Quello
che
chiamavo " Passato"
“Un
uomo
generoso, pieno di vita e amato da tutti...”
Il
sacerdote
continuava a parlare con quel suo tono stanco e strascicato e la sua
voce si
espandeva amplificata nella sala ghermita.
Il
caldo era
insopportabile e Christian May continuava ad allentarsi il colletto
della
cravatta per cercare di non soffocare, si era sempre chiesto
perché i funerali
si dovessero svolgere nelle ore più calde.
Lanciò
uno
sguardo alla bara in cui giaceva la salma. Sicuramente lui
sarebbe stato
contrario, svitato com'era, a causa del caldo, avrebbe di certo
preferito che
la cerimonia si svolgesse alle dieci di sera.
Sempre
contro
corrente, sempre pronto a fare qualcosa di diverso.
Altro
che uomo
generoso, quell'uomo era un pazzo, un esaltato, viveva ogni singolo
istante
conscio del fatto che non ce ne sarebbe stato un altro simile.
Eppure
l'aveva
amato tanto.
Un
affetto
profondo e sincero.
Come
quello
che lega un figlio ad un padre.
“Una
tragedia,
non è vero?” - sentì mormorare alle sue
spalle.
Si
voltò un
po' per capire da dove venisse il brusio.
“Sì
terribile”
“Povera
ragazza, prima la madre e adesso...”
Istintivamente
portò lo sguardo poche file di banchi più avanti.
Povera
ragazza
Lo
pensava
anche lui.
Aveva
perso la
madre quando era solo una bambina.
La
dolce e
pura Beth Lowell se ne era andata in punta di piedi, in silenzio in una
notte
di pioggia.
Beth
sì che
era un angelo.
Nessuna
preoccupazione, nessun malessere, nessun segnale che avesse annunciato
l'arrivo
imminente della sua ora.
Prima
un
sorriso, una buona notte, poi nient'altro, solo il dolore del marito,
stravolto
e distrutto, e della figlia, allora di appena tre anni, che non
riusciva a
capire perché da quel giorno sua madre l'avrebbe potuta
vedere solo nei suoi
vaghi ricordi.
Adesso
quella
ragazza aveva diciassette anni, la ricordava bambinetta e l'aveva
rivista già
grande.
La
vedeva di
spalle, la lunga cascata corvina ondulata, le spalle esili fasciate di
nero.
Chissà
cosa
avrebbe fatto da quel momento in avanti, ora che anche il padre l'aveva
lasciata.
James
Grey era
morto.
Ancora
non
riusciva a crederci.
“Scusi?!”
- gli
fece una voce irritata.
Si
voltò
alzando un sopracciglio - “Mi dica”
Un'anziana
signora vestita tutta di nero lo guardava seccata - “Potrebbe
farmi passare?
Vorrei andare a dare le condoglianza a quella povera
figliuola!”
Christian
si
mise su un fianco per creare un varco e, accompagnando il tutto con un
sorriso
rispose soltanto con un “Prego”.
Portò
lo
sguardo ancora sulla giovane che se ne stava immobile mentre la folla
cominciava ad avvicinarla.
Era
indeciso
se andare o meno.
Ricordava
con
un certo imbarazzo misto a fastidio quel momento durante il funerale
dei propri
genitori più di dieci anni prima.
Decise
di
andare comunque, promettendosi di non fare come tutti gli altri.
Si
porto in
prossimità del primo banco evitando accuratamente di
guardare la cassa di legno
vicino l'altare, non ce l'avrebbe mai fatta.
La
ragazza
sembrava completamente assorta nei propri pensieri.
Gli
occhi
grandi e verdi erano opachi e vuoti, come se stesse inseguendo un
ricordo
lontano.
La
gente la
tirava verso di sè, piangendo e sussurrandole parole
d'affetto, ma lei non
rispondeva continuando a fissare un punto indefinito.
Arrivò
il suo
turno e cercò di fare tutto con il massimo della discrezione.
Le
prese una
mano stringendola un poco, giusto per farle capire che c'era lui adesso.
“Mi
dispiace” -
mormorò.
Fu
come se una
frusta l'avesse colpita in pieno viso.
La
giovane
Grey si ridestò da quel sonno vuoto e le sue palpebre
sbatterono più di una
volta per cercare di mettere a fuoco il viso dell'uomo che le stava di
fronte.
“Tu...”
- la
voce era un soffio secco.
“Si”
- disse
soltanto.
“Christian...”
- portò una mano tremante sul suo viso - “Sei
tornato...”
“Avrei
dovuto
farlo prima” - sovrappose la sua mano grande e callosa su
quella piccola di
lei.
La
ragazza si
tuffò fra le sue braccia singhiozzante - “Mi ha
lasciata Christian! Mi ha
lasciata!” - urlò disperata.
Ancora
un po'
confuso le cinse la vita stringendola a sé, condividendo il
suo stesso dolore -
“Mi dispiace, mi dispiace”
Non
sapeva che
altro dire, un semplice “mi dispiace” significava
ugualmente tanto per
entrambi.
“Sono
sola
adesso! Voglio morire anche io! Mi manca la mamma, mi panca
papà!Mi mancano
Christian!”
Le
baciò i
capelli e poggiò il proprio mento sul suo capo -
“Non te ne andare anche tu per
favore Kate, non adesso, non ora che sono tornato”
Pianse
anche
lui tutto il proprio dolore, era un figlio che aveva perso il padre,
per la
seconda volta.
Appena
tornato
in albergo, Christian sospirò distrutto.
Andò
in bagno
con il preciso intento di farsi una doccia, perché non c'era
niente di meglio
di un bel getto di acqua fredda per riorganizzare le idee e liberarsi
da quella
sensazione appiccicosa che l'afa gli lasciava.
Aveva
dimenticato come fosse calda la California, ormai aveva fatto il callo
alla
cupa e frenetica New York.
Mentre
si
svestiva, lo sguardo gli cadde sullo specchio che rifletteva il suo
viso.
In
un primo
istante non si riconobbe, poi però sospirò ancora
sconfitto.
Era
del tutto
normale che avesse un aspetto simile, e non era neanche a causa del
lungo viaggio
che aveva affrontato in fretta e furia.
No,
quelle
occhiaie sotto gli occhi scuri dal taglio gentile, quelle rughe
profonde
intorno alla bocca squadrata, in generale, quell'aspetto sconvolto
dipinto sul
suo giovane viso era il simbolo tangibile dei propri tormenti.
D'altronde
in
meno di ventiquattro ore, non solo aveva saputo della morte di James,
ma aveva
rivisto Catherine, ed era rimasto scosso fin nel profondo.
Si
era
ripromesso che nonostante avesse rivisto, luoghi, edifici e visi
appartenenti
alla sua vita passata, avrebbe frenato tutte le sensazioni correlate a
quel
posto, ma ecco i ricordi e i rimorsi tornare a farsi prepotentemente
vivi in
lui.
Distolse
lo
sguardo dallo specchio ed entrò nella cabina di vetro,
desiderando che anche
quella sgradevole sensazione di colpa che gli gravava sulle spalle e
gli
attanagliava il petto scivolasse
via dal
suo corpo come le gocce d'acqua.
Aveva
ancora
impressi nella mente gli occhi di Kate perché avevano la
stessa espressione
vuota che sapeva assumessero anche i suoi, talvolta, fin da quella sera
maledetta di dodici anni prima.
Quella
sera,
era con la tata, lo ricordava bene e c'era una fitta nebbia...
Ricordava
ancora il campanello che suonava...
Il
borbottare
della tata su chi potesse essere a quell'ora tarda...
"Buonasera
signora scusi il disturbo"
Una
voce
maschile profonda.
Lui
che si
affaccia confuso, stupito, curioso, dallo stipite della porta.
Il
viso della
donna che aveva il compito di occuparsi di lui, contratto in una
smorfia di
sorpresa causata dalla vista di due agenti della polizia stradale.
"Cosa
è
successo?" - domandò con voce tremante.
Il
poliziotto
si fece scuro in volto – "Signora, mi dispiace"
Di
quello che
disse dopo capì solo poche parole che gli cambiarono la vita
per sempre.
Incidente
frontale.
Morti
sul
colpo.
Christian
girò
la manopola e chiuse l'acqua.
Si
poggiò
grondante alla parete della doccia mentre i ricordi di una vita passata
lo
travolgevano.
"Ciao
Christian..."
"Signor
James..."
Neanche
vedere
James gli poteva essere d'aiuto.
James
l'intimo
amico di suo padre con il quale aveva passato tutte le domeniche, le
feste e
ogni singola cerimonia da quando era nato.
L'uomo
migliore che avesse mai incontrato.
"Christian..."
"Non
dire
mi dispiace, per favore!" – lo interruppe subito, era tutto
il giorno che
se lo sentiva dire.
"Non
sono
venuto qui per questo"
Lo
guardò
stupito – "E per cosa allora?"
"Tuo
padre è stato molto chiaro nelle sue ultime
volontà..."
"Non
capisco" – perché non si decideva a parlare
chiaramente?
"Ha
stabilito nel testamento che nel caso gli fosse successa una disgrazia,
sarei
stato io ad occuparmi di te"
Christian
continuò a guardarlo perplesso – "Mi stai dicendo
che..."
"Esatto,
da oggi, se vuoi, sarò io a prendermi cura di te"
Il
bambino
continuò a fissarlo per qualche secondo incapace di dire
anche solo una parola
– "Non stai scherzando vero?" - chiese titubante poco dopo.
"No"
Si
buttò fra
le sue braccia piangendo.
Come
era
normale per un bambino di nove anni..
Erano
passati molti anni, ormai, e in quel momento, a ventuno anni compiuti,
gli
sembrava che quei giorni, vissuti con così grande apatia,
appartenessero ad
un’altra persona.
Effettivamente
era cambiato tanto negli otto anni che aveva vissuto con James.
Aveva
trovato
in lui e sua figlia quattro braccia pronte ad accoglierlo.
La
piccola
Catherine, Kate, come la chiamava lui, gli era sempre stata vicino.
Ricordava
con
tenerezza tutti i momenti passati con lei...
"Christian..."
Alzò
lo
sguardo irritato.
Non
sopportava
molto quella mocciosa petulante e viziata.
Ogni
volta che
i loro genitori passavano insieme splendidi pomeriggi, lui invece di
divertirsi
con i grandi, era costretto a giocare con quella scocciatrice, era una
vera
seccatura.
"Che
vuoi?" - chiese un po' brusco.
Vide
gli occhi
della bambina allargarsi dalla sorpresa, poi però riprese il
controllo.
"Quando
è
morta mia mamma..." - iniziò la piccola.
"Non
mi
interessa!" - sbottò girandosi su in fianco e tornando a
leggere il libro
che James gli aveva regalato.
"Non
so
come è successo" – continuò Kate
– "Ma mi manca tanto, anche se non
me la ricordo bene..."
"La
vuoi
smettere?!" - le urlò furioso contro.
"Però
c'era il mio papà e anche la tua mamma e il tuo
papà" – si fermò
imbarazzata non sapendo come continuare – "E quando ci sei tu
Christian,
io mi sento meno sola"
Il
ragazzino
continuava a fissare il libro con occhi spalancati, non si aspettava
parole
simili da una bambina di cinque anni.
"E
adesso
tu hai papà...e me, se vuoi" – si
lasciò sfuggire; poi, come se avesse
detto una brutta parola, si mise le manine davanti alla bocca
– "Scusa,
dimentica tutto!" - sospirò – "Lo so che mi odi,
bhè buona
notte...""
"Non
ti
odio"
"Che
cosa?"
"Non
ti
odio" – ripeté.
"Davvero?"
- gli chiese sognante.
"Sì"
Non
avrebbe mai
dimenticato neanche tutte le loro piccole discussioni.
"Non
mi
piace!" - sbottò.
Christian
alzò
gli occhi al cielo – "E’ a me che deve piacere..."
"Si,
ma..."
"Uffa!"
- sospirò -"Lasciami in pace!"
"E
poi...Michelle!Che razza di nome è?" - continuò
ignorandolo.
"Un
bellissimo nome!" - ribatté.
"Se
lo
dici tu"
Christian
non
rispose continuando a scrivere il messaggio sul cellulare indirizzato a
Michelle.
"Ma
non
siete troppo giovani?" - continuò la ragazzina.
"Ho
sedici anni!Posso fare quello che voglio!"
Lei
lo guardò
imbronciata poi alzandosi dal pavimento sul quale era seduta, ma prima
di
uscire dalla sua stanza non gli risparmiò un – "Ma
proprio non mi
piace!"
E
poi,
quell'errore che l'aveva allontanato per sempre dalla sua famiglia.
"Allora
è
vero?" - gli chiese tremante.
"Sì."
"Ma-"
"Ti
prego
non dire nulla!" - la interruppe.
Catherine
lo
guardò con aria sofferta e si avvicinò alla porta
per uscire.
"Sto
per
partire..." - le disse lui non volendo fare quel gesto senza dirglielo.
La
vide
stringere la maniglia d'ottone con forza – "Capisco."
– disse
soltanto.
"Dobbiamo
farlo, i genitori di Michelle la farebbero abortire, ce la caveremo non
preoccuparti."
"Papà
si
arrabbierà tanto, avete già discusso e sai come
la pensa."
"James
capirà."
Kate
si voltò
a guardarlo, gli occhi improvvisamente umidi e gli angoli della bocca
tirati in
giù da quella forza che non riusciva a contrastare
nonostante tutti i suoi
sforzi – "Capirà..." - disse non molto convinta
– "Buona fortuna."
– si chiuse la porta alle spalle e lui non poté
fermarla.
Non
avrebbe
dimenticato nemmeno le lacrime di Kate.
"Christian!
Christian!" - urlava disperata mentre cercava di inseguire quel
maledetto
treno.
Il
ragazzo si
voltò verso il finestrino e fu sorpreso di vederla
lì, a quell'ora tanto tarda.
Non
c'era
quasi nessuno, e quella piccola figura scarmigliata e urlante si
distingueva
benissimo.
"Christian!"
- continuò a cercarlo con lo sguardo perso.
Si
allontanò
dal finestrino per non farsi vedere.
Sentì
una
leggera pressione sulla mano.
Il
capo
castano di Michelle si posò sulla sua spalla, lui si
voltò per guardarla negli
occhi.
"Che
c'è?" - domandò accarezzandole il viso.
La
ragazza lo
incoraggiò con lo sguardo – "Forse è
meglio se la vai a salutare"
"Il
treno
sta per partire" – disse risoluto, ma la voce rotta
trapelò comunque.
"Un
saluto ce la fai a farlo"
"Meglio
di no!" - usò un tono tale da far intendere che la questione
era chiusa.
Nel
breve
silenzio che intercorse le grida disperate di Kate lo lacerarono fin
nel
profondo.
Sentì
Michelle
sospirare, poi stringendogli più forte la mano gli
sussurrò – "Sarà
difficile, ma ce la faremo"
Christian
annuì e proprio in quell'istante il treno partì.
Si
concesse un
ultimo sguardo a Kate.
La
vide
guardarsi ancora attorno, ma non lo chiamava più; poi, come
se qualcuno
gliel'avesse detto, si voltò e si diresse verso l'uscita,
ormai l'aveva capito:
lui se ne era
andato.
Quei
ricordi
erano stati accantonati con il passare del tempo; erano passati solo
quattro
anni dal giorno in cui se ne era andato, un tempo relativamente breve,
ma ormai
tutti i legami che lo univano con quella vita si erano sciolti.
James
era
morto.
Catherine era ormai grande e
soprattutto era divenuta
una persona totalmente diversa da come se la ricordava.
Non
solo per
l’aspetto fisico, ma anche il cambiamento repentino che aveva
avuto in Chiesa
lo dimostrava. Dopo averlo abbracciato e dopo aver pianto con lui, si
era
improvvisamente ripresa, come se si fosse vergognata di aver perso il
controllo; gli aveva dato le spalle, lasciandolo senza un parola, poi
aveva rivolto la sua attenzione alle altre persone per accettare le
loro condoglianze.
Non
l'aveva
più guardato e Christian aveva avuto l'impressione che
quell'intimo momento che
avevano condiviso fosse stato solo una piccola finestra che era stata
aperta
sulla sua vita passata, ma subito richiusa.
Uscì
dalla
doccia e mentre si avvolgeva in un candido accappatoio bianco,
la sua attenzione fu catturata da un suono metallico proveniente dalla
camera
da letto.
Sollevò
la
cornetta del telefono dell'hotel.
"Pronto?"
- rispose.
"Pronto,
signor Grey c'è in linea per lei un certo signor Dowson,
glielo passo?" -
lo informò una delle ragazze addette al centralino.
L'avvocato
Dowson, era il legale di James se non ricordava male.
"Sì,
certo." – rispose incuriosito da una tale chiamata.
"Signor
May?" - sentì poco dopo – "Sono l'avvocato Dowson
scusi il disturbo."
"Si
figuri, cos'è successo?"
"Potrebbe
raggiungere il mio studio il più presto possibile? Si tratta
di una faccenda
piuttosto importante e non posso comunicargliela per telefono."
Il
ragazzo
aggrottò le sopracciglia – "Qualcosa di grave?"
"No
no,
soltanto piuttosto strana... E complicata, ma è meglio
parlarne di
persona" – lo tranquillizzò.
"Ma
almeno di che si tratta?"
"Riguarda
la giovane figlia di James Grey."
"Catherine?!"
- esclamò sorpreso.
"Esattamente,
la aspetto nel mio ufficio sa dove si trova?".
"Se
in
questi quattro anni non si è trasferito, sì"
"Perfetto,
la aspetto" – concluse il legale.
Il
ragazzo
continuò a fissare il telefono.
Cosa
poteva c’entrare
ancora Catherine con la sua vita?
,;
Il
salotto di
lilysol ;,
Bene,
bene. Eccoci al primo capitolo. Si inizia a capire un po'
la storia, soprattutto, come dice il titolo del capitolo, la storia
passata.
Penso
che non ci sia molto da spiegare perché è un
capitolo
essenzialmente composto da ricordi.
Ambiguo,
anche se solo accennato, è il comportamento della
ragazza, Catherine, ma preparatevi ad avere a che fare con una tipetta
incomprensibile, anzi come la definirà Christian
più di una volta impossibile.
E
adesso...
Anticipazioni:Capitolo
2: Parte della tua vita.
La
colonna portante di questo capitolo, è quella di tutta la
storia, così vi rimetto il pezzo che ho già
inserito nell'introduzione.
"I
documenti che devo firmare?"
Catherine
sobbalzò – "Aspetta Christian! Non fare
sciocchezze!"
Il
ragazzo la
ignorò prendendo in mano i documenti.
"Dove
devo
firmare?"
"Dove
ci
sono le crocette, ma signore ci pensi bene." - l'avvocato lo
fissò con uno
sguardo molto eloquente – "Benché si tratti solo
di un anno, potrebbe
essere, come dire, complicato..."
"Lo
so!" - rispose sorridendo – "Ma saprò badare alla
piccola Kate"
Le
scoccò uno
sguardo complice e lei rispose trucidandolo con gli occhi.
Ringraziamenti:
SweetCherry:
Sono
contenta che il prologo ti sia piaciuto, sapevo che era piuttosto breve
e molto
poco esauriente, quindi grazie per aver commentato. Spero che questo
capitolo
ti sia piaciuto. Ci vediamo con il prox aggiornamento ciauz!
Kiravf:
ciao!
Wow una fan!eheh grazie tante
davvero, sono contenta che le mie storie ti piacciano! Finirle tutte
*colpo di
tosse* ehm, immagino che ti riferisca soprattutto ad Inseguendo
un sogno e
lo so che sono in ritardassimo, in realtà mi sono portata
qualche capitolo
avanti rispetto all'ultimo aggiornamento, ma mi sono bloccata e vorrei
prima superare
questo muro di cemento contro cui mi sono schiantata =) Cmq sono
contenta che
la storia, questa, ti piaccia. Spero che sarà sempre
così. Alla prox baci!
E
ovviamente chi ha messo la storia nei preferiti
e
chi nelle seguite
e
anche chi ha semplicemente letto.
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto.
Alla
prox
lilysol