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Autore: FrancescaPotter    31/03/2018    1 recensioni
Long sugli ipotetici figli delle coppie principali di Shadowhunters (Clace, Jemma e Sizzy), ambientata circa vent'anni dopo gli avvenimenti di TDA e TWP. TWP non è ancora uscito al momento della pubblicazione, e nemmeno l'ultimo libro di TDA; questa storia contiene spoiler da tutti i libri della Clare fino a Lord of Shadows, Cronache dell'Accademia comprese.
Dal quarto capitolo:
"Will abbassò il braccio e distolse lo sguardo, ma lei gli prese delicatamente il polso. «Lo sai che puoi parlarmi di qualsiasi cosa, vero?» gli chiese, morsicandosi inconsapevolmente il labbro inferiore. Era una cosa che faceva spesso e che faceva uscire Will di testa. «So che è George il tuo parabatai» continuò abbassando la voce, nonostante non ce ne fosse bisogno perché George era concentrato sul suo cibo e Cath stava leggendo qualcosa sul cellulare. «Ma puoi sempre contare su di me. Mi puoi dire tutto. Lo sai, vero?»
Will sospirò. «Lo so, posso dirti tutto».
Tranne che sono innamorato di te."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Emma Carstairs, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Julian Blackthorn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Venticinque

Holly si era seduta sulla spiaggia, abbastanza lontana dal mare per non bagnarsi le scarpe e i pantaloni, ma non abbastanza da non sentire il rumore delle onde che si infrangevano sulla riva. Quelli erano i suoi pantaloni preferiti, non voleva rovinarli, ma voleva comunque stare vicino al mare. Adorava l’oceano e avrebbe voluto che sua madre non ne fosse tanto spaventata, così che non si preoccupasse ogni volta che suo padre e Rose la portavano a giocare tra le onde.
Alcune gocce d’acqua salata le bagnarono il viso e Holly si dimenticò per un istante di essere arrabbiata con i suoi genitori, soprattutto con suo padre. Holly non era stupida. Aveva otto anni, ma non era stupida. Sapeva che i demoni non potevano uscire allo scoperto durante il giorno, così come i vampiri: la luce del sole era letale per loro. E quella mattina di novembre il sole splendeva candidamente nel cielo. Perciò era chiaro per lei che suo padre fosse ancora arrabbiato per tutti i cioccolatini che qualche giorno addietro aveva trovato nell’armadio. Holly aveva commesso l’errore di raccontargli il suo incubo in cui un demone glieli mangiava tutti e lui era andato a controllare che non avesse davvero nascosto dei cioccolatini in camera. Ovviamente lo aveva fatto, e ovviamente lui si era arrabbiato. Quella era la sua punizione, nonostante né lui né la mamma lo ammettessero. Continuavano a ripetere che non era sicuro uscire. Ma era giorno, e Holly sapeva che di giorno l’unica cosa della quale si doveva preoccupare erano le macchine che sfrecciavano lungo la Pacific Highway quando attraversava la strada per raggiungere la spiaggia.
Aveva preso il suo blocco da disegno e si era messa a disegnare un unicorno, dal momento che non ne aveva trovato nessuno. Magari Adrian ne aveva davvero visto uno, ma Holly iniziava a dubitarne: non c’erano neppure le impronte.
La spiaggia di Santa Monica era enorme, si estendeva per chilometri sia alla sua destra che alla sua sinistra, dove terminava con il molo e il Luna Park. Non c’erano molti mondani, solo qualche coppia di anziani che passeggiava in riva al mare e qualche surfista che cavalcava le onde. Holly desiderava tanto imparare a surfare, ma né Rose né suo padre ne erano capaci -Rose odiava i surfisti- e figurarsi sua madre. Fosse dipeso da lei nessuna delle sue figlie si sarebbe potuta avvicinare al mare… forse neanche Julian.
Holly guardò il suo disegno e sbuffò. Il corno le era uscito male e non aveva portato una gomma con sé. Non voleva ritornare a casa. Ormai i suoi genitori dovevano essersi accorti che era scappata e Holly non era pronta per affrontare sua mamma arrabbiata. Era abituata con suo papà, lui si arrabbiava spesso con lei, però gli passava subito e poi la portava a disegnare nel suo studio per fare pace. Quando invece sua mamma si arrabbiava era orribile, perché era Holly quella che doveva chiedere scusa.
Proprio in quel momento, poco lontano da dove si era seduta Holly, si aprì un portale, un rettangolo di luce verde, azzurra e bianca dal quale emerse proprio sua mamma in carne ed ossa.
Emma si guardò attorno e quando la vide spalancò gli occhi, come se non si aspettasse di trovarla lì.
«Holly!» sibilò. Era furiosa, Holly lo percepiva da come aveva pronunciato il suo nome. Ma anche Holly era arrabbiata, non gliel’avrebbe data vinta così facilmente.
Si alzò di scatto e iniziò a correre, sapendo che sua madre l’avrebbe raggiunta in pochi secondi. E infatti Holly non fece in tempo ad allontanarsi di qualche metro che se la ritrovò davanti, i capelli dello stesso colore dei suoi. Emma la prese per un braccio e iniziò a trascinarla verso la strada. «Dobbiamo tornare a casa. Subito».  
«No no e no!» urlò Holly, spingendola via e liberandosi dalla sua presa. «No!»
Emma la riacciuffò e Holly puntò i piedi nella sabbia. Non si sarebbe spostata di un centimetro, era una questione di principio: era stanca di stare in Istituto, non ne poteva più e non era giusto che la tenessero rinchiusa come una prigioniera. Non era vero che non era sicuro stare fuori, non era vero e basta.
«Okay, d’accordo». Sua mamma aveva perso la pazienza. La sollevò di peso e se la mise in spalla, mentre lei si divincolava e urlava.
«Shhht, Holly!» le intimò Emma, ma non ci fu verso di calmarla. Holly iniziò a tirarle i capelli, così Emma fu costretta a rimetterla per terra. Poi si inginocchiò davanti a lei, tenendola ferma per le braccia. «Holly, per favore, guardami».
«No!» urlò lei, distogliendo lo sguardo. Qualcosa però nella voce di sua mamma la fece calmare: era paura. Holly aveva gli occhi bagnati per la frustrazione, però si calmò. Tirò su con il naso e la guardò. «Non essere arrabbiata» le disse. «Sono stanca di stare a casa, non è giusto!»
«Holly» ripeté lei, questa volta il suo viso era aperto e completamente terrorizzato.
«Che c’è?» Holly iniziò a piangere sul serio, perché qualcosa non andava. Si guardò attorno ma non vide niente di strano, a parte qualche mondano che rivolgeva loro un’espressione preoccupata prima di scuotere il capo e allontanarsi.
«Ci sono persone che vogliono farci del male» spiegò Emma. «Ti sto dicendo la verità. Dobbiamo tornare a casa».
Holly non capiva, però permise a sua mamma di prenderla per mano, e insieme iniziarono a risalire la spiaggia.
«Chi?» le chiese Holly, inciampando di tanto in tanto mentre cercava di mantenere la sua andatura.
Emma fece per risponderle ma si bloccò. Holly le finì addosso.
Non erano neppure a metà strada verso il lungomare che dei Cavalieri dalla pelle bronzea bloccarono loro la strada. Holly trattenne il fiato. Sembravano appartenenti al popolo fatato, ma Holly non ne era sicura: erano alti, possenti e con il viso coperto per metà da una maschera metallica. Avrebbe voluto disegnarli, se solo non le avessero fatto così paura. In realtà avrebbe voluto accarezzare i cavalli alati che stavano cavalcando, non ne aveva mai visto uno ed erano bellissimi.
«Stammi vicino, Holly». Holly non riusciva a vedere il viso di sua mamma perché lei l’aveva spinta dietro di sé, ma percepiva la sua tensione.
«Emma Carstairs» disse uno dei cavalieri, una donna con dei lunghi capelli rosso scuro. Smontò dal suo cavallo e si avvicinò. Se prima era spaventosa, ora lo era ancora di più. Holly nascose il viso contro la schiena di sua mamma e le allacciò le braccia attorno alla vita. La sentì estrarre la spada e desiderò che arrivasse Will con un portale per portarle via.
«State indietro» disse Emma. La sua voce era ferma, anche se Holly la sentiva tremare leggermente contro di sé. Vide che anche gli altri cavalieri avevano imitato la donna ed erano scesi dai loro destrieri.
«L’altra tua figlia ci è scappata ben due volte, ma lei sa come difendersi, questo te lo devo riconoscere. Stupido da parte tua portare fuori la bambina però».
Stavano parlando di lei, Holly se ne rese conto. Non era mai stata così spaventata in vita sua e chiuse gli occhi. Sua mamma l’avrebbe protetta, aveva completa fiducia in lei.
«Fai un altro passo e ti faccio a pezzi» la avvisò Emma. «Sono seria, non ti lascerò fare del male a Holly».
Holly sentì sua madre toccarle il braccio. Le stava tracciando delle linee sulla giacca, delle lettere.
S-C-A-P-P-A.
Holly le strinse la mano per dirle che aveva capito e poi fece un passo indietro, liberandola dalla sua presa.
In quel momento, una freccia si librò nell’aria e attraversò il petto di uno dei Cavalieri. Aveva i capelli dello stesso colore della donna, ma erano più corti e gli arrivavano solo alle spalle. Cadde per terra con gli occhi spalancati, un fiotto di sangue che gli colava dal petto, sporcando la sabbia chiara di rosso. Holly inorridì: non aveva mai visto nessuno morire.
Seguì la traiettoria della freccia e vide George, arco in mano e un’altra freccia pronta per essere scoccata. Al suo fianco c’erano Will, Cath e Rose, tutti e tre con in pugno una spada, l’ombra di un portale dietro di loro.
Holly non prestò attenzione a quello che accadde poi; iniziò a correre e ad allontanarsi dalla battaglia. Intravide sua madre scagliarsi contro uno dei Cavalieri con la sua spada. Holly non voleva lasciarla, ma l’unico modo per aiutarla era fare come le aveva detto e scappare via.
Holly corse lungo la riva del mare, dove la sabbia era bagnata e dove era più facile correre, fino a quando non sentì di aver messo abbastanza distanza tra sé e la battaglia. Poi iniziò a risalire la spiaggia, diretta verso il lungomare. Una volta raggiunta la strada, l’avrebbe attraversata e sarebbe arrivata a casa. Poteva farcela.
Holly stava correndo più veloce che poteva, ma non era abbastanza. Uno dei Cavalieri le piombò di fronte, a pochi passi da lei.
Holly squittì per lo spavento e cadde per terra. Quello la guardò con un ghigno malvagio e sfoderò un enorme spadone; Holly non aveva mai visto un’arma così grande e indietreggiò strisciando nella sabbia, che le graffiava le mani e le ginocchia.
«Ethna vuole prenderti viva» le disse quello. La sua voce era fredda, metallica quasi. Holly era paralizzata. «Ma penso sia più divertente ucciderti adesso e portare il tuo cadavere ai tuoi genitori». Alzò lo spadone su di lei e Holly era così spaventata da non riuscire neanche ad urlare.
E poi qualcosa trapassò il petto del Cavaliere, non una freccia come quelle di George, ma un pugnale. Un rivolo di sangue gli uscì dalla bocca mentre cadeva in ginocchio e si accasciava al suolo. Holly sapeva di doversi alzare in piedi e di dover scappare ma non riusciva a muoversi.
Alzò lo sguardo e vide suo padre che le si avvicinava e la prendeva in braccio, stringendola a sé così forte che le mancò l’aria per qualche secondo. Solo una volta che fu tra le sue braccia, Holly si concesse di piangere.
«Va tutto bene, Holly» le disse lui, continuando a stringerla a sé. «Non ti succederà niente, non lo permetterò. Sono qui». Holly continuava ad avere paura, però ora si sentiva al sicuro perché sapeva che suo papà l’avrebbe portata in salvo.
«Will!» urlò poi lui, così forte che quasi stordì Holly. Will era impegnato a combattere contro due dei Cavalieri fatati e non lo sentì. Holly vide che altri Shadowhunters vestiti di nero erano arrivati, ma non riuscì a riconoscerli da lontano. Suo padre emise un verso frustrato. «Dannazione!» Poi premette il viso di Holly contro al suo collo. «Holly, chiudi gli occhi. Hai visto abbastanza».
Holly fece una cosa che faceva raramente: ubbidì a suo padre e chiuse gli occhi, continuando a singhiozzare. Non riusciva a smettere, si era spaventata così tanto, e sua mamma e sua sorella erano ancora lì…
«Ma la mamma e Rose?» chiese. La sua voce era debole, sottile, non sembrava neppure la sua.
«Staranno bene» suo padre aveva il fiatone. «Andra tutto bene, Holly, hai capito?»
Holly si aggrappò a lui e lo strinse anche lei, forte, permettendogli di portarla via dalle grida e dalle urla della battaglia.
 
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La prima cosa che Rose aveva visto quando aveva attraversato il portale era stato il mare. Aveva chiuso gli occhi, incapace di trattenersi, e si era abbandonata alla sensazione del vento che le accarezzava i capelli e del sole che le baciava il viso. La spiaggia le era mancata durante quelle settimane di reclusione forzata e avrebbe dato qualsiasi cosa per poterla riavere.
Il vibrare di un dardo che fendeva l’aria l’aveva però riportata bruscamente con i piedi per terra. Rose aveva aperto gli occhi e il peso della realtà si era riversato sulle sue spalle rischiando di schiacciarla al suolo. Al suo fianco George aveva scoccato una freccia, che si era andata a impiantare dritta nel petto di uno dei Cavalieri. Rose aveva visto sua madre sfoderare la spada e partire all’attacco, mentre sua sorella era scappata via. La vista di Holly era stata come una doccia fredda: Rose era tornata pienamente padrona di sé, la rabbia e l’adrenalina le uniche forze che la tenevano ancora in piedi e le impedivano di rannicchiarsi al suolo in preda all’orrore. Era stata sul punto di mettersi a correre verso di lei per portarla via, ma suo padre l’aveva preceduta e le stava già andando incontro con un pugnale in mano.
Rose aveva preso un respiro profondo, aveva sfoderato Cortana e poi aveva lanciato uno sguardo a Will. Se ne stava al suo fianco con gli occhi puntati sui Riders di Mannan e una spada angelica stretta nella mano destra, studiando il campo da battaglia ed elaborando la miglior strategia di attacco.
«George, tu resta indietro» aveva detto, i capelli biondi che risplendevano contro il cielo sereno. «Rose, vai ad aiutare tua madre. Cath, con me sul lato destro».
Avevano annuito tutti e tre senza discutere e poi tutto era diventato confuso.
Ora Rose stava correndo verso sua madre, che senza tenuta da combattimento e rune di resistenza e forza si trovava in evidente difficoltà. Ethna, la guerriera che sembrava nutrire l’odio maggiore nei loro confronti, l’aveva messa in ginocchio e torreggiava su di lei con espressione piena di odio. Il suo spadone rimaneva una delle armi più massicce e affilate che Rose avesse mai visto e, quando Ethna fece per abbassarlo contro sua madre, Rose si frappose tra loro con solo Cortana a proteggerla. Sentì il colpo vibrare attraverso Cortana e poi attraverso il proprio braccio, così forte che finì a terra per metà addosso a sua madre. Per un istante temette che Cortana si fosse spezzata, ma si diede subito della stupida, perché niente poteva spezzare Cortana. La spada infatti aveva incassato l’affondo senza piegarsi di un millimetro. Al contrario, Ethna venne sbalzata all’indietro ed emise un verso sorpreso. «Che cosa…?»
«Rose!» urlò invece sua madre. «Rose, vattene!»
Rose si tirò in piedi in fretta, Cortana sempre in pugno. Sentiva il braccio sinistro intorpidito, così passò la spada nella mano destra. Gli Shadowhunters avevano una mano dominante -la sinistra, nel caso di Rose- ma venivano allenati a usarle entrambe per qualsiasi evenienza.
«Si può sapere cosa ti è preso?» le urlò di rimando Rose. «Non hai nemmeno una runa! E per non parlare della tenuta da combattimento!»
«Sembri tuo padre» le rispose lei debolmente mentre si rimetteva in piedi a fatica e impugnava di nuovo la spada. Rose notò con orrore che i suoi jeans erano lacerati e impregnati di sangue sulla gamba sinistra. Senza fermarsi a riflettere, si sfilò lo stilo dalla cintura delle armi e glielo lanciò; lei lo afferrò e premette la punta sulla ferita, iniziando a dar forma a una runa di guarigione.
Nel frattempo, Ethna era tornata all’attacco e Rose parò un suo fendente, cercando di ritagliare a sua madre del tempo per applicarsi qualche runa che potesse aiutarla. Forza e resistenza, precisione e agilità, ma soprattutto degli iratze per curare la ferita alla gamba.
Vide con la coda dell’occhio Cath e Will tenere a bada i due Riders di Mannan restanti, e desiderò ardentemente andare ad aiutarli, ma non poteva lasciare sua madre in balia di Ethna, non in quelle condizioni.
«Se pensate davvero di poterci sconfiggere» sibilò quella, cercando di colpirla. «Siete degli sciocchi».
Rose parò di nuovo il colpo, arretrando verso il mare. Non poteva continuare a difendersi senza attaccare, perché Ethna la stava mettendo con le spalle al muro. Si spostò rapidamente di lato per evitare che lo spadone di Ethna le si conficcasse nello stomaco e le tirò un calcio nell’incavo del ginocchio, riuscendo a farla cadere per terra. Il prossimo passo sarebbe stato disarmarla, ma Ethna si stava già rialzando.
Emma però si era ripresa: la gamba non sanguinava più e lei sembrava più stabile sui propri piedi. Sollevò la spada per piantarla nel cuore di Ethna, ma quella fu più veloce e rotolò di lato per evitare il fendente, che andò a conficcarsi nella sua spalla. La guerriera digrignò i denti e lasciò andare il suo spadone. Rose gli diede un calcio e lo allontanò da lei. Poi alzò Cortana, come un boia pronto all’esecuzione, e improvvisamente le mancò la terra da sotto i piedi. Sentì sua madre urlare il suo nome mentre qualcuno la afferrava per il retro della giacca e la scaraventava via, lontano da Ethna.
Rose colpì il suolo con forza, provando una fitta di dolore alla tempia che le annebbiò la vista. Fortunatamente si trovavano in spiaggia e non sulle rocce, altrimenti avrebbe perso i sensi.
Tossì per cercare di riprendere fiato e si portò una mano alla testa per assicurarsi che non stesse perdendo sangue. Alzò lo sguardo e vide il suo assalitore, uno dei guerrieri che stava precedentemente combattendo con Cath e Will. Rose li cercò immediatamente con gli occhi, e li vide ancora presi dalla battaglia; Will teneva il braccio destro inerme lungo il corpo, segno che era stato ferito. Rose sentì il sapore metallico della rabbia in bocca.
Cadendo, aveva perso Cortana, che ora giaceva a qualche metro da lei. Rifletteva i raggi del sole e splendeva sulla sabbia come un gioiello dorato. Rose la riafferrò e si tirò in piedi, reprimendo un capogiro che rischiò di costringerla nuovamente a terra. Strinse più forte l’elsa della spada per riprendere l’equilibrio, ma quando riaprì gli occhi il Cavaliere si era voltato per raggiungere il suo compagno in difficoltà. Anche George aveva sfoderato una spada e aveva raggiunto gli altri, l’arco fissato sulla schiena.
Emma nel frattempo aveva estratto la propria spada dalla spalla di Ethna, e stava cercando di ucciderla, ma quella era riuscita ad alzarsi in piedi, armata di un coltello.
«Arrendetevi» disse Emma. «Siete rimasti solo in tre, e altri Shadowhunters stanno arrivando».
Prima di raggiungere la spiaggia, Rose e suo padre avevano mandato un messaggio di fuoco a Jace e Clary per informarli di quanto stava accadendo. Infatti, Rose non si stupì quando vide un portale aprirsi a pochi passi da lei. Da quello uscirono Simon e Clary, seguiti da Isabelle e il Console Gladstones in persona.
Ethna però non parve intimorita, alzò il capo con fare sprezzante e parlò con voce glaciale. «Mai».
Si gettò contro Emma e Rose represse un urlo. Emma però la schivò e la colpì alla gamba. Rose sfruttò quell’attimo di distrazione per farsi spazio verso il suo petto e piantarle la spada dritta nel cuore con tutta la forza che aveva. Ethna non gridò, si limitò ad emettere un verso strozzato e a spalancare gli occhi, incredula. Cadde sulla schiena, ma Rose non era soddisfatta. Era morta, e Rose era furiosa. La colpì di nuovo con la punta di Cortana, e poi ancora, e ancora, pensando alla sua Holly e alla paura che doveva avere avuto, agli incubi che i Riders avevano mandato alla sua famiglia, e a Cath morente sulle scogliere.
«Questo è per mia sorella» sibilò, colpendola di nuovo. «E questo per mia madre, e per Cath».
Era come se attorno a lei non esistesse più niente, solo il corpo di Ethna martoriato e il sangue che sporcava la sabbia e le schizzava sul viso. Continuò a colpirla in preda alla rabbia fino a quando non sentì le braccia di Will circondarle il petto e trascinarla via, sussurrandole qualcosa con voce gentile. Rose non capiva che cosa le stesse dicendo, ma lasciò che la stringesse a sé e che la portasse via. Si abbandonò contro di lui, premendo il viso contro al suo collo e sforzandosi di non mettersi a piangere.
«Va tutto bene, Rosie» le sussurrò Will. «È finita».
Quando si fu calmata, si allontanò leggermente. Will le tenne il braccio sinistro attorno alle spalle e Rose gli passò il destro attorno alla vita, così che si sostenessero a vicenda.
Mentre Rose e sua madre mettevano al tappeto Ethna, Will e Cath dovevano avere ucciso uno dei due Riders che stavano fronteggiando. Solo uno di loro era infatti rimasto in vita. Si trattava di Karn, uno dei Cavalieri che insieme a Delan ed Ethna aveva quasi ucciso Cath alle scogliere. Rose lo riconobbe dai capelli bronzei tagliati corti.
Stava in ginocchio davanti al console Gladstones, che lo guardava dall’alto verso il basso con fare sprezzante.
«Hai una scelta davanti a te» gli stava dicendo. «Puoi giurare fedeltà al re della Corte Unseelie e lavorare per lui, oppure morire adesso».
No, pensò Rose. Non meritava una scelta, sua sorella Holly non aveva avuto una scelta.
Anche sua madre pareva su tutte le furie, gli occhi che sparavano scintille e la mano sinistra stretta attorno all’elsa della spada. Una vena le pulsava sul collo.
Il Cavaliere però tacque, e Samantha Gladstones ringhiò tra i denti: «Non lo ripeterò un’altra volta…»
«No!» quella che Rose sentì però non era la sua voce, era quella di George. George durante i combattimenti restava sempre nelle retrovie per proteggere loro le spalle con le sue frecce. Ora li stava raggiungendo e sembrava un angelo vendicatore arrivato direttamente dall’Inferno.
Suo padre cercò di fermarlo, ma George se lo scrollò di dosso senza neanche degnarlo di uno sguardo, gli occhi scuri puntati su Karn. Incoccò una freccia sull’arco e, quasi senza neppure prendere la mira, gli trapassò il cranio con questa.
Il Console Gladstones parve oltraggiata, e guardò George a bocca aperta. «George Lovelace!» esclamò. «Come ti permetti di…»
«Hanno quasi ucciso Catherine» la interruppe lui, impassibile. «Hanno quasi ucciso Holly e hanno ucciso degli Shadowhunters. E' più sicuro così e non mi importa se finirò nei guai per questo».
Poi spostò lo sguardo su Cath, che lo stava osservano con gli occhi spalancati, e la sua espressione si addolcì. Le rivolse il più piccolo dei sorrisi prima di andarsene via, diretto verso l’Istituto.
Rose pensò di non avergli mai voluto così tanto bene in vita sua.
 
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Holly non seppe per quanto tempo rimase così, avvinghiata a suo padre come se fosse la sua ancora di salvezza nel bel mezzo di una tempesta, però in qualche modo riuscirono ad arrivare all’Istituto. Sentì suo padre aprire le grandi porte di legno ed entrare nell’atrio. Si mossero ancora, sembrava che stessero salendo le scale, Holly non ne era sicura. Forse la stava portando in infermeria. Non le importava.
«Puoi aprire gli occhi ora» le sussurrò gentilmente lui dopo una manciata di minuti. Si era fermato da qualche parte e a Holly sembrò che si fosse appoggiato al muro. «Guarda dove siamo».
Holly aprì gli occhi. La prima cosa che vide fu il suo viso, pallido per lo spavento e pieno di sollievo per essere riuscito a riportarla a casa, i suoi occhi dello stesso colore di quelli di Holly e i suoi capelli con i boccoli che le erano sempre piaciuti. Poi capì dove si trovavano: Holly riconobbe le pareti rosa chiaro con gli unicorni che proprio lui le aveva disegnato qualche anno addietro; i suoi giochi e il suo letto, il suo armadio e i suoi pastelli sparsi sul pavimento. Erano nella sua camera e lei non si era sbagliata, suo padre si era appoggiato al muro, come se non fosse più in grado di reggersi in piedi da solo. Stava tremando dalla testa ai piedi.
Sulla soglia della porta stavano suo zio Ty, Adrian, il suo amico Dan Ashdown e un altro ragazzo più grande, con i capelli scuri e la carnagione ambrata che Holly non aveva mai visto. Tutti e quattro la stavano guardando con espressione preoccupata.
«Sei al sicuro ora» disse di nuovo suo padre. Si lasciò scivolare contro al muro, fino a quando non furono seduti per terra, Holly a cavalcioni su di lui. «Dio mio, stai bene». Le prese il viso tra le mani e le diede un bacio sulla fronte, poi la avvolse tra le sue braccia e la strinse a sé. Holly sentì le sue dita premerle nella giacca, il suo cuore batterle forte sotto all’orecchio.
Si rese conto che gli voleva tanto bene anche se la faceva arrabbiare.
«Papà…» gli disse, con il labbro inferiore che tremava. «Mi dispiace tanto. Scusa, mi dispiace. Non è vero che ti odio».
«Shh» fece lui, accarezzandole i capelli gentilmente. «Lo so, piccolina».
Holly iniziò a piangere più forte. Piangeva così forte che le mancava l’aria. Suo padre iniziò a cullarla avanti e indietro e Holly si abbandonò contro di lui, incapace di fermare le lacrime.
«Ty». Julian stava chiamando suo fratello. «Ty, dov’è Magnus?»
«È nel labirinto spirale. Non sono riuscito a contattarlo. Però ho parlato con Catarina, mi ha suggerito un altro stregone» disse Ty. «Questo è Isaac Kaine, vive qui a Los Angeles».
Holly non vedeva il signor Kaine, dal momento che aveva ancora il viso seppellito contro al petto di suo padre, ma suppose si trattasse del ragazzo sulla ventina che era lì con loro. Non sapeva perché fosse lì, ma suo padre parve innervosirsi.
«Non ti conosco» disse. «Perché dovrei fidarmi di te, stregone?»
«Perché sono tutto ciò che hai» rispose quello. Aveva una bella voce, pensò Holly. Solare, sembrava che parlasse sempre con il sorriso sulle labbra. «Vuoi che quella povera creatura vada in shock?»
«Jules» disse Ty. «Non è Malcom. Non tutti gli stregoni sono Malcom».
Suo padre rimase in silenzio per parecchio tempo, poi Holly lo sentì muovere. Holly alzò il capo e vide lo stregone dargli una fialetta contenente un liquido trasparente. Lui la stappò e poi se la portò alle labbra, ma non bevve tutto il contenuto, era come se volesse solo assaggiarla.
«Mi hanno detto che ti piace il cioccolato».
Holly ci mise un istante di troppo per capire che Isaac Kaine stesse parlando con lei.
«A chi? A me?» chiese. Faceva ancora fatica a respirare e continuava a singhiozzare, ma Isaac le sorrise.
«Sì, mi hanno detto che ti piace il cioccolato, quindi ho preparato quella pozione con fragranza al cioccolato. Spero che non ti dispiaccia».
Holly lo guardò per qualche istante ancora, poi tirò su con il naso. «I tuoi occhi sono rosa».
«Sì. Ti piacciono?» chiese lui con un sorriso.
Holly annuì, il rosa era il suo colore preferito.
«Holly, tesoro, berresti un goccio di questo?» le chiese suo padre, quasi implorante. «Ti farà calmare un po’…»
Holly prese la fialetta senza pensarci due volte e mandò giù il suo contenuto. Isaac aveva ragione, sapeva di cioccolato. Fece effetto quasi istantaneamente. Holly sentì il proprio cuore rallentare e tornare a battere regolarmente, riusciva a respirare meglio e finalmente smise di piangere.
Holly si appoggiò a suo papà, il capo sulla sua spalla. Era molto stanca, ma non voleva dormire.
«Grazie, Isaac» disse Julian. «Lascia il conto nel mio ufficio».
Isaac si mise a ridere. «Non dovete pagarmi per così poco. So che i miei compagni stregoni sono molto cari, soprattutto quando si tratta di Shadowhunters, ma quella bambina non ha fatto niente di male. Non dovete pagarmi».
«Non mi piace avere debiti con stregoni».
«Nessun debito» disse Isaac. «Se vuoi possiamo dimenticare di esserci mai incontrati».
Isaac fece un occhiolino a Holly e poi andò via.
Adrian la osservò per qualche istante, i suoi occhi Blackthorn brillavano. Poi prese coraggio e le si avvicinò. «Mi dispiace, Holly. Per l’unicorno».
«Non l’avete visto, vero?» chiese lei.
Adrian scosse il capo in imbarazzo e lanciò un’occhiata mortificata al suo amico. Dan teneva lo sguardo fisso sul pavimento. Aveva i capelli castano chiaro, ma Holly non riusciva a vedere i suoi occhi.
«Dan mi ha detto di non farlo e di lasciarti stare, non siate arrabbiati con lui. È colpa mia, siate arrabbiati con me. Non pensavo che saresti uscita, ma soprattutto non sapevo che fosse pericoloso uscire».
«Nessuno è arrabbiato con nessuno, Adrian» disse Julian. Il ragazzino parve leggermente confortato da quelle parole, diede un bacio a Holly sul capo e poi se ne andò, seguito da Dan.
«Sento delle voci nell’atrio» disse Ty. «Vado a vedere cosa succede».
«Sono la mamma e Rose?» chiese Holly. Voleva vederle più di ogni altra cosa al mondo.
Suo padre annuì, osservando la porta e accarezzandole distrattamente la schiena. «Credo di sì».
Le voci che provenivano dall’ingresso si intensificarono, Holly riusciva a sentirle più chiaramente adesso, le parve addirittura di riuscire a distinguere quella di sua madre.
E poi la sua mamma era lì, sulla soglia della porta con i capelli che fuoriuscivano dalla treccia e un taglio sulla guancia.
Holly si tirò in piedi di scatto e le corse incontro. Emma si lasciò cadere in ginocchio e la abbracciò.
«Oddio» fece sua madre, stringendola forte. «Stai bene».
Holly si abbandonò contro di lei, beandosi del suo tocco e del suo profumo familiare. Sua mamma profumava sempre di rose e a Holly piaceva tanto.
«Stai bene» ripeté lei, allontanandosi leggermente per guardarla negli occhi. Stava piangendo e venne da piangere anche a Holly. Non aveva mai visto sua mamma piangere e non voleva che piangesse. «Mi dispiace tanto, bambina mia. Mi dispiace».
Holly le mise le mani sul viso e le asciugò le lacrime, poi le tirò su gli angoli della bocca con le dita per farla sorridere. Emma scoppiò a ridere tra le lacrime e la abbracciò di nuovo.
«Non sarei dovuta uscire» mugugnò Holly contro alla sua spalla. «Io…»
«Shh» la zittì sua mamma. «Non saresti dovuta uscire, ma l’importante è che ora tu stia bene».
«Dov’è Rose?»
«Sono qui». Rose era appena comparsa alle spalle di Emma. Holly si allontanò da sua madre e tese le braccia verso sua sorella, che la prese in braccio e le diede un bacio sulla guancia.
«Stai bene, Rosie?»
Rose si mise a ridere. Aveva i capelli scompigliati e la tenuta da combattimento tagliata sulla spalla, ma per il resto sembrava essere illesa. «Io sì, e tu?»
Holly annuì e le diede a sua volta un bacio sulla guancia. Rose si girò per guardare fuori dalla porta, probabilmente per controllare se Will stesse arrivando, e Holly vide sua madre avvicinarsi a suo padre e tendergli una mano per aiutarlo ad alzarsi da terra. Lui la accettò e, una volta in piedi, la attirò a sé e le diede un bacio sulla bocca. Holly fece una smorfia e distolse lo sguardo.
Sentì una mano accarezzarle i capelli e trovò Will che le sorrideva debolmente. Le era sempre piaciuto Will, era gentile e simpatico, e le portava sempre i cioccolatini, e Holly sperava tanto che sposasse Rose e andasse a vivere a Los Angeles con loro.
Rose la rimise per terra e sua madre le si avvicinò di nuovo. Le si inginocchiò di fronte e le passò le mani sulle spalle e sulle braccia, come a volersi assicurare che fosse tutta intera.
«Potrai anche chiamarti Blackthorn, Holly» le disse. «Ma nelle tue vene scorre il sangue dei Carstairs e lo sai cosa mi diceva sempre mio padre? Diceva che gli Shadowhunters sono le armi dell’Angelo. Tempraci nel fuoco e cresciamo più forti. Quando soffriamo, sopravviviamo. Cortana è fatta dello stesso acciaio e della stessa tempra di Gioiosa e Durlindana, e nonostante la spada sia di Rose, lo stesso acciaio scorre nelle tue vene, lo stesso fuoco» la guardò dritto negli occhi. Holly non era sicura di aver capito cosa sua madre intendesse ma non abbassò lo sguardo. «Tu sei quel fuoco. Tu sei quell’acciaio. E lo so che sei spaventata a morte, ma sopravvivrai, più forte di prima».
Tu sei quel fuoco. Tu sei quell’acciaio.
Holly ancora non lo sapeva, ma da quel momento si sarebbe ripetuta quelle parole come un mantra per superare tutti i suoi momenti più bui.
 
NOTE DELL'AUTRICE
Sono un po' emozionata perché questo è l'ultimo capitolo di questa long. Manca l'epilogo che, siccome sarà parecchio lungo, verrà diviso in due parti!
Risparmio i ringraziamenti strappalacrime per più avanti, quando la storia sarà davvero conclusa, però sappiate che sono abbastanza emozionata per essere arrivata fin qui. Vi ringrazio molto per averl letto e spero che il capitolo vi piaccia! <3
A presto

Francesca 
  
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