Parte Quarta
Il corpo di Finn lentamente
svanisce, si dissolve tra le mie braccia...
Resto sola a stringere me
stessa.
Apro gli occhi e una
sensazione diversa invade i miei sensi ed è dolcemente
familiare. Mi
sento più leggera e sollevata. Non provo più quel
fastidioso senso
di vertigine ma sono stabile sulle mie gambe e di nuovo padrona del
mio corpo. L'ambiente che mi circonda mi restituisce un'immagine
concreta e reale.
La
spirale degli eventi del passato, nel quale ero rimasta imprigionata,
si è finalmente dissolta lasciandomi libera. Sono di nuovo a
casa,
al sicuro su Arl-Hach.
Deve
essere accaduto tutto in pochi minuti, anche se il tempo mi
è parso
scorrere molto più lentamente. Non
mi trovo più sul vialetto di pietre ma sono giunta fin sulla
collina
poco distante da casa. Devo aver camminato in modo inconscio.
I
due soli di Arl-Hach
calano veloci incendiando il cielo all'orizzonte. È
incredibile come il tramonto sia così simile a quello
dell'isola di
Ahch-To. Una leggera brezza scuote appena le fronde degli alberi
secolari e rinfresca l'aria della sera, mi scompiglia impertinente i
capelli sciolti, carezzandomi il viso.
Il contrasto con la violenza
di quello ho appena vissuto mi ha annichilito. Ho bisogno di
espandere di nuovo i miei sensi. Respiro profondamente lasciandomi
cullare da questa sensazione familiare, così rassicurante.
La stessa
pace vorrei poterla percepire nel mio cuore.
Un
pensiero doloroso invece comincia a farsi strada nella mia mente ed
è
come una ferita aperta che ricomincia a sanguinare. Perché
ho
rivissuto quella parte della mia vita in modo così reale ed
intenso?
Non è stato come le visioni che mi coglievano di sorpresa in
passato, lasciandomi con mille interrogativi. È
stato molto più violento e concreto, qualcosa a cui non sono
riuscita a ribellarmi.
Come
se la Forza stessa volesse impedirmi di andare oltre e tenermi
ancorata al passato per mostrarmi ancora qualcosa.
Non posso guardare al
futuro, non è ancora il momento. C'è una cosa che
è rimasta
irrisolta e che, mio malgrado, devo affrontare. Continuare ad
ignorarla o fuggirla, non mi sarà di nessun aiuto.
“Rey!”
La
voce di Ben mi sorprende alle spalle e vengo colta da un sussulto. Mi
volto e me lo ritrovo davanti a poca distanza. La sua immagine,
illuminata dagli ultimi raggi dorati, mi coglie impreparata e quasi
mi spaventa. La sfumatura calda che gli dona il tramonto lo fa
apparire quasi come un essere ultraterreno mentre la leggera brezza
gli scompiglia impertinente i capelli neri. Metto a fuoco il suo viso
e mi accorgo che mi
sta guardando con un'espressione stravolta e il fiato spezzato dalla
corsa fatta per raggiungermi. Lo fisso, incerta su come comportarmi.
“Perché
sei venuto fin qui?” rompo il silenzio con diffidenza.
“Mi
hai chiamato,” risponde schietto, mentre il suo petto si
solleva
più lentamente e il respiro diventa più regolare.
Continua a
guardarmi senza parlare aumentando il mio disagio.
“Non
ti ho chiamato,” gli faccio notare, assottigliando lo sguardo
e
corrugando la fronte. Ricordo bene di aver solo desiderato di
chiedergli aiuto.
Mi afferra per le braccia e
mi strattona leggermente. “Mi hai chiamato, ti dico. L' ho
sentito
chiaramente,” quasi mi aggredisce e il mio sangue si gela,
non
riesco a nascondere la sorpresa e l'inquietudine che quelle parole mi
suscitano dentro. Un'atroce consapevolezza si insinua prepotente
nella mia mente.
“Cos'altro
hai sentito... o visto?” chiedo incerta, mentre il fiato mi
si
spezza in gola, rendendomi conto di essermi addentrata in un terreno
insidioso.
“Tutto
quanto,” mi confida, mordendosi il labbro inferiore,
inspirando
nervosamente allargando appena le narici.
Resto impietrita.
Molte volte ho immaginato
come sarebbe stato questo momento, come avrei dovuto affrontarlo e
reagire, ma in questo istante mi scopro totalmente impreparata e
vulnerabile.
Ben distoglie finalmente gli
occhi da me per fissare un punto indefinito, donandomi un lieve senso
di sollievo. Mentalmente gliene sono grata, non avrei potuto
sopportare ancora per molto il peso del suo sguardo.
“È
questo che è successo, dunque,” riprende in tono
duro, incapace di
nascondere il senso di amarezza.
Chiudo
gli occhi e chino la testa per evitare di trasmettergli il mio
disagio. È
ridicolo, lo so, e forse anche infantile da parte mia. Ma mi ero
talmente affezionata alla nostra vita equilibrata, tranquilla e
soprattutto anonima da desiderare, con tutte le mie forze, che le
cose non cambiassero mai. Sono consapevole di aver commesso un
grosso errore a tenerlo volutamente all'oscuro di quello che
è
accaduto. Ed ora me ne vergogno immensamente.
Dentro di me ho sempre
saputo che il paradiso ideale in cui mi sono rifugiata con lui, non
sarebbe potuto durare a lungo; Ben avrebbe dovuto affrontare i suoi
demoni interiori, prima o poi, e io avrei dovuto affrontare l'essenza
oscura di se stesso: Kylo Ren.
Ma è stato bello vivere
un'esistenza normale, assaporare, anche solo per poco, la sensazione
di avere qualcuno accanto che è riuscito a farti dimenticare
la
solitudine. Costruire una casa, pietra dopo pietra, partendo da un
rudere abbandonato vicino ad un ruscello rumoroso, fare l'amore sotto
le stelle, con la sola compagnia del crepitio di un fuoco acceso,
addormentarsi tra le braccia di qualcuno che ti infonde protezione,
senza più soffrire i morsi della fame. Il tempo trascorso su
Arl-Hach mi ha dimostrato che Ben Solo non è morto, ma
è più vivo
che mai.
“Hai
ricordato tutto?” La mia è una constatazione
più che una domanda.
“L'ho
visto nella tua mente. Me l'hai mostrato tu.” Lo sguardo di
Ben
torna su di me in modo crudele e mi accorgo con angoscia che ha gli
occhi lucidi e arrossati. Nonostante tutto riesce a trattenere le
lacrime, ma lo stesso non si può dire per me.
A questo punto è inutile
continuare a reprimere la mia capacità di sondare i suoi
pensieri e
mi riapro totalmente alla Forza. Percepisco un turbine di sentimenti
contrastanti che lo stanno dilaniando e la sua intensità mi
colpisce
violenta come uno schiaffo, lasciandomi stordita.
“Io
non ho fatto niente,” reagisco d'impulso,
“è stato qualcosa
indipendente dalla mia volontà,” tento di
giustificarmi ma un
terribile sospetto si insinua impietoso nella mia mente. “Sei
stato
tu,” lo accuso incauta, “tu hai scatenato tutto
questo. Da quanto
tempo stai cercando di entrare nella mia testa?” La mia
reazione è
eccessiva e fin troppo animata, ma Ben accoglie le mie accuse con
un'espressione risoluta e imperturbabile.
“No.
Il richiamo proveniva da te,” taglia corto deciso, con una
crudezza
che non manifestava da molto tempo, e nella mia mente ormai regna la
confusione più assoluta.
Cosa mi sta succedendo?
Cosa
ci
sta
succedendo?
“Perché
mi hai portato qui, nel luogo più insignificante e sperduto
dell'Orlo Esterno? Che cosa volevi fare Rey? Qual era il tuo
piano?”
mi accusa, senza lasciarmi il tempo di reagire o difendermi.
“Mi
hai nascosto volutamente il passato per tenermi lontano dai tuoi
amici? Cosa credevi che sarebbe successo? Di cosa avevi
paura?”
Insiste con i suoi assurdi deliri mentali e a me inizia a mancare il
terreno sotto i piedi. Mi sento debole, mi gira la testa, ma cerco
tenacemente di non perdere il controllo di me.
“Non
l'ho fatto per loro. Ti ho portato qui per salvarti la vita!”
Istintivamente lo urlo, perché solo aggredendolo brutalmente
ho
qualche speranza di sopraffarlo ed interrompere le sue accuse.
“E
cosa avresti dovuto fare se avessi recuperato la memoria? Se fossi
diventato pericoloso per la tua tanto amata Resistenza?”
continua
crudele, “quali erano i tuoi ordini Rey?”
Sospiro
sconfortata, sostenendo a stento il suo sguardo di fuoco. Lo detesto
profondamente quando trae conclusioni affrettate senza riflettere o
temere di ferire. Non
ha perso quella sua maledetta abitudine di inveire senza curarsi
minimamente delle conseguenze.
Scuoto la testa delusa e mi lascio andare ad uno sfogo disperato.
“Non
posso credere che, dopo tutto quello che c'è stato tra noi,
dopo
tutto quello che abbiamo condiviso, tu mi ritenga capace di colpirti
alle spalle...” La mia indignazione fa effetto e lo vedo
indietreggiare e calmarsi. Ma temo sia solo una calma apparente. Ha
capito di aver esagerato e lo sento meno ostile.
Percepisco
chiaramente il conflitto che è in lui. Ora mi guarda con
un'espressione smarrita e l'inquietudine si impossessa dei miei
sensi. So che mi sto muovendo su un campo minato, ma non posso
impedire che tutti i sentimenti contrastanti che sta provando lo
travolgano come un'onda impetuosa.
Lui abbassa lo sguardo e
sembra riflettere tra sé, poi scuote la testa nervoso e
torna a
fissarmi. “Hai avuto pietà di me? Per questo hai
inscenato tutta
questa commedia?”
Insiste col filone dei
discorsi distruttivi e a me inizia a crescere il desiderio di
prenderlo a sberle, però mi trattengo.
“Non voglio la tua
pietà,
Rey,” mi rinfaccia in tono tagliente, scuotendo lentamente la
testa. Ora ha davvero superato ogni limite.
Fisso il suo viso sconvolta,
ma il suo sguardo è tristemente serio, ha le labbra
tremanti, il
respiro nervoso. Mi sembra di avere di nuovo davanti il ragazzino
arrabbiato contro l'universo, che si sente tradito da tutti. I passi
fatti in avanti, nel nostro rapporto mi appaiono irrimediabilmente
persi. Non posso credere che dubiti ancora dei sentimenti che provo
per lui, che non si fidi di me e mi ritenga capace di eliminarlo a
sangue freddo. Non me lo merito.
“La
pietà non c'entra, Ben,” lo aggredisco tutt'altro
che dolcemente,
“idiota maledetto...” sibilo tra i denti.
“Tu sai perché l'ho
fatto. Se adesso puoi leggere dentro di me, sai che non ti sto
mentendo. Tu mi hai salvata... ed io ho salvato te.”
Mi
avvicino a lui e gli poso entrambi i palmi sul petto ampio,
lievemente ansimante per l'enfasi del momento. “Siamo
solo noi... Ricordi? Abbiamo
costruito qualcosa qui, qualcosa di importante. Questo non ha
nessun valore per te?” Lascio
scivolare le mani lungo le clavicole, le spalle possenti, fino ad
unirle dietro il collo. Istintivamente lo stringo e lui si china
leggermente per lasciarsi abbracciare, ma lo sento ancora distante.
Spero che abbia la forza e
il coraggio di aprirsi e che non si chiuda in se stesso come faceva
un tempo, quando troncava brutalmente le nostre connessioni, tornando
ad essere un enigma, impedendomi di comprenderlo.
In modo molto brusco però
lui solleva entrambe le mani e mi afferra i polsi sciogliendosi dal
mio abbraccio, continuando a tenermi stretta fin quasi a farmi male.
So che non lo sta facendo con l'intenzione di provocarmi dolore, ma
riesce comunque a mettermi a disagio.
“Sento
qualcosa anch'io... È
una sensazione. Ed
è da un po' che succede,” cautamente si apre.
“Una
sensazione?” chiedo col cuore in gola. È
forse la stessa che sta tormentando anche me? “La sento anche
io,”
mi affretto a confessargli.
Scuote la testa come se
volesse negare quello che gli ho appena confidato. Stringe
più forte
e non gli sfugge la mia impercettibile smorfia di dolore. “No.
La sento dentro di te...”
Il mio cuore manca un
battito mentre gli sento pronunciare quelle parole, non capisco cosa
voglia dire. Cosa percepisce esattamente? E perché ne
è così
turbato?
“Cosa
ti sta succedendo Rey?” mi fredda lasciando finalmente la
presa
dolorosa sui miei polsi, con un'espressione indecifrabile.
Abbasso la testa sconfitta
fissando i miei piedi con gli occhi sgranati, senza vederli realmente,
incapace di dargli una
risposta. Credevo che il problema fosse lui, e che qualcosa di
pericoloso si stesse muovendo nell'ombra tentando di portarmelo via
di nuovo. Non posso credere che sia stata io stessa a costringerlo a
ricordare tutto quello che ha passato. Non lo avrei mai fatto
intenzionalmente, o peggio razionalmente.
Di fronte alla mia
incapacità di comprenderlo, si allontana, visibilmente
alterato,
senza più dire una parola. Ed io non posso fare altro che
osservarlo
mentre scende risoluto lungo la collina, lasciandomi sola con la mia
insicurezza, con i miei sensi di colpa e con la consapevolezza di
essere impotente.
Ormai è completamente buio.
L'oscurità che mi ha colta e mi circonda, è
un'amara metafora di
quello che sta succedendo tra noi. Adesso ho ancora più
freddo.
Sollevo lo sguardo e scopro
il cielo stranamente sereno, un manto di velluto nero e denso,
trapuntato di stelle luminose. Sospiro. Il vuoto che sento dentro di
me è pari alla vastità del cosmo.
Lentamente riprendo la
strada verso casa, cercando di trovare una spiegazione a quello che
è
appena successo e dare un senso alla reazione di Ben. Ritrovare se
stesso e i suoi ricordi in modo così brutale deve avergli
riaperto
ferite insanabili e provocato un dolore inimmaginabile. Eppure io
sento che c'è qualcos'altro che mi sfugge e che non sono
ancora
riuscita ad identificare. Qualcosa che cerca di insinuarsi tra noi.
Riordino i pensieri per
cercare di fare chiarezza nella mia mente. Entrambi abbiamo percepito
qualcosa che ha scatenato in me il flusso di ricordi che mi ha
risucchiata, ma nello stesso tempo ha chiamato anche lui
permettendogli di condividere con me quell'esperienza.
Io credevo che fosse stato
il suo desiderio di avere delle risposte a provocare questa sottile
variazione nella Forza... Ma lui mi ha fatto capire in modo molto
chiaro che l'ha percepita dentro di me. Forse, è davvero
così.
Qualcosa, nel profondo... mi
chiama. Ora lo sento chiaramente.
Mi fermo. Chiudo gli occhi
ed inspiro lentamente. L'unico modo per capire di cosa si tratta
è
guardare dentro di me, concentrarmi sulle mie sensazioni e ascoltare
quello che la Forza sta cercando di dirmi in modo così
insistente.
Espiro e mi metto in
ascolto... e finalmente la sento. Quella sensazione torna a farsi
viva, ma stavolta non è più indefinita o incerta,
è più
esplicita. Lentamente prende forma nella mia mente, si materializza
nei miei pensieri.
Finalmente capisco. La
vedo...
Apro gli occhi di scatto e
sorrido, anzi, rido di me stessa.
Avrei dovuto capirlo da
altri segnali, forse anche più evidenti. Ma la
verità è che ero
troppo preoccupata che quell'impulso potesse provenire da Ben per
ascoltare il mio corpo e dare ascolto gli indizi che mi stava
mandando. Inoltre, stupidamente, credevo che non sarebbe mai potuto
succedere. Non ad una come me.
Un brivido strano mi scuote
e non è solo a causa dell'aria frizzante della notte. Mi
stringo
nelle spalle ma non riesco a scaldarmi. È questa nuova
consapevolezza, che scombussola i miei sensi e mi lascia frastornata,
pervasa da sentimenti totalmente contrastanti ma così
intensi: gioia
e paura, anzi... terrore, preoccupazione ma anche... sì,
speranza.
Incredibilmente l'equilibrio
domina anche le mie emozioni.
Nello stesso tempo però ho
il timore di come Ben possa reagire, se perfino per me è
stato
difficile da realizzare, non oso immaginare l'effetto che
farà su di
lui.
Eppure deve sapere, prima
che lo percepisca da solo e mi accusi ancora di avergli nascosto
qualcosa.
Riprendo la strada pervasa
da un'energia nuova e dalla necessità impellente di
condividerla con
lui. Ma giunta sul viale di pietra scopro che dentro casa domina il
buio, il condensatore non è stato riparato e la poca energia
che
avevamo accumulato si è esaurita del tutto. Entro e lo cerco
con
angoscia, ma trovo solo BB – 8 che si è auto
disinserito per
trascorrere la notte.
Dove può essersi cacciato?
Lo percepisco molto vicino.
Esco e mi precipito nella
parte posteriore, attraverso il ponte sul piccolo ruscello e corro
fino a quando non mi appare l'inconfondibile sagoma metallica dalla
forma ormai molto familiare.
Il portellone del Falcon è
aperto, le mie sensazioni non mi hanno tradita.
Lo sorprendo all'interno
dell'astronave di suo padre come un'anima in pena armato di una
grossa chiave idraulica. Nella flebile luce rossastra
dell'illuminazione di emergenza il suo aspetto mi appare ancora
più
inquietante.
“Cosa vuoi fare?” gli
chiedo nervosa e lui ovviamente mi ignora.
Frustrata gli sbarro la strada costringendolo a darmi retta.
“Riattivare
l'energia ausiliaria di questo catorcio. Mi pare ovvio,” me
lo
sputa in faccia come fosse veleno.
“Con
quell'enorme chiave idraulica?” mi viene spontaneo canzonarlo
alzando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto.
“Hai anche la presunzione di
conoscere
questo rottame meglio di me?” Protesta mostrandomi la
schiena,
solleva uno dei pannelli del pavimento e si cala giù per il
cunicolo
ancora più buio. Lo sento battere nervosamente su qualcosa
di
metallico e quasi temo che possa demolire la nave. Inaspettatamente
però le luci si attivano e finalmente non stiamo
più al buio.
Sospiro passandomi una mano sulla fronte sudaticcia ma sono tesa come
una corda di violino.
La testa di Ben riemerge dal
pozzo con un cipiglio nervoso ma soddisfatto che è tutto un
programma, si sporge di poco e getta la chiave verso un contenitore
mezzo sgangherato. Per un istante temo che me la voglia lanciare
addosso, per il modo assurdo con il quale sfiora la mia gamba senza
colpirla.
Si solleva dal cunicolo e si
dirige furioso alla cabina di comando riattivando anche tutti gli
altri supporti vitali. Lo seguo spazientita, bloccandogli nuovamente
l'uscita.
“Hai
intenzione di andartene?” sondo il territorio con la voce
leggermente incrinata dall'ansia e dall'esasperazione.
“E
anche se fosse? Vuoi provare a fermarmi?” ringhia rabbioso e
io
corrugo la fronte senza capire dove vuole arrivare esattamente.
“E
dove saresti diretto? Su Mustafar magari? È
l'unico posto dove non rischieresti la pelle. Se avevi intenzione di
calcare le orme di tuo nonno ci sei riuscito benissimo. In tutta la
galassia sei odiato almeno quanto lui.”
Mi pento subito di averlo messo davanti alla realtà in modo
così
spietato, ma è l'unico modo di impedirgli di compiere una
sciocchezza. Lo sguardo sdegnato con il quale accoglie la mia
provocazione mi procura una puntura all'altezza del cuore.
“Che
ne sai tu di Mustafar?” sibila torvo e io gli sorrido a denti
stretti.
“Ne
so abbastanza dall'ultima volta che la Forza ci ha connessi, prima
che mi chiudessi ogni possibile contatto. Pezzo di idiota.”
Mi riserva un ghigno
nervoso. “Provi un qualche tipo di piacere fisico ad
insultarmi? E
comunque non sono l'unico a cui piace sbattere le porte in
faccia.”
Questa volta è lui a provocare sibilando tra i denti e a
spingermi
via per forzare la sua fuga dalla cabina.
“Quella
porta in faccia te la sei ampiamente meritata!” gli ricordo
ma lui
mi ignora bellamente.
Gli corro dietro e gli urlo
contro minacciosa. “Ben! Fermati, dobbiamo parlare!”
Lo raggiungo e lo trovo in
piedi ansimante, al centro del dormitorio. Mi avvicino anche se
continua a voltarmi le spalle, cerco di calmarmi inspirando
profondamente. Come posso sperare di farlo ragionare se io stessa
sono fuori di me?
Lentamente gli poso una mano
sul braccio e la stringo nella speranza che percepisca il desiderio
di volermi riavvicinare e chiarire.
“Ben,”
sussurro cauta, “mi dispiace immensamente. Ho sbagliato a
nasconderti quello che è successo, e chi sei veramente. Me
ne
vergogno. Ma l'ho fatto solo per proteggerti, per darti il tempo di
riprenderti dopo lo scontro mortale con Hux. Non so come spiegarlo,
ma è come se il tuo cervello avesse avuto bisogno di
resettarsi e
ripartire da zero. E poi... poi non ho avuto il coraggio di
sconvolgerti, pensavo di non averne il diritto. Sono stata molto
egoista, me ne rendo conto...”
Lui non si volta e nemmeno
risponde, lo sento chiudersi ancora di più e ne sono turbata.
“Ascoltami,”
insisto addolcendo il tono, “c'è una cosa che devo
dirti, ed è
importante. È
qualcosa che ha a che fare con quello che ci è successo.
Forse ho
capito perché la Forza ha voluto che ricordassi tutto
proprio
adesso...”
“Smettila!
Lasciami in pace!”
Gli sento urlare quelle
parole mentre vengo scaraventata con violenza contro la parete
metallica della cabina. Non mi ha nemmeno sfiorata, ha usato la
Forza.
Il colpo mi spezza il
respiro, poi cala il buio di nuovo.
Continua...