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Autore: Heart    04/04/2018    1 recensioni
- Ti va di divertirci insieme, una cosa veloce - disse, scandendo le parole “divertirci” ma per chi mi aveva preso?
- Fottiti! - allontanai la sua mano e cercai di uscire fuori da quella situazione.
- Mi piaci - , come cavolo sentivo la sua voce nella mia testa? Questo si chiama incantesimo della mente, forse stavo farneticando e i migliaia di libri che avevo letto a proposito mi avevano fumato il cervello? Mi girai e lo trovai ancora fermo, adesso i suoi occhi assomigliavano a un leone che analizza la strategia migliore per uccidere la sua preda; quel ragazzo era strano e io ero curiosa come una pazza a scoprirlo anche se da un lato del mio cervello mi diceva di scappare e lo stavo facendo e come!
[Questa storia è residuo di un sogno, spero di caratterizzare il tutto bene e di far comprendere la vita solitaria e la sofferenza della protagonista. Comunque non sarà solo romantica ma anche con un pizzico di sovrannaturale. Buona lettura]
Genere: Erotico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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38°Capitolo
“Volevo dirti che ti amo”
 
 
Era rilassante.
L’acqua che ti lambiva tutto il corpo, i muscoli che si rilassavano con il calore.. Appena arrivata a casa mi ero accorta che Kaname era già uscito, per quel famoso Venerdì. I ragazzi si erano messi d’accordo per un giorno alla settimana per passarla senza noi ragazze, non avevo obbiettato, anche lui aveva bisogno dei suoi spazi. Avevo tutta la casa per me, così senza pensarci due volte mi ero ritrovata al piano di sopra per aprire l’acqua calda. Avevo aggiunto qualche sale e del sapone, non sapevo se farmi anche lo shampoo o no, ma poi mi decisi sul da farsi, almeno facevo una cosa per due. Appena la vasca fu riempita a dovere spensi tutte le luci della casa e mi recai nella stanza. Chiusi la porta lasciandola senza fermata, chissà magari ritornava prima e mi dava qualche attenzione. Già vagavo per la mente. Tuttavia cercai di concentrami su di me e bearmi di quei silenzi.
Mi piaceva quel suono suadente. Era più che rilassante. Alzai le mani e mi guardai le unghie erano davvero belle ed era anche brava colei che me li aveva fatti. Una brava ragazza che si era messa d’impegno e meno di un’ora e mezza ero fuori. Avevo lasciato una nota sul tablet di Crystal e poi ero corsa a casa.
In fin dei conti tutto stava procedendo bene, c’erano state delle novità come per esempio dell’invito e chi se lo aspettava? Ero felice per loro, se lo meritavano. Sorrisi e chiusi gli occhi.
Un rumore di porta mi fece spalancare gli occhi, mi rilassai quando mi accorsi che quella camminatura era di Kaname, aspettai che lui entrasse, ma non lo fece. Procedette dritto per la sua stanza, strano.
Uscii dalla vasca anche perché l’acqua si stava raffrenando e mi diressi nella sua stanza. Bussai ed entrai. Lo trovai seduto sul materasso con una mano aperta e si teneva la testa, mi sembrava diverso, come se ci fosse qualcosa di fuori posto. Mi avvinai con calma, non volevo turbarlo.
-Kaname tutto a posto? –Chiesi a un passo da lui. Quando mi rivolse lo sguardo, rimasi ferma con il fiato incastonato tra polmoni e la gola. Un colore scuro sovrastava su tutta la pupilla e la sclera; un buio immenso era padrone.
I nostri sguardi erano incollati, lui cercava qualcosa dentro i mie occhi. Come una risposta o un indizio. Ero spaventata da quello sguardo d’aquila. Feci un passo indietro e lui si alzò. Da quanto mi metteva paura? Lo temevo?
-Stai ben…e? –Chiesi. La voce era uscita spezzata, tremante. Lui accorgendosi della mia paura si riprese. Ma le sue mani erano gelate, infatti mi aveva sfiorato il labbro che tremava.
-Sto bene. È solo che è stata una giornata stressante. –Disse stanco. Se un momento prima era un leone pronto a mangiarmi, ora era solo un’ombra. Il mondo gli era caduto sulle spalle. Tentai di avvicinarmi o di toccarlo ma mi scostò. –Esci per favore. Ho bisogno di dormire. –Affermò invitandomi ad uscire. Mi sentii ferita. Non l’ho avevo mai visto in quello stato, qualcosa non andava, perché poche ore fa ero tutto tranne questo. Mi diressi in camera per vestirmi e asciugarmi.
Il sabato mattina mi svegliai presto, avevo dormito male. Mi apprestai a fare colazione, ma ogni volta che fissavo il piano superiore mi veniva in mente la faccia di Kaname o il suo sguardo furioso. Non si era svegliato ancora, lo avevo guardato sotto le coperte, si rigirava di continuo, sicuramente era nelle mie stesse condizioni. Esasperata di quei pensieri cercai qualcosa da fare. C’erano i panni da lavare e di sistemare un po’ di qua e di là. Così mi misi a lavoro, prima di tutto regolai lavatrice e l’accesi, mentre lei lavorava io ripulivo il salotto e poi la cucina.
Mi passavano tante di quei pensieri che nemmeno mi accorsi della sua entrata, si era preso del caffe che avevo lasciato al suo posto, si era seduto sullo sgabello e fissava un punto indefinito.
Stanca di quel silenzio che poteva distruggere tutto mi avvicinai di soppiatto.
-Il buongiorno si vede dal mattino. Stai meglio? –Domandai con un sorriso, ma morì subito. Il mio Kaname era pallido, gli toccai la fronte ma non ne aveva febbre, allora cosa lo preoccupava?
-Kaname…-iniziai a dire, ma il suo telefono iniziò a suonare, mi scostò e si allontanò. Non mi aveva nemmeno dato un minimo di attenzione. Strinsi il bastone che avevo in mano e poi mi rilassai. Dovevo starmene calma. Continuai ciò che stavo facendo, forse più tardi mi avrebbe parlato. Le ore passarono e arrivò il momento del pranzo, lui con una scusa se ne era andato, lasciandomi senza parola. Era sicuro, c’era qualcosa che non andava.
Il week end fu molto teso, lui che non parlava ed io nervosa per il suo silenzio. Rientrava tardi la sera e non mi dava segno di ripresa, gli avevo lasciato il suo spazio, ma stavo rimandando la tempesta.
Il lunedì arrivò per tutti, il tempo era bruttissimo, i lampi luminavano tutto il cielo e la casa. Ottobre stava per finire, ma quello era poco rivelante. Simon assieme a Luca stavano organizzando la festa di Halloween, quei due avevano delle menti diaboliche. Mancavano esattamente sei giorni a quella notte e non vedevo l’ora che arrivasse. Senza dare attenzione tolsi la presa senza asciugarmi la mano e presi una bella scossa. La tazza che avevo in mano volò per terra.
-Che cosa è successo? – Lui sbucò dal corridoio. Infatti la corrente era saltata per proteggermi da conseguenze più brutte, tuttavia la mia dose di sfortuna già l’avevo ricevuta.
-Ho preso la scossa. –Dissi malamente. Mi raggiunse e appena mi toccò la prese anche lui.
-L’hai toccata con l’acqua? –Domandò. Il suo sguardo mi interrogò, ma lo capì senza avere la mia risposta, infatti erano ancora umide. –Sei sempre la solita, la prossima volta potresti rimanere fulminata. Tieni. –Ponendomi un asciugamano asciutto. Sembrava che fosse ritornato il solito con quei sorrisi dolci, ma non era affatto così. Sì, si era preoccupato. Era corso in mio soccorso, ma il nostro rapporto si era congelato e non capivo il motivo.
Poco dopo si preparò per andare a lavoro – stai attento. –Gli dissi, lui si voltò e poi uscii senza ricambiare la raccomandazione.
Quel gesto mi fece più che male.
-Che cosa ti ho fatto per essere trattata così? –Dissi senza avere una risposta.
 



 
Halloween era arrivato. La notte era bellissima e per di più c’era la luna piena.  Simon aveva affittato una viletta al mare per la festa, c’era tanta gente mascherata, i tavoli con gli alcolici e dj. Si erano superati nuovamente. Un mostro dalla lingua verde si avvicinò. Mi prese tra le sue braccia e mi annusò.
-Sei un bel bocconcino, tesoro. –Disse.
-Oh anche tu. –Gli risposi, per poi continuare a ballare. –Di che cosa ti sei travestito? –Domandai.
-Non ci sei arrivata? Oh angelo mio…io sono il grande mostro delle palude. –Disse esaltato. Beh poteva anche andare. Si era procurato un costume gigante da lucertola ed era di un verde fosforescente. La testa era grande quanto una roccia ed era pesante. Si tolse il costume dalla testa per prendere aria.
-Che fatica. Tuttavia riuscirò a sopportarlo. –Disse, sventolandosi la mano per fare aria –comunque sei splendida. Il dottore dov’è? – Domandò guardandosi in giro. Il mio costume era carino, un infermiera. Peccato che il mio dottore era sparito e mi aveva lasciato sola. –Chi lo sa forse a curare altri pazienti. –Blaterai.
-Capisco. Su andiamo a ballare! –Gridò come se non lo sentissi, indossò nuovamente la maschera per sparire dalla mia visuale.
Si stavano divertendo tutti, tranne io. Alla fine non era cambiato nulla dall’anno scorso. Fissai la luna e le chiesi che cosa c’era che non andava. Kaname non mi parlava più, si era chiuse in se. Crystal aveva problemi con la strega e Federico non reagiva. Ma si erano fumati tutti qualcosa?
-Ciao bellezza! –Disse all’improvviso qualcuno dietro le mie spalle.
Mi girai e mi trovai un conte Dracula. Indossava un cappello e un bastone e aveva anche il mantello. Era un bel travestimento, peccato per quegli occhi che avrei riconosciuto ovunque.
-Non ho bisogno di compagnia. –Disse ferma.
-E chi ti ha detto che sono venuto per questo? E poi non ci conosciamo. –Disse beffardo. Ma per chi mi aveva preso?
-Ah no. Ti conosco abbastanza bene e adesso vattene, non hai nessuno da farti? –Cercai di allontanarlo.
-Sei maleducata. Mi sono accorto che tratti solo me in questo modo e non mi piace. –Dichiarò avvicinandosi. Che cosa voleva ancora? Perché quando avevo bisogno di una mano nessuno mi aiutava?
-Spostati, senno mi metto a gridare. – Lo minacciai.
-Provaci, ma nessuno ti sentirebbe. –Affermò. Non mi piaceva quello sguardo, la paura iniziò a serpeggiarmi, le gambe erano diventate molli e la testa vuota.
Fu la sua mano sulla coscia a risvegliarmi. Non potevo che mi trattasse così.
-Spostati Daniele! Io e te non siamo niente. Se tenti di nuovo fare qualcosa ti denuncio! –Urlai con tutto il fiato che avevo in gola.
-Ma io non ho fatto nulla. –Disse alzando le mani per sua difesa.
Perché. Perché? Perché!
Lo spinsi, ma lui mi riprese. Mi strinse forte i polsi, sentivo le ossa scricchiolare, mi facevano male.
-Tu sei mia. –Blaterò con il fiato che puzzava di alcool.
-Sei solo un illuso, io e te non siamo niente e non lo saremo mai. –
La presa divenne d’acciaio. E ne ebbi paura. Ma per fortuna mi lasciò e se ne andò. Mi girai con la consapevolezza che non sarebbe mai finita quella storia.
Si era ritirato alle cinque del mattino. Aveva fatto un grande fracasso, ma non mi ero alzata. Stavo male. I polsi dolevano e sicuramente il giorno dopo avrei trovato i segni di quella stretta. Io e Kaname non c’eravamo incontrati, lui si era allontanato con i miei amici ed io ero rimasta sola a vagare come un fantasma. Nemmeno il mio travestimento lo aveva intricato. Forse solo gli altri mi guardavano lascivi. Volevo solo il suo sguardo su di me, il corpo che rabbrividiva…ma niente di tutto quello, solo paura per quella mente folle che mi aveva di nuovo toccata. Piansi tutta la notte, non avevo più spazio per la paura. Com’era possibile che tutto fosse crollato. La felicità non esisteva, o ero io che non me la meritavo.
Ero assente. Vuota. Non sentivo più le forze.
-Ehi tesoro ci sei? –Mi risvegliai alla domanda di Crystal c’era pure Simon e Luca a casa. Stavamo… stavano discutendo della festa che era passata. Avevano riscontrato buoni voti, per fortuna non era successo nulla. Lasciando i vari problemi dell’alcool, alcuni ragazzi la mattina dopo si erano ritrovati in spiaggia senza ricordarsi di nulla. Luca se la rideva come un pazzo, entusiasta della recensione ricevuta. Li ascoltavo senza dare attenzione.
Fino a che la mia amica mi aveva preso la mano.
-Santo cielo li hai gelate. –Esclamò. La camera era calda, anche senza i termosifoni accesi.
-Bah lo sai che li ha sempre così, inverno o estate. –Brontolò Luca facendo mille gesti inutili.
-Porterà la temperatura bassa o problemi di circolazione. –Concordò Simon guardandomi. Ma non li vedevo, la mente era offuscata da un dolore denso. Stavo ricadendo nel limbo.
-Certamente. Devi sapere che per lei 38° equivale per 40° di febbre. –Aggiunse il mio migliore amico. Tutte e tre annuirono.
-Stai bene? –
Come spiegare il mio stato?
-Jessica chi te li ha fatto? –All’improvviso Crystal mi alzò le maniche della maglietta per ritrovarsi quei segnali che invano avevo tentato di nascondere, erano neri e profondi.
-Non e niente. –Mormorai senza fiato. Me li coprii velocemente, ma Luca fu più veloce e mi fissò con uno sguardo preoccupato e furioso.
-Chi ti ha fatto questo? –Sibillò scandendo le parole. Mi alzai di scatto non volevo parlare, non volevo affrontare quella paura, ma Luca iniziò a fare mille congetture e nel momento in cui la porta si spalancò fu la fine.
Kaname si ritrovò ad essere incastrato al muro con Luca che lo sovrapponeva.
Restammo tutti immobili.
-Che diavolo stai facendo? –Urlò Kaname, cercando in vano di toglierselo d’addosso.
-Sei un farabutto! Ti avevo espresso gentilmente di non trattarla con i piedi e tu me la riduci in questo stato? Non dovevo permetterti di arrivare così vicino. –Gli disse con odio.
-Non so di che cosa stai parlando? –Contraccambiò Kaname, facendosi valere.
-Ora fai pure lo smemorato e come mai? Forse i sensi di colpa ti annullano? –Gridò ancora, mettendo ancora più forza in quello che stava succedendo.
-Luca smettila, facciamolo parlare, sei partito in terza senza chiedere. –Lo interpellò Simon cercando di calmare le acque, ma la benzina era stata buttata sulle fiamme. Con un agilità che nessuno si aspettasse che avesse, mi fu davanti e mi strappò dal suolo che mi aveva incollato, mi ritrovai con lo sguardo di Kaname su di me e poi fissare i polsi lesionati. Luca li mostrava come se fosse un trofeo, ma non lo era. Era purché quello.  
Nessuno parlava. Non respiravo il mondo mi era crollato sulle spalle. Il suo sguardo mi fece più male di tutti.
-Non puoi accusarmi su un torto che non ho commesso. –Affermò.
-Sei solo un bastardo! – Farfugliò con i denti stretti.
Mi lanciò come se fossi una palla e mi ritrovai al suolo. Luca si era catapultato su Kaname e lo stava riempiendo di insulti e pugni. Simon era subito corso per separarli, ma i due se li stavano dando di santa ragione, come per sfogarsi per altri crimini.
-Sei un figlio di p******! –Ringhiò Luca prendendo la rincorsa. Quel salotto era diventato un ring.
Stavo male. Il respiro sembrava pesante, stavo entrando nel panico.
-Jessica respira, non li guardare. –Crystal mi venne in soccorso, la faccia era diventata rossa. Il corpo era scosso da tremore. Stavo esplodendo.
Strinsi forte i pugni come per ferirmi e mi alzai anche se ero poco stabile. –Non è stato lui!!! –Urlai a gran voce, con tutto il fiato che possedevo. Con quelle parole si fermarono.
Trovai l’occasione giusta e mi avvicinai a Kaname e gli urlai tutto il mio dolore addosso, -quando avevo più bisogno di te non c’eri. Ho dovuto affrontare una molestia da sola, mi avevi promesso di proteggermi e …-piansi, mi asciugavo le lacrime ma più loro uscivano - … invece mi hai abbandonato con il tuo silenzio. Mi avevi detto che avremo affrontato i problemi insieme, invece non c’è stato nulla di questo. – Ero scoppiata, non riuscivo più a fermarmi.
-Sei solo uno stupido! Ho cercato di capirti…ma tu non lo vuoi. –Mi fermai a fissarlo e dicendo quelle parole che lui aveva detto a me, -non e cambiato nulla. Mi hai solo illuso. –Terminai.
Occhi dentro occhi.
Il silenzio più totale.
-Angelo mio, mi dispiace io…-
-Vattene. Andatevene. –Dissi troppo fredda, ma al posto del cuore avevo una lastra di ghiaccio. Non distoglievo lo sguardo dal mio uomo, lui si era ridotto a starsene a terra, sconfitto.
Appena se ne andarono, mi abbassai e lo guardai muta. Nessun cambiamento. Lo avevo turbato, l’ho avevo notato quando Luca gli aveva mostrato i polsi, forse c’era ancora un legame tra di noi.
-Chi ha osato farti questo? – Si riprese per stringere delicatamente il polso.
Non mi guardava, ma avevo lo stesso il suo sguardo addosso. Lo percepivo con i sensi.
-Ti sei allontanato da me e qualcuno se ne approfittato. Per fortuna non avevo mollato il mio scudo. –Risi. Ma era un sorriso triste, malinconico.
- Perdonami. Non ti merito. Non riesco nemmeno a tenerti al mio fianco. –Mormorò piano, chinando la testa e poggiarla sul suo ginocchio.
-Non hai nulla da perdonarti, Kaname. Io ti amo. Questa parola non la dico ai quattro venti, ma solo a una persona speciale e in questo momento ci sei solo tu. – Alzò la testa i suoi occhi erano un immenso vuoto, ma non sarebbe stato solo, perché c’ero io al suo fianco.
-Dai alziamoci, ti disinfetto queste ferite. – Con una forza che non sapevo che avessi, guidai quel grande uomo nel bagno. Un uomo che sembrava tanto forte, ma a quanto pareva era solo fragile con mille spaccature, ma non si doveva vergognare di mostrarmelo. Le paure si affrontavano e i problemi risolti, ma questo lo doveva capire prima lui e poi tutto veniva da se.
                                                       
 
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Salve.
Capitolo breve per i miei standard, tuttavia non ho voluto allungarlo. Hanno bisogno di tregua. Troppi avvenimenti, sentimenti ed emozioni sconosciuti.
Vediamo uno scontro tra Kaname e Luca. L’amico che protegge la sua salvatrice, per voi doveva succedere altro? Ho spezzato l’avvenire disastroso.
Chissà se ci sarà qualcosa contro colui che porta solo disgrazie. Ma non vi preoccupate che ancora i guai non sono finiti.
Un poco di pace no? Pazienza.
Alla prossima.
Heart
 
  
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