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Autore: Iryael    17/04/2018    1 recensioni
Aprile 5396-PF, Veldin, Kizyl Plateau
A Lilith, dopo una penitenza finita male (ma che poteva finire malissimo) non resta che cercare qualcosa a cui aggrapparsi per arrancare senza esplodere.
A Sikşaka, dopo una serata cominciata apatica e finita dolorante, non resta che salvare il salvabile lottando contro il senso di responsabilità.
Nessuno dei due crede che si arriverà a un terzo incontro. Ignorano che, negli anni a venire, di quelli ne perderanno anche il conto.
È tempo di spacchettare i keikogi.
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[Galassie Unite | Scorci | 6 anni prima di Rakta]
[Personaggi: Nuovo Personaggio (Lilith Hardeyns, Sikşaka Talavara)]
Genere: Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ratchet & Clank - Avventure nelle Galassie Unite'
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[ Finale ]
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Il giorno seguente, 25 aprile 5396-PF
Kyzil Plateau, belvedere
 
Mancava ancora un po’ alle cinque. Il belvedere, come ogni pomeriggio, era piacevolmente ombreggiato dai teli bianchi che, simili a grandi vele, proteggevano la fila delle panchine. Così non fosse stato nessuno sarebbe andato a godere della vista del deserto.
Sikşaka era seduto su una di quelle panchine. Appoggiato coi gomiti sulle ginocchia e con le mani giunte sotto il mento, guardava l’orizzonte e attendeva l’orario. E intanto pensava. Aveva scelto di essere coerente, quindi aveva l’obbligo di essere prudente; molto più di quant’era stato fino a quel momento.
Il primo grande dubbio era: lo sorvegliavano ancora?
Probabile. Dopotutto erano passati solo due anni dal massacro compiuto in palestra, e Dragan conosceva meglio di chiunque altro quanto fosse abile con le lame. Se lui fosse stato al posto del capobanda avrebbe continuato a mandare qualcuno saltuariamente; poco importava quanto tempo fosse passato.
Quindi doveva presumere che quanto stava per fare non sarebbe passato né inudito né inosservato.
Il secondo grande dubbio sorgeva di conseguenza: si sarebbe potuto ripetere il raid?
Be’, Belvard non è un cretino. Non credo che cercherebbe di fregare Dragan un’altra volta. E non credo nemmeno che Dragan partirebbe senza controllare due volte le accuse.
Però la possibilità non poteva essere esclusa a priori. Dopotutto, ai tempi, tre su sette avevano votato contro la sua uscita. Di positivo c’era che il più pericoloso si era già fatto avanti e aveva già perso la credibilità; quindi per gli altri due fabbricare delle prove sarebbe stato più difficile.
Pianificherò delle strategie e terrò la guardia alta. Se la ragazzina accetterà dovrà essere al sicuro.
E quella era la terza grande incognita: la ragazzina avrebbe accettato?
Scoprì, con sua sorpresa, di sperarci. Ma non sarebbe stato strano se non l’avesse fatto. Innanzi tutto avrebbe potuto evitare di usare la carta della scuola, anche se alla stesura gli era parsa una credenziale a suo favore. E poi avrebbe potuto spedirgliela normalmente, invece di imbucargliela nella cassetta delle lettere. In quel modo si era reso più sospetto che affidabile.
Chiuse gli occhi e si rimproverò in silenzio.
* * * * * *
Lilith arrivò in ritardo. Giunse dal settore nord correndo con falcate ampie. Entrò nella piazza come una furia, si riparò gli occhi con una mano e si guardò intorno. Dal bar non c’era. Alla fontana neppure.
Eccolo!
Puntò alle panchine che, riparate dalle vele, guardavano verso gli altipiani.
«Ciao.» salutò, comparendo al suo fianco.
L’altro spostò lo sguardo su di lei, sulla sua espressione, e la studiò coi suoi occhi color mogano. La ragazza pensò che fosse caduto dalle nuvole o che non si aspettasse la sua visita, così tirò fuori di tasca la lettera ripiegata.
«Sono qui per questa. È tua, no?» chiese tendendogli il foglio.
Sikşaka prese il foglio e l’aprì con garbo. «Sì, è proprio la mia.» confermò dopo un istante. «Ti va di parlarne?»
«Certo che mi va. Non sarei venuta sennò.»
«Heh.» ghignò l’adulto. «Acuta osservazione.»
Lei gli scoccò un’occhiataccia e lui, per tutta risposta, accennò alle tavole di pietra levigata. «Siediti, dai. Da dove vogliamo cominciare?»
La sabbia sulla panchina scricchiolò quando Lilith si sedette, ma era un rumore tanto abituale che nessuno vi badò. La questione sulla quale si era scervellata era un’altra, e la buttò fuori nella maniera più veloce e diretta esistente: «Se volevi aiutarmi, perché non l’hai fatto subito?»
Sikşaka si aspettava la domanda. Tuttavia non aveva bisogno né di rivelarle la verità né di inventarsi balle. «Perché non ho più l’abilitazione.» spiegò nuovamente. «Non credo che i tuoi genitori ti manderebbero da un maestro senza qualifiche.»
Di nuovo quel discorso, si disse la ragazzina. Però, se insisteva sul punto, magari era davvero per quello.
«Be’, mio padre non mi manderebbe da nessuno, se potesse. Già tanto che mi vedo con l’Arpia per studiare.»
«L’Arpia?» ripeté lui, senza capire.
«La segretaria. Hai presente quel sacco di diarrea acida ch’era al bancone l’altro giorno?»
Le sopracciglia di Sikşaka si inarcarono. Dunque aveva chiesto della situazione scolastica di Lilith alla persona sbagliata. Se non altro, però, spiegava il tentativo di farlo desistere.
«La detesti proprio, eh?»
«La odio.» confermò a denti stretti. «Non le va mai bene niente, e ha pure il coraggio di farsi pagare! Mio padre sborsa cinquanta bolt alla settimana per lei.»
«E tu raccontagli di come lei non sia una tutrice adatta.»
«L’ho fatto, che credi? Ma mio padre non sente ragioni. Lui la conosce, dice. Lo sa com’è fatta. Sono io che sbaglio.»
L’altro stette in silenzio per qualche attimo. Aveva sentito abbastanza da entrambe per decretare che non si piacessero per nulla. Però questa cosa delle ripetizioni non la sapeva, ed era un’indubbia botta di fortuna per lui. Decise di coglierla al volo.
«Perché non vieni da me, allora?» disse. «Insegno alle elementari e ogni tanto do ripetizioni ai ragazzi un po’ più grandi. Potremmo accordarci. Il programma che ti propongo è questo: due ore di compiti e due di allenamento, per lo stesso numero di volte che vedi la tua insegnante.»
«...e il prezzo?»
«Lo stesso che paghi ora.»
Lilith non rispose per un po’. Era una proposta buona, forse troppo.
«Devo parlarne con mio padre, prima.»
«Mi sembra giusto.» convenne lui. «Però devo avvisarti fin da ora: le arti marziali fanno male. E intendo che avrai lividi a non finire.»
«Ci credo. Ma la danza non mi aiuterebbe se...» sentì le parole morirle in gola. Non riuscì a tirarle fuori; non importò lo sforzo. Alla fine tamponò con un ben più timido: «Se succedesse ancora.»
Sikşaka la osservò. «Sì, be’, non è che le aggressioni si subiscano tutti i giorni.» disse, cercando di tirarla su di morale. «Però sarebbe saggio se tu non accettassi più scommesse come quella.»
Lilith gli scoccò un’occhiataccia, ma poi dovette abbassare lo sguardo. «Ci puoi giurare.» rispose a voce bassa.
Meglio cambiare argomento, si disse il maestro di spada.
«Se vuoi prima parlarne a tuo padre ti serviranno un po’ di informazioni. Chiedi pure tutto quello che ti viene in mente. E ricordami di darti il numero di chatter.»
* * * * * *
La ragazzina affrontò la questione la sera stessa. Si sedette in cucina, mise il chatter in vivavoce e chiamò.
Non si aspettava una chiamata facile, e non la fu. Suo padre inizialmente lo prese come un capriccio, e ci volle tutta per fargli intendere che lo faceva perché lei davvero voleva migliorare i suoi voti, ma che con la sua insegnante attuale non ci sarebbe mai riuscita. Spiegò per l’ennesima volta che non riusciva a concentrarsi con qualcuno che sbottava in continuo, e per l’ennesima volta si sentì opporre che la donna era gentile, che era lei che la esasperava.
(Cosa?! Ma non dir cagate!)
Allora gli disse di aver trovato qualcuno disposto a farlo lo stesso numero di volte per lo stesso prezzo. Gli disse che era decisa a provare, e che poteva sempre e comunque tornare indietro.
A quel punto silenzio. Aaron Hardeyns, all’altro capo, stava valutando la questione. Lilith si sentì come se avesse ottenuto una vittoria.
«Ridimmi un po’ da chi vorresti andare?»
Domanda dopo domanda, la ragazza sciorinò quello che sapeva. Ottenne un nuovo silenzio. E una confessione inaspettata.
«Mi ricordo di lui. Eravamo alle medie insieme. Un tipo tranquillo.»
È un sì, questo?
«Dammi il suo numero. Voglio parlargli.»
* * * * * *
Quella che seguì fu un’attesa che torse lo stomaco di Lilith. Lei gli aveva dato il numero, ma se a suo padre non fosse piaciuto? O peggio, se avesse cominciato ad urlargli addosso?
(Bah. Ha detto che lo conosce, no? Sta’ buona.)
Lilith lanciò un’occhiata all’orologio.
(E piantala di guardare l’ora ogni cinque secondi! Ma ti pare? Dov’è la tua dignità?!)
Quanto ci mette? Odio aspettare.
(Perché non ti fai due goccine di antistress? O un giro dei canali tivù?)
Tivù. Magari mi aiuta a passare il tempo.
(Oh, bene, brava. Il telecomando è qui vicino, guarda!)
 
Ma la chiamata tardava ad arrivare, e finì che la ragazzina si addormentò col viso sul tavolo. Quando il chatter squillò era mezzanotte passata.
«P-pronto?» rispose, la voce flautata dal sonno.
«Ho fatto una bella chiacchierata con quel tipo.» esordì suo padre. «Mi ha raccontato che vi siete incontrati in presidenza, mentre venivi sgridata.»
Il sonno se ne andò di colpo. Lilith si ritrovò a sudare freddo.
«È vero.» si limitò a rispondere.
«E mi ha raccontato di come la vicepreside si sia comportata in maniera poco professionale nei tuoi confronti.»
Lilith tacque.
«Perché non mi hai avvisato subito? Magari avrei impugnato la sospensione!»
(Non rispondere. Non dirgli cosa pensi. Sarebbe come pisciare su un ventilatore.)
«Comunque mi sembra un tipo a posto. Dato che sei così decisa, abbiamo concordato un periodo di prova. Se alla fine del mese prossimo avrai voti migliori di quelli di adesso, allora continuerai con lui. Sennò andrai da Karen e le dirai che ricominci con lei.»
Le iridi si allargarono per un istante. «Che cos-?»
«Proprio così, andrai tu a parlarle. Anche domani, e le spiegherai come mai hai deciso di cambiare.»
«Oh, andiamo! Lo sai che non ci possiamo vedere! Non lo puoi fare tu, che ti dà retta?»
«No cara. Troppo facile così. È ora di crescere un po’, e spero che in questo passo tu non faccia troppe figure di merda.»
«Certo pa’.» rispose, la voce liquida per il disappunto.
«E ricordati di parlare per bene!»
«Certo pa’. Grazie pa’.»
«Bene. Siamo d’accordo che comincerai domani, alle quindici e trenta precise. Andrai tu da lui; in questo modo le nostre bollette saranno più basse. Adesso prendi carta e penna che ti dico dove andare.»
 
L’indirizzo che le diede era quello dei bassifondi. Lilith si guardò bene dal dirgli che c’era già stata, non sapendo come giustificarsi. Ascoltò le ultime raccomandazioni e alla fine riagganciò guardando istupidita la cornetta. Con la stessa espressione fissò il foglio su cui aveva annotato l’ora e le indicazioni.
Ce l’aveva fatta sul serio. Aveva guadagnato le agognate lezioni. E – ancora meglio! – si era anche liberata della strega!
Al pensiero le labbra si alzarono, in un sorriso accompagnato dallo sbocciare di una risata sincera. La voce leggera, pur senza parole, parlava di una liberazione.
«Ce l’ho fatta!» esclamò, stringendo i pugni chiusi contro il petto. «Ce l’ho fatta!!!»
 
A fanculo la strega, il preside e quello stronzo di Cole Shinagan: da quel momento le cose avrebbero cambiato piega. In caso contrario gliel’avrebbe fatta cambiare lei. Drasticamente.

Salve a tutti!
Sto conducendo un esperimento sui css della storia. Risulta graficamente come prima? Si sono sballate le dimensioni dei caratteri o cose simili?
Finora ho verificato con firefox e il tremendissimo internet explorer, ma non riesco a provare altri browser. Vi chiedo, per favore, di avvisarmi nel caso in cui qualcosa non andasse. Grazie in anticipo.
 
Alla prossima!
Iryael

 

   
 
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