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Autore: SweetHell    13/04/2018    1 recensioni
Chuuya ha appena concluso una serata perfetta: è andato a cena con Kouyou, si è fermato a bere qualche bicchiere di vino d'importazione e ora sta aspettando in un angolo il taxi che dovrebbe risportarlo a casa. Ma siccome evidentemente il destino lo odia, non passano neanche due minuti prima che uno strano sconosciuto coperto di bende e lo avvicini per chiedergli, con una impressionante dimostrazione di faccia tosta, quanto sia la sua tariffa a notte.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il Randagio

 

 

 

Quando Chuuya esce dal ristorante è ormai parecchio tardi e Kouyou è tornata a casa da un bel pezzo. Ha davvero passato una bella serata, solo migliorata dalla sua successiva visita all'angolo bar del locale dove è rimasto a bere ottimo vino fino ad ora. Purtroppo lui e la sua mentore non hanno spesso serate libere coincidenti, ma quando possono cercano sempre di passare un po' di tempo insieme, nel tacito accordo di non nominare mai faccende di lavoro.

Chuuya di solito prende il taxi con lei, ma stavolta ne ha approfittato per rimanere a bere un altro paio di bicchieri di vino in tranquillità, nella consapevolezza di non avere impegni il giorno dopo. Non ha bevuto abbastanza da ubriacarsi, ma sente comunque la testa un po' leggera e si sta facendo davvero tardi, per cui alla fine si risolve a far chiamare un taxi e va ad aspettarlo all'angolo della strada. Non è una zona molto bella dove aspettare, soprattutto non a quell'ora di notte e con il lampione così fievole, ma Chuuya è sicuro di poter gestire chiunque possa venire a rompergli le palle, per cui si appoggia al lampione e aspetta, con lo sguardo rivolto verso la strada e la giacca drappeggiata attorno alle spalle come fosse un mantello.

In effetti lui è probabilmente l'individuo più pericoloso su quel tratto di strada, riflette, sentendo il familiare peso del coltello che tiene sempre nascosto tra le pieghe della giacca. Non che ne abbia spesso bisogno, ma girare senza la sua lama lo fa sentire nudo. È tranquillamente immerso nei suoi pensieri, ancora rallegrato dalle chiacchiere e dal vino, quando una voce maschile alle sue spalle viene a distruggere il suo faticosamente acquisito buon umore.

“Ah, signorina!”, esclama lo sconosciuto, decisamente troppo gioviale per quell'angolo buio di strada. Chuuya riesce a non sobbalzare solo grazie agli anni di allenamenti e missioni, anche se lo disturba non poco il non essere riuscito a cogliere il rumore di passi prima che il deficiente – il quale per di più lo ha chiaramente scambiato per una ragazza - lo sorprendesse. Si volta a guardare lo sconosciuto, seccato, anche se non è purtroppo la prima volta che qualcuno commette questo errore. Considerando che è buio, la luce fa schifo e a quell'ora della notte è probabile che il suo interlocutore non sia molto sobrio, Chuuya decide di perdonare l'errore e di rispondere civilmente.

“Non sono una signorina”, precisa, convinto di poter liquidare in fretta la faccenda. È davvero una prova del suo buonumore, tuttavia, il fatto che si limiti a precisarlo e non a ringhiare in faccia al poveretto. Il possessore della voce si rivela essere un ragazzo tra i venti e i venticinque, che ad occhio e croce sembrerebbe un coetaneo. La prima cosa che nota Chuuya è che lo supera in altezza di venti centimetri buoni, la seconda sono le bende bianche che gli avvolgono il collo e i polsi. Spiccano particolarmente visibili nel buio della notte e il rosso si chiede se per caso il tizio non sia fuggito da qualche ospedale.

“Non lo sei? Mmh, beh non importa, va bene lo stesso!”, risponde, con un tono cantilenante decisamente fuori luogo, continuando ad avvicinarsi. Capelli castani, occhi castani e impermeabile svolazzante completano il quadro. Chuuya si irrigidisce, squadrandolo, ma senza muoversi. Non sembra una minaccia, dall'aspetto, ma non si può mai dire. “Non ho preferenze, non ti preoccupare!”

Il ragazzo gli sorride, fermandosi a qualche passo dal rosso – ancora con la schiena contro il lampadario – e prima che Chuuya possa capire cosa esattamente lo irrita nello sconosciuto troppo amichevole, quello si sporge per aggiungere qualcosa a voce più bassa.

“Quanto fai per una notte?”, chiede, fissandolo da capo a piedi con tanta intensità da metterlo a disagio, prima di annuire, apparentemente soddisfatto dal rosso davanti a lui. Chuuya è rimasto tanto interdetto dalla domanda che si è dimenticato di replicare.

“Quanto faccio?”, ripete Chuuya, fissandolo allibito. Spera davvero di aver capito male la domanda perché il suo iniziale buonumore sta rapidamente venendo sostituito dalla voglia di strangolare l'ammasso di bende sogghignante. Sono bastate non più di una trentina di parole per iniziare a fargli perdere la pazienza, è praticamente un nuovo record.

“Ma certo! Quanto prendi per l'intera notte?”

Chuuya lo fissa sbalordito per interi secondi, chiedendosi se lo sta prendendo in giro – ma insomma lo ha visto come è vestito? Pensa che si vada a battere in completo elegante o cosa? - ma il moro continua a guardarlo aspettandosi una risposta seria.

Passati i primi secondi di shock, però, il rosso sta iniziando a sentire la familiare sensazione di rabbia bruciargli nelle vene. Aveva pensato di poter chiarire l'ovvio malinteso in maniera civile, ma qualcosa in questo sconosciuto gli urta i nervi in un modo incredibile. Sembra proprio che dopo stanotte il tizio se ne tornerà a casa con molte più bende di quante non ne abbia già indosso al momento.

È riuscito a dargli della donna e della prostituta nel giro di un solo minuto e francamente, se non stesse cercando di trattenersi dal commettere un omicidio qui e ora sarebbe quasi – quasi – divertito per l'assurdità della cosa. È come se gli stesse chiedendo di morire. Però si ricorda fin troppo bene le lezioni di Kouyou su come non bisogna uccidere i civili se non è indispensabile e si costringe a prendere un paio di profondi respiri per calmare gli spasmi di rabbia.

“Senti, tu.”, comincia, con un sorriso freddo che di solito riserva per i combattimenti sul campo o per la stanza degli interrogatori. Lo sconosciuto continua a fissarlo, curioso ma per niente spaventato dalla reazione. Poco importa, Chuuya è abituato a essere sottovalutato. Fa scrocchiare rumorosamente le nocche coperte dai guanti di pelle che porta, odiando il fatto di dover alzare la testa per guardare negli occhi lo stronzo. “Non so per chi cazzo tu mi abbia preso...”, beh ok, lo sa ma non è questo il punto, “...ma hai esattamente cinque secondi per portare il tuo culo bendato via dalla mia vista o per farlo ti servirà un'ambulanza.”

Chuuya, nella sua breve ma in compenso lunga esperienza di vita nella Mafia, ha spesso fatto indietreggiare uomini grossi il doppio di lui solo guardandoli. Sa come far prendere sul serio una minaccia e come far trapelare una promessa di violenza.

Quindi...

...perchè diamine il giovane coperto di bende è piegato in due dal ridere?!

Per la seconda volta in troppo poco tempo, non riesce a far altro che fissarlo stravolto.

Neanche si ricorda l'ultima volta che qualcuno si è permesso di ridere di lui, figurarsi a ridergli così apertamente in faccia. Sente la rabbia tornare a esplodere, i muscoli gli tremano per la voglia di pestare a sangue lo spilungone arrogante fino a fargli sputare i denti-

Quando il bastardo smette finalmente di ridere, si asciuga una lacrima di ilarità, guarda verso Chuuya di nuovo e...ricomincia a ridere.

A questo punto, davvero, neanche Kouyou potrebbe fermare il potente calcio che si abbatte sul petto del simpaticone, mandandolo dritto e disteso a terra, qualche metro più avanti.

“Che razza di problemi hai?!”, ringhia il rosso, marciando verso l'altro a pugni contratti. Lo raggiunge nel giro di pochi secondi, lo afferra per il cappotto e lo strattona violentemente, alzandolo parzialmente da terra. Nota di sfuggita i suoi lineamenti attraenti, ma è troppo incazzato per darci peso. “Vuoi morire?!”

Il moro si illumina.

“Sì, per favore.”, esclama, annuendo contento. Il suo alito puzza di whiskey e chissà che altro, ma i suoi occhi sembrano lucidi e presenti. O regge l'alcool splendidamente o è uno di quelli che sembrano sobri anche da ubriachi marci.

Chuuya molla la presa e il tipo ricade sull'asfalto con un tonfo e una serie di imprecazioni borbottate a mezza voce che sembrano decisamente piagnucolii.

Vuole urlare ma si costringe a un grugnito irritato. Non sa neanche come prendere la sua ultima affermazione. Conosce lo stramboide da una manciata di minuti e già ha voglia di prendere a testate un muro.

Anzi no. Meglio usare la testa del moro. Una concussione potrebbe effettivamente risolvere qualcuno dei tanti e gravi problemi che lo affliggono. Che abbia bende al posto del cervello o sia solo l'alcool a parlare? Chuuya sa di non essere una persona particolarmente paziente, ma di solito non ci vuole così poco a fargli saltare i nervi.

Qualcuno gli afferra una mano.

Chuuya guarda giù e con suo sommo orrore ci trova il ragazzo inginocchiato – come cazzo ha fatto a strisciare così vicino senza che se ne accorgesse? - con una sua mano guantata tra le sue, pericolosamente vicina alle sue labbra.

Avrebbe dovuto calciarlo più forte.

“Perchè non moriamo insieme?”, mormora, estatico, “Ho sempre voluto commettere doppio suicidio con una bella donna, ma annegare con te nel fiume sembra ancora meglio...”

“Tu sei pazzo.”, realizza il rosso ad alta voce, domandandosi stancamente cosa ha fatto per meritarsi una svolta così tremenda alla sua bellissima e perfetta serata. Se è scappato da qualche ospedale, doveva per forza essere il reparto psichiatrico.“Pazzo e ubriaco.”

“È possibile. ”, concede il ragazzo, con aria sognante. Probabilmente sta ancora pensando al doppio suicidio. Tsk. “Forse preferiresti un'overdose di sonniferi? Anche se l'ultima volta non hanno funzionato...”

“Sto per prenderti a calci di nuovo.”, lo avverte Chuuya, in tono piatto.

Questo sembra sortire l'effetto sperato perchè lo sconosciuto bendato non aggiunge altro e si rialza immediatamente. Bene, almeno non è abbastanza masochista da rischiare di ritrovarsi un paio di costole incrinate.

Ottimo, adesso sparisci.”, sospira il rosso, sperando che il suo taxi arrivi presto. Ne conosce tanti – troppi - di personaggi dalla psicologia contorta, ma avrebbe preferito evitare di aggiungere alla lista anche un maniaco di suicidio. Ha già abbastanza problemi a gestire Kajii e compagnia, non si merita un altro caso da manuale da aggiungere alla lista.

“E lasciarti da solo in questo brutta zona?”, il giovane si poggia una mano sul petto con fare tragico, anche se i suoi occhi hanno una luce divertita ben poco convincente. “Non mi perdonerei mai se per colpa mia venissi approcciato da tipi poco raccomandabili! Dei loschi figuri potrebbero pensare male e allungare le mani, con la scusa di riaccompagnare a casa un liceale smarrito!”

Chuuya è consapevole di avere un temperamento piuttosto volatile, ma mai a questi livelli. Questo tipo non sembra fare altro che aprire la bocca con la precisa intenzione di fargli perdere le staffe.

Prima di tutto, non sembro un ragazzino!”, ringhia, stringendo i pugni. “E secondo, tu sei decisamente uno di quei loschi figuri! Non hai diritto di dire nulla!”

“Eh, non sei uno studente? Sei sicuro? Esistono adulti così bassi allora?!”, esclama l'altro, fingendosi sconvolto e ignorando di proposito l'ultima frase di accusa.

VUOI CHE TI ABBASSI A CALCI?”, lo avrà sentito tutto l'isolato di sicuro ma francamente non gliene frega più un cazzo. Sta davvero per passare di nuovo alla violenza fisica, altro che il calcetto di poco prima, ma si blocca quando un pensiero improvviso si fa strada tra i neuroni che urlano di ammazzarlo di botte e farla finita. “Aspetta un attimo...mi hai avvicinato perché mi hai scambiato per una prostituta minorenne?”

Passano cinque secondi di silenzio che sanno troppo di colpevolezza perché Chuuya riesca a mantenere la calma ancora per molto.

Chuuya tira fuori il coltello.

...e il moro si lascia scappare una risata sonora.

“Aah, chibi! Scherzavo!”, replica il moro, suonando molto poco ferito. “Ovviamente no, ti ho avvicinato perché ho pensato di controllare se il tuo viso fosse brutto come il tuo cappello!”

“Che c'entra il mio cappello ora?!”, esclama il rosso, mentre mette via il coltello – meglio non farsi tentare – e si sforza di contare fino a dieci, costringendosi a respirare col naso. Non ha mai incontrato nessuno di così infuriante in tutta la sua vita, gli sono bastati pochi minuti per distruggergli quella serata perfetto. Adesso dubita che nemmeno una bella bottiglia di vino possa togliergli l'urticante bisogno di prendere a pugni qualcosa per levarsi il nervoso che il bastardo gli ha messo addosso. È sempre più chiaro che il tipo è troppo ubriaco per rispondere in maniera coerente. “E comunque se mi chiami ancora un volta chibi ti spezzo il braccio in così tanti pezzi che per rimetterlo a posto dovranno chiamare un mosaicista invece di un chirurgo!”

“Allora dovrai dirmi come ti chiami, no?”, sogghigna, “Chibikko.”

Chuuya si deve fare violenza mentale per trattenersi dallo strangolarlo.

“Prima di tutto è maleducato chiedere il nome a qualcuno senza prima presentarsi a sua volta.”, sbotta il rosso, stizzito, ignorando i borbottii del ragazzo ('ugh chibikko, smettila di parlare come Kunikida-kuuuun'), “Il mio nome è Nakahara Chuuya, ammasso di bende.”

il moro si illumina, come se non si aspettasse davvero che l'altro si presentasse. In effetti, neanche Chuuya è molto sicuro del perchè lo ha fatto. Il tizio gli sta sulle scatole dalla prima parola che gli ha rivolto...eppure, c'è qualcosa che lo incuriosisce. Magari quando non è ubriaco marcio la sua personalità migliora. Ora che lo guarda bene, è anche un bel ragazzo, se solo non fosse così terribilmente irritante e non gli avesse chiesto il prezzo come prima cosa, magari avrebbe anche considerato l'idea...

“Chuuya! Io sono Dazai Osamu...ora che ci conosciamo vuoi venire a letto con m-”

...no, sarebbe finita allo stesso modo anche se avessero iniziato con un argomento più neutro.

Dazai schiva con sorprendente abilità il calcio diretto alle sue ginocchia, anche se barcollando un po' e rischiando di finire di nuovo col culo per terra. Purtroppo invece riesce in qualche modo a mantenere l'equilibrio.

“NON PRENDERTI TUTTA STA CONFIDENZA!”, ringhia Chuuya, paonazzo. Non solo si permette di usare il suo nome come se si conoscessero da una vita ma ha pure il coraggio di fargli proposte sconce?

“Ma Chuuuuya! Pensavo che ormai fossimo amici!”, si lamenta, facendogli rimpiangere di essersi presentato. Deve aver avuto un lapsus di follia sì, un grosso lapsus di follia come quando ha pensato che dopotutto Dazai fosse attraente. “Andiamo a bere qualcosa, chissà se da ubriaco Chuuya diventa più gentile...”

“Direi che tu hai bevuto abbastanza per stasera, Dazai.”, replica, calcando sull'uso del cognome nella speranza che l'altro capisca l'antifona, anche se sospetta sia una battaglia persa. Dazai mette su un broncio da bambino di cinque anni...che pensandoci dovrebbe equivalere più o meno alla sua età mentale.

L'altro resta stranamente in silenzio. Ora, Chuuya conosce il tipo da letteralmente dieci minuti, però se l'altro non si è offeso quando è stato preso a calci e minacciato con un coltello, dubita seriamente che possa essersela presa per il suo rifiuto di andare a bere. Curioso, il rosso di avvicina di qualche passo, chiedendosi se non sia bastato davvero solo quello per zittirlo, cosa che sta cercando di fare da quando lo ha incontrato. Ma appena riesce a vederlo in faccia, capisce immediatamente il motivo di quello strano silenzio. A giudicare dal colorito giallastro che ha assunto la sua pelle e dalla fronte imperlata di sudore, i suoi ipotetici sentimenti feriti sembrano non c'entrare proprio una sega.

E voleva pure andare a bere ancora? È un miracolo che non abbia ancora sboccato per terra, in quello stato. Ancora un drink e sarebbe probabilmente svenuto da qualche parte, l'idiota.

Non che siano fatti suoi.

Non sono fatti suoi per niente, già.

Ovviamente, il suo taxi decide di arrivare proprio in quel preciso istante, accostando davanti a loro. Il rosso esita per qualche momento. Che fare? Sembra proprio che il moro stia male, ma sono davvero fatti di Chuuya? Insomma, è un Dirigente della Mafia, non un buon samaritano. E per di più il suddetto tizio non ha fatto altro che infastidirlo oltre il limite umanamente possibile fino a qualche secondo prima, quindi, sul serio, non è che abbia chissà che obbligo morale nei suoi confronti. Il guidatore gli fa un gesto impaziente perché salga...deve essere la sua ultima corsa della notte. Chuuya lancia un'ultima occhiata a Dazai, notando i tremiti delle sue mani e il suo colorito sempre più tendente al verdastro, ma stima che non morirà certo per un po' di nausea. Magari vomiterà e poi starà meglio per tornarsene a casa da solo o chiamare un amico. E poi non è che può mettersi a fare da babysitter a loschi semi-sconosciuti no? Bastano già Akutagawa e Kajii per quello.

“Beh, devo prenderlo. Divertiti a smaltire quella sbornia, Dazai.”, lo saluta con un ultimo sguardo, prima di scrollare le spalle entrare nel taxi.

“Dove ti porto?”, chiede l'uomo al volante, guardandolo dallo specchietto anteriore. Ma mentre Chuuya gli sta dando il suo indirizzo, la porta del taxi si apre di nuovo e Dazai si butta a sedere accanto a lui, chiudendo la portiera.

“Mi lasci dove lascia Chuuya!”, cantilena, accasciato sul sedile. A questa distanza è ancora più evidente il suo colorito malaticcio, le occhiaie scure sotto gli occhi e soprattutto il puzzo di alcool che lo circonda come un'aura. Nessuna sorpresa che stia così male, dato che odora come una cazzo di distilleria illegale, soprattutto nello stretto spazio dell'abitacolo. Il rosso sta per sbatterlo fuori dal taxi a calci – magari si sentiva un pochino in colpa a lasciarlo da solo in quelle condizioni, ma certamente non abbastanza da fargli sapere il suo indirizzo – ma il tassista, probabilmente ingannato dal tono eccessivamente familiare con cui Dazai gli si rivolge, parte subito verso la sua – loro? - destinazione.

“Oi! Dazai, che diamine pensi di fare?!”, sibila Chuuya, cercando di tenere sotto controllo la rabbia. Stavolta non può neanche picchiarlo, hanno un testimone dannazione.

“Chuuya è così cattivo! Mi avresti lasciato lì al freddo!”, si lamenta, spalmandosi ancora di più sul sedile.

Chuuya a quel punto vuole solo buttarlo giù dal taxi in corsa.

“Ci sono 15 gradi fuori, saresti sopravvissuto benissimo.”, replica. Diamine, lui è tornato a casa a piedi in condizioni peggiori più di una volta, non è come se lo avesse lasciato a dissanguarsi sul marciapiede.

“Appunto! Almeno la prossima abbandonami dove posso morire senza soffrire così!”, replica, con una nota infantile nella voce. Chuuya lancia un'occhiata preoccupata al tassista. “Ho letto che se si muore di assideramento non si sente dolore...aah, moriamo seppelliti in un mare di neve, Chuuya!”

Il rosso sta davvero rimpiangendo di non averlo buttato fuori quando poteva.

“Va tutto bene là dietro?”, chiede cautamente il tassista, lanciando occhiate preoccupate al sedile posteriore, dove Dazai si è accasciato come se fosse davvero in punto di morte. Ma al rosso non sfugge il ghignetto divertito che gli si è disegnato sulle labbra. Figlio di puttana, ha pure il coraggio di divertirsi a sue spese?

“Certo! Il mio...amico...è solo ubriaco.”, risponde Chuuya, cercando di ingoiare il nervoso e sembrare il meno sospetto possibile. “Non sa cosa dice.”

Dazai apre bocca per aggiungere qualcosa di certamente poco d'aiuto alla situazione, ma stavolta il rosso riesce a reagire d'anticipo e gli pesta forte un piede, aiutato dalle dimensioni del taxi, le quali rendono impossibile stare seduti troppo lontani. Soprattutto non con il moro mezzo steso ad occupare due posti da solo.

Il mugolio di dolore che ne consegue sembra convincere l'autista, che torna a porre l'attenzione sulla strada.

Il resto del tragitto passa in relativo silenzio, lasciando Chuuya a riflettere sulla sua prossima mossa: abbandonare Dazai sul ciglio della strada non appena il taxi svolta l'angolo? Rischioso. Chiamargliene un altro per spedirlo a casa? Improbabile, vista l'ora. Accompagnarlo lui stesso? Col cavolo, non si fida di portarlo in moto con lui.

...l'opzione che rimane è una sola e non gli piace per niente.

Arrivati a destinazione, paga il tassista – Dazai non offre di fare a metà, ma dato quanto ha iniziato a tremare non riesce neanche ad arrabbiarsi – e esce per aiutare l'altro a fare lo stesso. Finisce per sostenere gran parte del suo peso mentre si dirigono in silenzio verso il suo appartamento.

“Sei incredibilmente forte per essere così piccolo, Chuuya!”, esclama Dazai, anche se con voce decisamente meno squillante e allegra rispetto all'inizio. “Funziona come per le formiche? Più sei piccolo più peso puoi sopportare??”

“Continua a dire stronzate e ti lascio per terra.”, ribatte il rosso, alzando gli occhi al cielo. “Magari riesci persino a strisciare fino a una cabina telefonica prima di perdere i sensi, mh?”

Il moro stavolta si limita a ridere sottovoce.

“Non era esattamente così che intendevo finire la mia serata.”, sospira poi, dopo un po', quando ormai sono davanti alla porta di casa. Stavolta suona persino serio, forse per la prima volta in tutta la serata.

“Oh, lo so come volevi che finisse.”, sogghigna Chuuya, aprendo casa. Aiuta Dazai a entrare e lo fa sedere sulla prima sedia che trova. Non si fida a lasciarlo vicino al suo comodissimo divano, almeno finchè non è sicuro che non finisca per sboccarglici sopra. “E di certo non è così che pensavo finisse la mia. Non era mai successo che mi portassi randagi in casa, sai?”

In effetti a guardarlo, accasciato, disordinato e un po' sofferente, sembra il ritratto di un cane randagio.

“Quale onore, mi darai anche una ciotolina di latte prima di andare a letto?”, mormora imbronciato Dazai, prima di impallidire di colpo. Senza parlare, Chuuya gli indica la porta del bagno, dove l'altro non perde tempo a fiondarsi.

Beh. Se non altro è riuscito a non vomitargli sul pavimento, uh. Senza curarsi di nascondere il sorrisino divertito che gli si è disegnato sulle labbra, va in cucina, scalda un po' di latte e ne riempie una tazza.

Dopotutto, la sua serata ha finito per diventare molto più interessante del previsto.

  
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