~Diari~
1951 ~ Il folletto e il Soldato
Ci eravamo trasferiti a Boston,
Massachusetts. Per l’ennesima volta ci apprestavamo a recitare la nostra parte.
Carlisle aveva accettato l’incarico di medico della città.
Esme si divertiva a ristrutturare
vecchi ruderi. Io, Emmett e Rosalie, ci iscrivemmo a scuola.
Rosalie ed Emmett si erano iscritti
al penultimo anno, io invece al secondo.
Dovemmo inventarci una storia per
giustificare il fatto che avevamo dei genitori molto giovani.
La versione ufficiale prevedeva che
Esme e Carlisle, non potendo avere figli, ci avevano adottati.
Per giustificare la somiglianza tra
noi, raccontammo che ci avevano scelti poiché, noi come loro, soffrivamo di
albinismo: un’anomalia che consisteva nella carenza di melanina nella pelle.
Nessuno comunque osava fare tante
domande.
Il loro istinto li teneva alla larga
da noi e questo, per fortuna, ci permetteva di non far notare troppo le nostre
abitudini.
Era difficile stare in mezzo alla
gente. Dovevamo ricordarci di muoverci spesso dato che, a noi vampiri risultava
facile rimanere immobili anche per giorni interi.
Non da meno sussisteva il problema
del colore degli occhi.
Quello era un po’ più difficile da
spiegare, soprattutto perché cambiavano colore in base al nostro appetito.
Più eravamo affamati, più il colore
dei nostri occhi diventava scuro.
A scuola eravamo degli ottimi
studenti, poiché la nostra condizione ci permetteva di avere molto tempo da
dedicare allo studio e in più tutti e tre avevamo già una laurea.
Ma questo non potevamo dirlo ai
nostri professori.
Per loro, eravamo così bravi grazie
ad un programma speciale che avevamo seguito durante i nostri anni in collegio.
L’unica difficoltà che avevamo nel nostro percorso scolastico era il fatto che
alcune volte ci assentavamo da scuola.
Questo accadeva durante le giornate
di sole. Non potevamo esporci sotto gli occhi di tutti senza causare stupore o
terrore negli umani.
Carlisle si giustificò con i nostri
insegnanti spiegando loro che, ogni volta che potevamo dovevamo fare il pieno
di sole, per stimolare la poca melanina che avevamo nel corpo. Così nelle rare
giornate di sole andavamo tutti insieme in campeggio.
Nel periodo primaverile capitava più
volte di assentarci per via del sole, così io Emmett ne approfittavamo per
andare a cacciare un po’ più in là dei confini di Boston. Rientrammo dopo un
paio di giorni e mai avrei potuto immaginare quello che trovai quando arrivai a
casa.
Una coppia di vampiri era ansiosa di
conoscerci. Lei era piccola, aveva dei corti capelli neri, ed ogni suo
movimento era un passo di danza. Era di una bellezza affascinante, ma non come
quella di Rosalie. Lui invece era alto, biondo, un giovane di bella presenza.
Ma ciò che mi fece diffidare di lui, furono le molteplici cicatrici che aveva
per tutto il corpo. Sembrava appena uscito da un campo di battaglia, e questo,
ai miei occhi, lo rendeva molto pericoloso.
“Ciao Edward, ciao Emmett. Io sono
Alice e lui è il mio compagno Jasper.” Disse quel folletto con la sua voce
melodiosa. Jasper invece rimaneva in disparte, non sapeva cosa aspettarsi da
quella situazione, come d’altronde nessun altro di noi. Guardai Carlisle con
aria interrogativa. “È appena arrivata Edward. Ci ha chiamati tutti per nome
come se ci conoscessimo da sempre .” mi
disse, notando la sorpresa sul mio viso.
“Finalmente siamo insieme.” Disse il
folletto, quasi cantando. “Chi siete? E come fate a conoscerci?” chiese
Carlisle. Diedi uno sguardo ai suoi pensieri; valutava con attenzione tutti i
volti che aveva visto nella sua esistenza, ma nessuno apparteneva ai due
vampiri.
“È giunto il momento di dirvi
tutto.” Squillò Alice. Ci accomodammo in salotto pronti ad ascoltare.
“Jasper tesoro, inizia tu, hai molte
più cose da raccontare.” Disse Alice
rivolta al suo compagno. Lui annuì e udii la sua voce per la prima volta.
“Mi chiamo Jasper Whitlock e sono nato nel Texas nel 1843. A 17 anni decisi
di arruolarmi nell’esercito dei confederati per combattere nella guerra civile.
Ero un ragazzo molto carismatico ed
in breve tempo, nonostante la mia giovane età, riuscii a fare carriera nell’esercito.
Era il 1863 ed avevo vent’anni, fui incaricato di evacuare donne e bambini
dalla città, prima di subire un altro attacco. Non appena compiuta la mia
missione, ripartii per tornare alla base.
Poco distante dalla città mi
imbattei in tre donne, le più belle donne che avessi mai visto.
Avevano la pelle chiarissima e il
suono della loro voce era una musica per le mie orecchie.
Si muovevano in modo aggraziato. Per
un attimo pensai di essere di fronte a degli angeli.
Due di loro si allontanarono e
rimasi da solo con una delle tre.
L’avevano chiamata Maria.
Quando si fu presentata si avvicinò
a me e mi portò tra le sue braccia.
Un secondo dopo provai solo dolore.
Qualche giorno dopo presi coscienza di quello che mi era successo.
Le tre vampire mi reclutarono. Maria
mi spiegò che altri vampiri le avevano sottratto dei territori e che era
intenzionata a riprenderseli. Mi espose il suo piano.
Voleva creare un esercito di
neonati. E in breve tempo ci riuscì.
Io ero a capo del suo esercito,
avevo un potere particolare; riuscivo a gestire le emozioni degli altri.
In questo modo riuscivo ad evitare
spesso battaglie inutili all’interno dell’esercito stesso.
All’epoca mi cibavo di sangue umano, come
tutti gli altri, per questo eravamo molti forti. Le battaglie avevano sempre
buon esito e per questo Maria mi era riconoscente, e anch’io lo ero con lei.
Mi aveva dato potere ed una vita che
non mi dispiaceva affatto.
Ci scontrammo con dei vampiri molto
più forti di noi. Morirono tutti.
Le vampire che erano con Maria il
giorno che fui trasformato, si rivoltarono contro di lei per la perdita dei
loro compagni.
Lei le uccise. Passò del tempo e
Maria creò e reclutò altri neonati.
Conobbi tra loro Peter. Era un bravo
combattente, così Maria ci affidò il compito di liberarci di tutti gli altri
neonati. Peter si rifiutò di uccidere alcuni di loro e così scappò con
Charlotte, una neonata che avrebbe dovuto morire.
Anch’io ero stanco di quella vita,
ma non riuscivo ad abbondare Maria e caddi in depressione.
Cinque anni più tardi Peter tornò a
trovarmi all’insaputa di Maria.
Mi raccontò di come era la sua nuova
vita insieme a Charlotte, senza guerre e senza violenza.
Mi convinse a scappare e passai qualche
anno con loro.
Nonostante stessi bene con loro,
decisi di andarmene da solo per farmi una vita tutta mia.
Nel periodo di solitudine cercai di
trovare una alternativa al sangue umano, ma non ebbi successo. Smisi di
nutrimi, ma era un pericolo per gli umani che mi stavano intorno.
Nel 1948 ero a Philadelphia, c’era
una tormenta, così entrai in una locanda.
L’ho trovata lì ad attendermi.
Sentivo le sue emozioni e non erano
ostili, ma non riuscii comunque a catalogarle.
Non avevo mai provato quel tipo di
emozioni.
Mi disse che l’avevo fatta aspettare
molto. Ero confuso. Non sapevo cosa dire.
Così mi sono solo scusato con lei.
Mi ha preso la mano e stiamo insieme da allora.”
Concluse così il suo racconto e si
voltò verso la sua compagna che sorrideva.
Il folletto si voltò verso di noi. “Io
purtroppo non ricordo nulla della mia vita passata. Ricordo solo una stanza
buia al mio risveglio.
Il primo ricordo che ho è stata una
visione.”disse sorridendoci.
“Prevedo il futuro. È stato così che
ho capito come cercare Jasper. Sapevo che era il mio compagno da prima che lo
incontrassi.
Allo stesso modo ho saputo della
vostra esistenza e della vostra dieta particolare.
Dopo aver spiegato tutto a Jasper
siamo venuti a cercarvi.
Allora, dov’è la mia stanza?” disse
come se nulla fosse.
Accadde tutto molto in fretta. Alice
si appropriò della mia stanza con una scusa. “Ha la vista migliore!” mi disse.
E mi ritrovai senza una camera.
Quella ragazza era un tornado. Era
sempre piena di vitalità.
Non impiegammo molto ad affezionarci
a loro.
Alice si adattò facilmente alla
nostra dieta, Jasper, invece, un po’ meno. Doveva essere difficile per lui dopo
un secolo di solo sangue umano. Ma per amore di Alice, si impegnava
profondamente.
In breve tempo anche Alice e Jasper
si sposarono.
Eravamo felici insieme. L’armonia nella nostra famiglia era palpabile. Con il passare del tempo, però dovemmo fare le valigie e tutti insieme ci apprestavamo a vivere una nuova vita. L’ennesima.
Edward