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Autore: _Lady Cassiopeia_    27/03/2018    3 recensioni
La vita di Rin era quanto di più simile ci fosse ai fiori di ciliegio: bellissima e fragile, destinata a sfiorire in pochissimo tempo.
Da quando Sesshomaru aveva rischiato di perderla per sempre, quel pensiero non l'abbandonava mai.
Rin sarebbe morta.
Così come, probabilmente più di un secolo prima, era morta Vibeke.
Chissà come stava Daiki, il Grande Sovrano delle Terre dell'Est e quanto di più simile Sesshomaru avesse avuto ad un fratello.
Si può superare la morte della propria compagna umana?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Rin, Sesshoumaru, Un po' tutti | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La mia più grande forza e la più distruttiva tra le mie debolezze porta un nome preciso, breve e ningen: Rin.

Ti proteggerò sempre, anche a costo di dover sacrificare tutte le mie spade.

Perchè ricorda: non c'è nulla per me che abbia lo stesso valore della tua vita.

-Sesshomaru-




Daiki si svegliò all'improvviso, un'odore famigliare a riempire l'aria.

Era un'odore leggero, portato al suo castello grazie alla fresca brezza primaverile e sicuramente il proprietario della traccia era ben al di là dei confini delle sue terre.

Eppure..

questo odore non dovrebbe esserci.

Sarebbe dovuto andare a controllare nonostante i suoi confini fossero al sicuro, probabilmente alla fine di quella traccia odorosa avrebbe trovato Sesshomaru e dargli una mano sarebbe stato piacevole.

I suoi piani vennero cancellati immediatamente dal corpo di sua moglie che, ancora immersa in un sonno profondo, gli si strinse maggiormente addosso.

Daiki sorrise apertamente abbracciando l'umana così deliziosamente calda, e viva, e nuda.

Notti del genere non si scordano.

La notte precedente valeva un'intera vita.

Era un po' come se si fosse innamorato nuovamente, come se dopo un lungo viaggio fosse tornato a casa.

Quella notte, dopo aver perso la retta via negli ultimi decenni, era finalmente tornato a casa.

E mai casa era stata più accogliente, e calda, e amorosa.

Fondersi in un unico essere era sempre stato qualcosa di straordinario, di sconvolgente e la differenza nella loro natura aveva sempre reso tutto migliore.

Lei era così fragile, così morbida, così calda e accogliente dove lui era un ammasso di muscoli, immortalità e gelo.

Affondare in Vibeke significava abbandonare sé stessi e tutti i propri credo per lasciarsi rimodellare da lei e da qualunque suo desiderio.

Perdersi in lei, nel suo corpo, significava abbandonare la propria oggettiva superiorità e piegarsi alla sua imperfetta e orrenda umanità.

Ningen, così imperfettamente stupendi.

Adorava gli umani, o meglio il loro spirito.

Destinati a morire lavoravano senza sosta per poter vivere un po' di più, un po' meglio.

Sapevano essere egoisti e violenti quando delicati e generosi.

Accoglievano al proprio focolare gli orfani altrui ma sapevano uccidere senza alcun rimorso.

Erano un controsenso, eppure per qualche strano motivo Daiki li trovava affascinanti.

Bene e male per sempre fusi in un corpo destinato a decomporsi.

Infondo amava Vibeke proprio per questa sua brutale dualità.

A volte la sua volontà è inarrestabile, altre cade preda degli impulsi perdendo qualunque facoltà di pensiero.

La sentì stringersi ancor più a lui, poi il suo respirò cambiò e le iridi verdi si puntarono dolcemente su di lui.

-Buongiorno, mio re.-

Lui sorrise e le baciò teneramente la fronte. -Buongiorno a te, mia regina. Dormito bene?-

Vibeke sorrise e annuì, poggiando il capo sul petto del marito.

-Erano decenni che non dormivo così.-

Lui ridacchiò. -Non che tu abbia dormito poi così tanto, amore. Stava sorgendo l'alba quando abbiamo deciso di riposare.-

Lei arrossì violentemente, Daiki sentì i battiti del cuore aumentare.

Ti amo.

Daiki storse appena il naso, l'odore stava diventando più forte.

Sembra un richiamo.

Vibeke lo guardò. -C'è qualcosa che ti turba. Che succede?-

Lui sospirò e abbandonò a malincuore il futon e soprattutto il calore e l'odore di sesso che ancora impregnava le coperte, cominciando a vestirsi.

-C'è una traccia olfattiva nell'aria, non la puoi percepire. Ma non dovrei essere capace di percepirla neppure io, a meno che Magatsuhi non abbia deciso di scegliere la via del suicidio.-

-Sesshomaru e suo fratello sono ancora qui?-

Daiki scosse il capo negativamente. -No, sono partiti all'alba. Sesshomaru è andato con il fabbro a farsi costruire un fodero per Bakusaiga, Inuyasha e gli altri sono partiti poco dopo. Ho preferito salutarli da solo e lasciarti dormire, spero non sia un problema.-

La donna sorrise delicatamente commossa. -Ti ringrazio. Vuoi che ti aspetti per la colazione?-

Lui ridacchiò. -Lo sai che per noi demoni non è fondamentale mangiare, fai colazione e non ti allontanare troppo. Magatsuhi è ben lontano da qui, ma evita di esporti a rischi inutili, te ne prego.-

Vibeke annuì, si alzò dal futon a sua volta e gli si avvicinò, ancora nuda, baciandolo delicatamente.

Forse i demoni avrebbero dovuto avere maggiore autocontrollo, lui stesso che era un Demone Maggiore avrebbe probabilmente dovuto essere inattaccabile sotto il lato istintivo, ma in quel preciso istante avrebbe voluto rispogliarsi e non fare altro che stare tra le braccia di Vibeke.

-Faccio colazione da sola, ma non metterci troppo. Non abbiamo ancora finito.-

Daiki le passò una vestaglia, giusto per togliersi di torno i pensieri osceni che gli oscuravano le facoltà mentali.

-Non preoccuparti, mia amata.-

Legò in vita la cintura con la spada e fece per uscire.

-Fai attenzione Daiki, potrebbe essere una trappola.-

Lui annuì, uscì dalla stanza e dopo aver dato indicazioni alle sue guardie, prese il volo.


-


Erano in un villaggio ningen, l'odore pestilenziale del loro cibo fermentato gli faceva rivoltare le interiora.

Probabilmente il vecchio Totosai aveva scelto quel luogo per infastidirlo.

Infondo questo orrido luogo non ha nulla di cui il vecchio non potesse disporre al castello di Daiki.


Avevano parlato a lungo, lui e Daiki, la sera precedente così come quella stessa mattina.

-Puzzi di ningen.-

Daiki aveva guardato il sole sorgere e aveva sorriso sornione. -Tra un paio di decenni potrò dire lo stesso di te.-

Sesshomaru l'aveva fulminato con lo sguardo, l'amico di sempre aveva sorriso maggiormente.

Nessun altro avrebbe potuto permettersi tanto, lo sapevano entrambi.


Aveva fatto pace con sé stesso, con suo padre e pure con Daiki.

Non provo più rancore.

Volse lo sguardo verso la piccola capanna dove stavano radunati Rin, Jaken e la compagnia di Inuyasha e, in cuor suo, ammise di poter finalmente capire il suo migliore amico.

Sarebbe quasi arrivato a confessare di non trovare poi tanto stupida la compagna del Sovrano delle Terre dell'Est se non fosse arrivato alle sue narici un odore fin troppo famigliare.

L'odore di chi merita di morire.

Magatsuhi.

Era un tanfo insistente, arrivava ad ondate e ormai aveva catturato tutta la sua attenzione.

Se proprio insisti a farti trovare, non vedo perchè non dovrei darti il colpo di grazia.

Totosai all'improvviso smise di lavorare e gli porse Bakusaiga foderata, la trama dell'impugnatura perfettamente riprodotta sul fodero.

Aveva fatto un ottimo lavoro, ma di certo non glielo avrebbe detto.

Ora, finalmente, poteva partire.

Rin, neanche avesse chissà quali poteri spirituali, uscì di corsa dalla capanna dove aveva sperato di poterla lasciare senza doverle dare spiegazioni.

Non ho tempo da perdere.

-Aspetta, Signor Sesshomaru! Kohaku non si è ancora risvegliato, dobbiamo restare qui per un po'.-

Sesshomaru indurì lo sguardo, aveva di cuore sperato di non doverla salutare.

-Kohaku resterà qui. E Rin, questo vale anche per te.-

Non ti metterò in pericolo. Mai più.

La traccia di Magatsuhi fu improvvisamente coperta dall'odore delle lacrime della bambina, chiedersi se ciò fosse dovuto dall'effettiva concentrazione di paura in quelle gocce salate o se fosse piuttosto l'attenzione del demone a virare su di lei sempre e indipendemente dalla situazione, sarebbe stato inutile. E umiliante.

-Ma perchè Signor Sesshomaru?-

Lo sapevano entrambi che lui non le avrebbe risposto, non le avrebbe mai spiegato il perchè delle sue azioni.

Infatti Rin riprese poco dopo.

-No e poi no! Voglio venire anch'io!-

Se mai la bambina avesse voluto aggiungere altro, Jaken la interruppe. -Ehi Rin, smettila di essere egoista! Lo sai che Padron Sesshomaru vive per combattere, perchè mai dovrebbe continuare a portarsi dietro due bambini umani?-

Sesshomaru chiuse gli occhi un solo istante, mentre l'odore delle lacrime che la sua protetta stava trattenendo diventava più concentrato, quasi più amaro.

Aveva forse paura di essere abbandonata anche da lui? Credeva davvero che lui avrebbe potuto farle questo?

-Jaken, resterai qui anche tu con lei.-

Se il demone verde cominciò a protestare lui neanche ci fece caso, deliziato dal modo in cui la paure di Rin svanirono con la stessa velocità con cui l'odore delle sua lacrime s'indebolì, lasciando solo un lieve retrogusto salato.

Sei intelligente, hai capito.

-Aspetta un attimo Sesshomaru. Stai andando a cercare Magatsuhi?-

Il demone maggiore si voltò verso Inuyasha e annuì appena.

Non provo più nulla verso di lui, non mi interessa più nulla. Non è degno di nostro padre, ma non m'interessa.

-Esatto, attualmente è lui la mia preda.-

Nessuno mi chiama debole e scampa alla mia vendetta.

Spiccò il volo, senza sentire le parole del mezzodemone.

Gli parve di sentire la voce di Rin.

-Torna presto Signor Sesshomaru. Per favore.-


Suo padre aveva una vita indegna del suo status.

Aveva una compagna ningen e, cosa ben peggiore, la suddetta compagna era pure gravida.

Mancava ancora qualche mese al parto e alla dipartita del più grande tra i Generali Cane.

Sesshomaru aveva più volte cercato di riportarlo sulla retta via, gli aveva chiesto di ripensarci e abbandonare la ningen che al massimo sarebbe vissuta altri trent'anni e di impegnarsi di più nella gestione del loro regno.

-Sesshomaru, per cosa vivi?-

Lui aveva ringhiato disgustato, perchè doveva finire sempre in discorsi filosofici?

Col senno di poi si chiese se suo padre sapesse che il suo tempo stava per finire.

-Noi siamo portati alla grandezza, padre. Nasciamo per questo, abbiamo l'eternità e una forza smisurata per percorrere questa via.-

Suo padre, il Gran Generale Inu No Taisho, aveva riso con scherno. -La via della grandezza può essere percorsa in mille modi. Ma vivere solo per la grandezza, per la smania di essere invincibili significa vivere una vita vuota. Noi demoni non siamo destinati a morire e non sappiamo apprezzare l'esistenza che ci è stata donata. Ma una vita per la grandezza è una vita vuota.-

Sesshomaru aveva ringhiato. -La nostra stessa esistenza è un segno magnifico. Siamo nati forti e immortali per governare sul mondo.-

-Dimmi Sesshomaru, per chi vuoi percorrere la via della grandezza? Per chi vuoi diventare un Demone maggiore?-

-Io sono già un Demone Maggiore.-

Il più antico sospirò. -No, l'essere figlio di Demoni Maggiori non ti rende a tua volta uno di noi. Hai tutte le potenzialità per diventarlo, ma devi staccarti da questa smania. Abbandona la sete di sangue, combatti per i giusti motivi e abbandona tutto quello che è futile. Trova qualcuno, proteggilo e amalo. Diventa un Demone Maggiore per lui. Per quel qualcuno.-

-Voi sragionate, padre.-

Sarebbero poi seguite altre discussioni, nuove lezioni impartite e poi sarebbe anche arrivata la fine per il Grande Generale Cane, sovrano dei Demoni Cani dell'Ovest per duemila anni.

E poi sarebbe arrivata Rin e la voce di suo padre sarebbe tornata ogni sera nei suoi pensieri a ripetergli che ora, con quella purissima anima umana, tutto avrebbe avuto un senso.


Il suo volo, durato quasi una giornata intera, venne interrotto dalla presenza di uno degli scagnozzi di Naraku.

-Byakuya dell'illusione.-

-Sesshomaru, hai nuovamente un braccio sinistro. Pensavo ti fosse stato mozzato. Sei arrivato fin qui seguendo l'odore di Magatsuhi?-

Sei fortunato che la mia preda sia un'altra, lurida emanazione.

Il sole stava tramontando lentamente e il cielo probabilmente aveva colori che avrebbero fatto urlare di felicità Rin se non fosse stato quasi completamente coperto da nuvole nere come la notte.

-Hai un olfatto sopraffino, principe Sesshomaru.-

Alzò appena un sopracciglio, seccato. -Vattene, non sono qui per chiacchierare con te.-

Byakuya ridacchiò. -Ah, è un peccato tu sia sempre così indisponente. E non sei solo, a quanto pare.-

Sesshomaru voltò lo sguardo verso il nuovo arrivato e sgranò appena gli occhi.

Fratellanza.

Daiki lo affiancò velocemente.

-Quest'odore di malvagità è arrivato fino al mio castello. L'odore di marciume invece è dato da questo qui?-

Sesshomaru annuì. -Esatto. Odora di Naraku.-


-Quindi siete tutti sulle tracce di Naraku?-

Sesshomaru la sera prima aveva annuito in direzione del suo migliore amico.

-E precisamente cosa vuole questo mezzodemone?-

-La grandezza. La sfera dei quattro spiriti.-

Daiki aveva ridacchiato. -Allora è destinato a perire. Per quanto abbia sentito le compagne dei miei guerrieri raccontare dei poteri della sfera, cercare la grandezza in questo modo comporta il fallimento.-

Aveva immediatamente ricordato le parole di suo padre ed aveva anche compreso perchè Daiki fosse un Demone Maggiore da ben più tempo di lui.


Poi comparve Magatsuhi.

Il suo odore era fortissimo, le fauci spalancate e un occhio cieco grazie al colpo precedentemente subito a causa del demone bianco.

Mise la mano sull'impugnatura dell'antica zanna di suo padre, la sfoderò e partì all'attacco.

Daiki non sarebbe intervenuto, non avrebbe avuto i mezzi necessari.

E l'unica spada che forse avrebbe potuto ferire qualunque demone, con un corpo o meno, era l'antica zanna di Yuzuki che pareva aver accettato Vibeke come effettiva padrona.

A prescindere, il solo fatto che l'amico fosse venuto e che nonostante il tanto tempo trascorso lontani continuasse a considerarlo degno di fatica, lo faceva sentire un demone migliore.

-Tenseiga!-

Fu come colpire qualcosa di imbottito, il volto di Magatsuhi si aprì e con la stessa velocità si richiuse senza danno alcuno.

Non fa effetto?

Ripartì all'attacco, ancora e ancora.

Il risultato non cambiava.

Magatsuhi tornava integro ad ogni suo colpo.

Non ha senso, l'odore è quello di Magatsuhi ma Tenseiga non ha effetto.

Daiki gli si avvicinò. -Sesshomaru, è possibile che sia un tranello? Il Magatsuhi che abbiamo incontrato noi non ha mai smesso di parlare, questo si lascia semplicemente colpire da te.-

Un tranello.. un'illusione!

S'arrabbiò con sé stesso, si materializzò improvvisamente dinnanzi Byakuya e con un colpo d'artigli disintegrò l'urna tra le mani dell'emanazione. Un orrido pezzo di carne cadde a terra.

-Per quanto pensavi di potermi prendere in giro?-

Il demone dell'illusione sorrise. -Speravo di trattenerti ancora un po', a voler essere sinceri. Sai, le anime che non riescono ad abbandonare il corpo rimangono intrise di odore. Quel pezzo di corpo, Sesshomaru, odorava abbastanza da attirare te e il tuo caro amico. Peccato, abbiate capito entrambi troppo tardi il tranello. Poco importa, i giochi non sono ancora finiti e voi dovrete restare con me ancora per un po'.-

Sesshomaru ghignò. -Non sai con chi hai a che fare, altrimenti sapresti che non basta un pugno di demoni per fermarmi. Figurarci per fermare entrambi.-

Byakuya ridacchiò. -Ne avevo radunati più del dovuto per sicurezza. Fortunatamente dovrebbero bastare a intrattenere entrambi.-

Sesshomaru incrociò lo sguardo dorato con quello blu notte di Daiki.

Bakusaiga e Hakai erano già pronte.

La prima distrusse tutto quello che incontrò e allargò i danni a ciò che entrava in contatto con le parti danneggiate, la seconda polverizzò gli avversari bloccando qualunque possibilità di rigenerazione.

Bastò un fendente a testa per uccidere ogni avversario.

Byakuya sgranò gli occhi, ma ebbe la decenza di sparire.

L'odore dell'avversario, di quello vero, veniva da una zona fin troppo vicina al villaggio che aveva abbandonato quella mattina stessa.

Rin!

Possibile che pur cercando di tenerla al sicuro, lei finisse sempre per essere in pericolo?

Sono davvero un buon compagno di vita?

Daiki gli diede un leggero colpo con la spalla e gli fece cenno col capo di non perdere tempo.

Rin. Non posso perdere tempo.

Si avviarono entrambi alla ricerca del vero Magatsuhi.


-


Jaken sospirò, Rin colpita da Magatsuhi (che si era rifugiato in Kohaku) era caduta in un sonno terribile. Non smetteva di dimenarsi, ma non emetteva suono acuto.

È come se fosse regredita e tornata muta. Padron Sesshomaru mi ucciderà.


Rin sentiva freddo, e aveva paura.

Sentiva le ginocchia sbucciate bruciare, aveva dolore ad un paio di costole e soprattutto non riusciva a tenere un occhio aperto.

Faceva freddo, era sola.

Riuscì a specchiarsi sulla riva di un fiume e notò che l'occhio destro, quello che faticava a tenere aperto, era nero e gonfio.

Era stata picchiata?

Erano stati gli uomini del villaggio?

Era sola?

Ricordò che i suoi genitori erano morti qualche mese prima a causa dei banditi.

Era sola?

Si, lo era davvero.

Guardò il suo vecchio kimono consunto, era sporco di sangue. Avrebbe dovuto lavarlo e avrebbe dovuto lavarsi.

Non riusciva a parlare, non sapeva neanche più come si faceva.

Aveva mai parlato da quando era morta la sua famiglia?

Cosa avrebbe fatto ora?

Non aveva più nessuno, il villaggio la odiava e la picchiava.

Aveva sempre vissuto così?

Valeva la pena vivere così?

Il fiume sembrava chiamarla.

Perchè continuare a soffrire in questi modi? Perchè non chiudere gli occhi per sempre?

Quel fiume le era famigliare, quando lo aveva visto? Quale particolare episodio della sua vita?

Se morissi, si scorderebbero tutti di me?

E la risposta arrivò con la voce del demone che pareva aver votato la sua intera immortalità a salvarle la vita.

La sentì forte e chiara nella sua mente.

Non dire sciocchezze.

Aprì gli occhi e sorrise, si allontanò dal fiume e tornò a guardare il suo kimono: quello rosa, vecchio e consumato era scomparso, ed era tornata ad indossare quello a quadri arancioni.

Il primo regalo di Sesshomaru.

Sesshomaru, il demone per cui lei viveva.

L'unico che avrebbe voluto seguire per l'eternità.

Sesshomaru.

Lo trovo disteso sotto ad un albero, non riusciva a vederlo bene in volto ma l'avrebbe riconosciuto ovunque.

I brutti pensieri erano scomparsi, il dolore anche.

Si accoccolò in posizione fetale e sentì la candida mokomoko cingerla e tenerla al caldo.

Chiuse gli occhi e si addormentò con lui.

Ora posso dormire tranquilla.

Ora sono al sicuro.


Jaken vide Rin smettere di agitarsi nel sonno in cui era crollata dopo il colpo ricevuto da Magatsuhi e sospirò di sollievo.

Non si era ancora svegliata, ma almeno era tranquilla.

A tutto il resto avrebbe pensato Padron Sesshomaru.


-


Eccolo qui, il vero Magatsuhi. Codardo.

Inuyasha e la sua compagnia poco potevano fare nei confronti di quell'orrenda creatura.

Sguainò immediatamente Tenseiga e lo colpì alle spalle, interrumpendo la sua oscena risata.

-Sesshomaru!-

Adorava il panico che animava la voce della sua preda, il suo orgoglio ferito bruciava un po' meno ora.

Sono così debole per te che hai fatto di tutto per tenermi lontano. Codardo.

Era stato fortunato, anche Naraku sembrava essere presente.

Eliminare oggi entrambi sarebbe magnifico.

Sfoderò anche Bakusaiga e colpì i tentacoli dell'avversario disintegrandoli all'istante, alle sue spalle sentì Daiki sfoderare a sua volta Hakai.

Penserà lui a Naraku, se necessario.

La sua vista si era concentrata sulla sua preda, nulla avrebbe potuto distrarlo dal suo intento.

Sentiva il suo veleno demoniaco impregnargli rabbiosamente la bocca ma allo stesso tempo, assolutamente consapevole di aver la vittoria in pugno, la sua mente era fredda e calcolatrice.

Questa volta non scapperai.

-Ormai per te è finita, Magatsuhi. Hai usato Byakuya come diversivo per tenermi lontano. Temi fino a questo punto la mia Tenseiga?-

Sapevi di non avere scampo se ti fossi scontrato con me, nevvero?

L'avversariò ghignò. -Nessuna lama mi ha danneggiato finora. Perchè ora dovrei aver paura?-

Toccò a Sesshomaru ghignare. -Nessuna lama ti ha ucciso perchè io l'ho voluto.-

Provò nuovamente la fuga, invano.

Un colpo con Tenseiga e il volto mostruoso di Magatsuhi scomparse, disintegrato.

Tuttavia, la sua essenza..

Non aveva più forma, ma la sua voce fu forte e chiara. -Non è ancora finita, miei cari. Io sono immortale. Questa che voi chiamate vittoria, in realtà, è l'inizio della vostra disgraziata fine.-

La sterminatrice di demoni gli si avvicinò, informandolo del peggiore scenario possibile.

Rin è stata colpita dal veleno di quel bastardo.

È nuovamente in pericolo.

Ed è nuovamente colpa mia.

Erano pensieri che gli riempivano costantemente la testa, si sentiva in colpa perchè nonostante facesse l'impossibile per non metterla in pericolo, il solo fatto di accompagnarlo nelle sue avventure la rendeva una preda allettante.

Sapeva che avrebbe dovuto reinserirla nel mondo degli umani di cui tanto era terrorizzata affinchè potesse crescere a tutto tondo, scegliendo poi da sé la via da percorrere.

E lo avrebbe fatto, finita tutta la storia con Naraku l'avrebbe lasciata alle cure della vecchia sacerdotessa, affinchè diventasse donna.

Imparerà a leggere e scrivere, saprà riconoscere le erbe necessarie per curarsi. E, se mai sceglierà di tornare a seguirmi, sarà Vibeke a curare la sua istruzione al ruolo di regina.

Avrebbe dovuto separarsene e nonostante fosse la cosa giusta da fare, un po' gli si stringeva il cuore.

Dovessi essere egoista, la terrei con me. L'osserverei crescere e ridere, cantare, la obbligherei a diventare immortale per poi farle fare quel che vuole, purchè non mi abbandoni per sempre.

Ma Rin non meritava questo, quella bambina gli aveva donato così tanto che meritava solo il lato migliore di Sesshomaru.

Sarà lei a decidere. Senza fretta o ricatti.

La felicità di Rin sarebbe sempre venuta prima di tutto, anche della salvezza del mondo.

Spiccò il volo verso il villaggio, Daiki lo affiancò immediatamente.

-Non dovresti ficcarti in cose che non ti riguardano.-

L'amicò sorrise. -Stai cercando di proteggermi?-

-Tsk.-

Il Sovrano delle Terre dell'Est addolcì il sorriso. -Voglio solo aiutarti. Una spada in più a proteggere Rin non farà male.-

Non disse nulla, ma probabilmente lui non era ancora giunto al punto di poter effettivamente ricambiare la gentilezza.

Io per te non l'avrei fatto.


-


Vibeke si sentiva agitata, non sapeva neanche lei perchè.

Daiki ha combattuto orde di demoni e non è solo.

Forse ad essere in pericolo non era Daiki, magari sarebbe potuto succedere qualcosa a Rin o agli accompagnatori umani di Inuyasha.

Dovrei andare a controllare.

Suo marito l'avrebbe rimproverata, ma lei non riusciva a starsene con le mani in mano ad attendere speranzosa il ritorno del suo re.

Scorre nel mio sangue, l'amore per la guerra. Scorre in tutti i Wedel-Saach.

Indossò il mantello grigio dal largo cappuccio, prese una sacca e lo riempì con qualunque erba o unguento curativo avesse nelle sue stanze.

Indossò la spada di Yuzuki di traverso sulla schiena e finalmente fu pronta.

Scese nella sala del trono e subito tutte le guardie s'inchinarono dinnanzi a lei.

Vibeke sorrise appena, sempre commossa dalla facilità con cui il clan del marito l'aveva accolta.

Mi hanno vista sul campo di battaglia, quando i demoni gatto hanno attentato al trono. Sanno cosa so fare.

Subito Inukari le si avvicinò. -Vibeke, permettetemi di aiutarvi.-

Era cugino di Daiki per via materna, senza alcuna pretesa al trono ma con un grande senso di fedeltà e famiglia. Era il generale delle truppe reali, l'unico che mai avrebbe messo il proprio egoismo al di sopra del cugino. L'unico al quale avrebbero potuto consegnare la propria vita sapendo che non l'avrebbero mai persa.

Lei annuì. -Devo raggiungere Daiki. Lascio a te il comando. Se accade qualcosa, manda subito qualcuno ad avvisare.-

-Come desiderate. Tuttavia Daiki preferirebbe che voi rimaneste al palazzo.-

-So cosa preferirebbe mio marito, ma preferisco accertarmi che lui stia bene.-

-Vuole che raduni una piccola scorta?-

No, queste sono questioni personali e di amicizia. Il regno deve restarne fuori. Far combattere i soldati di queste terre per una cosa simile sarebbe inaccettabile.

-Ti ringrazio, ma preferisco viaggiare sola. Attirerò meno l'attenzione.-

-Viaggerete con il vostro cavallo alato?-

Annuì.

Poco dopo stava già volando nella direzione presa dal marito quella stessa mattina, l'olfatto del suo cavallo demoniaco l'avrebbe sicuramente portata da Daiki.

Era un animale stupendo, con il manto e le ali dorati e le zampe candide.

Era più alto e possente di un normale cavallo e aveva deliziose iridi azzurre, Vibeke l'aveva trovato accanto al cadavere della madre che era un cucciolo e da allora lo aveva cresciuto.

Era un animale libero, Vibeke non aveva mai voluto privarlo di una simile bellezza e lui le si era legato maggiormente.

Pascolava libero tra le Terre dell'Est, sempre attento a rimanere sotto la protezione dei sovrani quanto pronto ad accompagnare Vibeke ovunque.


Stava passeggiando tra gli enormi giardini che circondavano il Regno dell'Est, incantata da quanto potesse essere bello risentire il calore del sole sulla pelle dopo aver rischiato di morire per colpa della sua stessa famiglia.

Sarebbe tornata e avrebbe avuto la sua vendetta, li avrebbe uccisi tutti, lo sapeva.

Era solo questione di tempo.

Masticava un po' di giapponese, non troppo, ma abbastanza da riuscire a spiegare se aveva qualche dolore e chiacchierare del tempo con Daiki, il suo salvatore.

Era un demone, un immortale.

Nelle terre da cui provveniva lei, Daiki sarebbe stato attaccato fino alla morte.

Gli esseri umani in occidente erano più crudeli, o forse semplicemente Daiki era troppo pacifico.

Adorava quelle terre, le mille foreste variegate, i mille corsi d'acqua, i piccoli laghetti.

C'era pace, in quei luoghi.

Lo stesso non si poteva dire della sua anima, ma ora doveva pensare a recuperare le forze e guarire del tutto.

Una delle ferite da pugnale infertagli sulla schiena dalla sua matrigna era guarita, l'altra invece continuava ad infettarsi e riaprirsi.

Era ormai giunta al limitare del Regno del suo protettore, quando sentì un lamento.

Era atroce sentire un simile pianto, Vibeke molto lentamente cominciò a camminare nella direzione da cui i lamenti giungevano; avrebbe potuto incontrare qualunque tipo di bestia feroce, ma non le interessò: non poteva di certo voltare le spalle ad un essere vivente.

E lo vide.

Piccolo, dorato, piangente e stretto al fianco del cadavere della madre.

Quel piccolo puledro era stato fortunato.

Controllò se vi fosse anche solo un barlume di speranza per la madre, ma non potè far altro che raccogliere tra le braccia il piccolo e allontanarsi.

Era pesante il cucciolo, la sua ferita si riaprì nuovamente e quando arrivò al castello le sue vesti erano nuovamente zuppe di sangue.

Fu la Regina Madre, Yuzuki, ad avvicinarsi e a notare l'animale tra le sue braccia.

-Dovrai farti curare nuovamente, rischi di morire e sembri non voler far nulla per riprenderti. Siete estremamente impegnativi, voi umani.-

Vibeke aveva sorriso appena. -Vorrei tenerlo.-

-Dovresti allora dargli un nome.-

Aveva indicato la collana che la Signora Madre portava al collo.

-Che colore è?-

-Kin.-

Kin, oro.

Non si erano più lasciati.


Arrivarono che era notte fonda al villaggio e Vibeke posò i piedi a terra nell'esatto istante in cui anche suo marito e Sesshomaru giunsero.

-Ti avevo detto di non metterti in pericolo, Vibeke.-

Lei sorrise, carezzando Kin e accompagnandolo a bere un po' d'acqua.

-E io ti avevo detto di non metterci troppo.-

Daiki sospirò e le si avvicinò. -Kin ti è troppo fedele, probabilmente ti accompagnerebbe anche agli inferi se fosse necessario.-

-Se tu eviti di finirci agli inferi, ti giuro che non avrò motivi validi per andarci.-

-Sei dannatamente testarda, mia regina.-

Lei ridacchiò, Daiki non era poi tanto arrabbiato.

In caso mi farò perdonare.

C'era calma, troppo silenzio.

Sesshomaru sembrava cercare qualcosa. Forse qualcuno.

Rin?

-Starà probabilmente dormendo. Noi umani ne necessitiamo.-

Sesshomaru annuì appena in sua direzione, poi arrivò Jaken accompagnato da un'anziana sacerdotessa e un cucciolo di demone volpe.

-Signor Sesshomaru, Signor Daiki, Nobile Vibeke! Rin è scomparsa, Magatsuhi l'ha presa con sé.-

Sesshomaru poco lontano sospirò appena. -Sapevo che era sopravvissuto.-

La sacerdotessa sospirò a sua volta. -Ha usato il corpo di Miroku per nascondersi.-

Non disse altro Sesshomaru, semplicemente prese il volo.

Daiki la strinse a sé e le baciò la fronte. -Se ti chiedessi di tornare al palazzo, cosa faresti?-

Lei ridacchiò appena. -Ti seguirei di nascosto, mio re.-

Si sorrisero.

-Allora andiamo, aiutiamolo.- Le propose Daiki.

Kin era già al suo fianco, affiancarono Sesshomaru in pochi istanti.

Perchè prendere Rin? Cosa ci può guadagnare?

-Non capisco, perchè prendere Rin? È solo una bambina.-

Il demone bianco la guardò appena. -In questo modo Naraku ha sigillato entrambe le mie spade.-

Finché Rin non sarà al sicuro, tu non userai le tue armi. La tua nuova spada sarebbe pericolosa per Naraku, abbinata a quella di Daiki sarebbe la fine.

-Verremo con te, Sesshomaru.-

Resisti Rin, stiamo arrivando.








Note:

Buongiorno a tutti!

Come state?

Piccole specificazioni:

Quella di Rin è un'illusione creata da Magatsuhi per tenere la mente della bambina in “coma”. Rin rivive il periodo al villaggio, il luogo le sembra famigliare perchè è quello in cui ha incontrato Sesshomaru ferito per la prima volta.

Sono i sentimenti di Rin a creare l'immagine di Sesshomaru su cui lei si accoccola; inconsciamente sa di non potersi liberare dal sonno di Magatsuhi, quindi si crea un piccolo angolo di “paradiso”.

Il tutto prende vita nel Final Act, episodi 18/19/20 circa.

Hakai: distruzione. Nome della spada di Daiki. Mi ha aiutata il traduttore, non conosco il giapponese.

Sesshomaru non ama Rin nel senso romantico del termine (almeno non finché Rin è una bambina, sia chiaro), è amore spirituale, platonico. L'assoluta consapevolezza che le loro anime siano destinate ad appartenersi al di là dello sviluppo romantico o fisico della storia. È amore nel senso più puro.

Spero vi possa piacere anche questo capitolo e, se così non fosse, sentitevi liberi di farmi crescere come scrittrice con critiche costruittive.

Ringrazio chi ha commentato, messo tra le preferite e seguite la storia o semplicemente ha deciso di passare per una letta. Grazie di cuore, davvero.


PS: chiedo scusa per i problemi del formato. So che ci sono stati problemi di visualizzazione, chiedo umilmente scusa! Abbiate pazienza, io sono un'impedita assurda ma giuro che sto cercando di sistemare.

Grazie di cuore a chi mi ha segnalato la cosa!


_L. Cassiopeia_

  
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