Si pone al suo fianco e aspetta paziente che Robert metabolizzi la sua richiesta e gli mostri come muovere i primi passi, proprio come fece quando aveva otto anni e gli insegnò a ballare. Proprio come fece quando erano ancora ad Idris e gli insegnò a camminare.
Il primo ballo del giorno del suo matrimonio Alec lo fa con suo padre, che canticchia a mezza bocca un ritmo famigliare e nostalgico, accompagnato da una chitarra fantasma e dalla voce lontana di un bambino che ricorda come in un sogno le parole di una canzone sentita in un'altra vita.
Sa che ufficialmente sarà sua madre a ballare con lui in pista e si gode quel momento da solo con un uomo che ama come solo un figlio può amare suo padre e non comprende per le stesse identiche ragioni.
Lascia che suo padre gli mostri come posizionare le braccia e gli rammenti che il primo ballo lo deve fare per bene e che avrà tutto il resto della serata per dondolare senza senso al centro della pista stretto a suo marito.
Alec non osa dirgli che quella definizione -marito- gli ha scosso il corpo di brividi e Robert non sembra averlo notato.
Ballano così, per ricordarsi come si fa, sia a muover passi a tempo di musica, sia ad essere padre e figlio. Per rimparare a camminare, con la sicurezza che ci sarà sempre qualcuno pronto a prenderci quando cadiamo.
Quando si fermano Robert non riesce a lasciare la presa sul braccio del figlio e lo guarda come se lo vedesse per la prima volta o lo ammirasse per la millesima.
Quante parole c'erano non dette, quante occasioni sprecate che si stavano tutte condensando in quel singolo momento, in quella piccola bolla solo loro.
L'uomo si riscuote solo per mormorare un basso e flebile “Scusa”, che si riferisce a tutto e a nulla.
Si schiarisce la voce e gli dice che gli dispiace aver rubato a Magnus il loro primo ballo.
Alec scuote la testa e rafforza la presa: va bene così, non si pente di nulla, non si è perso nulla, Magnus avrà il loro primo ballo da sposati, suo padre l'ultimo da “uomo libero”.
<< L'ultimo da ragazzo...>>
Che probabilmente vuol dire che è l'ultimo ballo in cui Alec è ancora solo il bambino che lo aiutava a far addormentare il fratellino la notte o che proteggeva sempre gli altri, ma Alec lascia che rimanga nell'aria come quello 'scusa' mormorato appena, come tutto ciò che non si sono detti e che mai faranno ma che alla fine hanno comunque capito.
Alec gli sorride.
<< L'ultimo con il mio papà.>>
Robert lo guarda con uno strano scintillio negli occhi e Alec ci mette una frazione di secondo di troppo per capire che sono lacrime quelle che illuminano lo sguardo di suo padre.
Le stesse che inumidiscono i suoi di occhi quando gli dice che è fiero dell'uomo che è diventato – Sono fiero di tutti e tre a dir il vero- e che saranno sempre loro il suo vero grande amore.
Sono confessioni di una vita, che se fossero arrivate prima avrebbero risparmiato loro tanto dolore e tanta distanza, ma va bene anche così, va bene tutto purché alla fine ci si ritrovi.
Questo è solo un altro dei loro segreti.