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Autore: Maggie_G    31/03/2018    3 recensioni
"Poi voltò le spalle ai dipinti. Pensava solo al letto a baldacchino che lo aspettava nella Torre di Grifondoro: chissà
se Kreacher gli avrebbe portato un panino lassù. «E sinceramente» aggiunse, «ho passato abbastanza guai per una vita intera»." (Harry Potter e i doni della morte di JK Rowling)
Così JK Rowling ci lasciava nell'ultimo libro della saga prima di riportarci, nello stesso capitolo, a King's Cross ben diciannove anni dopo. Potrebbe bastarci? Io sono stata troppo curiosa, così ecco la mia versione dei fatti!!!
Harry avrà veramente riposto la bacchetta di Sambuco la dove Voldemort l'aveva rubata? Kreacher ritornerà a Grimmauld Place o troverà una nuova sistemazione? Harry e Ginny, se torneranno insieme, come verrà presa la notizia dalla famiglia Weasley? Ed il piccolo Teddy, avrà un padrino sconsiderato così come pensava Harry o sarà più presente per lui? Questo e molto altro ancora lo scoprirete solo leggendo.
Vi aspetto!!!
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Tonks, Famiglia Dursley, Famiglia Weasley, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Aveva appena lasciato Ron ed Hermione nel ufficio del preside quando le ormai familiari scale a chiocciola accanto al gargoyle lo ricondussero in uno dei corridoi della scuola dove, a differenza di qualche ora prima, ora regnava un silenzio ricco di inquietudine e di sollievo. Finalmente l’incubo chiamato Voldemort era definitamente passato ma nonostante l’eroe indiscusso della vicenda apparisse lui, dentro di se non si sentiva vestire minimamente questo ruolo. Aveva combattuto, era vero, si era spinto addirittura là dove pochissimi altri avrebbero accettato di andare offrendo infatti persino la propria vita al nemico in maniera del tutto inerme. Alla fine però aveva vinto. Era riuscito a ritornare a vivere e per il traguardo che aveva appena ottenuto non poté non pensare a tutte quelle persone che prima di lui, offrendo la propria di vita o anche solo interponendosi tra lui e Voldemort, in quella nottata, gli avevano permesso di vincere ed addirittura di sconfiggere la morte.
La parete di fronte a se era mezza distrutta, così come metà dell’intero castello di Hogwarts, ma lì, nel cielo che limpido e azzurro ora imperava sulla scuola quasi facendosi beffa dello stato d’animo delle persone che soffrivano sotto il suo manto, ora Harry si ritrovò a pensare ai suoi genitori che aveva rivisto come in un sogno solo qualche ora prima: a suo padre, morto per consentire a lui ed a sua moglie di scappare per salvargli la vita; a sua madre, morta per salvargli la sua di vita. Ripensò poi a Sirius, il suo padrino, il primo che lui avesse mai considerato al pari di un genitore, che aveva lasciato il suo posto sicuro ed aveva rischiato di tutto pur di difenderlo e di essergli sempre accanto; a Remus, Tonks, Malocchio, Fred insieme a tanti altri conosciuti e non che si erano schierati al suo fianco per combattere in quegli ultimi anni; a Dobby ed a Piton con il coraggio dei quali lui era riuscito ad arrivare a sano e salvo fino a quella sera. Per un attimo ripensò anche a Draco, quando ammise di non conoscerlo in casa sua, a sua madre Narcissa che qualche ora prima aveva mentito al suo signore sulla sua morte ma anche a Peter Minus, il traditore dei suoi genitori, colui il quale per debolezza li aveva venduti a Voldemort rovinandogli la vita a solo un anno d’età ma che poi in un momento in impensata riconoscenza lo aveva liberato dai sotterranei dei Malfoy rimanendo vittima dello stesso dono concessogli dal suo signore. Ripensò poi a tutto ciò che avevano costituito per lui quelle mura ora così incredibilmente danneggiate: i suoi amici Ron ed Hermione da sempre al suo fianco; Ginny insieme alla sua famiglia che l’avevano amato incondizionatamente fin dal primo momento; Neville, Luna, la squadra più fedele dell’Es e l’Ordine della Fenice che avevano riposto fiducia in lui senza remore ed infine i professori primi tra tutti la Mc Granitt che si era sempre posta orgogliosamente in suo sostegno ed a Lumacorno che nonostante tutto gli aveva consentito di scoprire il segreto più temibile ma anche il più fondamentale per distruggere una volta per tutte Voldemort. Esausto, più dai suoi pensieri che dalla stanchezza che provava dentro, spinse il suo peso contro una colonna del corridoio quando sentendo l’oggetto premergli contro la schiena se lo sganciò dalla cintura che lo teneva fermo per poterlo ammirare nelle sue mani. Era il mantello dell’invisibilità dove avvolto in esso vi aveva inserito la bacchetta di sambuco: la bacchetta di Silente. Entrambi erano stati doni indiretti di quell’uomo che per lui era stato tutto: il suo mentore, il suo protettore, la sua guida e la sua forza. In teoria Albus Wulfrick Brian Silente era stato il preside della scuola che l’aveva visto conoscere e crescere per il mago che era nel mondo del quale faceva parte, in pratica era l’uomo che più di tutti aveva saputo comprenderlo, gli aveva dato fiducia incondizionata e l’aveva fatto letteralmente crescere. Se nell’ultimo anno, per una serie di sfortunate coincidenze, stava addirittura arrivando a nutrire dei dubbi nei confronti dell’autenticità di quell’uomo, le ultime ore avevano offerto ad Harry la certezza che la sua fede nei suoi confronti era stata sempre ben riposta. Quell’uomo infatti, nella sua riservatezza e lungimiranza era stato un brillante stratega dall’inizio alla fine ed oltre, capace di saper spostare i fili dei vari personaggi e delle varie azioni al momento giusto e nel modo giusto offrendo a tutti, non sempre in maniera chiara, dei validi strumenti d’appoggio. Quell’uomo era stato un eccellente pedagogo e, ripensandoci ora con il senno del poi, lo era stato fino in fondo consentendo a tutti loro di provare, agire, anche di fallire se necessario, al fine ultimo però d’imparare, rimediare e soprattutto di crescere.
Harry si guardò la mano e stringendo la bacchetta del preside al quale aveva appena promesso nel suo ufficio di restituirla, non poté che sentirsi più orgoglioso di essere l’uomo di Silente fino in fondo. Nessuno mai aveva avuto un ruolo più incisivo nella sua vita e nelle sue azioni come Silente e lui gliene sarebbe stato grato per il resto della sua vita. La vittoria che avevano riportato quel giorno era solo grazie a tutti loro. Solo grazie a Silente. Di questo ne era assolutamente più che convinto.
Era ancora immerso nei suoi pensieri quando un leggero brusio proveniente dai piani inferiori attirò la sua attenzione. In un gesto istintivo si avvolse allora nel mantello dell’invisibilità di suo padre e quasi come un automa iniziò a camminare allontanandosi da quel luogo. Per l’intero mondo magico Harry Potter quel giorno era per la seconda volta il salvatore di quel mondo, il ragazzo-che-è-sopravvissuto, il prescelto e l’unico capace di aver sconfitto Lord Voldemort per sempre ma sotto quel mantello e soprattutto dentro se stesso Harry Potter in quel momento si sentiva solo un ragazzo con un passato tormentato da perdite e sventure ed il peso di un nome e di una reputazione troppo grande e non proprio attinente a quello che lui sentiva e provava per se stesso.

Continuò a camminare senza una meta tra le macerie di quel luogo a lui così familiare fino a quando quasi per caso, alzando un po’ lo sguardo, si ritrovò di fronte al ritratto di una signora grassa ora assente così come tutti i suoi simili nei quadri vicini. La porta nascosta dietro di se era socchiusa così senza pensarci due volte entrò lasciandosi travolgere da un onda d’aria fresca che a quell’altezza riempiva la sala comune dei Grifondoro da un profondo squarcio che durante la battaglia si era creato nel muro accanto al camino. Finalmente si sentì a casa. Le poltrone scarlatte che arredavano la stanza avrebbero dovuto accoglierlo per il suo settimo anno di scuola, rubatogli invece dalle circostanze, così ricacciando indietro quei pensieri riprese a camminare inoltrandosi su, verso i dormitori maschili, fino alla camera degli studenti del settimo anno. La stanza, così come tutte le altre degli anni precedenti, era la stessa di sempre ad eccezione del numero di letti che al posto di essere cinque, ora ve n’erano solo due, quello di Neville e di Seamus, rendendola così più spaziosa e luminosa. Facendosi ancora guidare dalla stanchezza che ormai circolava libera nel suo corpo iniziò a raggiungere il letto di Neville, il più vicino alla porta, quando all’improvviso sulla sua sinistra un rumore fluido attirò la sua attenzione. La camera, quasi leggendo i suoi pensieri, fece riaffiorare un comodino ed terzo letto completamente pulito e pronto per essere utilizzato. Il letto del quale aveva bisogno. Si tolse così istintivamente il mantello e le scarpe e senza neanche alzare le coperte vi si stese di sopra posando la testa, con ancora addosso gli occhiali, sul cuscino: Hogwarts lo voleva tuttora tra le sue mura. E con quel pensiero in mente si addormentò.
   
 
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