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Autore: Swetty_Kookie    12/04/2018    1 recensioni
Jeon Jeongguk, un normale ragazzo che lavora in un semplice bar, farà l'incontro di un misterioso ragazzo, che sconvolgerà la sua vita per sette giorni.
[...]
«Stavo cercando di scrivere una lista di cose da fare. Anche se non so quante cose si potrebbero fare in una settimana.»
|TaeKook| - (Storia presente su wattpad)
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Come avevo ti avevo promesso, avevo preso un giorno libero. In realtà non l'avevo preso solo quel giovedì, ma fino al fine della settimana. Avevo usato la scusa dei miei genitori malati per tornare a Busan, ed il capo, collegando il mio strano atteggiamento del giorno prima, alla mia richiesta, mi aveva accontentato, e si era anche scusato.

Erano da poco passate le tre del pomeriggio, quando bussai ancora alla tua porta, ma tu non accennavi a rispondermi, anche se sapevo che eri in casa. Avevo sentito il rumore dei piedi nudi sul parquet da fuori il tuo appartamento.

«Taehyung, aprimi, so che sei lì dentro.» ti dissi, mentre sbattevo il pugno sulla porta. Avevo deciso di prendermi una mattinata per chiarirmi le idee e cercare di allontanarti un po' dalla mia mente. Ci ero riuscito solo per una mezz'ora, quando mi ero appisolato nella vasca da bagno.

Sentii delle imprecazioni da parte tua, e quando evidentemente non ne potesti più, mi venisti ad aprire. Ancora i vestiti della scorsa notte.

«Vuoi smetterla di fare così tanto baccano?! Sveglierai i vicini! E poi cosa ci fai qui?!» la tua voce uscì roca, e quando ti vidi, nonostante mi stessi sgridando, ti sorrisi. Eri bello anche se sembravi appena sveglio.

Senza il tuo permesso entrai in casa tua per la seconda volta, con la semplice scusa dei vicini «Allora parliamo dentro, così non disturberemo nessuno.»

Come se fossi stato a casa mia mi tolsi il giaccone, poggiandolo malamente sul tuo divano, sotto il tuo sguardo confuso e arrabbiato.

«Che diavolo stai facendo? Ti avevo chiaramente detto di andartene, e non solo per ieri sera, ma per tutto il resto della settimana!»

Mi ero alzato le maniche della felpa. Avevo caldo, ma tu notasti quel mio gesto, distogliendo subito lo sguardo dai miei avambracci. Sorrisi internamente.

«Sono venuto per svolgere gli altri punti. Cos'altro volevi fare? Viaggiare? Guardare le stelle e il tramonto? Ho la soluzione che fa al caso nos» mi ero girato per prendere il mio telefono, per farti vedere delle foto della villa dei miei nonni a Busan. Erano morti da anni ormai, e nessuno sarebbe stato in quella polveriera. Ma era circondato dagli alberi, quindi sarebbe stata il posto perfetto per guardare le stelle.

«Non avevi detto che erano dei punti da femminuccia?» mi avevi interrotto.

Mi rigirai verso di te, sospirando «Ti ho detto che mi dispiace. Quando sono arrabbiato dico cose senza pensarci due volte.»

Mi guardavi in modo strano, confuso «Sai che con 'non innamorarti di me', intendevo anche qualsiasi altro sentimento?» mi dicesti.

Sorrisi «Infatti, non sono innamorato di te. E comunque la cosa è reciproca.» mentì.

«Non preoccuparti, perché io ti odio.»

«E' comunque un sentimento. Si avvicina molto all'amore sai? Solo che al posto di pensare sempre a me in un modo positivo, mi pensi in un modo negativo. Ma sono sempre nei tuoi pensieri.» ti sorrisi, e tu rimanesti sorpreso dalla mia affermazione. Così continuai.

«Anche se a causa di quello che ti ho detto ieri, tu adesso mi odi, ti ho promesso che ti avrei fatto compagnia nello svolgere quei punti, ed io mantengo le promesse. Quindi adesso vestiti, andiamo da qualche parte che sono sicuro che ti piacerà.» non ricordavo di essere così logorroico. Di solito erano i miei amici a parlare sempre ed io rimanevo in silenzio ad ascoltarli, mentre con te era il contrario.

«Mi sono appena svegliato, non—» un vano tentativo di controbattere.

«Non accetto eccezioni, andiamo!»

Il viaggio era durato la bellezza di tre ore in macchina. Jimin mi doveva dei favori per ogni volta che coprivo i suoi turni, ed io non avendo una macchina, ma la patente per guidarla, glie l'avevo chiesta per qualche giorno. E lui, anche se titubante, mi aveva consegnato le chiavi della vettura, affidandomela.

Era stato un viaggio silenzioso, gli unici momenti in cui avevamo parlato erano stati due semplici scambi di battute per sapere se avessi mangiato. Mi annuisti solamente, poi per il resto, delle canzoni classiche avevano riempito le nostre orecchie fino alla fine del viaggio, e non ci eravamo più parlati.

«Siamo arrivati.» dissi, mentre fermavo la macchina proprio di fronte alla vecchia casa dei miei nonni. Era circondata dal verde, dove i raggi di sole filtravano dalle foglie creando ombre sui nostri volti.

Cinguettavano i vari uccelli, nascosti tra gli alberi, che si alzarono in volo non appena una forte esclamazione provenne dalle tue labbra.

«WoahDaebak!» avevi urlato, correndo verso la casa, e guardando poi il lungo sentiero che ci avrebbe portato alla città.

Sembravi un bambino mentre esploravi la zona, rimanendo impressionato anche solo nel guardare delle piccole margherite per terra.

«Avevo detto che ti sarebbe piaciuto!» ti dissi sorridendo, mentre tu mi guardasti annuendo.

Non c'era più traccia di quell'astio, dovuto alla discussione fatta il giorno prima.

Mi poggiai alla mia macchina per osservarti mentre toccavi ed ispezionavi qualsiasi cosa capitasse sotto il tuo sguardo curioso.

Mi venne voglia di chiederti perché solo una settimana, e non due, o tre? O sempre.

«Il sole dovrebbe calare verso le sette, ed ora sono... le 6:45!- esclamasti all'improvviso, venendo verso di me –Dobbiamo trovare un posto alto dove possiamo guardare il tramonto!» afferrasti la mia mano, iniziando a trascinarmi lontano da casa dei miei nonni.

«Yah, non dovremmo allontanarci.» cercai di dirti, ma tu eri troppo preso dallo scovare un posto in alto.

E alla fine lo trovasti.

Non l'avevo mai visto. Forse in questi tre anni in cui io sono stato lontano da questo posto, lo hanno costruito.

C'era una parte della foresta disboscata, dove al contrario c'erano solo due panchine, ed una ringhiera a separare la parte finale della terra, dal piccolo dirupo che ci separava dalla vegetazione.

Quando arrivammo avevi il fiato corto, ma la tua espressione era felice, affascinata.

Il sole era ancora alto, ma molto presto sarebbe scomparso tra la vegetazione.

«E' malinconico e bello allo stesso tempo, guardare il sole sparire per dare spazio alla notte.» ci eravamo avvicinati alla ringhiera, sulla quale tu ti eri poggiato con i gomiti, per sorreggere poi la tua testa con il palmo della mano. Io ero rimasto indietro ad osservarti.

La tua figura era in penombra ai miei occhi, così non riuscii a distinguere bene il tuo volto, le tue espressioni, che se solo mi fossi avvicinato, anche solo un po', avrei capito che fossero sofferenti, tristi.

«Perché malinconico?» ti chiesi.

«Perché significa che un altro giorno è passato.»

E' passato a cosa?, mi ritrovai a pensare.

«Ce ne sono altri di giorni.» ti dissi, ricordando solo in un secondo momento il particolare della settimana.

«Già.» dicesti solo, chiudendo così la conversazione. Avrei tanto voluto riaprirla per sapere cosa mi nascondevi, avrei voluto insistere. Ma anche se lo avessi fatto, sarebbe stato inutile.

«Oh guarda!» mi distogliesti dai miei pensieri, facendomi avvicinare alla ringhiera.

Il sole stava pian piano scendendo, di un colore arancione forte, mentre colorava il cielo di un rosso chiaro. Ai nostri occhi era spezzato, diviso in due dalla vegetazione.

Fino a quando non scomparve del tutto, lasciando spazio al cielo blu notte, nel quale non si riuscivano ancora a distinguere le stelle.

«Ed un altro punto è andato.» dissi, sospirando. Ti girasti dalla mia parte con il sorriso sulle labbra, mentre i tuoi occhi risultavano ai miei leggermente lucidi. Ma in quel momento non ci feci caso.

«Dovremmo rientrare.» annuii a quella tua affermazione, mentre ci dirigevamo nuovamente verso il bosco, adesso buio e fitto.

Speravo vivamente di ritornare alla macchina, sani e salvi, ma l'impresa divenne quasi impossibile.

Cercai di far abituare meglio i miei occhi al buio, per poter guardare gli alberi e gli ostacoli che ci avrebbero impedito di camminare.

Continuai a muovere i passi, sentendo i legnetti sotto le mie scarpe rompersi, per poi bloccarmi, non sentendo più la tua presenza dietro di me.
«Taehyung?» dissi con un tono di voce normale, mentre mi guardavo attorno per trovare la tua figura.

«Taehyung!» questa volta gridai più forte, e quando finalmente ti sentii lamentare, ti vidi rannicchiato vicino ad un albero.

«J-Jeongguk..» mi avvicinai e ti vidi con le mani sopra le orecchie, per coprirle.

Ti afferrai un polso d'istinto mentre un sorriso divertito era spuntato sulle mie labbra, a quella reazione infantile.

«Che ti prende?» ti feci alzare, abbandonando poi il tuo polso esile, ma tu al contrario non mi lasciasti. Afferrasti la mia mano, stringendola forte, mentre ti facevi più vicino a me.

«Ho paura del buio.» confessasti. Una risata uscì dalle mie labbra, e fui fortunato di trovarmi al buio, o avrei potuto vedere la rabbia nei tuoi occhi, mentre mi fissavano storti.

Non rispondesti a quella risata, ma comunque tenesti stretta la mia mano.

«Vuoi scendere dalla montagna tenendomi per mano?» ti chiesi, e mi arrivò solo un cenno positivo da parte tua. Così sospirai, e ti trascinai con me, tenendoti stretto come se fossi la cosa più preziosa che avessi. Ed ancora non lo sapevo che lo eri già diventato.

«Perché hai paura del buio?» ti chiesi, mentre continuavo a far strada.

«Ti interessa davvero saperlo?- rispondesti scettico, ma comunque non aspettasti una mia risposta per continuare –Semplicemente non mi piace. Non riesco a vedere niente, e a non sentire niente. E' come se fossi... morto.»

Annui alle tue parole, mentre vedevo la fine del bosco, e le prime luci dei lampioni che circondavano la villa, che fortunatamente mi ero preoccupato di accendere prima di andarcene.

«Lo vedi molto negativamente. Io non so cosa darei per poter non vedere niente o sentire niente anche solo per un'ora.» risposi. Non era nemmeno una risposta a te, ma una mia riflessione detta ad alta voce.

Non vidi il tuo volto spento dietro di me, dopo le mie parole.

«Comunque è tardi per tornare a Seoul ora. E' pericoloso mettersi sulla strada adesso.» ti dissi, e tu mi guardasti confuso. Facevi molte espressioni buffe, le ricordo tutte, anche adesso.

«E come facciamo?»

«Rimaniamo qui, semplice. Poi, non hai mai visto la vita notturna di Busan?» ti dissi, sorridendoti. Negasti con la testa, e con le nostre mani ancora intrecciate, ti trascinai verso il sentiero che ci avrebbe portato verso la città movimentata.

   
 
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