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Autore: Deathstargaze    28/03/2018    0 recensioni
Mi guardo allo specchio pensando che, forse, forse dovrei davvero porre fine a tutto questo. Lo specchio però mi restituisce tutto un altro sguardo, uno che non è da me, quasi spaventato, confuso. So quel che dovrei fare, ma non posso... Non posso. Lui sorride nel sonno, accanto a me, cercandomi con le mani fra le lenzuola; è così ingenuo, così indifeso quando dorme... Non posso lasciarlo, non ci riesco.
Eppure, la condanna che grava su di me, l'angoscia che mi divora, mi obbligano a farlo.
Dovrei dirti la verità, Lavi, ma non ne sono capace.
Per questo, e per ciò che sto per fare, potrai mai perdonarmi?
[LaviYuu, MPREG]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: What if? | Avvertimenti: Mpreg
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A volte ritornano.

Mi dispiace molto per la lunga assenza, sono andata vicina a far durare questa gravidanza 9 anni anziché 9 mesi... WOW.

Life happened, sadly.

Spero ci sia ancora qualcuno che legge, anche se ormai il fandom è morto e sepolto. Nel caso ci siate ancora, mi auguro che il capitolo vi piaccia.

Grazie a tutti coloro che hanno recensito i capitoli precedenti. Ho visto che ora c'è la funzione per rispondere alle recensioni, quindi non le ho inserite in fondo come era costume fare prima^^






Capitolo 4: Domande senza risposta

 

 

Kanda guardò la porta della stanza aprirsi di colpo e sbuffò, aggrottando le sopracciglia. Aveva tenuto conto del tempo trascorso e si aspettava di veder entrare la capo infermiera, accompagnata da Lenalee. Invece non successe nulla di tutto ciò e quando una chioma rossa fece capolino dallo spiraglio, fu talmente sorpreso che sgranò gli occhi, fissando il nuovo arrivato prima con malcelato orrore e poi con evidente disappunto.

– Perché sei qui? – chiese, indirizzando al poveretto uno sguardo truce. – Cos'è quella roba?

Lavi emise una risatina nervosa, offrendo un sorriso timoroso e mostrando il vassoio che reggeva, supplicando mentalmente perché Yuu non gli tirasse addosso tutto quanto appena fosse giunto alla sua portata.

– Come stai, Kanda? – s'intrufolò a sorpresa Lenalee, sbucando quatta quatta da dietro Lavi. – Sono molto impegnata oggi, quindi ti ho portato Lavi per farti da cameriere. Non essere rude con lui, non voleva nemmeno venire, l'ho costretto io.

– Sai benissimo come sto – ritorse Kanda – cos'è questa pagliacciata?

– Oh, non dire così, Kanda-kun, siamo tutti preoccupati per te. Mangia tutto – si raccomandò – ci vediamo domani!

Offrì un grazioso sorriso e salutò agitando la mano sotto lo sguardo contrariato di Kanda, che la seguì uscire altrettanto in fretta di come era entrata.

– Ti avevo detto di non tornare! – sibilò Kanda appena la porta si richiuse alle spalle della ragazza.

– Ero preoccupato! – si difese Lavi con enfasi – Accidenti, Yuu, avevi un taglio che ti squarciava dal petto all'inguine, come facevo a starmene tranquillo!

Kanda si portò per un attimo la mano alla tempia, chiudendo gli occhi e inspirando lentamente, a fondo. Lavi rifletté che, probabilmente, stava cercando di resistere all'impulso di prenderlo a pugni. Poi il giovane tornò a rivolgere lo sguardo su di lui.

– Guarisco in fretta e lo sai. – ritorse.

– Sì, è vero, però... – iniziò a protestare Lavi, ma vedendo l'irritazione sul volto di Kanda crescere si interruppe, fissandolo con espressione imbronciata.

Kanda espirò con forza, chiaramente esasperato; invece di continuare a inveirgli contro, però, tese le braccia, facendogli cenno di avvicinarsi a lui.

– Sto bene – ribadì – così bene, che domani mi dimettono. Vogliono solo farmi qualche altro test, per sicurezza. Coraggio, posa quella roba e controlla tu stesso – lo invitò, indicando il vassoio – poi, se proprio non puoi farne a meno, mi guardi mangiare.

Il broncio di Lavi si mutò immediatamente in un sorriso. Yuu gli aveva appena chiesto di restare! Non proprio in quei termini, ma il significato era quello. Appoggiò il vassoio a cavalcioni delle gambe di Kanda, davvero troppo in basso perché ci arrivasse, ma prima che il giovane potesse dire qualsiasi cosa per protestare, si tuffò fra quelle braccia protese.

Kanda si ritrovò stretto a Lavi, che lo abbracciava con trasporto tale da fargli quasi sbattere la testa contro la spalliera del letto. Capiva come si sentisse ed era consapevole che, nonostante ciò, avrebbe dovuto scansarlo da sé, invece le sue braccia si chiusero in automatico dietro la schiena di Lavi. Kanda affondò le dita nella maglietta verde che il giovane indossava; aveva un bisogno disperato di quel contatto eppure non riusciva ad ammetterlo.

– Yuu – mormorò Lavi, il viso affondato fra i suoi capelli, ora legati in una coda bassa – ero così preoccupato, dovevo vederti, toccarti...

– Non farlo più – lo ammonì Kanda in un sussurro – ci stanno sicuramente guardando e si staranno chiedendo come mai tu sia così protettivo nei miei confronti.

– Posso farti notare che anche tu mi stai stringendo a te, tra l'altro così forte da farmi male?

Sì, Kanda ne era perfettamente conscio e, sebbene fosse volontario, trovava quel comportamento molto, molto imbarazzante. Stava lentamente uscendo di senno per la maledetta situazione in cui si trovava.

– Sono sicuro si stiano chiedendo anche il perché io sia diventato all'improvviso tanto accomodante.

Lavi rise sommessamente e gli posò un bacio fugace sul collo; poi, con dolorosa lentezza, si scostò da Kanda, allungando una mano per afferrare il vassoio con la cena e avvicinarlo al giovane.

– Non me ne andrò prima che tu abbia mangiato – minacciò con un ghigno provocatore – quindi da bravo, pulisci i piatti.

Kanda assunse la stessa aria di sfida e afferrò la forchetta, portando alle labbra il primo boccone.

– Sai che ci sarà un prezzo da pagare per questo, vero? – chiese in tono allusivo.

– Sono pronto a tutto – assicurò Lavi, offrendo uno dei suoi sorrisi. – Sei sicuro che ti dimettano domani? – domandò poi, mentre osservava il giovane mangiare.

– Non riesci proprio a star zitto un minuto – commentò Kanda e vide Lavi scuotere la testa con aria indignata; emise uno sbuffo di disapprovazione e aggiunse: – sì, Komui ha detto domani. Mi farà un ultimo controllo e poi sarò fuori di qui. – Lavi gli rivolse uno sguardo colmo di speranza. – Non fissarmi così.

– Non ho detto niente! – protestò il giovane a quell'accusa.

– Lo hai pensato, però – l'accusò Kanda – starò ai patti, non temere – promise, ignorando il broncio assunto da Lavi e spingendo verso di lui il vassoio con i piatti ormai vuoti. – Dì a Jerry che se non cambia menù il prossimo glie lo tiro in testa.

– Non mancherò. – fu la risposta del giovane che, richiusi i gambi del supporto, sollevò il tutto e, scoccando a Kanda un'occhiata eloquente, si avviò verso la porta. – Riposati. – si raccomandò, guadagnandosi un gestaccio in risposta.

Lavi rise di gusto e, salutando con un cenno del capo, sparì nel corridoio.

 

 

Frattanto, da uno dei laboratori, qualcuno stava realmente monitorando la stanza in cui Kanda era ricoverato: il Supervisore, Komui Lee e il suo braccio destro, Reever Wenham.

Reever strinse le braccia al petto, rivolgendo a Komui uno sguardo eloquente.

– Immagino che questo sia sufficiente a fugare ogni dubbio. – disse, dando un cenno del capo verso il monitor, che mostrava Lavi e il loro paziente stretti l'uno all'altro da ormai diversi minuti.

Sembrava che il giovane Bookman stesse massaggiando la schiena di Kanda, il quale, invece, si aggrappava a lui con un trasporto di cui non lo credevano capace.

– È davvero una sorpresa – commentò Komui – anche considerando la confidenza che concedeva a Lavi. Non promette affatto bene.

– Già – concordò Reever – se l'Innocence avesse fatto solo da catalizzatore e lui fosse il padre, non ci sarebbe modo di nasconderlo. Anche se di norma i tratti orientali di Kanda dovrebbero avere il sopravvento, con la fortuna che ci ritroviamo il bimbo erediterebbe di sicuro i capelli rossi di Lavi.

Un neonato con i capelli rossi, quello sì, sarebbe stato un bel problema: come potevano giustificarne la presenza? L'Innocence aveva di certo preso da uno dei due genitori ed essendo entrambi maschi veniva a mancare la metà del patrimonio genetico normalmente fornita dall'ovocita. Era quindi assai probabile che il bambino fosse una replica identica di Lavi, dal momento che la 'madre' non poteva fornire ovociti.

– Purtroppo, il tuo discorso sarebbe valido solo se Kanda fosse una donna – disse Komui, dando voce ai propri pensieri – ma lui non aveva ovuli da fecondare, per cui...

– Oddio – esclamò Reever, capendo immediatamente dove l'uomo andava a parare – porterebbe in grembo un piccolo Lavi! Non so cosa sarebbe peggio, capo.

– Nemmeno io – rispose Komui – quel che è certo, se non troviamo il modo di nascondere la gravidanza di Kanda scoppierà un putiferio e ci troveremo l'inquisizione in casa. E sarebbe molto meno 'Santa' di quella dei tempi di Torquemada. Vai a completare le analisi, io trovo una missione adatta per mandarli via insieme.

Entrambi gli uomini sospirarono e, scambiandosi un cenno d'assenso, si incamminarono verso le rispettive destinazioni.

 

 

Il giorno seguente, Kanda si preparava a lasciare l'infermeria esattamente come previsto, quando entrò Komui. L'uomo aveva sul viso un'espressione simpatetica che fece peggiorare all'istante l'umore di Kanda, che già non era dei migliori, considerata la situazione.

– Hai altre notizie catastrofiche da darmi? – chiese il giovane in tono tagliente.

– No – rispose Komui, mesto – con le notizie siamo stabili all'ultimo aggiornamento. Per ora posso solo dirti che le analisi sono buone, non ci sono valori strani e l'Innocence è inerte.

– Quindi non sta crescendo dentro di me? – chiese Kanda, speranzoso.

– Ancora non lo sappiamo – rispose cautamente Komui – l'unica cosa certa è che si è ramificata attraverso la 'sacca' che ti ha creato dentro l'addome, connettendola con il tuo organismo. È questo che l'ha protetta e con lei il bambino.

– Il mostro. – corresse Kanda.

– Come ho già detto – ripeté lo scienziato – ancora non sappiamo se sia o meno interamente frutto dell'Innocence. Anche così, non è sicuro che nasca deforme.

– Non mi interessa, non lo voglio. – ritorse Kanda con aria truce. – Però, a quanto pare, non posso togliermelo da dentro, per cui dovrò per forza di cose seguire le tue indicazioni.

Komui sospirò. Immaginava come dovesse sentirsi il giovane e non sapeva proprio come aiutarlo.

– Dobbiamo per forza aspettare che tu superi il terzo mese per capire come muoverci. – ribadì.

– Allora affidami subito una maledetta missione – pressò Kanda, pronunciando quella richiesta a denti stretti – così posso andarmene lontano da occhi indiscreti e tenermi occupato.

– Va bene – cedette Komui, lasciandosi sfuggire un debole sospiro – vieni nel mio ufficio tra un paio d'ore, ti farò trovare il fascicolo pronto.

A quelle parole Kanda considerò la conversazione terminata; lanciò un'occhiata eloquente all'uomo e, senza aggiungere altro, lasciò la stanza.

Era conscio che Lavi scalpitava per vederlo subito, ma non aveva ancora idea di cosa dirgli; di come gestire l'intera faccenda. Di come convincerlo che le sue ferite erano solo il frutto di una stupida disattenzione.

– Yuu? – si sentì chiamare appena entrò in vista dell'area alloggi.

Lavi lo conosceva proprio bene. Sapeva che avrebbe cercato di evitare il confronto e lo aspettava al varco.

– Cosa accidenti ci fai qui – sibilò sottovoce appena gli fu vicino – se continui a tampinarmi in questo modo, qualcuno finirà per farsi delle domande!

– Andiamo, Yuu, lo sanno tutti che io sono il tuo unico amico – ribatté Lavi – un amico indesiderato che deve importi la sua presenza, oltretutto. Ne abbiamo già discusso, no? È la nostra solita routine.

Kanda riconosceva che c'era una buona parte di verità nelle parole di Lavi, tuttavia le voci su di loro continuavano a circolare. Era anche vero che circolavano fin dall'inizio, da molto prima che si accorgessero di essere passati oltre l'amicizia, tuttavia... Adesso i vari 'come mai Lavi è l'unico cui Kanda permette di chiamarlo per nome' e 'chissà perché l'unico con cui Kanda parla è Lavi' erano diventati scomodi e pericolosi. Sì, era anche possibile che lui stesse diventando paranoico.

– Komui mi aspetta fra un paio d'ore – disse, esalando uno sbuffo contrariato – e dovevamo vederci stasera, con cautela. Quindi gira i tacchi e tornatene da Bookman. – gli intimò a denti stretti.

Lavi per tutta risposta gli sorrise, con quel su contegno sbarazzino da 'non ho ascoltato una sola parola di quel che hai detto', che tanto lo mandava in bestia.

– Sono sicuro che non t'hanno servito la colazione prima che lasciassi l'infermeria – sottolineò con aria angelica – quindi, potresti almeno venire a pranzare con me e poi andare da Komui.

Era davvero ostinato e lui non riusciva a dirgli di no. Ci provava tutte le volte e finiva sempre per cedere alle sue insistenze; agli sguardi imploranti e all'espressione imbronciata, per la precisione. Sentiva che il suo stomaco non era propenso al cibo, ma che poteva fare? Certo non poteva dirgli che le nausee continuavano...

– E va bene – concesse con estrema riluttanza e il sorriso che ricevette in risposta fu un colpo al cuore – ma vedi di tenere a freno la lingua.

– M'kay. Farò del mio meglio – promise Lavi – se tu mi racconti della missione.

Sapeva che lo avrebbe chiesto e dopo tutto gli aveva promesso lui stesso la verità su come fosse rimasto ferito tanto gravemente. Non poteva rifiutarsi, ora. Emise uno sbuffo seccato e annuì.

Lavi allargò il sorriso e lo prese per un polso, trascinandolo con sé. Vane furono le sue proteste di lasciarlo, solo quando giunsero davanti all'ingresso della caffetteria la mano di Lavi allentò la presa.

Scoccando al giovane un'occhiata d'avvertimento assai truce, Kanda lo precedette all'interno.

– Buongiorno, ragazzi – li salutò immediatamente il cuoco, affacciato alla finestra che si apriva sopra il bancone della mensa.

– Il solito – chiese Kanda.

Jerry lo fissò da dietro i suoi occhiali a specchio e assunse un'aria dispiaciuta che per Kanda non aveva senso. Soprattutto considerando il fatto che non gli aveva risposto e si era voltato subito per preparargli le cibarie. Solo quando appoggiò il vassoio davanti a lui sul bancone, Kanda comprese la ragione che aveva fatto reagire il cuoco a quel modo: il suo pasto non era ciò che aveva chiesto.

– Mi dispiace, Kanda – si scusò Jerry – ordini dall'alto. Komui si è raccomandato che tu abbia pasti completi.

Tch.

Non poteva obiettare senza sollevare un polverone, quindi decise di fare buon viso a cattiva sorte, visto che giustificare l'imposizione con la sua attuale convalescenza era più che credibile.

– Sembra che Komui voglia che per un po' tu mangi come si deve – commentò Lavi, soffocando una risatina divertita – così torni subito in forze.

– Non è divertente.

– Non essere schizzinoso, sono tutte cose buonissime! – gli fece notare Lavi, un tantino invidioso dell'arrosto che aveva nel piatto, a dire il vero. – Magari inizi a variare un po', ogni tanto.

– Se lo dici tu. – ritorse Kanda, acido.

Lavi ridacchiò sommessamente, dedicandosi con impegno al proprio pasto.

– Mi racconti della missione? – chiese d'un tratto, sollevando lo sguardo per incontrare il suo.

Kanda si bloccò a metà di un boccone e la sua postura divenne tesa; ingoiò quel che aveva già in bocca e serrò la mascella. Sapeva che il momento sarebbe arrivato eppure, nonostante ci stesse pensando fin da quando si era risvegliato nell'infermeria, ancora non era pronto a parlarne.

– Non c'è molto da dire – iniziò con riluttanza – ero circondato da Akuma. Non sarebbe stato un problema, ma il finder che era con me ha dovuto farsi scoprire e per non farlo ammazzare ho finito col fargli da scudo. – concluse, tralasciando la parte in cui il capogiro gli aveva fatto abbassare la guardia, permettendo all'Akuma di piantargli un artiglio nel petto e cercare di aprirlo in due.

– Non ti facevo così generoso, Yuu – lo punzecchiò Lavi in un patetico tentativo di sdrammatizzare, per non far capire quanto ancora fosse preoccupato dall'accaduto – di solito lasci i finder al loro destino.

– Magari quel giorno ero di buon umore. – ritorse Kanda.

– Credevo avessi smesso di esporti così – mormorò Lavi – se... ho fatto qualcosa per riportarti a desiderare...

Kanda bloccò quel discorso sul nascere, prima con un'occhiata rovente e poi a parole.

– Avrei proprio dovuto lasciarlo crepare quel finder – sibilò – piantala di preoccuparti per me, il mio corpo si rigenera!

– Per quanto, ancora? – esclamò Lavi, per poi pentirsi immediatamente di quello scatto.

Sì, Kanda ammetteva che c'era stato un tempo in cui aveva cercato con tutto sé stesso di farsi ammazzare, desideroso di porre fine a quella vita da schiavo dell'Ordine Oscuro. Lavi, però, gli aveva fatto cambiare idea. Doveva prendere atto della cosa.

– Non stavo cercando di farmi ammazzare – scandì lentamente, fissando Lavi nell'unico occhio – e tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro.

– Mi dispiace – mormorò Lavi – è solo che... Il pensiero di poterti perdere mi fa impazzire.

– È parte del nostro lavoro – rimarcò Kanda – rischiare la vita a ogni missione. L'abbiamo sempre saputo e tu sei il primo che non dovrebbe lasciarsi coinvolgere.

Colpito. Lavi abbozzò un sorriso imbarazzato e sospirò piano.

– Già. Il cuore che non dovrei avere mi sta creando un sacco di problemi, a quanto pare. – disse.

Kanda rispose con uno sbuffo seccato e si alzò, scansando di lato il vassoio vuoto.

– Devo andare, Komui mi aspetta – annunciò, sporgendosi poi verso Lavi – vedi di fartela passare per stasera o ti strangolo con la sciarpa. – sussurrò minaccioso.

Lavi annuì, ridendo nervosamente mentre lo guardava allontanarsi.

 

 

Komui sedeva alla propria scrivania, circondato da immensi mucchi di scartoffie, in mano l'amata tazza con un coniglio rosa dipinto sopra, che ogni tanto portava alle labbra. Sembrava stranamente concentrato, per una volta, mentre sfogliava il rapporto davanti a lui.

Kanda si avvicinò in silenzio, fermandosi davanti all'uomo, in attesa che si accorgesse della sua presenza.

– Ah, Kanda-kun, sei arrivato; ecco qui la tua prossima missione. – esordì Komui e gli porse il fascicolo che stava esaminando. – Prenditi qualche giorno prima di partire, però. E mangia.

Kanda non ne poteva già più di sentirselo ripetere e sbuffò con irritazione.

Tch. Non sei mia madre, piantala di comportarti come se lo fossi. – disse a denti stretti.

Komui si sistemò gli occhiali, spingendoli in posizione, apparentemente incurante della reazione del giovane.

– Lavi verrà con te. – continuò e a quella notizia Kanda si bloccò, chiudendo di botto il fascicolo che aveva iniziato a sfogliare e fronteggiando il Supervisore.

– Non se ne parla! – si oppose categoricamente. – Non voglio assolutamente quell'idiota tra i piedi!

Komui si aspettava quella reazione e, sebbene comprendesse le motivazioni e lo stato d'animo di Kanda, doveva provare a farlo ragionare.

– Cerca di capire, non posso mandarti solo – disse – e lui è l'unico che bene o male sopporti.

– Sei tu che non capisci, si accorgerà che qualcosa non va! – insistette Kanda, molto agitato. – Ci metterà poco a scoprirlo... – aggiunse serrando i pugni, le mani che gli tremavano leggermente.

Komui si alzò in piedi e si avvicinò al giovane, posandogli le mani sulle spalle.

– Non accadrà, il tuo corpo non mostra nulla e ancora per un po' non lo farà. – lo rassicurò.

– Io però mi sento strano – confessò Kanda, portandosi una mano al ventre – sento qualcosa e non mi piace per niente.

Komui assunse un'espressione comprensiva e, dopo essersi guardato attorno per essere certo non ci fossero orecchie indiscrete, lasciò le spalle del giovane, incrociando le braccia al petto.

– È troppo presto, Kanda-kun, ti stai lasciando suggestionare. I primi movimenti del bambino si avvertono intorno al sesto mese di gravidanza, tu sei appena all'inizio – spiegò – la presenza del feto non è percepibile a questo stadio.

– Eppure io mi sento strano. – insistette Kanda.

– Una ragione in più per non partire solo – sottolineò Komui. – Ho bisogno di sapere che in caso di problemi ci sarà qualcuno ad aiutarti. – Kanda annuì, riluttante, e si lasciò sfuggire uno sbuffo rassegnato. – Mangia. – gli ripeté Komui, guardandolo uscire scuro in volto, ma il giovane non lo degnò di una risposta.

– Non glie lo ha detto. – commentò una voce da dietro Komui e un altro uomo gli si avvicinò.

– Pare di no. – concordò lo scienziato. – Forse ti sei sbagliato.

Reever si passò una mano fra i capelli, scuotendo piano la testa.

– Non credo, capo. Hai visto anche tu come si sono abbracciati – ricordò a Komui – e Kanda che abbraccia qualcuno è... non so nemmeno io come definirlo. Deve esserci un motivo se non vuole che Lavi sappia, ma in ogni caso non potrà tenere la cosa segreta molto a lungo.

– Già, e questo ci porta a un problema più grave. – confermò Komui. – Dobbiamo impedire che arrivino alla loro relazione.

I due uomini si guardarono emettendo entrambi un sospiro afflitto.

 

 

Kanda aveva scorso sommariamente i dettagli della missione e, dopo aver abbandonato il fascicolo sul letto era andato ad allenarsi. Aveva bisogno di allontanare la mente il più a lungo possibile dalla sua attuale condizione.

Purtroppo, nemmeno meditare sembrava aiutarlo più di tanto. Si trovava incastrato in una situazione impossibile, senza via d'uscita.

Anche la prospettiva di trascorrere la notte con Lavi non lo aiutava, perché alla gioia di avere il giovane accanto a sé si accompagnava l'ansia che si accorgesse di qualcosa. In più, doveva anche informarlo della missione e lui non era il tipo che amava perdersi in lunghi discorsi.

– Sì, ci hanno affidato una missione insieme – confermò, sentendo l'irritazione crescere in lui.

Raccolse il fascicolo dal letto e lo porse a Lavi, attendendo in silenzio mentre il giovane lo sfogliava con grande interesse, finché sollevò di nuovo il viso per guardarlo.

– Davvero partiamo insieme? – chiese, stupito. – In treno? Noi due da soli? Senza finder?

Kanda annuì per l'ennesima volta. Dopo aver faticato non poco a convincerlo che le sue ferite erano state solo il risultato di una sfortunata combinazione di eventi, adesso l'idiota doveva mettersi a blaterare nonsensi sulla nuova missione! Non sarebbe stato Lavi altrimenti, si disse Kanda, espirando in modo un po' forzato mentre gli sedeva accanto.

– La vuoi piantare di farfugliare sciocchezze? – gli intimò, dandogli un leggero colpo in testa con le nocche delle dita.

– Aww! Va bene, va bene, non ti arrabbiare! – ridacchiò il giovane, gettandogli le braccia attorno alla vita e rovesciandolo indietro sul letto nello slancio.

I loro sguardi si incontrarono, seguiti dalle labbra e Lavi in un attimo gli fu sopra, premendo il suo corpo contro il proprio. Gli infilò le mani dentro l'uniforme, fino ad arrivare alla maglietta nera che indossava sotto e lui dischiuse la bocca, lasciando che le loro lingue si incontrassero, esplorando. Lavi approfondì il bacio fino a lasciarlo senza fiato e, appena si separarono, Kanda, sebbene ansimante, reclamò quelle labbra di nuovo. Ancora e ancora, finché entrambi dovettero fermarsi per respirare.

– Ho aspettato tanto questo momento, tutto un intero dannatissimo mese. – gli sussurrò Lavi all'orecchio mentre lo spogliava.

Kanda si adoperò per fare altrettanto con dita tremanti, impaziente di poter godere del contatto con la sua pelle. Anche lui aveva aspettato e sognato quel momento. Ogni maledetta notte durante la precedente missione, ma ora si rendeva conto che non poteva più permettergli di toccarlo così o si sarebbe accorto della cosa dentro di lui, perché... anche se Komui insisteva che non era possibile, iniziava a sentirsi strano, a percepire qualcosa.

Quella sera, però, aveva troppo bisogno di Lavi, troppo desiderio di lui per pensare di negarsi. Il corpo nudo di Lavi gli si adagiò sopra e Kanda si lasciò sfuggire un gemito quando le loro virilità si premettero contro i rispettivi ventri, sfregando l'una sull'altra. La mano di Lavi si insinuò tra loro, raggiungendole e afferrò la sua, iniziando a stuzzicarne la punta col pollice. Kanda gemette ancora, reclinando la testa all'indietro ed esponendo il collo; si sentiva bruciare e le labbra di Lavi che lo succhiavano erano così piacevoli... Afferrò a sua volta il membro di Lavi e iniziò a pompare, finché il giovane lo fermò, stringendolo per i fianchi e tirandolo verso di sé.

Le loro labbra si incontrarono ancora, affamate, mentre le mani di Lavi lavoravano su di lui per prepararlo all'amplesso e Kanda non desiderava altro che di essere toccato, di toccare, mordere... Si abbandonò completamente a quella passione bruciante, voleva che in quel momento esistesse solo Lavi, niente altro. Chiuse gli occhi e lasciò che lo prendesse nel modo che preferiva.

 

 

La mattina li trovò ancora avvinghiati uno all'altro. Kanda passo le dita tra la massa arruffata di capelli rossi che gli solleticava il mento: Lavi riposava beatamente sul suo petto, l'espressione serena e appagata. Kanda distese le braccia, cercando di scivolare via da sotto di lui; non aveva molto spazio di manovra in quel letto. Sperò che ne avrebbe avuto uno più grande, nella nuova sede dell'Ordine Oscuro. Con cautela, si districò dall'abbraccio e si alzò, avvicinandosi alla finestra dai vetri opachi per controllare meticolosamente ogni centimetro del suo addome: come aveva detto Komui, ancora non mostrava niente. Nemmeno sembrava essere aumentato di peso; ormai, però, stava per entrare nel terzo mese, era solo questione di giorni e se la missione fosse durata troppo...

Si voltò verso il letto. Lavi sembrava non essersi accorto di nulla e un leggero russare confermava che continuava a poltrire beato, perso nel mondo dei sogni. Kanda tornò a sedersi accanto al suo bello addormentato, contemplandone per un istante il viso, poi si portò una mano al ventre, l'espressione preoccupata.

Quanto tempo mi rimane?

Avrebbe voluto che Komui fosse stato più preciso sul conto dei giorni; se la sua pancia avesse iniziato a gonfiarsi mentre erano insieme, Lavi non avrebbe mancato di notarlo. Come si sarebbe giustificato?

Riportò lo sguardo sul giovane e soffocò un sospiro. Adesso doveva pensare soltanto a come affrontare la partenza e poi il viaggio; e soprattutto a portare a termine la missione.

 

 

  
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