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Autore: Yoshiko    05/04/2018    8 recensioni
È trascorso molto tempo dal viaggio dei ragazzi a Kyoto. Era autunno, la città li aveva accolti nella sua splendida cornice di aceri rossi, promettendo un soggiorno piacevole tra visite ai giardini e ai templi, colloqui per nuovi ingaggi e prove per uno spot televisivo. La spensieratezza di quei giorni si era infranta di colpo e gli strascichi di quei tragici avvenimenti continuano tuttora a segnare le loro vite.
Holly e Patty sono a Barcellona, Benji ad Amburgo, Mark è atterrato in Italia inaspettatamente accompagnato, e il resto del gruppo si trova in Giappone finché un’amichevole contro l’Italia di Salvatore Gentile e Dario Belli li riunisce tutti, ancora una volta.
Rain è il sequel di Leaves che a sua volta è il continuo di Snow. Per capire la storia e seguirne l’andamento è consigliabile avere un po’ di pazienza e cominciare dall’inizio, anche per la presenza di personaggi out of character, già presentati nelle precedenti fanfiction.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Kojiro Hyuga/Mark, Salvatore Gentile, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Time'
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Nono capitolo



Benji mescolava l’ombra di zucchero con cui aveva addolcito il caffè e ogni tanto lanciava occhiate pensierose ad Amy al tavolo accanto, seduta a fare colazione vicino a Ross. Erano in Italia da tre giorni e lei da tre giorni lo evitava. Non gli aveva mai rivolto la parola, neppure una volta, e aveva fatto bene attenzione a non restargli mai troppo vicino, soprattutto da sola. A Benji del suo comportamento non sarebbe fregato molto se non si fosse accorto che Julian ne gongolava. Se li sentiva addosso, gli occhi di Ross, ogni tanto incrociava il suo sguardo e quando succedeva le labbra di quell’imbecille si incurvavano in un sorrisetto. Era chiaro che il fatto che Amy lo evitasse lo faceva godere immensamente. Benji non lo sopportava più. Doveva chiarire al più presto con Amy ciò che c’era da chiarire e togliere dalla faccia di quel demente il suo sorrisetto di scherno.
Essere costretto a trascorrere la maggior parte del tempo insieme a Ross, in campo o negli spogliatoi, non lo aiutava nell’impresa. Quando poteva finalmente sganciarsi da lui e dal resto della squadra, quello si incollava alla fidanzata. Il che gli rendeva impossibile avvicinarsi alla ragazza.
Un’altra cosa che lo innervosiva dell’atteggiamento di Amy, era che a lei sembrava andar bene il fatto di evitarlo. Si mostrava offesa come una bambinetta viziata e non gli dava la possibilità di chiarire. Tutto ciò era profondamente ridicolo. Non ricordava molto delle parole che le aveva rivolto la sera della telefonata e poteva starci che non l’avesse trattata granché bene. Ma di chi era la colpa? Chi le aveva chiesto di chiamarlo? Certo non lui. E Amy aveva scelto il momento più sbagliato per farsi sentire, era stata di un tempismo del cavolo. Possibile che non lo capisse? Eppure le studiava, quelle cose! Era fin troppo evidente che lo faceva con scarso profitto, porca miseria.
-Se Benji ci degnasse della sua attenzione, magari potremmo deciderlo insieme.- le parole di Holly vennero seguite da un calcio in uno stinco che lo fece sobbalzare.
Il caffè quasi traboccò dalla tazzina.
-La smetti di guardare Amy? Che accidenti vuoi da lei?-
-Cosa?- Benji non riuscì a capacitarsi di tanta arguzia -Amy? Non sto guardando Amy!-
Ma Holly ci vedeva bene e ne approfittò per schernirlo.
-Allora ti sei invaghito di Julian. Comunque… Vuoi andarci tu?-
-Dove?-
-Alla conferenza stampa.-
-Non ci tengo per niente.- un’idea l’illuminò -Mandaci Ross. A lui piace farsi bello davanti ai giornalisti, lo fa da secoli…- e avrebbe mollato Amy da sola per qualche ora, dandogli l’opportunità di avvicinarla. Le lanciò un’occhiata distratta. Gli dava le spalle e non riusciva a guardarla in faccia. L’unica cosa che vedeva di lei era la curva della sua schiena e la nuca, lasciata scoperta dai capelli che aveva tirato su in una coda. Un colpo sul piede lo riportò in sé. Holly lo guardava sospettoso. Lasciò perdere Amy, tanto era deciso a risolvere il problema appena possibile. Anzi, addirittura quel giorno.

Jenny non seppe di preciso come e perché Mark riuscì a convincerla ad accompagnarlo fino al campo. Forse furono i suoi seducenti pettorali strizzati dalla maglietta bianca che si fecero strada in cucina quando scese a fare colazione, o forse il desiderio di vedere le amiche, o forse… Non volle pensarci, non le interessava trovare una spiegazione. Ormai era lì, insieme a Mark stava attraversando a piedi il parcheggio del centro sportivo fino all’ingresso, e non le restava che raggiungere le amiche.
-Copriti.-
L’ordine secco e improvviso la colse alla sprovvista. Alzò gli occhi su di lui. Mark puntava verso i giornalisti, accalcati intorno alla recinzione. Per raggiungere il cancello avrebbero dovuto oltrepassarli. Lo vide infilare una mano nella borsa che teneva su una spalla, tirarne fuori un cappellino e calcarsi la visiera sugli occhi.
Jenny capì l’antifona e si tirò sul viso la sciarpa che le avvolgeva il collo, lasciando fuori soltanto gli occhi. Per star dietro a Mark, che aveva accelerato il passo, fu costretta quasi a correre. Varcarono di filato l’ingresso dei campi. Qualche fotografo scattò, qualche altro provò a fermarli, ma tutto sommato se la cavarono. Anche perché la maggior parte dei reporter e dei fan era lì per la nazionale italiana.
In piedi a bordo campo Gamo percorreva pensieroso su e giù la linea bianca, le mani ficcate nelle tasche della giacca, in attesa che i ragazzi finissero di cambiarsi. Si fermò quando li vide avvicinarsi, imbacuccati e quasi irriconoscibili. Il suo solito cipiglio corrucciato si trasformò in un’espressione canzonatoria.
-Cos’è? Avete svaligiato una banca?-
La sua ironia li lasciò interdetti. Si scambiarono un’occhiata incerta, colti alla sprovvista da un umorismo che non si aspettavano. Mark non seppe cosa rispondere, al suo fianco Jenny scoppiò a ridere.
-Ci abbiamo provato ma è andata male.-
Gamo rimase serio, tuttavia stette allo scherzo.
-Peccato.-
Mark non gradì né la battuta del mister, né la reazione dell’amica. Si tolse il cappellino e sibilò un “Buongiorno” tra i denti serrati. L’ironia di Gamo di prima mattina era dura da mandar giù. Avrebbe voluto sparire ma esitò davanti al campo deserto. I compagni erano in hotel a rimpinzarsi col buffet della colazione oppure già a cambiarsi?
-Landers, che stai facendo piantato lì? Fila negli spogliatoi!-
Il ragazzo soffocò un ringhio e i suoi occhi lampeggiarono su Jenny, fulminando il suo divertimento con un’occhiata carica d’astio. Ecco che con quella risposta assurda lei lo aveva già innervosito. Era un’incosciente. Non capiva che se avesse messo Gamo di malumore, quello se la sarebbe presa con loro facendoli sputare sangue?
-Hai sentito quello che ho detto? Vai a cambiarti!-
Innervosito dal rimprovero, il ragazzo raggiunse di corsa gli spogliatoi. Spalancò la porta e s’infilò dentro.
-Alla buonora, Landers!- lo accolse Clifford -Come mai in ritardo? Sei rimasto incollato al pigiama di Jenny e non riuscivi più a staccarti?-
Le chiacchiere si spensero di colpo e gli sguardi dei compagni si spostarono su di lui. Mark avanzò a testa alta, rigido come un palo. Puntò Clifford e gli gettò la borsa sportiva sui piedi.
-Non so se mandarti affanculo o prenderti direttamente a schiaffi. Tu che preferisci?-
-Ma smettila idiota!- lo mise a tacere Julian distrattamente, troppo preso ad osservare Benji di sottecchi per preoccuparsi dei battibecchi dei compagni. Aveva notato che durante la colazione non aveva fatto altro che lanciare occhiate ad Amy. Che accidenti aveva da guardare? Che voleva? Che gli prendesse un colpo una volta per tutte, maledetto lui. Mentre si sfilava le scarpe, sentì il cellulare vibrargli nella tasca dei jeans. Lo riesumò contorcendosi un po’ e lesse il messaggio della fidanzata: “Andiamo a fare un giro con Jenny, ci vediamo a pranzo.” Ecco sì, era meglio che Amy si togliesse di torno per un po’ così Price avrebbe smesso di guardarla.

*

Davanti casa di Mark, Jenny porse la spesa ad Evelyn e frugò nella borsa in cerca delle chiavi. Aprì la porta e precedette le amiche nell’ingresso. La luce era accesa, Malaya era nel salotto e stava passando l’aspirapolvere. La signora filippina, che due volte alla settimana ripuliva casa da cima a fondo, non si accorse del loro arrivo e continuò indisturbata a girare intorno al divano. -Avete la donna di servizio?- domandò Amy.
-Ce l’ha Mark. Gli ho detto che avrei potuto pensarci io ma lui mi ha risposto che non voleva lasciarla senza lavoro. Tanto più che dovrà richiamarla quando io tornerò a casa.-
Evelyn la scrutò, piena di interesse.
-E quando avresti intenzione di tornare in Giappone?-
-Be’, ecco…- Jenny le tolse la busta e la poggiò a terra -Non ho ancora deciso.-
Malaya si volse, le vide e spense subito l’aspirapolvere.
-Già di ritorno?- lanciò un’occhiata al salotto ancora sottosopra -Finisco qui e vado via.-
-Può fare con calma. Siamo passate soltanto a posare la spesa.-
-E per andare in bagno.- fremette Evelyn che aveva una certa urgenza.
Jenny le accompagnò su per le scale e indicò una porta.
-Quello è il bagno. Vado a mettere a posto la spesa e vi aspetto giù.-
Mentre Evelyn si chiudeva dentro, Amy rimase pazientemente nel corridoio ad attendere il suo turno. Patty, non sapendo come ammazzare il tempo, si affacciò curiosa in camera di Mark.
-Caspita! Non me lo immaginavo così ordinato!-
Amy la raggiunse. Il letto era perfettamente rifatto. Una maglietta e un paio di pantaloni erano ripiegati sulla coperta. Negli scaffali le riviste e i libri erano ben allineati e sul tavolo tutto era meticolosamente in ordine.
-Tieni presente che è appena passata la donna delle pulizie.-
Patty scoppiò a ridere.
-Hai ragione! Non ci avevo pensato! Vogliamo dare un’occhiata anche alla stanza di Jenny?-
-Perché no?-
La camera dell’amica, dalle pareti color verde mela, era invasa dalla luce del giorno. I raggi del sole battevano sui vetri, filtravano attraverso le tende bianche, si allungavano sul letto matrimoniale in legno scuro e si adagiavano su una miriade di cuscini verdi e fiorati di tante forme e misure. Nell’angolo tra il letto e la finestra c’era un tavolino che faceva da comodino e da scrivania. Sul ripiano, un vaso di vetro verde dal collo sottile conteneva una pianta strana, tre rametti costellati di foglioline tonde. Un lap-top bianco occupava quasi tutto il tavolo e sulla destra, accanto al mouse, era rimasto aperto un blocco notes azzurro e una matita lasciata di traverso sui fogli. Lungo la parete erano allineati un portapenne, dei soprammobili, un portaoggetti che conteneva dei biglietti dell’autobus e quelli di vari locali. Sotto il tavolo c’era uno sgabello in legno decorato da un cuscino in patchwork e un cestino di vimini per la carta. Ai piedi del letto era appoggiata una cassapanca, su cui Jenny aveva lasciato una sciarpa bianca e alcuni libri. Sulla parete opposta al letto erano appese due mensole con alcune foto appoggiate così, senza cornice, che sovrastavano un mobiletto bianco con un cassetto e lo spazio per ospitare due grandi contenitori di vimini che contenevano altri indumenti gettati un po’ alla rinfusa. Sempre su quel lato della stanza era disposta una poltrona con due cuscini. Sull’ultima parete, quella della porta, un armadio marrone scuro a quattro ante conteneva tutti i vestiti di Jenny.
Amy entrò dietro Patty guardandosi intorno. Posò gli occhi su ogni particolare, chiedendosi come l’amica avesse adattato a sé quell’ambiente, come lo avesse fatto suo. Si avvicinò alle mensole, guardò le foto. Una la raffigurava da sola in un giardino pieno di fiori. In un’altra era insieme a Mark, Gentile e Rob, le Alpi innevate sullo sfondo. Jenny era tra Salvatore, che le teneva un braccio sulle spalle, e Aoi. Mark si teneva scostato e scontento, le braccia incrociate al petto e la sciarpa stretta intorno al collo. Amy sfiorò le foto con la punta delle dita.
-Jenny si sta ricostruendo.-
Patty si volse.
-In che senso?-
-Si sta ricostruendo una vita, dei ricordi…- si chinò per leggere i titoli dei libri infilati nel mobiletto.
La maggior parte erano delle guide turistiche, forse i posti che aveva visitato insieme a Gentile, o insieme a Mark, o magari da sola.
Patty girò intorno al letto e si sedette sullo sgabello del tavolinetto, dandosi un’occhiata attraverso lo specchio tondo appeso alla parete. Si sistemò i capelli e osservò curiosa gli oggetti posati sul ripiano.
Amy la sentì smuovere qualcosa, rimise a posto un libro e si volse.
-Cosa fai?-
-Cerco le tracce.-
-Le tracce di cosa?-
-Di Philip.- sfogliò rapidamente il quaderno e lo rimise al suo posto. Poi aprì uno dei due cassetti e si chinò per sbirciare dentro.
 -Patty, che fai? Non frugare tra le sue cose…-
-Lo faccio a fin di bene.- a parte un’agendina che conteneva qualche appunto, non trovò niente di interessante. Aprì il secondo cassetto, quello a sinistra. Tirò fuori un ritaglio di giornale accuratamente ripiegato e tenuto chiuso da un fermaglio. Lo sfilò e lo aprì. Trattenne il respiro trovandosi davanti la foto di Philip e Julie Pilar che si baciavano. La sollevò verso Amy.
-Guarda!-
-Poi dite a me che sono curiosa!- rise Evelyn dalla soglia, facendole sobbalzare.
Patty agitò insistente il ritaglio e le due si accostarono.
-E quindi anche Jenny l’ha vista.-
-A quanto pare…-
-Ecco perché è così fredda con Philip.-
-Non che lui sia particolarmente espansivo, Eve.-
Patty rimise a posto la foto e infilò la mano fino in fondo al cassetto. Amy si guardò nervosamente alle spalle.
-Smettila di frugare, se Jenny ci scopre si arrabbierà.-
Lei non le diede retta, era troppo importante capirci qualcosa. Odiava vederli così.
-Dobbiamo darci da fare per farli tornare insieme, Amy.- agitò le dita e urtò un oggetto piccolo, tondeggiante, vellutato e duro. Lo afferrò nel palmo della mano e lo tirò fuori -Bingo! Guardate un po’ che c’è qui!- fece scattare la chiusura della scatolina blu e l’anello di Philip apparve, luccicando alla luce del sole.
Amy si lasciò sfuggire un gemito, che cercò di soffocare coprendosi subito la bocca con una mano.
-Lo ha portato con sé?!-
-Un ottimo segno, mi pare.-
-Sì, ma non ci sarà d’aiuto.-
-Forse dovrebbe vederlo Philip.- tentò Evelyn.
-E come? Non possiamo prenderlo.-
-Ma possiamo dirglielo, Patty!-
Amy si intromise.
-No, aspettate… Non possiamo dire niente. Non sappiamo come sono andate le cose tra loro. E se peggiorassimo la situazione?-
-Amy! Patty?!-
La voce di Jenny le fece sobbalzare. Patty si affrettò a richiudere la scatolina e a rimetterla dove l’aveva trovata. Si alzò e uscì, ficcandosi in bagno. Amy rimase ad aspettare il suo turno ed Evelyn scese. Attraversando il corridoio lanciò un’occhiata nel salotto. Non c’era traccia della colf. Entrò in cucina.
-Se n’è andata?-
-Sì. Laverà i pavimenti la prossima volta. Vuoi bere qualcosa?- indicò quattro bicchieri e una confezione di succo ai frutti tropicali che aveva messo sul tavolo.
Evelyn annuì e Jenny le riempì il bicchiere.
-Com’è vivere con Mark?-
-Be’… Non saprei...-
-Dai che lo sai benissimo.- la occhieggiò con un interesse sconfinato che spinse Jenny, per una volta, a sbottonarsi un po’.
-Per esempio è molto sexy quando esce dalla doccia e gira per casa mezzo nudo.- sorrise spostando gli occhi su Patty che entrava.
-Lo immagino proprio. Ne abbiamo già avuto un assaggio un paio di anni fa alle terme del ryokan. È stato uno spettacolo mica male, ricordi? -
Jenny lo ricordava benissimo, praticamente le era rimasto impresso a fuoco nella memoria. Così annuì, mentre Evelyn continuava.
-Avresti dovuto fargli qualche foto, quando se ne andava in giro svestito.-
-Perché?-
-Per me. Ti avrei dato la metà di quello che ci avrei guadagnato.-
-Possiamo ancora metterci d’accordo. Mark non chiude a chiave la porta quando fa la doccia, quindi…-
-Oh, davvero… Non vorrete mica…- Amy, appena arrivata, le fissò prima una, poi l’altra, inciampando nelle parole mentre esternava il proprio imbarazzo -Davvero non…-
Evelyn la sgomitò con un sorrisetto malizioso.
-Fai la pudica ma saresti la prima ad acquistare la rivista. Alla faccia di Julian!-
L’altra scosse la testa, incapace persino di accettare il fatto che probabilmente Evelyn aveva ragione. L’avrebbe comprata davvero, la rivista che conteneva le foto di Mark nudo? O no? Oddio, non lo sapeva… Mentre mandava giù del succo di frutta, si chiese se non fosse il caso di metterlo in guardia per evitargli brutte sorprese.
Meno di un’ora dopo erano di nuovo nel centro di Torino. Jenny aveva imboccato un lungo viale porticato che era sbucato ad esedra in un’immensa, enorme piazza cinta da palazzi eleganti e signorili color bianco e crema e costeggiata da larghi marciapiedi porticati. In fondo alla piazza un ponte attraversava il Po. Oltre il fiume, tra alberi e palazzi, in cima ad una scalinata sorgeva una chiesa neoclassica a pianta circolare, preceduta da una facciata colonnata simile ad un tempio greco e sovrastata da una cupola perfettamente concava. Alle spalle della chiesa si scorgevano le colline di Torino, costellate di ville signorili e di alberi.
Jenny si fermò a metà della piazza e lasciò le amiche ad aspettarla sotto i portici, tra un pilastro e l’altro. Tenendo una cartellina stretta al petto entrò da sola in un’agenzia turistica. Il piccolo esercizio commerciale dotato di una vetrina e una porta era incastrato tra un bar e un negozio di scarpe di lusso.
Amy tirò fuori la macchinetta fotografica dalla borsetta e scattò alcune foto alla bellissima piazza. La sua vastità le dava una sensazione di libertà assoluta.
-Raggiungiamo il ponte?- propose Evelyn che si era già incamminata.
-No, aspettiamo Jenny.-
Il fiume non era proprio a due passi e se si fossero allontanate, l’amica non le avrebbe ritrovate. Evelyn si rassegnò subito. Tornò fino alla vetrina e sbirciò dentro.
-Quanto ci mette? È già mezzogiorno…-
Dietro ai depliant appiccicati al vetro scorse Jenny, in piedi. Tra il viaggio di Pasqua a Praga e il ponte del primo maggio a Parigi, vide un uomo di mezza età che sfogliava la cartellina con cui l’amica era entrata. Sperò che si sbrigasse. Tirò fuori il cellulare dalla borsetta e si mise a scattare foto a destra e a manca, quasi a casaccio.
-Stai diventando una maniaca, fotografi tutto.- la rimproverò Patty che non ci teneva a finire sulla sua traiettoria. Anzi, in genere la evitava accuratamente.
-Ne faccio tante perché spero un giorno di trovarci qualche presenza paranormale. Sai quegli spettri che compaiono all’improvviso nelle foto della gente? Quando meno te lo aspetti, zack, becchi il fantasma che si è avvicinato mentre eri in posa e adesso ti sorride da sopra la spalla.-
-Tu sei matta Eve…- Amy rabbrividì -Se mi succedesse qualcosa del genere potrei morire.- si affrettò a cambiare discorso -Piuttosto vorrei andare a Parigi…-
-Anch’io.-
-Tu dovresti farlo davvero, Patty, visto che sei così vicina! E neppure questo mi dispiacerebbe. Che cos’è?-
-Penso sia l’arena di Madrid, ma non ne sono sicura perché non l’ho ancora vista.-
-E che ne dici di Londra?-
-Magari…-
Evelyn sorrise, non le avrebbe fatto per niente schifo visitare una bella porzione di Europa. Il suo lavoro e quello di Bruce glielo consentivano, allora perché non approfittarne un po’ di più? Lasciò perdere le amiche e i depliant e tornò ad osservare Jenny. Perché ci metteva così tanto? Si era stufata di aspettare. Smanettò ancora con il cellulare e per ammazzare il tempo fotografò la foto che rappresentava la porta di Brandeburgo. Forse poteva mandarla ai suoi facendo credere loro di averla visitata.
-Questa cos’è?-
Patty lesse il volantino.
-Berlino.- sgomitò Amy -Sono sicura che Benji ti inviterebbe volentieri a fare un giro in Germania!-
-Ma se neppure ci parliamo!-
Evelyn alzò gli occhi dal display. In effetti aveva notato da un bel pezzo che quei due si evitavano tanto quanto Jenny e Philip.
-E perché non vi parlate?-
Amy distolse gli occhi da lei e li posò al di là della vetrina, sulla schiena di Jenny. La ragazza aveva voltato le spalle all’uomo e stava tornando verso di loro. Il suo arrivo le risparmiò una risposta.
-Come mai ci hai messo tanto?-
-Veramente ho fatto prestissimo. Così presto che devo tornare.-
-Cos’è che gli hai dato?-
-Delle traduzioni. Ho tradotto dall’inglese al giapponese la guida del Museo Egizio.-
-E che devi tornare a fare?-
-Deve pagarmi.  Andiamo.- si affrettò sotto i portici, il cellulare che teneva in borsa squillava.
Era Salvatore, bello pimpante.
“Ciao amore, sto andando al campo.”
-Non è tardi?-
“Mi sono svegliato poco fa. Ti passo a prendere a casa?”
-Non sono a casa. Sono in centro, in piazza Vittorio.-
“Ti passo a prendere lo stesso. Aspettami al solito posto.”
Jenny ripose il cellulare nella borsa e si volse verso le amiche.
-Abbiamo guadagnato un passaggio. Salvatore ci riporta al campo.-
L’alfa romeo rossa di Gentile comparve poco dopo e si fermò a un lato della piazza. Jenny aprì lo sportello del passeggero e chinò la testa per lanciare un’occhiata al ragazzo.
-Non sono sola.-
Lui le sorrise e le strizzò un occhio.
-Me ne sono accorto. Salite!- quando furono tutte in macchina, ingranò la prima e partì.
-È la prima volta che riesco a vederlo così da vicino.- Evelyn si agitò sul sedile. Prima si sporse in avanti, poi di lato, verso Amy e riuscì a scorgerne il profilo -Porca miseria quant’è bello! I suoi genitori hanno fatto un capolavoro: ovulo e spermatozoo deluxe! Deve essere una bella soddisfazione!-
-Eve…- cercò di metterla a tacere Patty.
-Eve cosa? Tu non ce l’hai una voglia matta di toccarlo? Beata te Jenny che puoi farlo quando vuoi. Spettinargli i capelli, per esempio, o affondare le unghie nei suoi avambracci muscolosi. Accarezzargli la schiena, ficcargli la lingua in bocca o…-
-Smettila Eve.- sussurrò Amy secca, infilandole un gomito in un fianco.
Non servì a niente, lei continuò. Quel chiacchiericcio così ispirato incuriosì Salvatore, che lanciò un’occhiata curiosa ad Evelyn attraverso lo specchietto.
-Che sta dicendo la tua amica?-
Jenny si agitò a disagio sul sedile.
-Delira. Non far caso a lei.-
La giovane si sporse tra i poggiatesta.
-Jenny, potresti dirgli che vorrei saltargli addosso? Giuro che non mi offendo.-
Patty cercò di riportarla a più miti pensieri.
-Smettila dai, ci stai mettendo in imbarazzo.-
-E perché? Lui non capisce… purtroppo! Sai Jenny, ora che hai messo le mani su un così bel pezzo di ragazzo potrei darti dei consigli fantastici. Se non sai bene cosa farci, io ho un sacco di idee.-
-Evelyn, sei incorreggibile.- Jenny si portò una mano alle guance, se le sentiva in fiamme.
-Ho la netta sensazione che non sei ancora riuscita a tirar fuori il meglio di lui.-
-Per favore, Eve…-
-Davvero Jenny, se mi ci metto posso diventare un pozzo di consigli. Però ricordati che a me piacciono i dettagli, soprattutto quelli un filo perversi.- s’illuminò all’improvviso -Benji ieri mi ha detto che Gentile ha dei gusti particolari, in fatto di sesso…- abbassò la voce -È vero che non vuole che indossi le mutandine quando sei a spasso con lui?-
Jenny sbiancò.
-Ti giuro che le ho!-
-Sicura?-
-Benji ti ha presa in giro.- Amy d’un tratto divenne ansiosa di arrivare. E se Gentile avesse capito? O almeno avesse intuito dal tono, da una parola, ciò di cui stavano parlando? Si sarebbe sotterrata, che vergogna!

Holly afferrò l’asciugamano che gli porgeva Tom e se lo passò furente sul viso. Si allontanò dall’assembramento intorno alle panchine e si lasciò cadere sull’erba più in là, gli occhi su Philip che, assetato, si stava scolando in solitudine mezzo litro d’acqua. Non c’era niente da fare, per quanto lo stimolasse, sembrava totalmente incapace di gestire la squadra. Come se non bastasse non si impegnava neppure in campo e questo lo mandava su tutte le furie.
Tom si avvicinò e gli si sedette accanto.
-Io Philip lo vedo sempre peggio. E tu?-
-Io vorrei non vederlo più. Quando avete fatto il ritiro a Yokohama era già così?-
-Più o meno.-
-Se potessi lo prenderei a schiaffi.-
-Puoi farlo se vuoi. Basta che non ti fai beccare da Gamo o da Marshall. Di sicuro qualcuno che ti dà una mano lo trovi… Prendi Mark, per esempio. Ogni volta che lo guarda sbuffa.-
-Sto parlando sul serio.-
-Anch’io.-
Holly sospirò.
-Non riesco a capirlo.- si portò alle labbra la bottiglietta d’acqua e dopo averne mandata giù una buona sorsata, proseguì -Cioè, capisco che gli dia fastidio vedere Jenny con Gentile. Ma non può essere soltanto quello. Il Philip che conoscevo avrebbe reagito in un altro modo, non così. Non lasciando perdere tutto. Philip è testardo e ostinato e si accanisce sulle cose che non gli riescono. Non rinuncia mai senza aver dato il massimo. Adesso invece pare che non gli importi niente di niente.-
-Hai ragione.- convenne Benji che si era avvicinato per ascoltare -è seccante vedere come si piange addosso.-
-Non è che proprio si pianga addosso.-
-Inutile che lo difendi, Tom.-
-Non lo sto difendendo! E non si piange addosso. Non si lamenta e non rompe le scatole a differenza di tanti. E a parte la parentesi di ieri con Bruce…-
-Non cambierebbe nulla se non ci fosse. Che ve lo siete portato a fare? Potevate lasciarlo in Siberia.-
Holly e Tom si scambiarono un’occhiata.
-Ce l’hai con lui, Benji?-
-Non più di quanto ce l’abbiate voi con lui per come non sta guidando la squadra e per come non sta giocando.- Price si tolse il cappellino e tenendo la visiera tra le dita di una mano, si accucciò davanti a loro, i gomiti sulle ginocchia -Date retta a me. Se non si dà una svegliata non riuscirà a riprendersi Jenny.-
-Chi ti dice che ha intenzione di farlo?-
-Darsi una svegliata o riprendersi l’ex ragazza?-
Tom accennò un sorriso.
-Entrambe, direi.-
Lui gli rispose per metà divertito.
-Chi non vorrebbe una ragazza come Jenny? Alla festa l’altra sera era davvero uno schianto, non vi pare?-
Rise e si tirò su, lasciando i due amici a guardarsi stupiti e sospettosi. Lo videro rinfilarsi il cappellino, avvicinarsi a Philip e dirgli qualcosa. Non udirono le parole ma videro l’altro annuire.
Poi Gamo fischiò, era ora della solita partita di allenamento che veniva dopo gli esercizi. La partita era obiettivamente il momento che tutti i ragazzi preferivano per cui si affrettarono a tornare in campo.
-Dobbiamo tenerlo d’occhio.- decise Holly mettendosi in piedi.
-Chi dei due?-
-Entrambi.-
Le ragazze comparvero al centro sportivo una mezz’ora più tardi. Jenny scese dalla macchina per ultima, e per ultima si avviò verso i campi. Gentile la lasciò andare con le amiche, promettendole che avrebbe fatto un salto dalla squadra italiana e dopo l’avrebbe portata a pranzo in un ristorante in cui non era mai stata, da dove si vedeva il panorama di tutta Torino. Jenny fu più allettata dalla notizia che se ne sarebbero andati in fretta da lì che dal locale che lui le prometteva. Non aveva nessuna voglia di incontrare Philip e non riusciva a spiegarsi perché ogni giorno finisse per ritrovarsi al campo anche negli orari in cui non era di turno al bar. Sospirò, raggiunse Evelyn e la prese per un braccio.
-Che altro ti ha detto ieri Benji?-
Gli occhi dell’amica sfavillarono.
-Su Gentile, intendi?-
Jenny annuì.
-Un sacco di cose interessanti.-
-E queste cose interessanti…- che avrebbe evitato volentieri di conoscere -Le ha dette solo a te?-
Evelyn la scrutò.
-Se vuoi sapere se le ha sentite anche Philip, non hai bisogno di fare tanti giri di parole. Puoi chiedermelo chiaro e tondo.-
Jenny si morse nervosamente il labbro inferiore. Parlare con Evelyn era snervante. Incrociò lo sguardo di Amy che stava tornando verso di loro.
-Jenny non ti devi preoccupare.- Amy le sorrise -Benji l’ha presa in giro ed Evelyn, ingenua com’è, c’è cascata con tutte le scarpe.-
-Ingenua io? Scherzi, Amy? Ti assicuro che io di ingenuo non ho proprio niente.- si volse verso Jenny e i suoi occhi lampeggiarono. In un secondo annullò la distanza che la separava da lei. Le fu addosso, le infilò le mani all’interno del cappotto sbottonato e gliele piazzò sui fianchi, facendosi largo con le dita attraverso le pieghe del maglione e quelle della gonna, fino a incontrare la pelle nuda. Jenny saltò indietro ma non riuscì a liberarsi dell’amica. Si sentì palpare sulle natiche, la sentì afferrare l’elastico degli slip e tirarlo. Profondamente indignata le puntò le mani sulle spalle e la spinse indietro, le guance in fiamme.
-Eve! Che accidenti fai?-
-Non scaldarti Jenny, stavo solo controllando se Benji mi ha presa in giro o no.-
-Come ti permetti?- si strinse addosso il cappotto, gli occhi brillavano di indignazione -Ti avevo già risposto in macchina!-
Evelyn fece spallucce.
-Pensavo che ti vergognassi ad ammetterlo!-
Jenny soffocò un’imprecazione. Ci mancava solo la curiosità di Evelyn a rovinarle la giornata. Voltò loro le spalle stizzita e si allontanò verso il campo degli italiani. Non vedeva l’ora che Gentile tornasse e la portasse via. Si abbottonò il cappotto fino al mento, rabbrividendo alla sensazione delle mani di Evelyn che la palpavano ovunque. Sentì le amiche parlare alle sue spalle, forse di lei, ma non le importò. Respirò a fondo, cercando di reprimere la collera.
Amy le lanciò un’occhiata affranta. Poi si accostò ad Evelyn, che si era seduta in panchina come se niente fosse. Ora che la sua curiosità era stata soddisfatta, aveva perso completamente interesse per Jenny e giocherellava col cellulare osservando le foto scattate quel giorno, forse in cerca del fantasma.
-Eve, perché la infastidisci?-
-Io non la infastidisco.-
-L’hai appena fatto. Lasciala in pace.-
-Ero curiosa.-
Patty si avvicinò.
-Se non avesse avuto le mutandine avresti scritto un articolo sui gusti erotici di Gentile?-
Evelyn sollevò il viso di scatto.
-Certo che no!-
-E allora?-
-Ve l’ho detto! Era solo curiosità!- fece spallucce e tornò ad abbassare gli occhi sul display.
Amy si sedette accanto a lei.  
-Cosa stai guardando?-
-Le foto che ho fatto all’agenzia.-
-Hai fatto delle foto all’agenzia? E cosa accidenti c’era da fotografare?-
-Jenny mentre era dentro e voi guardavate le offerte per le vacanze.- le allungò il telefonino -Non ti sembra che questo tizio le stia un po’ troppo addosso?-
Patty vide Amy irrigidirsi di fastidio.
-Eve per favore, adesso non metterti pure ad inventare storie che non esistono!-
-Ma guarda!- insistette lei.
Anche Patty si rifiutò di farlo.
-Evita Jenny, per favore. La sua situazione mi pare abbastanza incasinata senza che ti ci metta anche tu a mescolarla ancora.-
-Vuoi vedere, almeno?- era di nuovo partita per la sua strada.
-No, non mi interessa.-
-Bene!- rigirandosi il cellulare tra le mani, si alzò e raggiunse Jenny.
-Cosa le abbiamo appena detto?- Amy la guardò, poi puntò su Patty uno sguardo incredulo -Vai a fermarla.-
-E come? Non ha mica un interruttore, che posso spegnerlo.- respirò a fondo per calmarsi, cercando di reprimere il fastidio. Conosceva Evelyn da anni e sapeva come arginare la sua curiosità quando assillava lei. Ma Jenny no, Jenny non sapeva che per farla contenta bastava darle spago per un po’ fino a che non si stancava. Ormai aveva capito da tempo che Jenny non era in grado di gestire Evelyn ed Evelyn non aveva idea di come prendere Jenny. QEra ormai certo che quel giorno avrebbero finito col litigare.
Sotto gli occhi sgomenti di Amy e di Patty, la ragazza raggiunse Jenny e la squadrò dall’alto in basso.
-Quell’uomo all’agenzia non ti stava un po’ troppo vicino?-
L’amica si volse e la fissò sgomenta.
-Che stai dicendo?!-
-Che fa? Ci prova?-
-No!-
-A me pare di sì!-
-Mi stava chiedendo dei chiarimenti sulla traduzione!-
-Così vicino?- Evelyn si fece scorrere le foto sotto gli occhi, ne scelse una e gliela piazzò davanti -Guarda!-
L’altra trasecolò.
-Mi hai fotografata? Eve! Chi ti ha dato il permesso?-
-Io fotografo chi mi pare!-
-Non me!- cercò di toglierle il cellulare per cancellare le foto ma Evelyn non glielo permise -Ammettilo! Quello ci stava provando!-
-Non ammetto proprio niente! Tu hai le visioni!-
-Anche il mio cellulare le ha?-
-Insomma la smettete?-
Patty le aveva raggiunte, Amy si mise fisicamente tra loro.
-Io?-
-Sì, Jenny. Anche tu. La smettete di discutere?-
-Che accidenti vi prende?-
-Evelyn mi palpeggia, mi fotografa! Si inventa le cose! Perché date la colpa a me?-
-Non ti stiamo dando nessuna colpa, vi stiamo dicendo solo di smetterla.-
Ad Evelyn sfuggì una risatina ironica.
-Se torni da quel tizio vedrai che ti darà una buona mancia!-
Jenny boccheggiò, la tentazione di schiaffeggiarla fu fortissima. Le mani ficcate nelle tasche e serrate a pugno le impedirono di farlo. Non riuscì a parlare, la voce le morì in gola. Non emise un suono, la fissò sgomenta. Fu Amy a parlare.
-Eve, adesso basta!-
-Basta cosa? Se Jenny non l’ha capito bisogna che qualcuno glielo dica!-
Jenny ritrovò la voce, che risuonò stridula di collera.
-Non c’è niente da capire Evelyn! Smettila con le tue stupide insinuazioni! Prima Salvatore, adesso il signor Morris! Lasciami in pace! Cosa accidenti ci sono venuta a fare qui?- furiosa volse le spalle alle amiche e imboccò il vialetto diretta al bar. Era meglio aspettare Salvatore lì piuttosto che insieme a loro, piuttosto che con Evelyn.
La videro sparire oltre la porta del locale.
-Eve, mi sa che hai esagerato.-
-L’ho fatto per il suo bene. L’ho avvertita e ora farà attenzione.-
Patty la fissò ironica.
-Cioè, dovrebbe anche ringraziarti?-
-Sì, dovrebbe proprio farlo!-
-Callaghan, la smetti di dormire?-
Il richiamo di Benji, secco e brusco, lo riportò al gioco, nel campo, tra i compagni che si passavano la palla continuando la partita, come se il litigio tra Jenny ed Evelyn non avesse avuto luogo. Eppure Philip l’aveva visto. Non aveva udito una parola ma non si era perso un gesto. Si volse indietro e Benji lo assalì.
-Cretino! Davanti a te!-
Philip scorse un movimento veloce alla sua sinistra. Quando si girò, Rob lo aveva appena superato portando la palla con sé.
-Che cazzo fai?- Benji guadagnò furibondo l’altro lato della porta, mentre Clifford correva a marcare Aoi -Muoviti imbecille!-
-Modera i termini, eh?!-
-Un cazzo!-
Il portiere continuò ad insultarlo, distraendolo. Philip non vide Mark agganciare il passaggio di Aoi, non lo vide scagliare il tiro. Successe tutto in un attimo. Il tiger shot gli affondò negli addominali, strappandogli il fiato dai polmoni. Scivolò in ginocchio, la vista annebbiata dalla violenza dell’urto. Boccheggiò in cerca d’aria.
-Oh, scusa Philip! Ti ho svegliato, per caso?- Mark lo scavalcò senza fermarsi e recuperò la palla, proseguendo l’azione come se niente fosse.
-Pezzo di merda…-
Il secondo tiro finì dritto nelle mani di Benji. La parata fermò il gioco e i ragazzi ne approfittarono per riprendere fiato. Mark tornò da Philip che si metteva in piedi, i denti stretti e una mano sullo stomaco acciaccato.
-Allora? Quand’è che ci farai la grazia di tornare a giocare come si deve?-
-Sei il capitano, Philip. Vuoi mettertelo in testa? Dovresti dare il meglio di te, non ciondolare in campo come uno zombie.-
Philip si raddrizzò, gli occhi che passavano da Landers a Price.
-Sono anni che do il meglio di me! Adesso è finito e vi dovete accontentare!- arrancò verso il bordo campo e si lasciò cadere sulla panchina.
-Ma vaffanculo!- gli gridò dietro Mark.
Amy si avvicinò preoccupata.
-Ti ha fatto male?-
Altro che male, porca miseria! Il tiger shot lo aveva spaccato a metà come una noce di cocco, ma non poteva mica dirglielo.
-No… è che mi ha preso impreparato.- sì, magari.
Afferrò la bottiglietta d’acqua che lei gli porgeva e si chiese se non potesse approfittare del fatto di essere il capitano per sbattere Mark in panchina una mezza giornata. Mentre ci rifletteva seriamente, vide Gentile entrare nel loro campo e fermarsi a guardare il gioco che riprendeva senza di lui. Bob Denver era entrato al suo posto.
L’italiano se ne stette per qualche minuto a seguire la palla, le mani ficcate nelle tasche. Gli abiti che indossava quel giorno gli stavano così bene addosso che sembrava appena uscito dal set di un servizio fotografico, il bastardo.
D’un tratto Salvatore gridò qualcosa in italiano e scoppiò a ridere. Philip spostò gli occhi sui compagni e vide Mark che si tirava su da terra dolorante.
Quando udì la voce di Gentile, il ragazzo alzò di scatto il viso.
-Che ci fai lì? Chi ti ha dato il permesso di entrare?!-
Salvatore neppure gli ripose.
-Due giorni di allenamento insieme a queste schiappe e sei diventato una pippa anche tu!-
-Vaffanculo! Sparisci!-
-Non provare a negarlo, ti ho appena visto cadere! Cos’è? Sei inciampato? Ti hanno fatto lo sgambetto?-
Landers puntò la panchina.
-Te ne vai da solo o vuoi che ti sbatta fuori a calci?-
Riuscì a fare solo pochi passi, perché Holly lo intercettò.
-Mark, piantala!- sentì sotto la sua presa i muscoli del compagno guizzare di stizza -Cosa pensi di fare?-
-E me lo chiedi? Buttarlo fuori a calci in culo!-
-Se assiste alla partita da dietro la recinzione o dalle panchine, che differenza fa?-
-Ci sta insultando!-
Holly tirò un profondo respiro paziente.
-Se ci insulta da fuori o da dentro, che differenza fa?-
-Ne fa di differenza, cazzo!- Mark si liberò di lui -Da dietro la recinzione non posso gonfiarlo di botte ma dentro il campo sì!-
-Smettila, deficiente! Torna al tuo posto!- Holly incrociò gli occhi di Philip e quasi sperò che si alzasse per dargli manforte. Invece lui non fece nulla. Rimase a guardarli curioso, quasi deluso.
Gentile lasciò perdere Mark e si avvicinò a Patty.
-Dov’è Jenny?-
-È andata al bar.-
L’uscita di scena di Salvatore bastò a dissolvere all’istante i bollenti spiriti di Landers, e anche quelli di Evelyn.

*

Patty posò le posate nel piatto, ripose il tovagliolo accanto al bicchiere e alzò gli occhi su Mark, alle prese con un ultimo boccone di insalata. Gli stava risultando difficilissimo infilzare quelle ultime rachitiche foglie di rucola con la forchetta. Alla fine le prese con due dita e se le ficcò in bocca. Lui, nel piatto, non lasciava mai niente.
-Hai visto cosa c’è nel cassetto della scrivania di Jenny?-
-Quando sei stata a casa mia, Patty?-
-Stamattina.-
-Ah sì?-
Benji drizzò le antenne.
-E com’è casa di Landers? Una catapecchia?-
-Per niente, anzi è piuttosto carina. Ma non è della sua casa che intendo parlare.- fissò Mark -Voglio sapere se hai visto cosa c’è nel cassetto!-
-No che non l’ho visto! Non frugo tra le sue cose! E non dovresti farlo neppure tu!- spiattellò papale papale anche se in realtà una volta l’aveva fatto, di frugare tra le cose di Jenny. Una sera, agli inizi della loro convivenza, passando davanti la porta della sua camera rimasta socchiusa, l’aveva vista seduta sul letto versarsi delle gocce in un bicchiere d’acqua. Glielo aveva visto fare anche qualche sera dopo. Così un giorno che era tornato e non l’aveva trovata in casa, era salito nella sua stanza e aveva curiosato un po’. Aveva trovato un flaconcino nel cassetto del tavolo e aveva scoperto che Jenny se ne serviva per dormire. Un paio di settimane dopo aveva notato la confezione nel cestino dell’immondizia e quando aveva fatto un secondo sopralluogo in camera sua, non aveva più trovato traccia di medicinali simili.
La replica dell’amico fu un rimprovero a cui Patty reagì arrossendo di vergogna.
-Però in questo caso avresti dovuto farlo.-
-Perché?-
-Ho trovato l’anello che le ha regalato Philip.-
-E allora?-
-E allora se a lei di Philip non importa più nulla, perché se lo sarebbe portato dietro?-
-Chi ti ha detto che non gliene importa più nulla?- la sua espressione confusa lo fece sorridere -Dai retta a me, Patty. Non cercare di capirli perché non ci riusciresti. Io sono settimane che ci sto provando e non sono arrivato a niente.-
-Mi sarebbe risultato strano il contrario. Non brilli per sensibilità né per arguzia.-
Mark ignorò il commento di Benji, posò la forchetta nel piatto e lanciò un’occhiata a Philip che sedeva dall’altra parte della sala, tra Tom e Peter Shake.
-Jenny sa di Julie Pilar.- continuò Patty -Insieme all’anello, nel cassetto tiene la foto di loro due che si baciano.-
-Ah, ecco dov’era finita.-
Patty fissò Mark negli occhi.
-Philip ha lasciato Jenny per mettersi con quella fotomodella?-
-E che ne so? Lei non mi ha detto niente e ieri quando ho provato a parlargli, Philip mi ha assalito.-
-Quando vi siete azzuffati nella hall davanti ai giornalisti?-
-Veramente non ci siamo azzuffati, Price. Dovresti metterti un paio di occhiali, se non ci vedi. O magari posso darti un pugno in faccia e vedere se la tua vista migliora.-
Holly sbuffò spazientito.
-Hai proprio rotto, Mark. Ieri con Philip, oggi con Gentile e ancora non hai finito. Hai sempre voglia di saltare addosso alla gente. Quando la smetterai di avercela col mondo intero?-
-Sei saltato addosso anche a Jenny?- rise Benji con finta innocenza.
Holly lo trafisse con un’occhiata omicida. Stanco di ascoltarli battibeccare, si alzò e raggiunse Philip.
Patty lo seguì con gli occhi.
-Avete deciso chi va alla conferenza stampa?-
-L’ha deciso il mister.- Benji le rispose con un sorrisetto carico di sarcasmo -E sono proprio curioso di sapere cosa dirà Callaghan, visto quant’è loquace in questi giorni.-
Patty lanciò a Philip una seconda occhiata perplessa.
-Deve andare proprio lui?-
-Certo, è il capitano.-
A Benji venne da ridere.
-Landers gli darà una mano… Vero?-
Davanti all’hotel li aspettavano due taxi. In uno salirono Marshall e Pearson, nell’altro presero posto Holly, Philip e Mark che, per stare più comodo, scelse il sedile davanti, accanto all’autista. Osservando le vie e i palazzi di Torino che scivolavano via alla stessa blanda velocità del traffico che intasava le strade del centro, Philip si ricordò improvvisamente che al suo arrivo in Italia non aveva telefonato a Julie, nonostante le avesse promesso di farlo. Non seppe se ridere della dimenticanza o preoccuparsi. Julie si sarebbe infuriata, al minimo ci era rimasta male. Ma in fondo che gliene importava? Non era abbastanza ipocrita con se stesso da non ammettere che con lei aveva costruito un rapporto egoistico in cui si sfruttavano a vicenda. Lei si serviva della sua popolarità per aumentare la propria, facendosi fotografare quando erano insieme, e lui usufruiva del suo corpo. Non era un accordo tanto male, visto l’andazzo degli ultimi mesi. Ma oltre a questo non c’era nient’altro. Nonostante le numerose notti passate nel suo letto, di lei non gli importava. E se all’inizio c’era stato qualcosa che l’aveva attirato verso la modella, ora non era più in grado di ricordare cosa fosse. Neanche impegnandosi riusciva più a trovare un motivo che lo spingesse a continuare a frequentarla. Da quando si erano separati all’aeroporto il pensiero di lei non lo aveva sfiorato una sola volta. Ora che aveva rivisto Jenny, ripensare che fino a qualche giorno prima aveva dormito nel suo letto gli provocava una sorta di fastidio.
-Vero, Philip?-
Si volse verso Holly.
-Vero cosa?-
Mark rise.
-Hai portato il pallone così lo sveglio?-
-Vaffanculo.-
Holly sospirò.
-Perché oggi non mi dà retta nessuno? Stamattina Benji, adesso tu…-
-Magari perché dici solo stronzate.- lo schernì Mark -Patty almeno ti ascolta?-
-Finora sì.- si accorse che Philip era tornato ad osservare la strada e si sentì rimescolare dentro, di rabbia e frustrazione. Sbuffò, gli posò una mano sul braccio per richiamare la sua attenzione e lui si volse, l’aria un po’ svampita -Cos’hai intenzione di dire alla conferenza stampa?-
-Quello che vuoi.- tentò un sorriso accondiscendente che non ebbe il risultato sperato. Così cercò di correre ai ripari -Perché non parli tu?-
-Pensi che se potessi non lo farei? Il capitano sei tu, Philip. O te ne sei dimenticato?-
-Come potrei dimenticarlo? Non fate altro che ricordarmelo anche se lo sarò solo per qualche giorno. Presto arriverà il tuo nullaosta e i giornalisti dimenticheranno la mia esistenza. Secondo me dovresti parlare tu fin da subito…-
Holly cominciò a scocciarsi.
-Le faranno a te le domande, Philip.-
-Tu credi? Io penso invece che vogliano sentir parlare te.-
Tornò ad osservare la strada, gli incroci, i semafori, i negozi, le vie che percorrevano, la gente. Sospirò mentre tornava ad estraniarsi, udendo appena il brusio delle voci di Holly e Mark. Si sforzò di ascoltarli ma non riuscì a concentrarsi sulle loro parole. Holly poteva anche incazzarsi, ma non era colpa sua se da quando si erano rivisti Jenny gli riempiva la testa. Non che prima ciò non avvenisse, ma adesso accadeva in continuazione: praticamente colmava tutti i suoi pensieri. Se fosse dipeso da lui avrebbe evitato persino di vederla, di incontrarla, di parlarle. E invece lei era lì e l’unica cosa che poteva fare era sforzarsi di ignorare la sua presenza. Un comportamento che doveva a Jenny, ma soprattutto a se stesso. Che l’aveva lasciata a fare, altrimenti? Che senso aveva avuto cercare di ricostruirsi una vita da solo se ora qualcosa era tornato a galla e lo spingeva di nuovo verso di lei? A cosa era servito smettere di frequentarsi se adesso ogni volta che incrociava il suo sguardo sentiva un fiotto caldo riempirgli il cuore?
Era perfettamente consapevole che mesi prima con il suo comportamento e con le sue parole l’aveva ferita nel profondo. L’aveva lasciata, e anche male. Eppure che altro avrebbe potuto fare? Aveva dimostrato quanto fosse incapace di difenderla, di proteggerla, di non farla soffrire. La sua incompetenza e la sua inettitudine l’avevano distrutta. Come avrebbe potuto arrogarsi il diritto di restare al suo fianco? Non era più giusto lasciare che qualcuno davvero in grado di farlo si prendesse cura di lei? Ora certo, aveva seri dubbi che questo qualcuno fosse Salvatore Gentile, ma che diritto aveva di giudicarlo? O di giudicare le scelte di Jenny?
Ricordò con una fitta dolorosa l’ultima volta che si era fermato sotto casa sua con la speranza assurda di vederla, anche solo per un attimo. Aveva accostato la macchina al marciapiede, era sceso confuso e preoccupato dalla sua improvvisa sparizione. Appoggiato allo sportello chiuso, gli occhi sull’elegante villetta abbandonata, si era chiesto per l’ennesima volta che fine avesse fatto. Era rimasto ad osservare le finestre sbarrate per un tempo lunghissimo, mentre il panico l’assaliva, mentre lo invadeva la consapevolezza che Jenny se n’era davvero andata per sempre. E mentre la certezza di averla persa definitivamente gli faceva pizzicare gli occhi, l’anziana vicina era uscita sul vialetto e si era avvicinata. A Philip non stava simpatica. Era una vecchia impicciona che nel corso degli anni aveva fatto la spia ai genitori di Jenny quando tornavano da New York, parlando loro delle sue numerose visite (anche notturne) alla ragazza.
“Jenny non c’è. L’ho vista andar via con una valigia quasi un mese fa.”
Philip si era limitato ad annuire, continuando a restare appoggiato allo sportello. La donna era rientrata e lui non aveva potuto fare altro che risalire in macchina. Quella era stata l’ultima volta che era sceso sotto casa di Jenny. Le volte successive si era limitato a passarci, magari allungando un po’ il percorso e dando un’occhiata alle finestre senza fermarsi. I giorni, le settimane, i mesi si erano susseguiti e non le aveva più riviste aperte. Adesso, in Italia, aveva finalmente capito il perché.
Il taxi si arrestò di fronte ad un imponente edificio. I giornalisti erano assiepati ai lati di un enorme portone spalancato su un signorile atrio col pavimento di marmo, da cui partiva una scalinata che conduceva ai piani superiori.
-Che palle…- si lagnò Mark mentre scendeva e i flash lo accecavano -Sempre la solita storia! Non ne posso più! Che accidenti avranno da fotografare?!-
Philip fu completamente d’accordo. Lasciò che lo superasse e s’impegnò a scomparire dietro la sua schiena. Avrebbe preferito mille volte passare il tempo libero a concentrarsi sui suoi problemi per cercare di risolverli ed ecco invece dov’era finito! Perché doveva essere lui il capitano in attesa che lo divenisse Holly? Perché non Julian? Perché non Tom?
Philip aveva visto giusto quando aveva supposto che i giornalisti avrebbero voluto sentir parlare Holly. E da parte sua Holly rivelò una voglia matta di rispondere alle loro domande. Philip lo lasciò fare. Si accomodò sulla sedia di plastica imbottita e mollò tutto nelle mani del futuro capitano della nazionale, concentrando le proprie energie a soffocare il mal di testa che era tornato ad affacciarsi. Non vedeva l’ora di rientrare in hotel per prendere un’aspirina. Sentì Mark agitarsi accanto a lui e si volse a guardarlo. Fissava la platea e muoveva appena le labbra, concentrato.  
-Che stai facendo?-
-Conto quanti sono.-
-Perché?-
-Più sono e più siamo famosi.-
Philip l’osservò incredulo.
-E da quando ti interessa essere famoso? Prima non volevi neppure che ti fotografassero!-
-Se sono famoso guadagno di più.- replicò con un ghigno.
Marshall tossicchiò furente per zittirli, ma non ce ne fu bisogno. Il sorrisetto compiaciuto di Landers aveva già tolto a Philip la voglia di ascoltarlo. A lui in quel momento non importava né essere famoso, né guadagnare tanto. Quello che aveva adesso gli bastava, e comunque non erano i soldi a mancargli. Cercò di concentrarsi sulle parole convincenti di Holly, che era strasicuro di vincere quella cacchio di amichevole. Quante volte l’aveva sentito parlare così? Quante volte lui stesso aveva risposto in quello stesso modo a quelle stesse identiche domande? Si sforzò di non sbadigliare in faccia a tutti e cercò di attendere pazientemente che la conferenza stampa terminasse.
Finalmente, ad un certo punto, Pearson controllò l’orologio, si alzò e si rivolse all’intera sala.
-Abbiamo tempo solo per un’ultima domanda.-
Una penna scattò in alto dalla prima fila, ad un passo dai ragazzi. Era un uomo sulla quarantina, capelli neri tagliati corti e appena brizzolati sulle tempie. Agli angoli degli occhi, socchiusi di concentrazione, piccole rughe sparivano sugli zigomi alti e pronunciati. La pelle era olivastra, scura quasi quanto quella di Mark, segno che l’uomo doveva passare parecchio del suo tempo all’aria aperta. Teneva in mano un i-phone, sollevato verso di loro. Forse stava registrando.
Kirk annuì, dandogli la possibilità di parlare.
Il reporter puntò gli occhi sui ragazzi e avvolse Philip in uno sguardo carico di aspettativa. La sua voce forte e chiara risuonò nella sala.
-Callaghan, l’attuale ragazza di Salvatore Gentile è la sua ex fidanzata, vero?-
La domanda, inaspettata e improvvisa, colse tutti di sorpresa. Philip neppure tentò di nascondere lo sconcerto. Trasalì, forse persino impallidì. Fissò gli occhi strafottenti e in parte divertiti del giornalista e socchiuse le labbra, più per inalare l’aria che per parlare. Doveva rispondere? Esitò.
-È vero, allora?- lo pressò il giornalista -La fidanzata di Gentile è la sua ex ragazza?-
Mark fremette di stizza. Che Jenny fosse stata la fidanzata di Philip non erano assolutamente affari di nessun altro se non loro. Si alzò di scatto, la sedia cadde a terra alle sue spalle.
-Che razza di domande fa? Non sono affari suoi nel modo più assoluto!- afferrò per un braccio Philip e lo tirò in piedi scostandolo dal tavolo -Vieni, andiamocene. Tanto le domande serie sono finite! - con la coda dell’occhio vide Pearson accorrere.
-Signor Steiner, mi meraviglio di lei.- il tono di Kirk fu gelido -Questa è una conferenza stampa della Federazione e siamo qui per parlare del prossimo incontro della nazionale giapponese con quella italiana, non per mettere in piazza gli stupidi pettegolezzi di riviste scandalistiche. Forse lei ha sbagliato posto.-
Qualcuno, da qualche parte della sala, si lasciò sfuggire una risatina divertita. Steiner reagì con altrettanta rapidità.
-Una cosa non esclude l’altra, signor Pearson.- le sue parole furono venate di sarcasmo. Vide i ragazzi tagliare la corda lungo il lato della tavolata a cui erano rimasti seduti fino ad un attimo prima e tentò di non lasciarseli scappare -Il mio interesse è del tutto innocente e non riguarda un pettegolezzo ma un dato di fatto. La ragazza di Salvatore Gentile è la ex fidanzata di Callaghan, per cui…-
-Se già lo sa, allora perché lo chiede?-
-Perché voglio una dichiarazione dal diretto interessato.-
Philip si volse incredulo ed esitò. Quel tizio ce l’aveva davvero con lui. Forse doveva mandarlo a quel paese una volta per tutte. Mark strinse la presa sul suo braccio e lo strattonò, facendolo incespicare mentre scendeva il gradino della pedana. Rinunciò a fermarsi per insultare il giornalista  e seguì i compagni. Landers non l’avrebbe mollato. Si volse ancora indietro mentre veniva trascinato verso la porta, gli occhi fissi sull’impiccione. Un secondo prima di varcarla il flash di una macchinetta fotografica quasi lo accecò.
Mark non lo lasciò mentre imboccavano le scale, ogni gradino un’imprecazione, un po’ in giapponese e per la maggior parte in italiano. Era furibondo. Holly li tallonava e oltrepassò per ultimo il portone. Sparirono tra la gente e le vie del centro di Torino.
-Che voleva quello, Philip? Lo conosci?- Mark si fermò di botto ad un semaforo rosso e l’amico gli finì addosso. Vedendolo scuotere la testa, lo incalzò -Bill Steiner, del Sapporo News. Ti dice niente?-
-Come fai a sapere chi è?- chiese Holly.
-Ho letto il cartellino di riconoscimento.- guardò di nuovo Philip -Allora? Ti dice niente?
-Bill Steiner?- si sforzò di riflettere e lo fece a fatica perché non riusciva ancora a credere che il rapporto tra lui e Jenny potesse diventare oggetto d’interesse pubblico. Lui per primo non voleva parlare di ciò che c’era stato tra loro, perché avrebbero dovuto farlo gli altri? Poi all’improvviso capì. La foto di lui e Julie Pilar che si baciavano l’aveva scattata proprio quel tizio, Steiner. Quella maledetta foto era opera sua. La foto a causa della quale sua sorella Kate non gli aveva rivolto la parola per una settimana (che pacchia!), sua madre aveva cominciato a scrutarlo sospettosa e suo padre ad affrontare strani discorsi sul mettere la testa a posto, perché la vita non era solo svago e divertimento. Roba che lui si era rifiutato di ascoltare. Quella foto era stata pubblicata nella pagina sportiva del Sapporo News. Era lui, Bill Steiner, l’autore di uno scatto che a casa gli aveva causato un sacco di rotture di palle.
-L’ho già sentito.- si limitò a dire.
-Mark, devi avvertire Jenny.-
Gli occhi di Philip fulminarono Holly.
-Perché?-
Glielo spiegò immediatamente, Holly, il motivo.
-Perché potrebbe voler fare a lei la stessa domanda che ha fatto a te. È meglio avvisarla, no?- spostò gli occhi su Mark -E adesso che facciamo?-
Lui fece spallucce.
-Ce ne torniamo al campo. Per star dietro a queste stronzate abbiamo perso tutto il pomeriggio.-
Arrivarono al tramonto, perché sul loro percorso incrociarono un corteo di gente che gridava contro il governo e contro una nuova linea ferroviaria. Furono costretti a scendere dall’autobus, fare a piedi quasi tre chilometri e risalire sul tram che li portò dall’altra parte della città. Le luci del centro sportivo erano accese e gli allenamenti erano ormai agli sgoccioli. Freddie e Kirk erano già lì, con il taxi dovevano essere tornati da un bel pezzo.
-Dove siete finiti? Stavamo cominciando a preoccuparci!-
-Non l’avete beccato voi, il corteo?-
Pearson annuì.
-Gli abbiamo girato intorno.-
-Noi invece ci siamo cascati nel mezzo.- Mark si lasciò sfuggire una smorfia di contrarietà -Si sapeva che la conferenza stampa sarebbe stata soltanto una perdita di tempo. La prossima volta non contate su di me.-
Philip sbuffò, nervoso.
-Che palle, stai sempre a lamentarti.-
-Ah! Perché? Secondo te le domande dei giornalisti sono state utili?-
Gamo aveva smesso di ascoltarli, tanto secondo lui il ritardo non era dovuto al corteo. S’erano sicuramente trastullati da qualche parte. Forse doveva far loro la prova del palloncino, per vedere se s’erano fermati al bar. Da Mark se lo aspettava e da Philip, visto come si stava comportando in quegli ultimi giorni, pure. Ma Holly… da Holly no. Chiaramente lo avevano costretto. Fischiò stizzito la fine degli allenamenti e Philip ne approfittò per tagliare la corda.
-Comincio ad andare.-
Holly lo guardò.
-Andare dove?-
-In hotel!-
-Non vuoi aspettare gli altri?-
Philip fece una faccia che la diceva lunga su quanto gliene importasse degli altri e s’incamminò, le mani nelle tasche. Il tramonto aveva dipinto di indaco il cielo e a oriente qualche stella cominciava già a brillare.
Mark e Holly raggiunsero il bar. Quando Evelyn li vide entrare scattò in piedi e si fiondò su Holly.
-Hai registrato, vero?-
Lui annuì e tirò fuori dalle tasche un piccolo registratore. Lei lo accese e se l’accostò al viso, sperando che l’audio fosse buono.
-Invece di romperci le scatole, non potevi venire?-
Mark alzò gli occhi su Jenny, al suo posto dietro il banco del bar. Lei, che li ascoltava pensierosa, si riscosse e gli riempì il bicchiere. Su un angolo del ripiano, in una bottiglia riciclata, era stato infilato un mazzo di margherite arancioni corredate da qualche sprazzo di iris viola.
Mark sorseggiò la bevanda e andò dritto al punto, perché a lui piaceva prendere le rogne di petto.
-Alla conferenza stampa uno dei giornalisti ha ficcato il naso negli affari di Callaghan… anzi, nei vostri. Gli ha chiesto se la ragazza che frequenta Gentile è la sua ex.-
Jenny si irrigidì.
-Certo che lo sono, e allora?-
-Allora niente. Mi metti un po’ di ghiaccio?- la guardò mentre lo accontentava -Ci sono buone possibilità che quel fotografo si presenti al campo per fare la stessa domanda anche a te. Se dovesse accadere, qualsiasi cosa ti chieda non dargli retta, e fila via se non vuoi finire sui giornali.-
-Come si chiama?- domandò Evelyn.
-Bill Steiner.-
Impiegò un istante, la ragazza, ad abbinare quel nome all’autore della foto. Si morse la lingua e fissò Jenny, chiedendosi se anche lei stesse facendo il suo stesso collegamento e, in caso contrario, se fosse il caso di farglielo presente.
-Ma… perché?- chiese Jenny, passandosi nervosamente parte della frangia dietro un orecchio.
Fu Evelyn a risponderle.
-Per lo scoop.-
-Quale scoop? Io non sono uno scoop! Non c’è nulla di interessante in me!-
-Questo lo credi tu. Pensaci un attimo. Sei l’ex di Callaghan, abiti con Landers ed esci con Gentile. Non ti pare abbastanza? Quel tizio sarebbe in grado di scrivere un romanzo sulla tua poco interessante situazione.-
Patty le posò una mano sul braccio e le sorrise rassicurante.
-Non preoccuparti, Jenny. Se lo incontri è sufficiente che lo ignori. Può farti tutte le domande che vuole ma non può obbligarti a rispondere.-
Lei annuì, per nulla tranquillizzata. Alzò gli occhi su Holly.
-Non vuoi niente da bere?-
Evelyn la osservò mentre versava dell’acqua tonica per il compagno, poi la sua attenzione venne catturata da Gentile che varcava la porta del bar. Individuata Jenny, si diresse verso di loro. Sembrava non avere occhi che per lei.
-Ciao tesoro.- Salvatore poggiò la borsa sportiva a terra e le si avvicinò per stamparle un bacio sulle labbra.
Mark gli mollò uno spintone che quasi lo mandò lungo sul ripiano.
-Non puoi proprio evitare di farlo davanti a tutti?-
Gentile lo fissò sgomento e si raddrizzò, colto di sorpresa da un gesto che non si aspettava. Non ebbe neppure la prontezza di mollargli un calcio. I suoi occhi azzurri lampeggiarono di stizza.
-Davanti a tutti o davanti a Callaghan? E comunque scommetto quello che ti pare che a Callaghan dà fastidio che la sua ex abiti da te, non che io la baci.-
Jenny li osservò irritata. Succedeva troppo spesso che quei due parlassero di lei in italiano escludendola dai loro discorsi. Oltretutto, che Gentile avesse pronunciato due volte il nome di Philip non era un buon segno. Distolse gli occhi da loro, finendo per posarli su Shake che entrava nel bar con Danny Mellow, Paul Diamond e Patrick Everett. Per la prima volta lei e Peter riuscirono a studiarsi con calma.
Shake le sorrise, controllò che Philip non fosse nei paraggi e si decise a raggiungerla. Poi vide Landers e Gentile che questionavano ad un passo dal bancone ed esitò. Non fu Landers a frenarlo, in realtà. Fu l’italiano. Quel tizio così alto, così biondo e così sicuro di sé, che per di più stava così attaccato a Jenny, lo metteva in soggezione. Insieme all’amica aveva sempre visto il capitano della Flynet mentre adesso la presenza al suo fianco di quello sconosciuto gli rendeva difficile riconoscere persino lei.
Si guardò intorno. Philip non si vedeva da nessuna parte, chissà dove cavolo era finito. E se Philip non si vedeva, lui doveva approfittarne, nonostante l’ingombrante presenza dell’italiano. Un’occasione così proficua per scambiare due parole con Jenny doveva assolutamente essere sfruttata. Mentre i compagni che erano con lui si sistemavano ad un tavolo, raggiunse il banco del bar.
-Jenny, possiamo parlare?-
La giovane all’inizio tentennò, ma poi finì per annuire perché non poteva proprio rifiutarsi. Aveva evitato Peter Shake per due giorni ed era arrivato il momento di affrontare anche lui. Gentile si zittì di colpo e li seguì con lo sguardo mentre si spostavano.  
-Chi accidenti è quello adesso?-
Le labbra di Mark si incurvarono in un sorriso saputo. Avrebbe potuto lasciarlo a macerarsi dalla curiosità, e invece preferì mostrarsi saccente.
-Un ex compagno di scuola di Jenny.-
-Di scuola?- lo scrutò -Mi stai prendendo per il culo?-
-Mi piacerebbe ma stavolta no.-
Salvatore si grattò una guancia, dando sfogo alla propria incredulità.
-Vi conoscete tutti? Cioè, vi conoscete tutti da prima di entrare in nazionale?-
-In Giappone chi ha un minimo di talento calcistico si conta sulle dita di un paio di mani.-
Gentile scoppiò in una risata.
-Talento? Stai parlando di talento? Ma dove?-
-Coglione, vuoi che ti risponda o no?- l’altro annuì -Bene, allora taci prima di farmi passare la voglia di farlo.- Mark riprese a spiegare -Come ti dicevo, visto che a giocare a calcio in Giappone non siamo in molti, prima o poi abbiamo finito per incontrarci tutti nei tornei interscolastici.-
-E allora anche tu conoscevi Jenny dal liceo?-
-Lei no, ma la maggior parte di noi sì. E non dal liceo, dalle scuole elementari.- finito il chiarimento, riprese la polemica -Se pensi che noi giapponesi siamo tutte pippe, spiegami per quale motivo gioco con te nella Juventus.-
-Ti giuro che me lo sto chiedendo ancora, praticamente non ci dormo la notte!-
Mark lo fissò astioso, poi incrociò lo sbadiglio di Holly che si era già rotto di ascoltare l’intonazione vocale del loro battibecco. Ingoiò la risposta acida per amore della pace e osservò Gentile che guardava Jenny mentre lei parlava con Shake. Poi, visto che aveva ancora sete, si allungò oltre il bancone e si prese un’altra coca-cola.
-Devi chiamare Grace e dirle che sei qui, perché se lo scopre non mi darà pace.-
-Peter, Grace lo sa da mesi!-
Il ragazzo ammutolì, poi si riscosse.
-Impossibile! Non mi ha detto niente!-
-Ti assicuro che lo sa! Come potevo tenerglielo nascosto? Non puoi immaginare quanto mi ha cercata…-
-Lo immagino, invece.- si guardò intorno, il timore che Philip spuntasse nel bar. Non ci teneva a farsi beccare a parlare con Jenny. Sapeva che se li avesse visti insieme, lui gli avrebbe messo il muso e dal momento che già gli parlava a malapena, era meglio evitare almeno questo. Non lo vide e continuò -So che la colpa non è tua, Jenny. Per quello che è successo con Philip, intendo. Lui è cambiato e…- esitò, non sapendo come continuare -Ci sono così tante cose di cui vorrei parlarti ma…-
-Preferisco di no, Peter. Per favore, sto cercando di dimenticare.- abbassò gli occhi e la sua voce si affievolì perché si rese conto che sarebbe stato impossibile.

Le poltrone della hall erano così confortevoli che Philip avrebbe potuto passarci comodamente tutta la notte. Sprofondato tra i cuscini in attesa, vide Gamo e Marshall varcare le porte a vetri. Pearson dietro di loro esitò un istante. Prese un’altra boccata di nicotina, poi gettò via la sigaretta ed entrò nell’hotel. Allora si alzò e li raggiunse.
-Io esco.-
Gamo spalancò la bocca.
-Come?-
-Esco.-
-E quando torni?- chiese Marshall tranquillo.
-Dopo.- siccome Gamo scuoteva la testa, cercò di indorare la pillola -Non troppo dopo, giusto un paio d’ore.-
-Va bene, ma non fare tardi.-
L’arrendevolezza di Marshall lo stupì. Non credeva che sarebbe stato così facile convincerli. E infatti Gamo non fu d’accordo.
-Non va bene per niente, invece!-
Philip s’intestardì. Aveva assolutamente bisogno di uscire, di stare alla larga dai compagni e da tutto.
-Torno presto.-
-No, resti qui.-
-Non può costringermi. Posso uscire senza che lei se ne accorga. L’ho avvertita e dovrebbe apprezzarlo.-
-Tu sei il capitano e non puoi andartene a zonzo come ti pare! Comportati da capitano e resta con la tua squadra!-
Philip fremette, quel ruolo gli era stato imposto. Nessuno gli aveva dato la possibilità di rifiutarlo e adesso il mister glielo ritorceva contro.
-Non ho scelto io di esserlo!-
-Lo hai sempre fatto!-
-Basta così.- Marshall li interruppe prima che la discussione si inasprisse. Per prima cosa avrebbe accontentato il ragazzo, poi si sarebbe dedicato a calmare il collega -Philip, puoi uscire ma non devi fare tardi.-
Lui si allacciò la giacca a vento e un attimo dopo era già fuori dell’hotel.
-Non intestardirti Gabriel. Lascialo stare, mangerà qualcosa fuori e poi tornerà. Tanto ha ragione. A meno che non lo chiudi a chiave in camera, se si è messo in testa di uscire lo farà.-
-Si è inselvatichito. Prima non era così.-
-Quando i ragazzi crescono cominciano a fare di testa loro.-
A Gamo ciò non piaceva per niente. Represse la collera e s’incamminò furente verso la sala da pranzo. Pearson e Marshall si scambiarono un’occhiata, poi lo seguirono.
Philip respirò a pieni polmoni l’aria fredda della sera. La luna era sorta e ora splendeva nel cielo oscurando le stelle. Mentre camminava lungo il marciapiede osservò il suo riflesso perlaceo sulle Alpi coperte di neve. Con un po’ di fantasia avrebbe potuto immaginare di essere in Hokkaido. Si strinse la sciarpa intorno al collo e raggiunse la fermata.
L’autobus passò subito e Philip salì. Acquistò un biglietto dall’autista, prese posto sul fondo e si sentì finalmente più leggero. Aveva davvero bisogno di uscire. Lasciò vagare lo sguardo sulla strada, chiedendosi per la centesima volta cosa volesse da lui quel giornalista, perché si accanisse così. Era impossibile che la redazione gli chiedesse di scrivere un articolo su di lui e sulla sua vita privata. Merda. La vita privata si chiamava appunto così perché non doveva essere pubblica. Cosa importava alla gente se lui frequentava Julie? Perché erano interessati a sapere se Jenny, che ora stava con Salvatore Gentile, era la sua ex? Perché certe persone vivevano dei fatti degli altri? Non avevano nient’altro da fare?
Scese in quella che suppose essere una delle piazze centrali di Torino e si guardò intorno. Era quasi ora di cena e in giro c’era poca gente. Si ficcò le mani nel caldo delle tasche e s’incamminò seguendo un percorso a caso sotto i portici, al riparo dal vento e dall’umidità. Ad un certo punto si ritrovò davanti al Mc Donald’s della sera prima e decise di fermarsi a mettere qualcosa nello stomaco.  
Spinse la porta a vetri guardandosi intorno. Il locale portava tracce dell’antico arredamento di una volta. Stucchi dorati e specchi avevano molto poco di moderno e di consono ad un fast-food americano m a nello stesso tempo lo rendevano un locale decisamente caratteristico. Quando l’ebbe osservato abbastanza, si avvicinò alla cassa. Con gli occhi sollevati ai tabelloni dei menù appesi sopra al personale in servizio, ordinò un panino e una coca-cola. La ragazza che era dall’altra parte del bancone gli rispose in un giapponese perfetto. Philip lì per lì neppure ci fece caso. Ma quando abbassò la testa per pagare e la guardò, la riconobbe subito. Era la ragazza metà giapponese e metà italiana amica di Aoi.
-Non dovresti essere a cena con la tua squadra?- domandò lei.
-Sì, dovrei. Ma mi sono preso una pausa.-
-Stress pre-partita?-
-Non proprio.- figuriamoci, la partita era l’ultimo dei suoi pensieri.
Lei sollevò il vassoio e glielo porse, strizzandogli un occhio.
-Se non hai impegni aspettami di sopra. Tra poco finisco il turno e ti porto in un posto fichissimo!-
Philip annuì e imboccò le scale. Se l’amica di Rob aveva tempo da perdere, quella sera era ben felice di occuparglielo. Non aveva nessuna intenzione di tornare subito in hotel, non gli andava di fondersi il cervello sui significati della domanda del giornalista ficcanaso. Non gli andava che gli amici si preoccupassero per lui. Non aveva gradito il comportamento protettivo di Mark alla conferenza stampa. Non voleva sentirsi protetto da nessuno, tanto meno da Landers. Non gli era piaciuto essere strattonato via. Non gli era piaciuto non aver avuto abbastanza sangue freddo da reagire come quel giornalista meritava. In conclusione, diamine se s’era rotto. Ne aveva piene le palle di quella giornata, non vedeva l’ora che finisse.
Avanzò tra i tavolini in cerca di un posto libero, chiedendosi se il resto della sua vita sarebbe stato altrettanto deludente. Forse d’ora in poi le cose sarebbero andate sempre così, di merda. Non voleva farsi rovinare l'esistenza da una serie di eventi che erano andati fuori dal suo controllo, scatenati da un bastardo straricco che si era arrogato il diritto di fare con Jenny ciò che voleva. Non ne poteva più neppure di rimuginare sul vortice di casini in cui era stato risucchiato. Philip desiderava solo capire una buona volta come cavarsela, come superare quel momento e andare avanti. Si sedette su una delle anonime sedie di plastica uguali in tutti i McDonald’s del mondo, appoggiò la schiena alla spalliera e afferrò il panino. Puntò gli occhi sulla finestra, sulle macchine ferme al semaforo, e addentò l’hamburger.

-Dov’è Philip?-
Mark aveva un diavolo per capello. L’amico era scomparso all’improvviso dopo che aveva praticamente costretto Jenny a fermarsi a cena in hotel, cosa che non andava neppure a lui di fare. Patty quella mattina aveva trovato l’anello di Philip nel cassetto della sua scrivania, Mark quella sera li avrebbe fatti tornare insieme. O almeno avrebbe voluto provarci. Aveva passato quasi mezz’ora, aspettando la cena, a rimuginare su come riuscire a farli sedere se non vicini, almeno allo stesso tavolo. E quando aveva trovato la soluzione al dilemma, quel deficiente di Philip era sparito, mandando all’aria il suo piano perfetto.
-Marshall ha detto che è uscito.- rispose Holly.
-E dov’è andato?-
-Chi lo sa? A fare un giro immagino.-
Bruce non si scompose, anzi, si mostrò sollevato.
-Ha fatto bene a togliersi di torno. Visto quant’è di compagnia ci avrebbe rovinato la serata.-
-Se ti fai rovinare la serata dal malumore di Philip, sei davvero un cretino.-
Jenny guardò Mark che, dopo aver gelato Bruce, riprendeva tranquillo a mangiare. Si sforzò di fare altrettanto, ma l’argomento di conversazione non era dei più graditi e le era passata la fame. Anche soltanto sentire il nome di Philip le aveva chiuso lo stomaco quasi più della presenza di Evelyn a tavola. Aveva evitato di rivolgerle la parola, persino di guardarla, e lei aveva fatto altrettanto.
-A proposito, Bruce…- Holly appoggiò le posate sul piatto e fissò l’amico dritto negli occhi. Il suo tono di voce mise l’altro in guardia -Mi piacerebbe non vederti più discutere con lui.-
-Io?-
-Sì tu. Evita di provocarlo e staremo tutti più tranquilli.-
-Io non l’ho provocato. È lui che ha la coda di paglia.-
Benji sbuffò.
-L’uno e l’altra. Piuttosto sentite qui, ho avuto un’idea.-
Holly tremò mentre il portiere riprendeva a parlare, approfittando che per una volta fossero finiti tutti insieme allo stesso tavolo.
-La proprietà commutativa dice che se Callaghan è uscito possiamo farlo anche noi.- spostò gli occhi su Landers -Perché non ci porti in qualche locale interessante?-
-Perché dovrei portare a spasso proprio te?-
Amy s’illuminò. Frugò nella borsetta appesa sullo schienale della sedia e tirò fuori la guida di Torino.
-C’è un caffè famoso segnalato anche qui sopra. Mi piacerebbe andarci. È in centro.- aprì il libro e lo allungò verso il compagno, mostrandogli la foto del locale.
Mark spalancò gli occhi.
-Scherzi? È il più caro di Torino!-
-Non importa, Mark. Se è segnalato dalla guida vuol dire che vale la pena. Se non ti va di prendere niente, saremo noi a ordinare. Tu basta che ci accompagni.-
Benji rise. La spilorceria del compagno stava facendo storia. Col suo attaccamento viscerale ai soldi s’era reso ancora una volta ridicolo e per di più da solo, senza che lui aprisse bocca.
-Possibile che con quello che ti pagano devi vivere come un morto di fame?- tolse la guida dalle mani di Amy e diede una rapida scorsa alla descrizione del locale -Hanno solo cioccolato?-
-Cioccolato e vino.- Jenny c’era stata una volta perché ce l’aveva portata Gentile.
-Io sono d’accordo.- approvò Julian che voleva far contenta Amy -Chi dice a Gamo che stasera usciamo?-
-Perché a Gamo e non a Marshall?-
-Perché Marshall conta come il due di picche, Bruce.- gli ricordò Tom -E se anche Freddie ci dicesse di sì, poi è Gamo che dobbiamo sorbirci domani al campo.-
-Insomma, chi ci va?-
-Perché non glielo dici tu, Jenny?- li sorprese Mark -Stamattina ci andavi così d’accordo…-
-Non è vero.-
-Invece sì. Che avevi da ridere con lui?-
-Niente. Però Gamo non è tanto male, in fondo.-
Evelyn non fu per niente d’accordo.
-Molto in fondo. Marshall non è tanto male, Gamo è insopportabile. Punto.-
Jenny annuì di colpo convinta.
-Hai ragione. Gamo è insopportabile quindi è molto meglio se ci parla Holly.-
Lui si tirò indietro subito. Non la voleva quella rogna.
-Figuriamoci! Non sono neppure il capitano.-
Tom gli sorrise.
-A te dà retta sempre, indipendentemente dal ruolo.-
-Preferisco non uscire piuttosto che andare a chiedergli il permesso.-
Patty lo vide impuntarsi e capì che non l’avrebbero convinto.
-Jenny, ci vai tu? Il massimo che può fare è risponderti di no.-
-E cosa dovrei dirgli? Che vi porto in giro a fare tardi? Con gli allenamenti? Con la partita alle porte?-
Amy la guardò supplichevole.
-Jenny, per favore…-
La preghiera si spense nel silenzio. Col sottofondo dei compagni agli altri tavoli che ridevano e scherzavano, la ragazza capitolò.
-E va bene. Io ci provo ma non mi dirà mai di sì.-
Invece ci mise un secondo, a convincere Gamo. Fu così facile, rapido e indolore che lei stessa non riuscì a capacitarsene. Gli altri l’aspettavano già pronti per uscire, armati di borsette, cappotti e giacche ad un passo dall’ingresso dell’hotel.
Tesa e guardinga, Jenny raggiunse Gamo che sedeva al bar insieme a Marshall, indecisi entrambi su cosa ordinare. Erano chini sul menù e così presi che non si accorsero del suo arrivo. Tanto che Jenny fu costretta a tossicchiare per attirare l’attenzione.
Si volsero. Gamo la scrutò dall’alto in basso con una tale insistenza da metterla a disagio. Ma non era quella l’intenzione del mister. Il fatto era che non riusciva a riconoscerla. Quella ragazza graziosa e spigliata era così cambiata in poco tempo che non era più in grado di trovare traccia, in lei, della giovane intimorita che due anni prima, quando era piombato al ryokan dei suoi nonni, aveva tremato sotto il suo sguardo. Ricordava perfettamente che quando era entrato nell’edificio, lei e Callaghan erano sulle scale talmente presi a sbaciucchiarsi che non si erano neppure accorti del suo arrivo.
-Da quanto tempo sei in Italia, Jenny?-
Quella non era una domanda che lei si aspettava. Anzi, era una domanda che non c’entrava nulla con niente. Lo fissò stupita. Le sue guance si imporporarono di imbarazzo e fu costretta ad uno sforzo per rispondergli invece di darsela a gambe.
-Quasi tre mesi.-
Gamo incamerò l’informazione annuendo.
-E cosa ci consiglieresti di bere?-
-Come?-
Il mister indicò con un gesto gli scaffali del bar.
-Di tutta quella sfilza di bottiglie, cosa ci consigli di prendere? Ci piacerebbe assaggiare qualcosa di tipicamente italiano.-
-Io non…- i suoi occhi corsero ai compagni che l’aspettavano fiduciosi, poi tornarono sul mister in attesa, infine si spostarono sulle bottiglie di liquori e bevande. Non lo sapeva. Non ne aveva la più pallida idea. Cosa accidenti poteva consigliare a Gamo? Col rischio che se avesse toppato i suoi gusti non avrebbe acconsentito a farli uscire? Il liquore Strega? L’amaretto? Il limoncello? Erano quelli che più le piacevano ma erano dolci e i giapponesi (soprattutto i maschi) per i dolci non andavano pazzi. Mark non gradiva particolarmente l’alcol, ma i gusti di Salvatore sarebbero andati bene anche a quei due? Forse era meglio un nocino? Una grappa? Una sambuca? Un amaro? Si morse le labbra indecisa, passando in rassegna le bottiglie alle spalle del barman, che aspettava paziente che qualcuno gli dicesse cosa fare.
Si buttò e ordinò un amaro. Prima che avessero il tempo di assaggiarlo, avanzò la sua richiesta.
-Vorrei portare gli altri in un caffè del centro.- notò che Gamo aggrottava la fronte -Staremo via poco, veramente il tempo di andare e tornare.-
Freddie scoppiò a ridere.
-È la serata delle fughe. Non puoi dirle di no, Gabriel.-
Lui e il collega spostarono gli occhi sui ragazzi in attesa nella hall, fin troppo vicini alle porte, pronti ad uscire. Gamo ebbe una voglia matta di mandare all’aria la loro serata, visto che con Philip non c’era riuscito. Questa cosa gli piacque, il potere che gli aveva messo in mano Jenny lo gratificò. E così acconsentì. Del resto, come aveva appena ribadito Freddie, se aveva permesso a Callaghan di uscire, non aveva nessuna scusa per impedirlo a loro. Annuì.
-Non fate tardi.-
Jenny vide Marshall sorriderle incoraggiante. Mentre il barman posava sul ripiano due bicchierini discretamente pieni, li salutò e si affrettò a raggiungere gli amici.
Bruce fremeva per sapere.
-Allora?-
-Allora andiamo.-
-Hanno fatto storie?- Tom si corresse -Gamo ha fatto storie?-
-Veramente ha detto subito di sì.- stentava a crederci persino lei.
Amy esultò.
-Togliamoci di torno prima che ci ripensino.-

*

Carol raggiunse Philip ai tavoli del primo piano del Mc Donald’s. Aveva abbandonato la divisa puzzolente del fast-food, s’era profumata alla bell’e meglio e si era avvolta in un cappotto nero che le arrivava sotto il ginocchio.
-Tu sei il capitano della nazionale giapponese, vero?-
-Sostituisco Oliver Hutton finché non gli arriva il nullaosta.-
-Come ti chiami?-
-Philip.-
Gli rivolse un sorriso pieno di calore e cordialità mentre si stringevano la mano.
-Io sono Carol e sto per portarti in un posto che ti piacerà sicuramente. Tanto sei libero stasera, no?-
Philip annuì, si alzò e s’infilò la giacca a vento. La seguì fuori, fino alla macchina parcheggiata in una delle stradine laterali. Visto che non aveva nessuna voglia di tornare in hotel, qualsiasi posto sarebbe andato bene ma il disco-club in cui Carol lo introdusse, gli tolse di bocca ogni parola.
-Questo è un posto da vip e non si può entrare senza invito.- gli spiegò dopo che un addetto alla sicurezza li lasciò varcare l’ingresso saltando la fila.
-E tu ce l’hai?-
-Io posso entrare perché qui ci lavoro. Ballo sul cubo e intrattengo gli ospiti.- gli sorrise ammiccante -Gli ospiti maschi.-
Philip la fissò sgomento. L’amica di Rob era una escort? La guardò meglio mentre lei si sfilava il cappotto. I suoi occhi erano perfettamente truccati, i capelli castani e fluenti perfettamente pettinati, il rossetto di una tonalità accesa impeccabile, il sorriso provocante. Sotto il soprabito indossava una tenuta che era senza dubbio più da discoteca che da Mc Donald’s. La maglietta dello stesso colore del rossetto lasciava intravedere una scollatura più italiana che giapponese. La gonna era nera, cortissima, e lasciava scoperto un bel pezzo di gamba. Ai piedi aveva un paio di stivaletti neri con il tacco. Qualcosa dentro di lui si mosse, qualcosa di quella giovane risvegliò il suo interesse.
-Quanti lavori fai?-
-Altri due, oltre a quelli che hai visto.- appoggiò il cappotto ben ripiegato sui cuscini di un divanetto -Cosa prendi? Ordina quello che vuoi, sei mio ospite e offre la casa.-
-Ci porti anche Aoi, qui?-
Lei rise.
-Rob ed io ogni tanto ci frequentiamo, ma non è che stiamo insieme. Comunque sì, ci porto anche lui. Anzi, è lui che mi viene a trovare, qualche volta. Allora? Che prendi da bere?-
Le chiese una birra e Carol si allontanò per recuperarla al bar. Philip si tolse la giacca, pensando che quella giornata di merda poteva ancora raddrizzarsi. Incontrare Carol al Mc Donald’s era stata la svolta della serata. Senza di lei sarebbe rimasto a ciondolare da sfigato tra le vie buie e fredde di Torino. Invece in quel locale, al caldo, con una birra e in sua compagnia forse sarebbe riuscito ad accantonare il pensiero di un futuro che non riusciva proprio a immaginare, sia con che senza Jenny. Ormai era inevitabile che pensasse a lei. Ce l’aveva davanti tutti i giorni e la sua presenza lo costringeva a riflettere su cosa sarebbe successo una volta tornato in Giappone. L’aveva scacciata dalla sua vita e ora non ne avrebbe fatto più parte. Pensò a ciò che provava per lei, per una volta non cercò di allontanare quei sentimenti. Li lasciò stare lì, per un po’, cosa che non accadeva quasi mai perché poi Jenny gli si insinuava dentro come una droga e il suo pensiero lo faceva soffrire da cani. Finiva sempre allo stesso modo: o il desiderio di esserle accanto lo devastava, oppure gli si riapriva nell’animo una ferita che non era in grado di guarire. Eppure non riusciva a resistere alla tentazione di pensare alla vita che avrebbero potuto vivere se solo le cose fossero andate diversamente.
Carol rimase a guardarlo con le birre in mano. Philip teneva gli occhi sulla pista e non si era accorto di lei. Le studiava sempre, le persone, Carol, soprattutto quelle che aveva appena conosciuto. Le osservava con attenzione, cercava di capire che tipi fossero, che storia avessero alle spalle. Farlo la divertiva. Indovinare le caratteristiche di chi aveva davanti, i pregi e i difetti, la metteva di buonumore. Era una sfida con se stessa e con il prossimo. Lei adorava le persone, il genere umano in generale, ed era difficilissimo che qualcuno non le piacesse. Philip però non riusciva ad inquadrarlo. C’era qualcosa che lo rendeva imperscrutabile. E qualche altra cosa, di molto profondo, che lo faceva soffrire. Si avvicinò e gli porse la bevanda. Lo osservò sorseggiare in silenzio la birra mentre i suoi occhi guizzavano verso la gente che ballava e, era sicura, si posavano sulle gambe e sulle scollature delle ragazze. Ma non era divertito e non era felice. I loro sguardi si incrociarono e lui accennò un sorriso. Quando sorrideva, era molto meglio.
-Che c’è?-
-Ti va di ballare?- posò i bicchieri sul tavolino, lo costrinse ad alzarsi e lo trascinò al centro della ressa.
Philip la lasciò fare, in fondo perché no? Si chiese cosa sarebbe successo se Gamo avesse scoperto come stava passando la serata e fu sicuro che non ne sarebbe stato per niente contento.
L’esuberanza della giovane lo aiutò a sciogliersi, ma non resistette molto lo stesso. La stanchezza di una lunghissima e stressante giornata gli piombò addosso tra una canzone e l’altra. Si separò da lei, raggiunse il bordo della pista, si appoggiò al bancone del bar e ordinò un’altra birra. Quando spostò gli occhi in cerca di Carol, incrociò quelli di una ragazza che sedeva dall’altra parte del bar. Lo stava fissando chissà da quanto tempo. La osservò meglio, era molto attraente. Lei lo guardava ed era chiaro che era interessata. Riportò l’attenzione prima sul bicchiere di birra, poi sulla pista da ballo. Cercò Carol e tra la miriade di corpi che si muovevano a ritmo in quell’oscurità non riuscì a individuarla. Tornò a scrutare la ragazza, che quando incrociò i suoi occhi sorrise di nuovo. Philip non provò nulla, neppure curiosità. Se si immaginava anche solo di stringere tra le braccia o baciare qualcuna, gli veniva in mente esclusivamente Jenny. La sconosciuta continuò a tenere gli occhi fissi su di lui. Era un invito fin troppo chiaro, a Philip sarebbe bastato fare un cenno. Sospirò e guardò il bicchiere, quella sera a fargli compagnia ci sarebbero state solo un paio di birre. Ed erano più che sufficienti.
   
 
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