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Autore: MidnightRavenKuro    11/04/2018    1 recensioni
Il destino non lascia nessuno da solo.
Una giovane anima, tra le pieghe del tempo trascorso nella Soul Society, verrà a patti con un segreto celato al mondo da ricordi di una vita terrena che non sono mai riaffiorati prima,ricordi che potrebbero mettere alla prova l'amore e l'affetto che scorre tra lei e coloro che hanno scelto di starle accanto
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Isane Kotetsu, Nuovo personaggio, Rangiku Matsumoto, Retsu Unohana
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il tempo che passavo nel Seireitei mi portava alla scoperta di lati di me stessa che non sapevo di avere. Era come se la mia vita nel Rukongai avesse totalmente represso la vera me...
È stato come rinascere.
Ed il merito è anche, e soprattutto, tuo.
~☆~
 
Omaeda Marechiyo zampettava lungo i corridoi della Seconda divisione, sgranocchiando avidamente dei biscotti al ciocciolato. Spargeva irresponsabilmente briciole tutt’intorno sembrando quasi noncurante della cosa, finchè gli venne in mente l’espressione adirata del suo Capitano e tutte le punizioni corporee che gli sarebbero toccate se non avesse pulito subito il pavimento. Si guardò stupidamente intorno alla ricerca di una scopa, quando la fautrice delle sue paure si materializzò davanti a lui. Soifon era diretta verso il suo ufficio camminando a testa bassa. La frangia le copriva gli occhi dandole un aspetto piuttosto inquietante. Omaeda già spaventato sussultò, si chinò e si parò la testa, pronto a chiedere perdono alla spietata ragazza. L’aspro rimprovero atteso però non arrivò: lei lo superò senza nemmeno notarlo. Entrò nel suo ufficio lasciando aperta la porta e si sedette alla scrivania, pensierosa. Poi posò la testa su una mano e prese a giocherellare con una matita. Sembrava inquieta.
 
Omaeda, curioso, si avvicinò piano all’entrata girandosi ansiosamente i pollici. Non era normale che il suo Capitano non lo avesse già duramente malmenato per lo sporco che aveva lasciato.
 
- C-capitano...qualcosa non va? - chiese incerto.
 
Soifon alzò giusto gli occhi per lanciargli un’occhiata aggressiva.
 
- Non ti riguarda, Omaeda… - rispose quasi sottovoce. Bastò quello a far correre parecchi brividi lungo la schiena del luogotenente.
 
- Ma certo, Capitano! Non mi riguarda! Tolgo il disturbo! - Fece per andarsene in fretta, ma…
 
- E, Omaeda… se non pulisci immediatamente quelle briciole che hai lasciato lungo il corridoio, ti legherò ad un palo nel campo di allenamento e ti punirò personalmente di fronte a tutta la divisione. - concluse nel tono più freddo possibile.
 
L’uomo saltò in aria terrorizzato.
 
- Sì, signora! Subito, signora! - quasi urlò, e prese a correre via.
 
Razza di idiota…
 
Quella piccola distrazione non bastò a placarle l’animo. Erano cinque giorni ormai che un pensiero fisso la tormentava.
 
Lei potrebbe essere un lupo travestito da agnellino… potrebbe star facendo l’innocente apposta. Non mi fido affatto, ci sono troppi criminali che sanno fingere bene.
 
La matita che teneva in mano si spezzò sotto la pressione delle sue dita. Si leccò le labbra screpolate.
 
Devo verificare di persona, al più presto.
 
~☆~
 
Kaede ed Isane erano rimaste a giocare all’arcade fino al tramonto, con buona pace dello stipendio di quest’ultima. Avevano provato gran parte dei giochi presenti, perfino il bowling presente in una sala adiacente. Quel pomeriggio di svago era servito ad Isane per lenire lo stress, ed a Kaede per smettere un attimo di pensare all’Hollow che la seguiva anche nei sogni. Era stato divertente.
 
Al ritorno, Isane avrebbe potuto usare lo Shunpo portando l’altra con sè, ma decise altrimenti per due ragioni:
 
Uno: Kaede non era abituata a quella enorme velocità, per cui avrebbe certamente dato di stomaco al loro arrivo.
 
Due: Era meglio fare una passeggiata godendosi la brezza primaverile.
 
No beh, forse le ragioni erano tre.
 
Tre: ora l’idea di rivedere il Capitano le faceva ribaltare lo stomaco dall’agitazione.
 
Ergo, la luogotenente voleva temporeggiare, guadagnare qualche minuto in più per prepararsi psicologicamente. Forse non sarebbe servito a niente, anzi sicuramente non sarebbe servito a niente, ma intanto voleva provare.
 
- Ti ho proprio stracciato eh Isane-chan? - disse gaiamente Kaede, stiracchiandosi e sorridendo ampiamente. Pareva che giocare le avesse fatto davvero bene.
 
- Non me ne capacito, una totale novellina non può essere così brava in ogni gioco possibile, eddai… - le rispose l’altra in falso tono di sconfitta, tirandole un leggero pugno sul braccio destro.
 
- Chissá, magari è la fortuna del principiante. Ma non mi stupirei se il mio fosse un talento vero… -
Ancora una volta si portò la mano alla bocca. Da dove scaturiva quell’autostima tutto d’un tratto? Aggrottò la fronte non trovando una spiegazione a quello strano, ma piacevole in fondo, nuovo fenomeno. Scrollò le spalle, tanto valeva accettarlo come veniva.
 
- Non lo metto in dubbio, ma non aspettarti di giocare di nuovo contro Kiyone in tal caso. Hai visto come reagisce alle sconfitte. -
 
- Tranquilla, mi accontenterò  volentieri di te. Farti a pezzi è fin troppo divertente. -
 
- Grazie mille… - rispose Isane fra le risate.
 
Il sole calava piano sull’orizzonte, avvolgendo il Seireitei nella sua luce dorata. Erano in un punto abbastanza alto da poter vedere i tetti degli altri edifici. Kaede si fermó un attimo per godersi la vista.
 
Si fermò anche la luogotenente, che intanto non sapeva come porre rimedio a quell’ansia invadente. Non avrebbe dovuto essere felice del fatto che molto probabilmente Unohana ricambiava i suoi sentimenti? Perché allora non riusciva a calmarsi?
Fece un gran respiro e si appoggió al muretto. Ancora una volta sentí l’irrefrenabile bisogno di parlare. Forse era la sua nuova tecnica di sfogo.
 
- Kaede-chan...sai cos’é la festa del Tanabata? - chiese alla rossa, che si voltò di scatto verso di lei, come se le si fosse accesa una lampadina. Poi quest’ultima espirò e l’improvviso accesso di entusiasmo cessó.
 
- A grandi linee… nel distretto 47 veniva festeggiata, in estate se ben ricordo. Ma io non potevo mai uscire in quelle occasioni e non so di preciso che tipo di festività sia. Hiiro-san mi disse che c’è una storia dietro, ma non ebbe il tempo di raccontarmela. - rispose Kaede.
 
- È una festa nata da una leggenda… ti interessa ascoltarla? -
 
La ragazzina annuì lievemente.
 
- Si narra che sul Fiume Celeste, cioè la Via Lattea, regnasse il re del Cielo: Tentei. Il re aveva una figlia, Orihime, incaricata di tessere gli abiti degli Dèi. Una volta che ella ebbe raggiunto l’etá adulta Tentei decise di concederle di sposarsi, dato che la povera ragazza non aveva fatto altro che tessere per tutta la vita. La scelta del marito cadde su Hikoboshi, giovane mandriano, il quale aveva il compito di far pascolare i buoi celesti. I due ragazzi si innamorarono perdutamente l’uno dell’altra, talmente tanto che finirono per trascurare i loro doveri: Orihime non tesseva più e gli Dei non avevano più abiti, e i buoi celesti scorrazzavano incontrollati per tutto il Cielo. Tentei, adirato dalla mancanza di responsabilitá di sua figlia e di suo genero, li punì relegandoli alle sponde opposte del Fiume Celeste separandoli per l’eternitá. Orihime disperata e distrutta dal dolore piangeva ininterrottamente, ed il re mosso a compassione concesse ai due di rivedersi, ma solo una volta all’anno. Il settimo giorno del settimo mese, ogni anno, uno stormo di gazze forma un ponte tra le due sponde facendo in modo che i due amanti si ricongiungano. Orihime e Hikoboshi rappresentano le stelle Vega ed Altair, che in quel periodo dell’anno sembrano congiungersi… - Isane sospiró. - Due innamorati così lontani che possono vedersi solo per poco ed a distanza di un sacco di tempo...suona parecchio doloroso, non trovi? - chiese a Kaede, la quale osservava il cielo cominciare a scurirsi.
 
- Abbastanza, sì… se l’amore è davvero un sentimento tanto forte come appare in questa storia, deve far davvero male. - rispose la ragazzina. senza staccare gli occhi dalle prime luci che incominciavano ad apparire nel cielo notturno. Avrebbe chiesto al Capitano quali fossero Vega ed Altair, più tardi. Magari aveva anche qualche libro che ne parlava.
 - Sai, io sono veramente giovane ed ho vissuto pochissimo rispetto alla maggior parte di chi vive qui. Ma a volte ho la sensazione di aver visto un sacco di cose, di cui peró non ho memoria. Mentre mi parlavi di questa storia… ho avvertito una sorta di vibrazione, come un eco di un ricordo lontano. Non so spiegarmi perchè… - tese un braccio verso il vuoto mentre si alzava il vento, una insolita nostalgia le attanagliò il cuore. Ma nostalgia di cosa? Di un posto, di un emozione? Di qualcuno…
Comparve un velo di tristezza sul suo volto.
 
- Se ti puó consolare, ognuno di noi ha delle reminescenze di qualche vita passata. Forse sei stata innamorata di qualcuno che era lontano, prima di morire nel mondo terreno, e per questo ti sei sentita così ascoltando una storia analoga...Io ad esempio, ho a volte l’impressione di essere stata trafitta all’addome da parte a parte, ma non è mai successo. Ho ipotizzato che nella mia vita precedente fossi un guerriero o qualcosa del genere. Te lo immagini? Imbacuccata in qualche strana divisa mentre mi infilzano come uno spiedino. Tragico, ma per qualche motivo lo trovo esilarante… - la grigia fece una risata, seguita a ruota dall’altra.
 
Dopo un momento di pausa Kaede chiese, incuriosita: - Isane,come mai hai voluto raccontarmi questa leggenda? -
 
Giusto, l’albina le doveva un minimo di spiegazione, nessuno racconta storie se non c’è un motivo dietro. Prese un bel respiro e si appoggió anche lei al muretto, puntando gli occhi verso l’alto come l’altra.
 
- Seguendo il calendario dei mortali, il Tanabata si festeggia ad Agosto, nonostante originariamente venisse festeggiato a Luglio. Non ha una cadenza specifica e può capitare in un giorno qualsiasi di Agosto, o perlomeno delle prime tre settimane del mese. Quest’anno cade il 19… - fece un altro sospiro. - Qui è una festivitá molto apprezzata. Si organizzano fiere e giochi. Le persone indossano gli yukata, e tutti scrivono dei desideri su dei foglietti colorati chiamati tanzaku. Questi ultimi poi vengono appesi a dei rami di bambù, nella speranza che Orihime ed Hikoboshi ascoltino le preghiere scritte su di essi. Di solito sono desideri di natura romantica… - spiegò ad occhi chiusi, ricordando tutti i tanzaku che aveva appeso nel corso degli anni. Ognuno di essi riportava lo stesso desiderio. Lo stesso nome.
 
- Ricordo di aver visto una cosa del genere qualche volta. - Kaede si fece improvvisamente seria, e sottovoce chiese: - Isane-chan, sei innamorata di qualcuno vero? - 
 
Che Isane fosse diventata viola poteva essere considerato un eufemismo. Non disse nulla e voltò leggermente la testa verso l’altra parte.
 
- Ci ho preso eh? - disse la prima, ma non c’era scherno nella sua voce. Non avrebbe mai scherzato su cose del genere. Hiiro le aveva sempre detto che i tutti i sentimenti sono importantissimi.
 
- Esatto...e non ho mai mancato di chiedere alle stelle un segnale, qualcosa che mi facesse capire di avere delle chance. Ma quest’anno io non ho intenzione di appendere nessun tanzaku. - fece un dolce sorriso. Era stata ascoltata, infine. Non occorreva più chiedere aiuto.
 
La rossa la osservò bene in viso e vide una felicitá veramente molto grande. Di certo quella non era stata una delusione, quindi…
 
- Ti ricambia? - sussurró, e fece anche lei un sorriso a 32 denti.
 
- Non ne sono ancora sicura al 100%, ma...insomma… -
 
- Come sono felice per te! - esclamò Kaede, abbracciando  Isane all’improvviso e facendole quasi perdere l’equilibrio. Quest’ultima rise e le accarezzó la testa, era la prima volta che l’abbracciava da quando era arrivata lí. Era una sensazione molto simile a quella degli abbracci di Kiyone, ma in un certo senso differente.
 
- Quindi, mi pare di capire che hai intenzione di dichiararti quel giorno? - chiese la giovane, la voce smorzata dalla bocca premuta contro la spalla della luogotenente.
 
- Sì, assolutamente. Non posso più aspettare. -
 
Si staccarono e Kaede le diede una forte pacca sulla spalla.
 
- Hai tutto il mio supporto, Isanecchi. -
 
- Grazie, tesoro. -
 
Tornarono a guardare il cielo, quando…
 
- Ehi, non mi hai ancora detto di chi si tratta, comunque… posso saperlo, vero? -
 
- È…- la grigia esitò. - È una persona che conosci giá. -
 
- La conosco già? - La rossa aggrottò la fronte.
 
- Si. -
 
Dopo cinque secondi di riflessione realizzò.
 
- Ah! - sgranó gli occhi, sorpresa. Ma in fondo doveva immaginarselo subito: a pensarci con cognizione di causa, la luogotenente era sempre stata un po’ “strana” attorno al Capitano.
 
- Giá… - Isane fece una risatina nervosa.
 
- Quindi voi due...oh cielo! Questa non me l’aspettavo! -
 
- Si ehm… neanch’io. Pensavo di non avere speranze con lei, sai… è un Capitano amato, rispettato e temuto da tutti, con delle grandissime abilitá in praticamente ogni ambito. Io invece sono solo una ragazza ordinaria che casualmente si è ritrovata del talento nelle arti mediche... però, secondo Rangiku i segnali parlano chiaro. Non mi sembra quasi vero. - concluse, lo sguardo sognante.
 
Kaede molló improvvisamente un pugno sul braccio della luogotenente, che mugolò dal dolore.
 
- Ahi...ma per cos’era questo? -
 
- Per aver detto che sei solo una ragazza ordinaria. È vero che sono qui da poco, ma tu sei una delle persone più gentili e talentuose con cui abbia avuto a che fare. Sono stata sotto le tue cure fino all’altro ieri, so di cosa parlo. Questo braccio non è mica guarito da solo! Perdipiù, sei una luogotenente e sei seconda solo al Capitano in questa divisione. Se fossi soltanto una ragazza ordinaria non saresti qui. - disse Kaede ad Isane, risoluta. Non era affatto da lei fare paternali a chicchessia, o almeno non ne aveva mai fatte (ed infatti si chiese di nuovo da dove venisse tutta quell’iniziativa. Forse la sua mancanza di contatti con le persone in generale le aveva represso un mucchio di atteggiamenti), ma sentiva davvero quel che aveva detto ad Isane e non si sarebbe rimangiata una singola parola.
 
Isane ci pensó un pochino prima di rispondere.
 
- Hai ragione anche tu, devo ammetterlo. È che tendo sempre a svalutarmi, specialmente se mi metto a confronto con altre persone. È per questo che non ho mai detto nulla a Re...ehm, al Capitano su quello che provo: non mi sono mai sentita all’altezza. Ma ho deciso di farmi coraggio e sondare il terreno, e Rangiku mi ha aiutato a capire che ho davvero delle possibilitá. Quindi devo buttarmi. - il tono della voce di Isane si era fatto più fiducioso. Si staccò dal muretto e si stiracchiò, facendo scricchiolare le ossa della schiena.
 
- Sará fighissimo vedervi insieme. Sono così contenta. - replicó Kaede staccandosi anch’essa. Le due ricominciarono a camminare verso casa, con passo allegro e canticchiando ognuna un motivetto diverso. Nessuna parló fino a metá strada, quando la rossa interruppe improvvisamente il silenzio.
 
- Siete tanto amiche? Tu e Rangiku-san, intendo. - chiese apparentemente dal nulla. In realtá la bionda luogotenente della Decima le stava frullando in testa da un bel po’.
 
- Sì, ci conosciamo da molto tempo. Come mai me lo chiedi? -
 
- N-niente. Solo curiosità. -
 
Isane non se l’era bevuta affatto, ma fece finta di niente.
 
~☆~
 
Toc toc
 
La mano di un alto uomo dai capelli grigi andò a bussare sulla porta di una certa capannina, nel distretto 47 del Rukongai Est. Il portamento solenne, la lunga katana dal fodero blu al fianco ed il suo vestiario lasciavano intendere che probabilmente costui era uno Shinigami. Non udendo risposta bussò di nuovo sul legno marcito della porta, senza ottenere risultati migliori. Provó a curiosare da una finestra, scoprendo che la casa era totalmente vuota. Nessun suono dall’interno, nessun movimento. Si chiese come fosse possibile.
Un curioso bambino di passaggio, notandolo, gli si avvicinò e gli chiese:
 
- Signore, signore...stai cercando qualcuno? -
 
L’uomo si giró verso di lui e lo guardò. Quel bambino non doveva avere più di sette anni. Aveva lineamenti delicati, i capelli corti e biondi e i grandi occhi di un verde scuro ma brillante. Chissá chi erano i suoi genitori, probabilmente li conosceva ma ora non voleva chiederglielo.
 
- E tu chi sei? - gli chiese gentilmente offrendogli un sorriso e chinandosi su un ginocchio verso di lui.
 
- M-mi chiamo Takeshiro, signore. Ma lì - ed indicò la capanna - non c’è più nessuno… -
 
Questo sì che era davvero molto, molto strano.
 
- Davvero? Non c’è più Kaede? -
Il ragazzino dondolò sui piedi prima di parlare. - Kaede...intendi la ragazza con i capelli rossi, signore? No… mio papá l’ha vista andare via con delle Shinigami, pochi giorni fa. Papá dice che anche quella vecchia spaventosa è sparita, subito dopo. E quindi ora non c’è più nessuno. - gli rispose Takeshiro con un gran sorriso e gesticolando. Sapere quelle cose e poter rispondere a delle domande gli sembrava una cosa particolarmente soddisfacente.
 
L’uomo si rialzò, pensieroso. Restò in silenzio per qualche attimo prima di parlare di nuovo.
 - Capisco… per caso ha detto che aspetto avessero queste Shinigami? -
 
Il bambino aggrottò un attimo la fronte e se la picchiettó con un dito cercando di ricordare, ma gli venne in mente solo una cosa.
 
- Mi ricordo che ha detto che erano un Capitano ed una luo...luogo...luogotenente… forte, secondo me! Cioè, un Capitano! - L’idea rendeva Takeshiro piuttosto estatico, tanto che fece un saltello (rischiando di perdere l’equilibrio).
 
L’uomo passò in rassegna i Capitani donne del Seireitei, non che ci volesse molto: ce ne erano soltanto due, o almeno quando lui era andato via era così. C’era la giovanissima Soifon a capo della Seconda divisione, ma conosceva il suo luogotenente ed era un uomo. Il ragazzino aveva parlato al femminile, quindi c’era soltanto un altro possibile Capitano rimasto.
 
- Unohana… - sussurrò sgranando gli occhi. Unohana? Perchè mai Unohana avrebbe mai portato Kaede con sè? Ci pensò un attimo, ma non aveva le informazioni necessarie per dare un senso a quel fatto. Non poteva neanche indagare al momento, il che si stava rivelando fonte di frustrazione.
Vedendo che Takeshiro lo stava fissando, si chinò di nuovo e gli mise una mano sulla spalla.
- Grazie ragazzo, mi sei stato di grande aiuto. Ora però promettimi che non dirai a nessuno di avermi visto, eh? Segreto fra uomini. - esclamò, dandogli una lieve pacca. Il bambino annuì con forza e senza esitazione.
Si rialzò e si incamminò verso chissà dove, quando Takeshiro lo fermò.
 
- Sei anche tu uno Shinigami, vero signore? - gli urlò dietro, senza riuscire a contenere la propria curiositá.
 
- Sì, è vero piccolo. -
 
- Quindi sicuramente sei fortissimo! Che forza! Anche io da grande voglio diventare Shinigami, così farò a pezzi un sacco di Hollow! -
Il biondino saltellò di nuovo e gridando presunti versi di lotta mimò dei pugni mollati ad un Hollow immaginario.
L’uomo rise di cuore alla scena, era sempre bello vedere dei giovani entusiasti. Gli ricordava un po’ Kaede, anche se lei era sempre stata più contenuta, perfino da bambina.
 
- Lo diventerai di sicuro, Takeshiro. Mi raccomando, impegnati! - concluse sistemandosi la sacca che portava in spalla. Si allontanò e sventolò la mano in aria per salutarlo.
 
- Sicuro signore! Lo farò! -
 
Takeshiro fece per correre via, ma ricordandosi una cosa si girò ancora ed urlò:
 
- Aspetta signore! Come ti chiami? -
 
L’uomo, però, era già sparito.
 
~☆~
 
Kaede era sdraiata nel giardino del Capitano, tenendo in mano un grosso libro. Scorreva con gli occhi l’immagine di una porzione di cielo stellato, e cercava corrispondenze con quello vero. Era particolarmente interessata alla costellazione dello Scorpione, ma non riusciva a trovarla. Richiuse il libro sospirando e poggiandolo di fianco a sè, poi tese il braccio in aria e sovrappensiero tracciò finti percorsi sulla coperta scura e decorata di lucine bianche che la sovrastava. La spensieratezza che giocare le aveva donato non era durata a lungo. Nella sua testa, la figura di una certa donna bionda continuava a spuntare senza  fermarsi. Si faceva mille domande su di lei, che parlava molto senza dire nulla. Da dove veniva? Qual era la sua storia? Bene o male tutti nella Soul Society avevano qualcosa da raccontare, si leggeva sulla faccia di chiunque. Matsumoto Rangiku si comportava con tutti come aveva fatto con lei? Probabile, pensò. Una come lei aveva sicuramente tante persone intorno. Era facile essere così socievoli se si era abituati all’interazione con gli altri.
 
Non avrebbe ammesso a sè stessa che a quella donna era bastato poco per affascinarla. Era una sensazione troppo estranea per darle una definizione, avrebbe aspettato di rivederla e vedere che effetto le avrebbe fatto.
 
Devo esserle sembrata una completa idiota, comunque. Mancava poco che non riuscissi neanche a guardarla negli occhi...
 
Strinse la mano che era ancora intenta nel disegnare ghirigori immaginari con la punta dell’indice, poi si girò su un lato posando la testa sull’avambraccio. Picchiettò sulla copertina nera del libro ed alzò gli occhi, mancando di notare un’ombra estendersi sull’erba.
 
- Sembri indaffarata, Kinoshita-chan. -
 
Kaede sussultò lievemente dalla sopresa, ma si mise a sedere offrendo un piccolo sorriso alla minuta figura in controluce che le si era avvicinata in silenzio.
 
- Buonasera, Capitano. -
 
Retsu le accarezzò la testa, ottenendo un adorabile squittìo da parte della rossa. Quest’ultima si tappò immediatamente la bocca, imbarazzata da quella piccola reazione. Unohana però non si era minimamente scomposta.
 
- Hai preso le carte celesti... cerchi qualche costellazione in particolare? Puoi chiedermi qualunque cosa al riguardo, ho passato molto tempo a studiarle. -
 
Unohana non deludeva mai l’impressione che dava a chiunque la guardasse: quella di una persona gentile, caritatevole e molto colta. Il perfetto Capitano di una divisione come la Quarta, pensò Kaede. Quest’ultima riprese il libro e lo strinse tra le mani, puntandovi su gli occhi. Il lieve timore che ancora provava in presenza della donna non accennava ad andarsene. Decise di dare sfogo alla curiosità che le era venuta quel pomeriggio.
 
- Stavo cercando la costellazione dello Scorpione. Ma sa, Capitano...Isane oggi mi ha parlato della festa del Tanabata. Mi ha raccontato la leggenda da cui è nata… ed io mi sono incuriosita riguardo alle stelle protagoniste, Vega ed Altair. Vorrei vedere quanto sono vicine per ora, potrebbe mostrarmi dove sono? - chiese, sotto gli occhi interessati di Retsu. Riaprì il libro alla mappa corrispondente, riprendendo a frugare con lo sguardo in quella coperta nera ammantata di luci.
 
Il Capitano fece uno Shunpo così all’improvviso che Kaede si ribaltò per lo spostamento d’aria. Tornò un istante dopo con quello che sembrava un grosso e lungo tubo bianco, nero alle estremitá, collegato a tre aste che parevano poterlo reggere in piedi. Era sormontato da varie rotelline e da un tubicino più piccolo. Su un’estremitá era montata quella che, avrebbe saputo poco più tardi, era una piccola lente collegata ad un’altra grande, la quale si trovava all’estremo opposto del tubo.
 
Il Capitano piantò a terra le tre aste mentre Kaede si rialzava per osservare l’oggetto da vicino. Non ci volle molto affinchè ella chiedesse di che oggetto si trattasse.
 
- Questo è un telescopio. E quel trio di aste laggiù si chiama treppiedi. - rispose Retsu mentre guardava nella piccola lente con l’occhio destro. Cominciò a ruotarlo, insieme alle rotelline di quando in quando.
- Potrei spiegarti come è fatto e come vada usato, ma credo che per te sarebbe più interessante venire a darci un’occhiata… -
Trovò quello che stava cercando e fece segno a Kaede di avvicinarsi. La rossa fissava guardinga quell’aggeggio mai visto, temendo di poterlo rompere anche solo guardandolo. Sembrava avere un certo valore.
 
- Forza, guardaci dentro e dimmi cosa vedi. Tranquilla, non morde. - le sussurrò scherzosamente il Capitano facendola ridere.
 
L’occhio d’argento di Kaede scrutò curioso all’interno della lente, che prese con una mano. Com’era strano, tramite l’oggetto le stelle sembravano molto più vicine.
 
- Wow… -
 
- Quella che vedi è Altair. E se lo giriamo un pò… - Retsu pose la mano su quella di Kaede e la guidò verso sinistra, più in alto.
- ...vedremo Vega. - concluse.
 
- Oh! Ma sono ancora così lontane… - Kaede tornó a guardare in su ad occhio nudo. - Guardandole così sembrano già vicine… invece sono davvero distanti. -
 
E fu allora, in quell’istante, tra il profumo dei fiori che ricoprivano il giardino e l’oscuritá della notte, che qualcosa dentro la ragazza si spezzò. Fu inaspettato e sconvolgente, come essere colpita da un fulmine in pieno petto.
Pietrificata, parole di una voce sconosciuta le risuonarono nelle orecchie, dolci e calde come il fuoco ma con una punta di malinconia.
 
Stanno lontane per un anno intero, senza mai smettere di pensarsi, senza mai smettere di ricordare l’una il calore e la luce dell’altra.
 
Era una voce femminile. Non aveva idea di chi fosse, ma il solo sentirla le riscaldava il cuore ed allo stesso tempo glielo congelava.
Non si accorse delle lacrime che le stavano rigando il viso. Era cosí sconvolta che ogni cosa, a parte quei due punti luminosi, pareva essere scomparsa. Dei piccoli singhiozzi involontari cominciarono a scuoterla, diventando pian piano sempre più forti.
 
Venne gradualmente riportata alla realtà da Retsu che la chiamava e la scuoteva per le spalle, visibilmente preoccupata dalla sua reazione improvvisa.
 
- Kaede! Kaede riprenditi! -
 
La giovane guardò curiosamente il Capitano, chiedendosi il motivo di tutta quella agitazione. Quando Retsu le prese il viso fra le mani e le asciugò le lacrime con le dita cominciò a realizzare cosa le stesse succedendo.
 
Come lo scoppio di una bolla, sentì la pelle del viso fradicia e il tremore del suo stesso corpo. Non solo, continuava a singhiozzare. Aggrottò la fronte totalmente confusa dalla situazione. Il Capitano le continuava a parlare ma lei non capiva cosa stesse dicendo. Scosse la testa e sbattè ripetutamente gli occhi, in un tentativo di comunicarle che non riusciva a concentrarsi abbastanza da comprenderla.
Retsu più o meno capí che aveva bisogno di un momento, e la prese per mano conducendola sul portico. Le fece segno di aspettare ed entró in casa.
 
Durante l’attesa Kaede fissava il pallido disco argenteo che definiva la luna. I suoi pensieri si schiarirono poco alla volta e la sua razionalità corresse una per una tutte quelle emozioni così estranee, ed apparentemente insensate, che l’avevano stravolta in pochi secondi.
 
È stupido piangere per un paio di stelle solo perchè sono lontane. Non hanno neanche un anima. Datti un contegno, Kaede…
 
Quello strano fenomeno per cui non riusciva a spiegarsi il motivo celato dietro le sue reazioni non dava segno di cessare. Non riusciva a capirsi e non potè fare altro che sentirsi una stupida.
Si chiese perchè le stesse accadendo tutto ciò, perchè così in fretta, tutto insieme. La sfacciataggine e il moto involontario di autostima all’arcade, la sua bravura in giochi di cui fino a poco prima non conosceva neppure l’esistenza, la sicurezza durante la chiaccherata con Isane, e adesso...
Seduta sul portico, nascose il viso tra le ginocchia, che aveva circondato con le braccia. Il vento soffiò freddo e traditore, perfettamente in armonia con l’arrivo di una sensazione ben peggiore di qualunque altra, facendola tremare ancora di più.
Anch’essa non aveva un nome, ma le dava l’impressione di trapassarle il cuore con lance ghiacciate. Si strinse ancora di più, come se temesse di perdere in qualche modo sconosciuto una parte di lei se mai si fosse azzardata a lasciarsi andare.
Si accorse di quanto fosse fragile la sua personalità, in quanto era bastata una singola giornata a mandarle in crisi il sistema.
 
Il flusso negativo e confuso dei suoi pensieri si interruppe quando qualcosa di morbido e caldo avvolse il suo corpo, schermandola dal vento. Due mani gentili le sistemarono per bene addosso quella che era una coperta. Kaede ne afferrò i lembi e girò la testa in un tentativo di creare un contatto visivo con Retsu, ma non ci riuscì e tornò a seppellire il viso tra le ginocchia. Si vergognava da morire di aver perso il controllo e sentiva che per un po’ non sarebbe riuscita a dire niente, ne’a guardare l’altra negli occhi.
 
Sentì il Capitano sedersi vicino a lei e poggiare qualcosa sulle assi di legno del pavimento, ma non si affrettò a scoprire di cosa si trattasse. Udì il suono di qualcosa venire versato due volte e successivamente un clonk. Una mano le strinse la spalla. Per quella sera non vennero spese altre parole: Kaede era finita in mezzo ad una tempesta e Retsu, in qualche modo, lo sentiva.
 
~☆~
 
Era in piedi sulle gambe nude, in fondo all’abisso illuminato dalla luce proveniente dall’alto. L’Hollow non era lì. Davanti a lei c’era un portone bianco chiuso saldamente da pesanti catene. Si avvicinó lentamente, i capelli fluttuanti, e posó una mano sul grosso lucchetto che le chiudeva. La ritrasse, il pesante ferro bruciava da matti al tatto. Udì un suono sordo dall’altra parte del portone. Vi posò l’orecchio, e distinse quel che sembrava un pianto sommesso.
 
~☆~
 
Si ringrazia Wikipedia per non avermi fatto scrivere boiate sul Tanabata. Affidarsi alla mia memoria sarebbe stato rischioso (lol).
Anyway, qui le cose cominciano a complicarsi. Ahimè. Preparatevi a passare dei guai, guai grossi.
No,scherzo. Non sarete voi a passare dei guai qui. See ya ~
 
~Kurocchi
   
 
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