Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: Swetty_Kookie    13/04/2018    1 recensioni
Jeon Jeongguk, un normale ragazzo che lavora in un semplice bar, farà l'incontro di un misterioso ragazzo, che sconvolgerà la sua vita per sette giorni.
[...]
«Stavo cercando di scrivere una lista di cose da fare. Anche se non so quante cose si potrebbero fare in una settimana.»
|TaeKook| - (Storia presente su wattpad)
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Era mezzanotte inoltrata quando ci ritrovammo ancora tra le strade affollate di Busan. Sui nostri volti erano stampati dei sorrisi divertiti. Ci guardavamo e ridevamo genuinamente mentre ascoltavamo la musica degli artisti di strada. Chi cantava, chi ballava da solo o in gruppo.

Per tutto il tempo le nostre mani non si erano separate un attimo. Ti tenevo stretto come se avessi paura di perderti, come se qualcuno potesse rubarti via da me.

Era strano, perché mi facevi questo effetto mai provato prima. Ma io ti avevo fatto una promessa, si, ma non potevi sapere che dentro di me l'avevo già infranta. Forse anche prima di farla.

«Ehi» mi richiamasti, ed io voltai il mio sguardo alla tua figura dietro di me, ferma, mentre guardava un'ventiquattrore.

«Ricordi il punto in cui dicevo di voler provare a rubare qualcosa?» avevo già capito cosa avevi in mente. E non mi piaceva per niente.

«Taehyung, scordatelo. E' pieno di gente qui, non possiamo fare niente di avventato.»

Ti girasti a guardarmi imbronciato, con il labbro inferiore sporgente «Mi hai detto che mi avresti accompagnato in tutti i punti!» iniziasti a fare una voce lagnosa.

«Si, ma qui rischiamo di passare la notte in cella se ci prendono!»

«Non ci prenderanno.» insistevi, ed alla fine mi feci convincere.

Entrammo in quel ventiquattrore. Non c'era quasi nessuno, ed era piuttosto piccolo. Il proprietario era appisolato sulla sedia, e quando eravamo entranti, non avevamo fatto il minimo rumore, così da poterci nascondere in uno dei reparti.

Volevi rubare qualcosa, e quel qualcosa non era altro che cioccolata. Dolci.

«Tieni, non entrano tutte nella mia tasca.» mi dicesti sottovoce, ed io afferrai quelle barrette, infilandomele in tasca.

«Non credi che basti? Andiamo prima che ci becchino.» ero piuttosto fifone quando si parlava di fare cose contro la legge.

Annuisti, e infilando l'ultima barretta di cioccolata nella tasca, alzandoti, non ti accorgesti che la facesti cadere, facendo rumore. Non troppo forte, ma abbastanza da risvegliare il proprietario, che non appena ci vide iniziò ad urlare e a rincorrerci.

Ti presi per mano, correndo il più veloce possibile e trascinandoti fuori dal negozio con me. Non andò esattamente come avevo pianificato, perché l'uomo aveva afferrato il tuo cappotto e aveva alzato un pugno in aria, pronto a farlo scontrare con la tua guancia. Mi misi difronte a lui, beccandomelo al posto tuo, e lasciando un attimo il proprietario sconcertato. Così ne approfittai.

Scappammo fuori, ed iniziammo correre.

«Ladri! Sono dei ladri! Prendeteli!» sentimmo l'uomo urlare, e delle persone si girarono a guardarlo stranito. Altri provarono a rincorrerci, ma ormai eravamo troppo lontani, ma non abbastanza da smettere di correre.

Quando ci ritrovammo verso la via per ritornare alla villa, iniziasti a ridere sguaiatamente, mentre io prendevo fiato. Ridevi così tanto che gli occhi iniziarono a lacrimarti.

«Oh Dio, ho creduto davvero che ci avrebbe presi.» con gli occhi sgranati ti toccasti il petto, sentendo il tuo cuore battere.

«Però siamo riusciti a prendere la cioccolata.» continuasti fiero di te stesso, per poi posare i tuoi occhi su di me. La tua espressione cambiò, da divertita a dispiaciuta. Provasti a parlare, ma t'interruppi.

«Andiamo. Le stelle saranno sicuramente più visibili adesso.» dissi iniziando ad incamminarmi, e questa volta non fui io a prendere la tua mano, ma tu.

Avevamo deciso di sdraiarci sul cofano della macchina sportiva di Jimin. Volevo che entrassimo in casa, visto che non avevo scordato la tua febbre del giorno precedente, ma tu avevi insistito. E pur di accontentarti, presi qualche coperta che avevo portato apposta da casa, mettendola sui nostri corpi. Avevo una mano sotto la testa per mantenerla, ed un braccio steso, sul qual avevi poggiato la testa tu. In realtà l'avevi messa molto più vicino al mio petto, ma non mi davi fastidio.

Guardavi il cielo blu notte, pieno di stelle. Eri affascinato. Spostavi i tuoi occhi da una parte all'altra, come se stessi guardando cose definite.

«Secondo te cosa sono le stelle?» mi chiedesti.

«Come cosa sono? Non è semplice? Sono corpi celesti che brillano.» ti spiegai, mentre puntavo lo sguardo su una di essa.

«No..- dicesti con voce lamentosa –Non credi che potrebbero essere le persone che una volta hanno vissuto sulla terra? Credo che se tu fossi una stella saresti poco luminoso Jeongguk. Non hai per niente fantasia.» ridacchiai al tuo commento, mentre istintivamente piegai il braccio verso la tua testa, giocando con i ciuffi dei tuoi capelli. Morbidi e lisci.

«Ed io?- mi chiedesti –Se fossi una stella, come sarei?» ascoltai la tua domanda, e la prima cosa che vidi fu una stella particolarmente luminosa.

Alzai il braccio per indicartela «Quella lì.- ti dissi sorridendo –Ti conosco da poco, ed anche se sembri strano, brilleresti come quella stella. Quando sorridi, brilli come quella stella.» sentì la tua testa muoverti sulla mia spalla, e puntasti i tuoi occhi sulla mia figura.

Avevo detto quella frase senza pensarci. Senza pensare alle conseguenze che avrebbe causato.

Ti alzasti per guardarmi e involontariamente incastrai i miei occhi con i tuoi. E non riuscii ad allontanarli.

«Lo pensi davvero?» mi chiedesti. Non potei fare a meno di arrossire. Insomma, ti avevo detto quella frase senza pensarci, preso dall'atmosfera e dal discorso. Ma adesso, confermare il tutto di fronte a te, mentre mi guardi curioso, m'imbarazza.

Ma non riuscii a mentirti. Annuii solo con la testa, ed adesso erano le tue guance ad arrossarsi dall'imbarazzo.

Passò qualche minuto di silenzio, interrotto solo dalla tua voce «Mi dispiace.- mi dicesti, mentre facesti sfiorare la punta del tuo dito sul mio labbro leggermente spaccato all'angolo della bocca –E' colpa mia.» continuasti.

Non guardavi più le stelle adesso. Ora eri girato a pancia in giù, con il tuo volto a pochi centimetri di distanza dal mio.

«Non è colpa tua. Non mi hai detto tu di mettermi in mezzo.»

«Ma ti ho costretto a—»

«Va bene così.» avevo fermato il tuo flusso di parole.

Ti sentii sospirare, e dopo aver abbassato un po' lo sguardo, lo ripuntasti su di me.

«Non ti stai innamorando, vero?» ridacchiai.

«Perché devo essere solo io quello ad innamorarsi di te? Non potrebbe essere il contrario?» negasti con la testa.

«No, questa è una cosa davvero impossibile.- ci rimasi male, ma subito dopo mi sorprendesti –Ma... P-posso togliere il punto interrogativo all'ultimo punto?» mi chiedesti.

Ricordavo bene in cosa consistesse l'ultimo punto. Ma l'imbarazzo presente sul tuo volto, che ti colorava le orecchie, mi spinse a far finta di non ricordare in cosa consistesse.

«Ricordami qual era.» mi issai sugli avambracci, diminuendo ancora di più la distanza tra i nostri volti.

Il mio cuore, non volendo, aveva iniziato a battere più velocemente. Ma riuscivo a mascherarlo bene, così come il mio sorriso compiaciuto o come le mie emozioni in generale.

«N-non ricordi?- balbettasti sgranando gli occhi –Ma.. Cioè..» l'imbarazzo era palpabile.

«D-dovrei prendere il blocchetto per f-fartelo leggere, sì...» annuisti tra te e te, ma non volevo che ti allontanassi, anche solo per un secondo.

Facesti per alzarti, ma afferrai il tuo avanbraccio, e ti costrinsi a guardare nella mia direzione, poggiando le mani sul mio petto per sorreggerti.

«C-cosa?» le nostre labbra erano davvero troppo vicine. Potei sentire il tuo respiro infrangersi sulle mie labbra, dopo che balbettasti quella domanda. Che domanda non era realmente. Volevi solo sapere cosa mi stesse passando per la testa per averti costretto a non allontanarti.

«Me lo ricordo.» fissavo le tue labbra, mentre cercavo di non perdere il controllo e baciarti lì, seduta stante.

Non sapevo se avessi mai baciato qualcuno in vita tua, ma il mio cervello mi urlava che no, non lo avevi mai fatto.

Rimanemmo forse per minuti così, a poca distanza. Non sapevo se baciarti o meno. Le mie labbra formicolavano dalla voglia di farlo, e proprio mentre stavo per decidermi tu parlasti.

«N-non m'innamorerò di te, s-se lo fai..» sussurrasti, e fu come una conferma quella.

Feci posare le mie labbra sulle tue delicatamente, come se potessi romperti se avessi anche solo pressato di più su quei boccioli.

Portai la mia mano dietro la tua nuca, come se avessi paura che da un momento all'altro potessi allontanarti, cambiando idea.

Sentivo il cuore impazzire nel petto, e mentre inglobai il tuo labbro inferiore tra le mie labbra per stuzzicarlo, morderlo e succhiarlo, ti sentì fremere sulle mie labbra.

Mi stavi pian piano facendo impazzire. Mi misi a sedere, trovandomi adesso in una posizione più alta rispetto alla tua.

Accarezzai le tue guance iniziando a muovere le mie labbra sulle tue, che si facevano lambire dalle mie.

Chiudesti gli occhi, mentre cercavi di rilassarti sulle mie labbra.

Fu casto, dolce e caldo il nostro primo bacio.

Quando mi staccai dalle tue labbra per darti fiato, l'unica cosa che riuscisti a fare fu nascondere il tuo volto imbarazzato nell'incavo del mio collo. Le tue ciglia mi solleticavano, ed io ridacchiai per il tuo imbarazzo. Sembrava che niente e nessuno avrebbe potuto scalfire quel ragazzo che avevo visto al bar, che con molto nonchalance aveva iniziato a parlare con un cameriere, elencando i punti di quello che avrebbe voluto fare per una settimana. E invece eri tra le mie braccia oltremodo imbarazzato per un bacio.

Ti abbracciai. Ne avevo bisogno e volevo farlo. Sentivo il cuore scaldarsi mentre ti tenevo stretto tra le mie braccia. Sentivo che era la cosa più giusta che potesse esserci. Che tu eri la cosa più giusta che mi fosse mai capitata.

Poi ti sentii il tuo respiro pesante. Ti eri addormentato tra le mie braccia.

Ridacchiai. Come potevi dormire dopo che avevo appena finito di baciarti?

Ti spostai delicatamente, senza svegliarti, nella macchina, per evitare che prendessi freddo, e guardandoti, mi addormentai accanto a te. Fino al giorno dopo.

Volevo ritornare a Seoul, per passare il resto del giorno con te. E così feci.

Dormisti per tutto il viaggio, e solo dopo essermi fermato a casa tua, posai una mano sul tuo braccio per svegliarti.

«Mi dispiace dormiglione, ma devo restituire la macchina al mio amico.» dissi, ridendo, mentre ti vidi aprire gli occhi.

Te li stropicciasti e dopo aver fatto un po' di storie, scendesti dalla macchina. Prima di chiudere la portiera però, ti fermasti a guardarmi.

«D-dopo torni?» mi chiedesti.

Ed io ti sorrisi solamente, e dopo aver strizzato l'occhio per rassicurarti, partii.

Inutile dire, che finii col passare tutto il resto della giornata in tua compagnia.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: Swetty_Kookie