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Autore: Sapphire_    03/04/2018    4 recensioni
Tutti abbiamo un professore che odiamo in particolare, così anche Amelia.
Nel suo caso lui si chiama Alessandro Angelis, insegna matematica e fisica, è troppo bello ma anche troppo stronzo - e gode da matti a rifilarle insufficienze.
Il vero problema però si presenta quando la povera ragazza finisce per ritrovarselo a cena con i suoi genitori e l'unica cosa che può pensare, mentre lo guarda, è cosa abbia fatto di tanto male per meritarsi una punizione del genere.
~
Dal testo: "«Sto pensando di rimanere sempre sullo studio linguistico.» rispose.
«Fai bene, non credo che l’ambito scientifico possa offrirti concrete possibilità.» commentò con nonchalance Alessandro.
«Beh, a dire il vero» iniziò Amelia, mentre un pacato sorriso si apriva nel suo volto «sono contenta di non essere portata per le materie scientifiche. Secondo la mia esperienza sono adatte agli stronzi senza cuore.» fece candida e angelica.
Aveva appena dato dello "stronzo senza cuore" al proprio professore. Che la odiava."
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Anche se in ritardo… Buona Pasqua a tutti/e!
Sì, so che è martedì, ma ieri era Pasquetta e sono stata tutto il giorno fuori con amici, tornando alle tre di notte e non avevo proprio le forze di aggiornare!
Comunque sia, ecco a voi il tredicesimo capitolo della storia di Amelia e Alessandro. Sono perfettamente conscia che questo capitolo non è esaltante quanto alcuni dei precedenti, anzi, è piuttosto di passaggio, ma come al solito racchiude in sé avvenimenti utili in seguito!
Stay tuned per il prossimo capitolo, che sarà ricco di avvenimenti! Grazie ancora per continuare a leggere e commentare questa storia, siete un’enorme soddisfazione.
Buona lettura e alla prossima.
Un abbraccio!
 

~Sapphire_
 
 
PS: c’è una sorpresa più tardi, il mio modo per dirvi “Buona Pasqua”!
 


 
 
~La fisica dell’attrazione
 
 
 
 
 
Capitolo tredici
~
Di gite scolastiche e tentativi di pace
 
 
 
Vi prego, basta.
Amelia quel giorno proprio non riusciva più a reggere il ritmo incessante delle lezioni che si susseguivano una dopo l’altra senza il minimo cenno di pausa.
Dopo la fine del primo quadrimestre e l’inizio del secondo, i professori sembravano decisi a non dar loro un solo attimo di respiro, costringendoli a dei salti mortali tra interrogazioni, compiti in classe, conferenze di dubbio interesse con successive relazioni e voto annesso.
Era appena iniziata la quinta ora, di tedesco giusto per renderla pesante quanto bastava, e almeno gli interrogati non comprendevano Amelia che, da quando era iniziata l’ora, stava con la testa poggiata sul banco e la disperazione negli occhi.
Finì per incrociare lo sguardo con Anna che le sorrise e non poté fare a meno di ricambiare.
Erano uscite pochi giorni prima, lei, Anna e Sofia, finendo per andare proprio in quel nuovo locale di cui avevano parlato e trovandolo quanto mai piacevole.
Era stato divertente uscire con loro, Amelia non se l’aspettava, ma era contenta di avere qualcun altro su cui contare a scuola, dato come si era messa la situazione tra lei e Daniele: si sentivano praticamente mai, qualche chiacchiera giusto in classe, ma di altro il loro rapporto era piuttosto freddo. Amelia non poteva negare di esserne dispiaciuta, ma dopo le scuse che il ragazzo le rifilava senza troppi problemi non riusciva proprio a fare finta di nulla.
Ne aveva parlato con Nicole e lei si era limitata a borbottare insulti verso il povero ragazzo – prontamente ignorati dalla mora – ma di altro non aveva saputo consigliarle granché.
Sospirò mentre chiudeva gli occhi, sempre poggiata al banco, e cercò di non pensare a quella deprimente situazione – non che poi avesse qualcosa di più allegro a cui pensare, dato che la sua testa era divisa tra Daniele, la richiesta di Tommaso, la montagna di roba da studiare e ovviamente il caro professor Angelis, che da parecchi giorni faceva finta lei non esistesse.
Stava già per entrare nel tunnel buio e senza vie di uscite che costituiva quel triste argomento, fino a quando non bussarono alla porta della classe e senza troppe cerimonie entrò una bidella.
«C’è una circolare.» bofonchiò la donna con aria annoiata e la consegnò alla prof di tedesco che, con una smorfia, si accinse a leggerla in fretta per continuare l’interrogazione – nel frattempo i poveri studenti si affrettarono a sbirciare dal libro alcune risposte.
«La segreteria informa gli studenti che…» si interruppe, leggendo tra sé «Bla bla bla, niente di importante» bofonchiò la docente a bassa voce, poi continuò «La gita di classe quest’anno è prevista per i primi di marzo, la destinazione scelta è Parigi.»
A quelle parole si alzò subito un chiacchiericcio esaltato tra i vari studenti e anche Amelia tirò su la testa dal banco interessata.
Gita scolastica a Parigi?
«L’ammontare della quota sarà confermata fra una settimana, il modulo di accettazione firmato dai vostri genitori dovrà essere consegnato entro il venti di questo mese.» continuò la docente con aria annoiata – non le andava giù che ogni volta la meta scelta non comprendesse la Germania, utile per la sua materia.
«Ragazzi, datevi una calmata.» richiamò subito all’ordine la prof «Beh, maggiori informazioni verranno date nei prossimi giorni, quindi ora si torna subito all’interrogazione.» ordinò, per poi firmare la circolare e riconsegnarla alla bidella e ringraziarla.
Ma ormai in classe chi ascoltava più? I poveri interrogati furono costretti a concentrarsi di nuovo, ma il resto degli studenti era troppo preso a chiacchierare esaltato su quella novità e così fece anche Amelia, avvicinandosi ad Anna e Sofia cercando di non essere notata dalla prof – troppo impegnata a intimidire i poveri interrogati.
«Amelia, tu vieni, vero?» chiese subito Anna con un sorriso.
«Devo chiedere ai miei ma non dovrebbero fare problemi­.» rispose la mora sorridendo a sua volta.
«Magari riusciamo a stare tutte insieme in stanza.» propose Sofia e il sorriso di Amelia si ampliò.
«Certo!»
Dopo questo si voltò verso Daniele. Il ragazzo, con una vaga aria corrucciata, era impegnato a digitare qualcosa al telefono; come richiamato poi si voltò verso la mora e Amelia subito spostò lo sguardo in imbarazzo.
Devo parlarci.
 
«Dobbiamo parlare.»
Queste furono le parole di Amelia quando all’uscita bloccò Daniele che già correva verso la moto.
Il ragazzo si girò e puntò gli occhi azzurri verso la ragazza.
«Tu dici?»
Amelia fece una smorfia.
«Senti, non usare quel tono sarcastico con me.» iniziò infastidita «Non sono io quella che si sta comportando da stronza da più di un mese, tagliando fuori gli amici per pensare ai cazzi propri.»
Daniele si degnò di assumere un’aria colpevole e tacque.
Un grosso sospiro, poi le fece un accenno di sorriso.
«Pranziamo assieme?» propose.
Amelia fece finta di pensarci per qualche secondo, poi scrollò le spalle.
«Va bene.» disse solo, per poi afferrare il cellulare e mandare un rapido messaggio a sua madre. Dopo questo, prese il casco che l’amico le porgeva e salì in silenzio sulla moto con lui, lasciando che decidesse dove andare a mangiare – non che poi la stessa Amelia non lo sapesse, andavano sempre nello stesso posto, ovvero un piccolo fast food circa due isolati dopo la scuola specializzato di hamburger con prodotti tipici.
Stettero in silenzio mentre entravano nel locale, ordinavano per poi ricevere il pranzo seduti al tavolo in un angolo, il loro solito posto.
«Allora, quando ti decidi a parlare?» iniziò la mora, dando un morso al proprio panino.
Il ragazzo non la guardò, limitandosi in un primo momento a dare qualche morso a una patatina, poi sospirò.
«Non è stato un bel periodo per me, Ame. A casa la situazione sembra sempre peggiorare e i miei genitori non fanno altro che litigare mentre io devo pensare a distrarre Edoardo per non far sentire che mamma e papà litigano.» iniziò accennando al fratello minore «Alice poi non si fa mai vedere e se ne lava le mani di questa situazione, sembra dimenticarsi di avere due fratelli minori mollati a casa con due adulti che si comportano come due bambini.»
Amelia stette in silenzio, persa nei propri pensieri.
«So bene della situazione che c’è a casa tua, Daniele, e capisco che tu non ne voglia parlare, ma escludermi in questo modo non mi sembra da te.» disse infine, per poi lanciargli un lungo sguardo inquisitore «Sembra come che tu mi stia nascondendo qualcosa.» aggiunse.
Daniele arrossì e si prese qualche istante per mangiare – Amelia accettò quella pausa, continuando il proprio panino.
«A dire il vero…» iniziò il ragazzo, poi si interruppe e la mora notò come stesse arrossendo.
«Dio santo, dimmi cosa c’è!» lo spronò irritata.
«Mi sto sentendo con una persona.»
Amelia lo guardò stupita. Poggiò il panino con lentezza, si pulì la bocca con un tovagliolo e poi lo guardò spiazzata.
«Mi stai dicendo che per tutto questo tempo mi evitavi perché ti stai sentendo con qualcuna?» riuscì infine a dire.
Daniele, a quelle parole, si morse un labbro e prese un sorso d’acqua.
«Emh…» fece indeciso, poi alzò lo sguardo e la fissò traballante «Sì.» disse solo, per poi spostare in fretta gli occhi.
Amelia quasi scoppiò a ridere.
«Ma sei serio? Cioè, pensavo fosse chissà che cosa, e invece mi evitavi solo perché ti senti con una persona! Se me l’avessi detto non ti avrei fatto storie, capisco che tu voglia passarci del tempo insieme!» esclamò con sguardo ferito.
«Non è così semplice…»
«Non capisco dove sia la parte complicata.» rispose sarcastica la mora.
«Lascia stare.» borbottò Daniele a disagio.
«Chi sarebbe questa persona?» chiese ancora la ragazza.
Daniele fece una smorfia.
«Preferirei non dirtelo.» ammise.
Amelia lo guardò irritata.
«Perché?»
«Perché non c’è nulla di certo in questa cosa e preferirei non andare a sbandierarla in giro.» bofonchiò il giovane continuando a mangiare. Amelia lo guardò scettica.
«Hai diciotto anni e hai una ragazza, non capisco perché sia qualcosa da nascondere.» commentò.
Daniele le lanciò uno sguardo veloce.
«Non vuole che si sappia, punto.» disse.
Il suo tono fece capire chiaramente ad Amelia che il ragazzo non aveva altre intenzioni di continuare il discorso e perciò tacque – non era per niente felice di tutto quello, ma cosa altro poteva fare? Daniele le aveva comunque dimostrato che ci teneva a quell’amicizia, anche se non voleva sbilanciarsi troppo con quel genere di cose – anche se Amelia non ne era troppo felice – ma lui era sempre stato riservato e alla fine non poteva iniziare a sputare sentenze su una ipotetica relazione dell’amico.
Per questo motivo sospirò.
«Va bene, come vuoi, non ti farò altre domande.» rispose piatta.
Daniele, dall’altra parte del tavolo, alzò lo sguardo e i suoi occhi azzurri parvero illuminarsi.
«Grazie.» disse solo. Amelia si limitò a fare un cenno, per poi riprendere a mangiare.
Passarono un paio di minuti in totale silenzio, ognuno concentrato sui propri pensieri mentre in sottofondo c’era il vago brusio della radio e del chiacchiericcio dei vari clienti.
«Beh, com’è la situazione con Angelis?»
Amelia aveva scelto un pessimo momento per prendere un sorso d’acqua, perché a sentire quelle parole le andò tutto di traverso e iniziò a tossire come una forsennata, cercando di prendere fiato.
Daniele quasi le scoppiò a ridere in faccia.
«Che reazione!» commentò divertito.
«Bastardo.» borbottò Amelia mentre pian piano si riprendeva – si sentiva rossa in volto, e non era sicura fosse solo per l’acqua di traverso.
«Non mi hai risposto.» la stuzzicò il ragazzo.
«Tu puoi non rispondere ma io devo per forza?» frecciò la mora.
Daniele si adombrò nel giro di un secondo e subito Amelia si sentì una stronza, decidendo di ritrattare.
«Va bene, la smetto con queste battute.» borbottò «Cosa vuoi sapere?»
Il ragazzo colse al volo quel cambio di argomento e le rivolse un sorriso angelico.
«Beh, le ultime cose che so sono il bacio in discoteca e poi durante le vacanze di Natale mi hai parlato di quel pomeriggio al centro commerciale. Cosa c’è di nuovo?»
«Cosa ti fa credere che ci sia qualcosa di nuovo?» replicò a tono Amelia.
Daniele fece un sorriso perfido.
«Forse perché lo guardi con un’aria dannatamente mesta e penosa o forse perché lui ti evita come se fossi l’Anticristo.» celiò sarcastico.
«Divertente.» commentò acida Amelia, per poi cambiare subito tono a favore di uno disperato «Davvero credi mi eviti?» piagnucolò.
«Ha preferito andare alle macchinette del secondo piano appena ha visto che facevi la fila per quelle del primo.» rivelò il giovane.
Amelia sbiancò.
«Seriamente?»
Daniele fece una smorfia.
«Sì, l’ho notato subito. Mi spiace.» poi la fissò «Cosa è successo da renderlo così?» insistette.
Amelia si morse un labbro e abbassò lo sguardo, a disagio – non che avesse particolare voglia di parlarne, ma alla fine lui sapeva già abbastanza per sputtanarla in giro e non lo aveva ancora fatto, tanto valeva…
«Un giorno, durante le vacanze, mi ha fatto ripetizioni.»
«Ripetizioni? E come?»
«Lascia stare, storia lunga e c’entrano mia madre e sua madre.» borbottò la ragazza facendo un vago gesto con la mano «Insomma, andava tutto bene, era chiaro, stavo seguendo, poi abbiamo fatto una pausa.»
«Ti prego, dimmi che non avete finito per scopare sul tavolo del soggiorno e vi ha colti tua madre sul fatto.»
«Daniele!»
«Oddio, vi ha visti tuo padre.»
«Cazzo, la vuoi smettere?» quasi strillò la mora, arrossendo fino all’inverosimile mentre l’amico scoppiava a ridere divertito.
«Ok, ok, la smetto. Era troppo divertente, scusa.» disse fra le risa e ricevendosi un’occhiata truce dall’altra.
«Comunque, stavamo chiacchierando – una vera conversazione civile, strano a dirsi – poi ha iniziato a fare battute, commenti strani, si è avvicinato e per un attimo ho creduto ci stesse provando con me.» pigolò Amelia e, chinando la testa, parve volersi fare più piccola sulla sedia.
Daniele la fissò serio.
«E…?»
«E niente, stava solo scherzando, è scoppiato a ridere vedendo la mia reazione e mi ha detto che mai si azzarderebbe a toccarmi.»
«Ahi.» commentò Daniele con una smorfia, poi vide il sorriso triste di Amelia e si preoccupò.
«Quell’espressione non mi piace. Che è successo?»
La ragazza sospirò.
«Me la sono presa – com’è giusto che sia, credo, ma diciamo che ho esagerato. Non volevo farlo, ho sempre pensato di tenerglielo nascosto dato che credeva di essersene dimenticato…»
Daniele parve comprendere al volo.
«Non dirmi che…»
«Sì.» lo interruppe Amelia «Gli ho detto del bacio. Gli ho detto che non può dire che non si azzarderebbe mai a toccarmi, se in fondo è stato lui stesso a baciarmi.»
«E lui?»
«Lui non ci stava credendo, poi però mi ha rivelato che aveva qualche vago ricordo della cosa ma pensava di essersela immaginata, e abbiamo iniziato ad alzare la voce, mio padre è tornato e…» si interruppe, non sapendo più come continuare, poi il suo sguardo si fece più lucido e decisa a non piangere né lì né per un motivo del genere, si costrinse a sorridere e a sbattere le palpebre per far passare il momento.
Daniele la fissava ancora in silenzio.
«Poi sai cosa è successo? Mi ha detto che sono una sua studentessa, che non era così semplice da prendere il discorso, gli ho detto che allora avrebbe potuto evitare di baciarmi. Sai cosa mi ha risposto?» fece retorica – non attese infatti la risposta di Daniele, già attento al discorso.
«Mi ha detto “facile a dirsi”.»
Attimi di silenzio in cui nessuno dei due sapeva bene cosa dire, poi il ragazzo prese un sorso d’acqua e si decise a parlare.
«Queste non sono le parole di una persona che non è per niente interessata.» commentò piatto.
«Tu dici? Nemmeno per me.» rispose atona l’altra.
«E dopo questo?»
«Dopo questo niente.» fece irritata Amelia «Ha fatto finta di niente, non mi guarda manco in faccia, io non sono più andata a pranzo da loro nonostante mi abbiano invitata, per fortuna mia madre non ha insistito. Però a scuola è come se io non esista, sembra che non sia successo nulla fra di noi, so anche che non può fare nulla perché cazzo, sono una sua studentessa, ma ignorarmi così…» la voce le mancò e spostò lo sguardo a disagio – era anche in attesa di una risposta di Daniele, cercava commenti da altri perché lei non sapeva più cosa pensare.
«Io credo» iniziò il ragazzo, per poi schiarirsi la gola con aria indecisa «che lui sia interessato a te. Insomma, è attratto e non so se solo fisicamente, ma rimani una sua alunna e credo che sia difficile per lui quanto lo è per te. Rischia molto di più, Amelia, questo lo sai.»
«Sì.»
«Ecco, forse non sa come comportarsi e per questo ti evita. Cerca di fare la cosa giusta senza rendersi conto che ti ferisce-»
«Ah, io credo lo sappia eccome.» lo interruppe amara la giovane, venendo subito ignorata.
«Comunque sia, se davvero ti piace come mi sembra forse non dovresti mollare così in fretta. Per carità, sono il primo che ti dice di fare attenzione perché potresti finire male – e sai di cosa parlo. Però, tutto sommato, secondo le varie precauzioni che prendi, perché no? Non ti sei più data un’occasione dopo la storia di quello stronzo di Giacomo, forse è la volta buona. Alla fine, inoltre, mancano solo pochi mesi al diploma e poi sareste liberi di fare quello che volete, nessuno potrà dirvi nulla.»
«Tranne i nostri genitori e il fatto che abbiamo un sacco di anni di differenza tra noi.»
«Sono solo nove, che sarà mai.» fece annoiato Daniele. Amelia lo guardò confusa.
«Come lo sai?»
«Ho controllato.» replicò angelico il ragazzo e la mora si costrinse a non rimproverarlo.
«Sono comunque molti anni, non è così semplice. Io devo studiare, lui ha già un lavoro e una sua vita, poi…» si interruppe, rendendosi conto delle proprie parole «Aspetta, sto davvero parlando di una concreta possibilità tra me e lui? Sono fuori di testa.» esalò scioccata.
Daniele fece un vago gesto con la mano.
«Ora come ora non pensarci troppo, vedi come vanno le cose e poi comportati di conseguenza.» concluse il riccio con un sorriso splendente che contrastava con l’espressione corrucciata di Amelia.
«Tu dici?»
«Fidati di me.»
Oh, è di me che non mi fido.
 
 
 
 
 
 
 
Easter’ Special
(e poi non dite che non vi voglio bene)
 

 
«Che faccia che hai.»
«Taci.»
Emanuele alzò gli occhi al cielo con finta aria esasperata e Alessandro lo ignorò platealmente, troppo impegnato a stapparsi una bottiglia di vino e prendere due bicchieri.
Sotto lo sguardo del suo migliore amico se ne versò un generoso bicchiere e si attaccò ad esso senza troppi complimenti.
«Che è successo?» insistette l’altro uomo.
Alessandro lo ignorò ancora, preso dai propri pensieri – che, guarda caso, coinvolgevano una ragazza dai ricci indomabili, un caffè freddato e rivelazioni quanto mai inopportune.
«Dio santo, Alex, dimmi qualcosa prima di farti prendere da un attacco isterico.» bofonchiò l’altro esasperato, prendendo il bicchiere che il moro gli porgeva.
«Ho scoperto che è successo quella notte in discoteca.»
Tono duro, gelido e indifferente. Emanuele però non si lasciò ingannare, conosceva da troppo tempo l’amico per farsi fregare da quella finta indifferenza che il moro usava come maschera quasi perenne.
«Oh. E allora?» domandò ancora, incuriosito.
Alessandro fece una smorfia ripensando alle parole che Amelia gli aveva rivolto.
«L’ho baciata.»
Silenzio.
O, almeno, silenzio per i primi dieci secondi.
Subito dopo per l’open space della casa del moro si diffuse una risata dapprima soffocata, poi sempre più plateale e infine sguaiata e divertita all’eccesso.
«Bastardo.» sibilò il moro in direzione dell’amico, osservandolo mentre lasciava andare la testa dai lunghi e mossi capelli biondo scuro, preso dagli squassi delle risa.
«Oddio… Hai baciato una tua alunna… Una tua alunna!» riuscì a dire Emanuele continuando a sghignazzare senza pietà.
Alessandro alzò gli occhi al cielo.
«Sì, lo so. Ti prego, non ridere, sto già pensando su come suicidarmi per conto mio.» sibilò.
Emanuele, dopo aver riso per ancora qualche minuto, si asciugò infine le lacrime e lo fissò divertito.
«E come l’hai scoperto?»
«Oggi dovevo andare a farle ripetizioni – mi ha obbligato mia madre, lascia stare – e diciamo che posso averla presa in giro con qualche atteggiamento, ecco.» borbottò un poco a disagio.
Vide con la coda dell’occhio l’altro che lo fissava divertito.
«Eh, immagino come tu possa esserti preso gioco di lei.» replicò soave «E quindi?»
«E quindi quella stronza mi ha rivelato che l’ho baciata in discoteca – cioè, mi aveva detto che non ci fosse stato nulla tranne alcune chiacchiere! E invece oggi scopro che le ho parlato addirittura di Eleonora. Dovevo essere impazzito.»
«O solo molto ubriaco.» commentò pragmatico il biondo.
Alessandro fece una smorfia colpevole continuando a sorseggiare il vino – eliminare i problemi con l’alcol, che ragazzino.
«Non sai che fare, suppongo.»
Il moro gli lanciò un’occhiata.
«Beh, ho baciato una studentessa, che dovrei fare secondo te?»
«Io me la porterei a letto, giusto per concludere.»
Strano! Quando mai Emanuele non si sarebbe approfittato di una giovane fanciulla innamorata – ah, no, lei non era innamorata però. Ma aveva una pesantissima cotta, Alessandro se n’era ovviamente accorto.
«Qualche suggerimento intelligente?» lo ignorò Alessandro.
Emanuele sbuffò divertito.
«Senti, cosa vuoi che ti dica? Eri ubriaco, alla fine non è totalmente colpa tua. Cioè, sì, ma chi avrebbe mai potuto supporre fosse in quella discoteca? È stato solo un incidente, non pensarci.»
Facile a dirsi, dato che quel demonio se lo ritrovava in classe poi!
Non sapeva più chi avesse il coltello dalla parte del manico ormai: lui era il professore e poteva seriamente metterla in difficoltà con la scuola, ma lei poteva sempre minacciarlo con quel bacio – anche se dubitava fortemente l’avrebbe mai fatto. Così come lui non avrebbe usato il proprio potere all’interno della scuola per fare lo stronzo.
O almeno non troppo, si corresse perfido.
La cosa peggiore era un’altra però: ciò che lo faceva incazzare era che non si ricordava del bacio.
Lui voleva ricordarselo, per il semplice fatto che moriva dalla voglia di poter ripercorrere ogni qual volta lo volesse quei momenti e cullarcisi all’interno – non poteva di certo ribaciarla.
«Credo di essere interessato a lei.» ammise.
«Ma va?» fu la pronta risposta.
Alessandro guardò male l’amico che, di risposta, gli fece un sorriso innocente.
«Si notava da tempo, eh. Non mi stupisce questa tua affermazione, non fai altro che parlare di lei.»
«Io non parlo sempre di lei!»
«No, infatti, la inserisci solo in tutti i discorsi relativi alla scuola o ai tuoi genitori.»
«Fottiti.»
«Con piacere, ma dopo.» celiò sarcastico il biondo.
Alessandro fece un verso esasperato e si buttò sul divano.
«Se qualcuno a scuola lo scoprisse sarei nella merda.»
«Assolutamente sì.»
Ah, il caro Emanuele. Sapeva sempre come far sentire meglio le persone – ora che ci pensava, perché era amico di quello stronzo?
«Credo che farò finta di nulla.»
L’epifania lo colse in quel momento e dopo quelle parole si illuminò come un albero di Natale, un sorriso splendente che gli era spuntato in volto.
Il biondo lo guardava poco convinto.
«Tu credi sia una buona idea?» borbottò.
«Ma certo!» si alzò in preda all’entusiasmo «La ignoro, così a lei passa, a me pure, e fine di tutto questo casino!»
«Certo, poi divento il nuovo Papa e spunteranno unicorni dal cielo a portare il messaggio dell’Apocalisse.» fu la risposta sarcastica seguita da uno sguardo sconvolto «Ma ti ascolti quando parli?»
Alessandro fece il muso – ventisette anni buttati nel cesso.
«Potrebbe essere un’idea.» si giustificò.
«Sì, se non vi vedeste più per tutto il resto della vostra vita.» commentò acido il biondo «Ma dato che non sarà così per quella ragazzina la cotta andrà sempre peggio, anche perché tu farai lo stronzo in classe e quindi le piacerai ancora di più – ho ragione io e tu lo sai, le diciottenni sono fatte così – tu invece non te la farai passare fino a quanto non te la porti a letto.» commentò Emanuele convinto.
Alessandro tacque, improvvisamente colpito dall’ultima frase dell’amico.
Davvero mi passerà una volta che me la porto a letto?
Bella domanda.
«Tu credi…» si interruppe, poco convinto, poi continuò «…che una volta che ci faccio sesso poi finisca tutto l’interesse che ho per lei?»
Il silenzio che si venne a creare era pesante e quasi fastidioso.
Alessandro aveva paura della risposta, Emanuele…
«Lo spero per te, amico.» disse solo.
E ad Alessandro non rimase che chinare la testa, quasi sconfitto, pensando al mare di merda in cui si ritrovava a nuotare.
Ma chi me l’ha fatto fare a diventare insegnante?

 
  
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