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Autore: Yoshiko    19/04/2018    8 recensioni
È trascorso molto tempo dal viaggio dei ragazzi a Kyoto. Era autunno, la città li aveva accolti nella sua splendida cornice di aceri rossi, promettendo un soggiorno piacevole tra visite ai giardini e ai templi, colloqui per nuovi ingaggi e prove per uno spot televisivo. La spensieratezza di quei giorni si era infranta di colpo e gli strascichi di quei tragici avvenimenti continuano tuttora a segnare le loro vite.
Holly e Patty sono a Barcellona, Benji ad Amburgo, Mark è atterrato in Italia inaspettatamente accompagnato, e il resto del gruppo si trova in Giappone finché un’amichevole contro l’Italia di Salvatore Gentile e Dario Belli li riunisce tutti, ancora una volta.
Rain è il sequel di Leaves che a sua volta è il continuo di Snow. Per capire la storia e seguirne l’andamento è consigliabile avere un po’ di pazienza e cominciare dall’inizio, anche per la presenza di personaggi out of character, già presentati nelle precedenti fanfiction.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Kojiro Hyuga/Mark, Salvatore Gentile, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Time'
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Undicesimo capitolo
Undicesimo capitolo



Philip la stava baciando. Jenny non aveva dubbi che fosse lui e non dubitava neppure di sognare. Se la birra che aveva bevuto con Salvatore prima di tornare in hotel aveva avuto questo effetto, ne avrebbe mandata giù a fiumi tutte le sere. Jenny non riusciva ad aprire gli occhi, le palpebre erano troppo pesanti. Per quanto ci provasse non era in grado di trovare l’energia necessaria a guardarsi intorno e capire dove fosse. Non riusciva neppure a muoversi. Il suo corpo stanco era sprofondato nel materasso, le braccia e le gambe sembravano pesare quintali e a lei non andava di sforzarsi per muoverle. Le sensazioni che stava provando erano troppo piacevoli per poter anche solo pensare di spostarsi. Intorno a lei il buio era un’assenza di luce distensiva, rilassante, accogliente. L’oscurità non le faceva paura, non provava nessun timore. Si sentiva a suo agio come non lo era stata da troppo tempo, al sicuro, protetta e amata perché Philip era con lei. Lo sapeva, lo riconosceva, non aveva bisogno di guardarlo. Riconosceva il suo odore, il suo sapore, i movimenti delle sue mani sul suo corpo. Le sue carezze così cariche d’affetto e nello stesso tempo così possessive da farla fremere, tanto erano piacevolmente sconvolgenti. Era lui, si trattava di Philip. Ne fu ancora più certa quando riconobbe la sua voce che mormorava il suo nome. Riconobbe anche i suoi sospiri, lo riconobbe quando riuscì finalmente a sbloccare le braccia, sollevarle e circondargli la schiena per stringerlo a sé, per impedirgli di andarsene ancora e di lasciarla di nuovo da sola. Riconobbe i suoi muscoli guizzanti, la solidità del suo corpo. Sentì il suo peso sul petto, le sue labbra staccarsi dalle proprie. Inalò il calore del suo respiro, rabbrividì al tocco delle sue dita che le accarezzavano una guancia e si tuffavano tra i suoi capelli. Sentì la sua bocca lasciarle una scia di fuoco lungo il collo. Rabbrividì di piacere, un piacere che aveva dimenticato, che non ricordava più. Un piacere che le era mancato da morire. Un piacere senza il quale la sua vita non era nulla, un piacere per cui valeva la pena sopportare ogni sofferenza, un piacere a cui non avrebbe mai potuto rinunciare, non sarebbe stata capace di farlo. Philip era la sua luce, l’aria che respirava, la sua ragione di vita, il suo scopo, il suo futuro. Non poteva stare senza di lui, non ne aveva la forza. Non poteva vivere privata delle emozioni che la sua presenza, la sua vicinanza e il suo amore scatenavano dentro di lei. Eppure quello non era altro che un bellissimo, meraviglioso sogno che durò finché non sprofondò nella stanchezza. Solo allora non sognò più niente.
Riaprì gli occhi che era giorno. Il chiarore dell’alba che filtrava dalle tende la spinse a socchiudere le palpebre, stavolta senza fatica. Poi ci ripensò, decise che non voleva svegliarsi. Voleva trattenere con sé gli ultimi sprazzi del sogno, che tuttavia si stavano dissolvendo come fumo man mano che la sua coscienza riemergeva dal torpore. L’eco che ne era rimasta le richiamava ancora addosso una sensazione di beatitudine che avrebbe voluto conservare più a lungo. Sarebbe stata disposta a morire pur di continuare quel sogno per l’eternità e non ritrovarsi di nuovo gettata nella realtà che stava vivendo e che era decisamente troppo dolorosa. Gli occhi le si riempirono di lacrime di angosciante nostalgia. Respirò piano per non svegliare Amy. Amy…
Ricordava che la sera prima si era appoggiata sul suo letto per riposare un po’ e che poi lì si era addormentata nonostante Mark avesse tentato più volte di chiamarla e… E Mark? Si irrigidì. Mark che fine aveva fatto? Spalancò gli occhi sul soffitto color crema. Doveva tornare a casa al più presto, prima che Daisy convincesse Mark a sfrattarla. Si volse per svegliare l’amica e quasi rischiò l’infarto. Accanto a lei non c’era Amy, c’era Philip! Philip, accidenti! Come era finito lì? Smise di colpo di respirare, la paura di svegliarlo con il minimo rumore.
Philip dormiva, voltato dalla sua parte. L’espressione del suo viso era distesa, rilassata, gli occhi delineati dalle ciglia scure, le labbra socchiuse, i capelli che ricadevano spettinati sulla fronte. Il braccio piegato davanti al viso era lasciato scoperto dalla t-shirt. Jenny si appoggiò sui gomiti e si tirò su con precauzione. Sistemò con una mano la scollatura del vestito, che il movimento le aveva abbassato mettendo a nudo una spalla e continuò a fissare Philip. Dormiva sopra le coperte aggrovigliate del letto sfatto e indossava i jeans, mentre la felpa della nazionale era abbandonata tra loro. Jenny spostò gli occhi da lui alle proprie gambe nude. La gonna le era salita durante il sonno arrotolandosi in vita, il sottile nastro di velluto nero che decorava la scollatura dell’abito era in parte slacciato e pendeva inerte giù fino a sfiorarle lo stomaco. Tornò a guardare Philip inebetita, con l’atroce dubbio che il sogno non fosse stato solamente un sogno. Il suo cuore prese a battere all’impazzata, il sangue a fluire rapido nelle vene. Cercò sul suo viso disteso dal sonno una risposta che non avrebbe potuto trovarvi. Gli fissò le mani, le stesse che si era sentita addosso, quelle dita che nel sogno l’avevano accarezzata, quella bocca che l’aveva baciata e che le aveva sussurrato parole d’amore. Era successo? Era successo veramente? Scosse la testa incredula. Possibile che Philip davvero avesse, che avessero… Era così turbata che i pensieri si bloccarono a metà. Eppure indossava ancora i vestiti. Entrambi li indossavano. Cos’era successo? Diamine! Aveva appena finito di ripromettersi di stargli alla larga che lui trovava il modo di infilarsi nel suo stesso letto! Perché lo aveva fatto? Come poteva essere accaduta una cosa simile? Dov’era Amy? E Mark? Che ci fosse sotto lo zampino di Mark? Se sì, come accidenti aveva fatto a convincere Philip a dormire con lei? E perché lei non si era accorta di niente durante tutto ciò? Si volse di nuovo a guardarlo, il terrore che quell’aggrovigliarsi di pensieri nella testa svegliasse anche lui, che aprisse gli occhi e… E cosa avrebbe fatto? Avrebbe cercato di trattenerla? Di parlarle? L’avrebbe mandata via di nuovo? Non ne aveva idea e non voleva saperlo. Preferiva restare nell’ignoranza più assoluta, ma per farlo doveva andarsene in fretta.
Scivolò giù dal letto così piano che il materasso non si mosse. In punta di piedi entrò in bagno, fece scorrere appena un filo d’acqua per lavarsi il viso e non osò neppure fare pipì. Se la sarebbe tenuta fino a casa. Tornò in camera ad occhi bassi, il terrore che anche solo guardandolo Philip si sarebbe svegliato. Recuperò le scarpe finite sotto il letto, aprì l’armadio silenziosissima, prese il cappotto e la borsa e uscì in fretta dalla stanza. Riaccostò piano la porta, la serratura si chiuse con un piccolo scatto. Percorrendo in fretta il corridoio s’infilò il cappotto e si appese la borsa a tracolla. Non si fermò a chiamare l’ascensore. Aprì la porta delle scale d’emergenza e scese a piedi tutti e cinque i piani. Varcò l’ingresso dell’hotel asciugandosi le lacrime con il dorso di una mano, diretta verso la fermata dell’autobus che l’avrebbe riportata a casa. Erano appena le sei.
Alle sette Julian e Mark bussarono alla porta della stanza di Patty ed Evelyn. Amy comparve sulla soglia, assonnata e in pigiama.
-Hai notizie di Jenny?- le domandò Mark a cui premeva solo una cosa: tornare a casa portando l’amica con sé. Che rientrassero insieme era basilare dopo ciò che la sera precedente aveva confidato a Daisy, lontani dalle orecchie di tutti.
-No. Nessuna.-
-Credi che siano svegli?-
-Dipende…-
-Dipende da cosa?-
Quella di Amy voleva essere una battuta maliziosa che però Mark non colse. Allora lei tagliò corto.
-Hai provato a bussare?-
-Non ha risposto nessuno.-
-Allora significa che stanno dormendo.-
-Jenny deve tornare a casa con me. Apri la porta.-
Amy e Julian lo fissarono con tanto d’occhi.
-Stai scherzando?-
-No, dico sul serio.-
-Non ti azzardare, Mark! Per una volta che possono stare soli, che possono chiarirsi, tu avresti il coraggio di ficcarti in mezzo?-
-Apri la porta, Amy. Sennò la sfondo.- pronunciò sicuro, tanto stavolta avrebbe pagato la Federazione.
L’amica lo fissò incredula, poi gli volse le spalle e sparì nella camera. Tornò un istante dopo con la card. Percorsero insieme il corridoio, lei davanti a borbottare contrariata, Mark dietro che la tallonava e Julian che tentava di fargli cambiare idea. Raggiunta la porta, la ragazza appoggiò l’orecchio contro il pannello e rimase ad ascoltare. Niente. Non si sentiva assolutamente niente. Passò la card sulla maniglia e la serratura scattò.
-Permesso?- fece discretamente capolino e vide Philip sul letto. Da solo.
-Non c’è! Non ci posso credere!- lo scontento di Mark strappò il giovane dal sonno -Dov’è finita Jenny? Dov’è?-
Philip si tirò su, gli occhi spiritati fissi su di loro.
-Cazzo Landers, vuoi farmi venire un infarto?-
-Dov’è Jenny?-
-Non lo so!-
-Non lo sai? Che vuol dire che non lo sai?- il nervoso di quell’improvvisa scomparsa stava già rovinando la giornata di Mark -Come fai a non saperlo se avete dormito insieme?-
Il sonno scomparve dagli occhi di Philip, che brillarono di fastidio e si socchiusero, diventando due linee sottilissime.
-Non so dove sia Jenny!- la sua voce risuonò di collera -E poi perché lo chiedi a me? Tu sei più al corrente di tutti di ciò che fa!-
Mark lo fissò allibito, la sua ira si sgonfiò di colpo e si frugò nelle tasche borbottando a disagio.
-Allora la chiamo.-  
Jenny gli rispose brusca, non lo salutò neppure.
“Che vuoi?”
-Dove sei?-
“A casa, dove vuoi che sia?”
Mark udì il tonfo di qualcosa che si infrangeva sul pavimento. Gli vennero i brividi. Che aveva sfasciato? Sperò che non fosse nulla di costoso e si ricordò che per fortuna di costoso a casa sua non c’era proprio niente. Comunque, tanto per essere sicuri…
-Cos’hai rotto?-
“è tutta opera tua, vero?”
-Che opera?-
“Sono così furiosa, Mark, che è molto meglio se riattacchi.”
Lo fece lei stessa, senza dargli neppure il tempo di replicare. Mentre rificcava il cellulare in tasca, Mark guardò Philip. Seduto sul bordo del letto, si stava infilando le scarpe.
-È a casa.- li mise al corrente, visto che non sapeva cos’altro dire. Poi spostò gli occhi su Amy e Julian che non avevano detto una parola -Se faccio tardi, inventatevi una scusa decente.-

Il culmine Jenny lo aveva raggiunto quando, sull’ingresso, si era trovata faccia a faccia con Daisy. Due brutte sorprese già di prima mattina, la giornata era cominciata davvero male.
-Dove sei stata?-
Avrebbe potuto risponderle con una balla, ma aveva deciso di non farlo proprio perché dov’era stata non era assolutamente affar suo. Si sentiva i nervi a fior di pelle, la presenza di Philip nel letto di Amy l’aveva già abbastanza provata. Ignorando Daisy aveva imboccato le scale, era entrata in bagno e si era chiusa dentro. Aveva riempito la vasca e si era immersa nell’acqua bollente nel tentativo di rilassarsi. Cosa che non era riuscita a fare. Non appena ci aveva provato il pensiero di Philip che le dormiva accanto aveva preso il sopravvento e non era riuscita a scacciarlo. E aveva ripensato incessantemente ai  momenti del sogno.  
Aveva riattaccato il telefono in faccia a Mark e, riemergendo dalla vasca, aveva raccolto i cocci del vasetto da quattro soldi che conteneva i loro spazzolini da denti, finito a terra quando lo aveva urtato con il gomito. Sempre più nervosa aveva ficcato i vestiti del giorno precedente direttamente nella lavatrice e l’aveva fatta partire. Si era avvolta nell’asciugamano ed entrata in camera di Mark, improvvisamente convinta che la cosa migliore da fare era lasciare quella casa una volta per tutte. Si vestì rimpiangendo di non averlo fatto subito, il giorno stesso in cui aveva saputo che la nazionale giapponese avrebbe giocato a Torino contro l’Italia. Restare era diventato troppo impegnativo, troppo doloroso. Insopportabile.
Mark la trovò inginocchiata ai piedi del letto, a ficcare i propri abiti nella valigia lilla, lo stesso trolley con cui era sbarcata all’aeroporto di Caselle. La fissò interdetto, mentre la sua mente sistemava nel giusto posto i tasselli della scena a cui stava assistendo. E quando capì, la sua confusione si trasformò in panico. Entrò e richiuse svelto la porta.
-Cosa stai facendo?-
-Me ne vado.-
-Non puoi farlo!-
-Certo che posso!-
-Stai fuggendo di nuovo!-
Lei si tirò su, i pugni sui fianchi.
-Sì, sto fuggendo. Se l’ammetto sei contento?-
-Certo che no!-
-Mi hai fatta dormire con Philip!-
Mark la fissò sgomento.
-Non ti ho fatta dormire proprio con nessuno! Sei tu che non sei voluta tornare a casa! Non ricordi?-
-Io ero rimasta a dormire da Amy! Perché mi sono ritrovata Philip nel letto?-
-Perché ci siamo fermati a parlare in quella camera, Gamo ci faceva le poste nella hall! E Philip si è addormentato mentre eravamo lì!-
-Quella non era la sua stanza, perché non l’hai svegliato?-
-Perché avrei dovuto farlo io? Quella era la stanza di Amy!-
-Mi hai lasciata sola con lui!-
-Ti ci ha lasciata Amy!-
Lei si arrese.
-Benissimo, allora la prossima volta che la incontrerò la ringrazierò. Intanto salutamela, io me ne vado.- ficcò con forza nel bagaglio un paio di jeans, si tirò su e osservò critica la valigia. Era troppo piena, non si sarebbe mai chiusa.
-E dov’è che vai?-
-Dovunque, purché sia lontano da qui!- magari intanto avrebbe potuto appoggiarsi da Gentile uno o due giorni, in attesa di decidere la sua prossima destinazione.
Mark si avvicinò combattivo e con un piede spinse il trolley sotto il letto. Poi si piazzò a gambe divaricate davanti al materasso, intenzionato ad impedirle di recuperare il suo bagaglio. Lei seguì le sue manovre senza dire una parola. Tanto nessuno sarebbe stato in grado di fermarla. Ormai aveva deciso.
-Jenny, cerca di ragionare…-
-Ci ho provato, Mark. Ti assicuro, ho provato a restare ma non ci riesco. Sono stanca, troppe cose non stanno andando bene. E poi mi esaspera.-
-Philip?-
-Daisy! Sto parlando di Daisy!- Jenny scostò brusca il compagno e si inginocchiò a terra -Spostati!- tirò a sé la valigia e cercò di finirla.
-Tu non vai da nessuna parte. È fuori discussione.- spinse bruscamente indietro Jenny e si sedette sul trolley.  
-Se non mi fai fare la valigia me ne andrò con i vestiti che indosso!-
-Jenny, devi rimanere qui! Non puoi autoinvitarti a casa mia, restarci due mesi e decidere di tagliare la corda proprio nel momento in cui ho bisogno che resti!- quasi la supplicò e poi, prima di continuare, prese un bel respiro profondo -Ho detto a Daisy che stiamo insieme.-
Jenny spalancò la bocca. Tentò di articolare una risposta ma la voce non uscì. Allora fece un passo verso di lui e gli appoggiò una mano sulla fronte.
-Mark, stai delirando… Hai la febbre?-
Infastidito dal gesto, le abbassò la mano e si scostò brusco.
-Non dire stronzate!- la fissò esasperato -Se le ho fatto credere che stiamo insieme ovviamente c’è un motivo.-
Jenny lo ascoltò in silenzio, pensando che da quando era arrivata a Torino ne aveva passate tante, ma questa era la cosa più ridicola che le fosse capitata finora. Decise di affrontare la situazione di petto e lo prevenne.
-Landers tu non sei il mio tipo. Risparmiati la dichiarazione.-
Mark schizzò indietro come se avesse preso la scossa.
-Ma che… Come ti viene in mente?-
Jenny lo fissò confusa.
-Non volevi dichiararti?-
-Certo che no! Neanche tu sei il mio tipo, figuriamoci!-
-E allora?-
-Allora Daisy mi ha fatto entrare alla Toho…-
-Lo so, Evelyn me lo ha raccontato.-
-Poi è diventata la mia procuratrice e mi ha fatto ottenere l’ingaggio nella Juventus sostenendo il mio nome nella rosa di tanti altri.- Mark spostò il peso da un piede all’altro. Non sapeva come esporle i suoi sospetti, non sapeva bene che parole usare perché non era abituato ad aprirsi su certi argomenti. Nonostante l’indecisione andò dritto al punto -Le interesso.-
-Ovvio che la tua crescita professionale le interessi, se tu fai strada anche lei ci guadagna.-
-Crescita professionale? Non mi riferisco alla crescita professionale!-
La consapevolezza di ciò che Mark cercava di farle capire girandoci intorno, prese finalmente forma nella mente di Jenny. Spalancò gli occhi.
-Oh cavoli! Non mi starai dicendo che sei il suo toy-boy!
-Il tuo-che?-
-Il suo “ragazzo-giocattolo”, Mark! Non lo sai? La donna matura che soddisfa i suoi bisogni sessuali con amanti più giovani, il toy-boy…- vide lo sconcerto nei suoi occhi -Non ne hai mai sentito parlare?-
-No, mai. Non mi interessano queste cose.- si irrigidì e la sua voce uscì stridula -E poi quali bisogni sessuali? Io non soddisfo i bisogni sessuali di nessuno a parte i miei…-
La curiosità le sciolse la lingua.
-Ah sì? Ti soddisfi? Lo fai da solo?-
-Jenny, porca miseria!- ringhiò -A parte che tutto ciò non ti riguarda, il problema è che te ne vuoi andare lasciandomi solo con Daisy!-
La giovane si fece immediatamente seria.
-Quindi le hai detto che stiamo insieme.-
-Esatto. Come vedi ho i miei buoni motivi.-
-Buoni motivo o no, ti pare il caso, accidenti? Non credi che la situazione sia abbastanza ingarbugliata? E se lo venissero a sapere gli altri? E se lo dicesse a qualcuno?-
Lui in verità non ci aveva pensato. Ma in fondo di che preoccuparsi? Che motivo aveva Daisy di andare a dire in giro che lui e Jenny stavano insieme? Scosse la testa.
-Figurati! Perché dovrebbe farlo?-
-Per qualsiasi ragione.-
-E pensi che le crederebbero? Gli altri sanno che tu stai con Gentile.-
Jenny si rassicurò all’istante.
-Hai ragione!-
-Quindi abbiamo risolto il problema.-
-Non lo abbiamo risolto per niente! Lei non mi sopportava prima, ora che pensa che stiamo insieme mi detesterà per sempre.-
-Che te ne importa? Non devi mica frequentarla o andarci a cena! Devi solo sopportarla per pochi giorni. Una volta che sarà partita non la rivedrai più! Lascia che pensi quello che vuole.-
Jenny lo fissò titubante, finché Mark si avvicinò all’armadio e ne tirò fuori dei vestiti puliti. Poi le chiese di uscire.
-Devo cambiarmi e devo anche sbrigarmi. Gli allenamenti sono cominciati dieci minuti fa.-

*

-Tom, ho bisogno di parlarti.-
Seduto a terra a fare stretching, il ragazzo alzò gli occhi su Julian. Valutò la sua espressione seria e si tirò in piedi. Si allontanarono dal resto della squadra e quando furono nei pressi della recinzione, si fermarono a guardarsi.
-Cosa c’è?-
-Abbiamo un problema.-
-Che problema?-
-Philip.-
Sospirò.
-Quale altro problema potremmo avere, se non lui?-
Julian si grattò la nuca e cercò con gli occhi l’oggetto della loro conversazione. L’amico era seduto sulla panchina, Alan Crocker gli era davanti e gli stava dicendo qualcosa. A pochi passi da lui Gamo si divertiva a strigliare Mark che anche quella mattina si era presentato ad allenamenti già iniziati.
-Tu lo conosci da più tempo di noi e forse puoi fare qualcosa.-
-Qualcosa cosa?-
-Per esempio parlargli.-
-Per dirgli?-
Mentre Julian la tirava per le lunghe, Tom si chiese se Gamo avrebbe fischiato la fine della pausa prima che il compagno riuscisse ad arrivare al nocciolo del problema. Ma il mister godeva visibilmente nel rimproverare Mark e al resto della squadra proprio non pensava.
-Philip sta prendendo troppi analgesici.-
-Prende delle medicine?-
-Per il mal di testa. Lo ha sempre, te ne sei accorto?-
Tom scosse la testa mentre Julian continuava.
-Senti, io mi sarei fatto volentieri gli affari miei se non lo avessi visto svuotare in cinque giorni una scatola intera di aspirine. Abusare di analgesici è un’abitudine pericolosa.- assunse d’un tratto quel tono da maestrino che mandava Benji su di giri -Se si prendono più di tre o quattro volte a settimana si rischia di diventarne dipendenti. E oltretutto un uso così intenso porta depressione, ansia, irritabilità, difficoltà di concentrazione e…-
Tom lo interruppe sollevando una mano.
-Perfetto. Hai appena fatto il ritratto spiccicato di Philip. Dove li ha presi?-
-Li ha con sé.-
-Dobbiamo dirlo a Holly quando torna da Barcellona.-
-Già, quando torna. E nel frattempo credi che dovremmo fare qualcosa?-
-Tipo?-
-Tipo parlare con Philip e metterlo in guardia.-
Tom annuì fiducioso, gli afferrò una mano e gliela strinse agitandola su e giù.
-Mi pare una buona idea, se ci riesci. In bocca al lupo.- si volse e tagliò la corda perché a lui di mettersi a discutere con Philip proprio non andava. Aveva da rimproverargli già troppe cose.
Julian non poté fare altro che prendere atto della fuga del compagno. Spostò gli occhi su Philip. Parlargli? Era fuori discussione. Dividevano la stanza da quatto giorni, o forse cinque ma tanto non serviva contarli, e l’amico gli aveva rivolto sì e no tre parole. Tornò verso i compagni nel momento in cui Gamo lasciava in pace Mark e fischiava la fine della pausa.
Jenny varcò la recinzione del campo con lo sguardo fisso sulle panchine. Non sarebbe mai andata al centro sportivo così presto se avesse saputo che anche Daisy era lì. La vedeva già abbastanza a casa, fuori l’avrebbe evitata volentieri.
Evelyn le sedeva accanto e le parlava, probabilmente per cercare di scucirle qualche succulenta notizia sulla Japan Football Association o sulla J-League. Jenny l’aveva sentita lamentarsi di non essere riuscita a scrivere neppure un pezzo decente da quando aveva messo piede in Italia ed evidentemente adesso sperava di tirarle fuori qualcosa di utile.
Quando le raggiunse, Daisy la guardò dall’alto in basso accogliendola con la sua solita cordialità.
-Prima o poi te ne andrai, lo sai?-
Jenny si irrigidì.
-Anche lei, e probabilmente prima di me.-
Amy e Patty spostarono lo sguardo dall’una all’altra, consapevoli della tensione che si avvertiva improvvisamente tra loro. Evelyn tirò su gli occhi dal cellulare, sul quale si era messa a scrivere qualcosa. Era diventata una grafomane, non faceva altro che prendere appunti. Cosa se ne facesse era un mistero, probabilmente più della metà delle cose che scriveva alla fine le cestinava.
Daisy continuò, con un misto di fastidio e curiosità.
-Non state insieme, vero? Ti ospita e basta.-
-Perché lo chiede a me? Tanto non mi crederebbe in nessun caso. Lo domandi a lui.-
Evelyn si intromise, Jenny se lo aspettava.
-State parlando di Mark?-
Daisy si irrigidì.
-Certo, di chi altri?-
Gli occhi di Evelyn si spostarono dalla donna all’amica, mentre le poneva una domanda che risuonò assurda persino a lei che la fece.
-Stai con Mark?-
Landers, in campo, fremeva. Da quando Jenny aveva raggiunto le panchine, aveva la percezione che sotto gli scarpini gli si fossero infilati degli spilli. Non trovava pace, si agitava e correva inutilmente da una parte all’altra per intercettare la palla, senza però la concentrazione necessaria ad impossessarsene. Temeva che l’amica si lasciasse sfuggire la verità, o che le ragazze la svelassero.
-Vado a bere.- avvertì Rob che gli era più vicino e raggiunse di corsa il bordo campo -Ciao Jenny!- le sorrise solare, accogliente, fingendo una felicità che assolutamente non provava -Quando sei arrivata?-
-Adesso.- rispose lei secca -E sto anche per andarmene.-
-Bene!- gioì lui, perché se si toglieva dai piedi le possibilità che Daisy venisse a conoscenza della verità diminuivano sensibilmente.
La sua risposta fu uno stupido errore. Gli occhi della donna si socchiusero sospettosi.
-Voi due non state insieme.-
Lui la fissò sgomento, rendendosi conto che con la fretta di mandar via Jenny aveva appena fatto un passo falso.
-Perché no?- Mark si sentì improvvisamente così a disagio che non ebbe il coraggio di spostare gli occhi sulle ragazze che assistevano, volenti o nolenti, a tutta la scena. Un conto era rendersi ridicolo davanti a Jenny, supplicandola di non lasciarlo solo con Daisy, un conto era recitare la parte che si era assegnato davanti alle amiche, con il rischio che poi raccontassero tutto ai rispettivi fidanzati, facendogli fare una figura di merda, ma di quelle proprio brutte. Si sforzò di avvicinarsi a Jenny e circondarle le spalle con un braccio. Il gesto fu una vera e propria prepotenza su se stesso.
Lei trasalì al contatto e cercò di divincolarsi con una scusa.
-Sei sudato, Mark… Scostati.-
Il ragazzo non lo fece, anzi la guardò negli occhi, supplichevole.
-Vero che stiamo insieme?-
Fece uno sforzo enorme, Jenny, per non spingerlo via. La presenza di Daisy l’aveva innervosita, dentro di lei si era risvegliato un fastidioso malessere. Non voleva che Mark la toccasse, non voleva che nessuno la toccasse, ma la cosa peggiore di tutte era che non riusciva a togliersi dalla testa che Philip fosse da qualche parte in campo, vicinissimo.
Daisy li scrutò, cercando la conferma definitiva ad una fandonia a cui ormai non credeva davvero più. Decise di metterli alla prova.
-E allora se state insieme, perché non le dai un bacio, Mark?-
-Un bacio?-
La donna sorrise di scherno.
-Sì, dalle un bacio. Che problema c’è? State insieme, no?-
Jenny si irrigidì e si volse di scatto verso Mark. Alzò il viso, lo fissò sgomenta e nell’espressione del ragazzo lesse la sua stessa incredulità. Neanche lui sembrava capacitarsi di una simile e assurda richiesta. Le tolse la mano che le teneva sulle spalle e la tensione che attanagliava lo stomaco di Jenny si sciolse immediatamente. Le venne da ridere. Era troppo stupido fare una cosa del genere soltanto per accontentare l’isterica Farrell. I suoi occhi saettarono attraverso il campo. I ragazzi stavano giocando, nessuno faceva caso a loro e per fortuna nessuno sembrava aver notato quanto fossero vicini. Tornò ad alzare il viso verso Mark, la vena del suo collo pulsava di incontrollabile fastidio e i suoi occhi lampeggiavano di irritazione. Poi inaspettatamente il ragazzo fece un passo verso di lei e prima che potesse tirarsi indietro, l’afferrò brusco per le spalle e l’accostò a sé.
Jenny tentò di protestare ma non riuscì a parlare. Lo vide abbassare il viso, i loro volti avvicinarsi. Diede uno strattone per allontanarsi ma non fu sufficiente. Lui affondò le dita nel suo cappotto, impedendole di muoversi, e allora lei serrò gli occhi sperando che all’ultimo ci ripensasse. Invece le sentì, sentì le sue labbra calde e asciutte posarsi leggere sulle proprie, sfiorandole appena e poi svanire. Spalancò di colpo gli occhi, scossa da un impulso irrefrenabile di mettersi a urlare. Mark lo aveva fatto davvero! L’aveva baciata!
E ora si era allontanato. L’aveva già lasciata ed era un bene. Non avrebbe sopportato di averlo ancora accanto. Le mani che fino ad un secondo prima le aveva tenuto addosso, adesso erano affondate nelle tasche dei pantaloncini. Gli occhi del ragazzo erano su Daisy e la guardava con un cipiglio vittorioso che aveva qualcosa di molto infantile.
-Visto? Stiamo insieme!-
Jenny si morse un labbro fino a farlo sanguinare, mentre il respiro accelerava al punto da farla ansimare. Serrò le dita e abbassò gli occhi a terra, estraniandosi da tutto ciò che la circondava. Mark era un idiota fatto e finito, ora ne aveva la conferma. Non vide Daisy allontanarsi, non la vide sparire nel bar.
-Sai che ti dico, Jenny? Hai proprio ragione, quella donna è esasperante e…-
Mark si avvicinò e quando lei lo vide emergere nel suo campo visivo sollevò di scatto il viso e lo allontanò con uno spintone, le dita che prudevano, il desidero travolgente di mollargli un ceffone.
-Se ti azzardi a baciarmi un’altra volta giuro che ti faccio passare la voglia a forza di schiaffi! Anche di fronte a tutti, non mi importa!-
Lui ammutolì davanti a tanta collera. Il viso di Jenny era paonazzo, il suo petto si alzava e abbassava nel respiro accelerato. Il suo sdegno lo mise di fronte alla cazzata che aveva appena fatto. Non riuscì a credere di esserne stato capace. Merda! Aveva baciato Jenny! Per colpa di Daisy l’aveva baciata!
-Cos’è questa novità?-
La voce di Bruce lo fece sobbalzare. Si girò incredulo, granitico. L’amico era sulla linea di bordo campo e li fissava curioso, anzi, visceralmente interessato. Harper aveva visto? Come aveva fatto? Non si stava allenando? I compagni stavano giocando, non potevano averli notati. E invece quel muso di scimmia era la dimostrazione vivente che si era sbagliato. Arrivò anche Jason Derrick, un altro primate di delicatezza.
-Per favore potete rifarlo? Ero voltato e non ho visto.-
-Ri… rifare cosa?- Mark si udì balbettare e si odiò. Poi pensò che Philip lo avrebbe ucciso, questa era davvero la volta buona. E ne avrebbe avute anche tutte le ragioni, porco mondo. Non si azzardò a cercarlo, ad incrociare il suo sguardo. Non voleva neppure sapere dove fosse.
-Il bacio.- spiegò Jason.
Clifford si appoggiò le mani sui fianchi.
-Neanch’io ho visto.-
-Quale bacio?- finse di cadere dalle nuvole.
-Il bacio. Quello che hai dato a Jenny.-
-Non le ho dato nessun bacio.- si accorse con orrore che i compagni che li circondavano si facevano sempre più numerosi. C’era anche Philip? Non voleva saperlo!
Evelyn fremette di fastidio e si lasciò cadere sulla panchina.
-Perché non li ho fotografati? Perché?-
Jenny si volse furiosa, la voglia di strozzarla. Possibile che l’amica, invece di aiutarla, non trovasse di meglio da fare che rigirare il dito nella piaga?
Fu Tom a salvarli. Lo fece perché non riuscì proprio a farne a meno, perché non sopportava di vedere Mark incapace di tirarsi fuori dal casino in cui si era volontariamente e inspiegabilmente ficcato. E detestava anche il fatto che il comportamento incosciente del compagno avrebbe reso ancora più instabile l’umore già pericolante di Philip. Diamine! Julian aveva appena finito di parlargli delle aspirine di cui si rimpinzava, che Mark aveva la bella idea di baciare Jenny davanti a tutti.
-Lo spettacolo è finito, sta arrivando Gamo!-
I giovani si volsero all’unisono verso il bar. L’allenatore avanzava spedito verso il campo ed era lampante dalla sua espressione spazientita che non sarebbero mai riusciti a trovare una scusa plausibile per giustificare l’interruzione dell’allenamento. Ci fu un fuggi-fuggi generale.
-Me lo farete rivedere?- rise Jason, arricciando comicamente le labbra ad imitazione di un bacio.
-Ti spezzo le gambe! Deficiente!- inveì Mark.
Si sparpagliarono sul campo, riformarono le squadre, recuperarono la palla e ripresero esattamente da dove si erano interrotti.
Solo Mark rimase, nonostante l’allenatore che avanzava, ad affrontare lo sguardo inviperito di Jenny. Aveva sì e no due minuti di tempo per rabbonirla prima che Gamo lo rispedisse in campo. Aprì la bocca per parlare ma l’amica lo assalì furiosa.
-Cosa t’è saltato in mente? Non avresti dovuto farlo!-
-Lo so benissimo!-
-Non davanti a tutti!-
-Lo so benissimo!-
-E allora perché mi hai baciata?-
Lui la guardò esasperato, avrebbe voluto tanto non averlo fatto.
-Perché non mi ha lasciato scelta!-
-Certo che ce l’avevi la scelta! Potevi continuare a insistere con le parole! Che bisogno c’era di passare ai fatti? Tu e la tua mania di prendere di petto i problemi! Ecco che bel risultato! Ci hanno visti tutti!- scosse la testa e respirò a fondo, vide Gamo sempre più vicino e si impose di calmarsi -Senti Mark, devi mandarla via. Non possiamo fingere di stare insieme!-
-Non posso mandarla via, perché non lo capisci? Lei mi ha tirato fuori dalla merda in cui sguazzavo dopo la morte di mio padre! Se non fosse stato per lei non avrei frequentato il liceo! Se non fosse per lei io non sarei neppure qui!-
-Sì, può darsi! Ma credi che lei non abbia guadagnato in prestigio ad aver scovato un talento come te e ad averlo inserito nella sua scuola? Non pensi che sia anche grazie a te che è riuscita a passare da uno sperduto liceo della prefettura di Saitama agli uffici nella JFA?-
Lui pensò che forse non aveva tutti i torti. Poi Tom lo chiamò.
-Mark, porca miseria! Vieni immediatamente qui!-
-Ne riparleremo dopo, Jenny.-
-Puoi starne certo!- gli gridò dietro lei.
Lo guardò raggiungere i compagni, poi si lasciò cadere esausta sulla panca. Evelyn partì all’attacco.
-Cosa significa tutto questo? Perché Mark ti ha baciata? Perché la Farrell pensa che state insieme?-
Jenny la guardò, chiedendosi se davvero si aspettava che le rispondesse. Possibile che non capisse che se anche avesse voluto confidarsi, lei sarebbe stata l’ultima persona con cui l’avrebbe fatto? Figuriamoci se voleva che questo genere di questioni finisse sul giornale per il quale Evelyn lavorava!
-Jenny?-
Salvatore Gentile era esattamente dietro di lei, oltre la recinzione. Le prese un colpo. Gli si avvicinò guardinga e osservò il suo bel sorriso attraverso le maglie della rete. Le intrecciò tra le dita e lui gliele strinse dolcemente, insieme ai fili d’acciaio.
-Ti ricordi della festa di stasera, vero?-
Jenny annuì. Gliene aveva accennato il giorno prima, davanti alla birra. Ma lei era troppo stanca per starlo a sentire e non aveva capito con esattezza di cosa si trattasse. Fece per chiederglielo, ma lui parlò per primo.
-Visto che Landers è da solo, perché non chiedi a Patty di accompagnarlo? Ho sentito dire che Hutton è tornato a Barcellona per la partita di domani.- la guardò insistente, perché aveva l’urgente necessità di appioppare a Mark qualcuno per tutta la festa in modo che lo lasciasse libero di godersela con Jenny in santa pace.
La ragazza non sapeva nulla del viaggio di Holly. Dove accidenti le prendeva Salvatore tutte quelle informazioni? Forse da Rob?
-Dobbiamo vestirci eleganti?-
-Supereleganti!-
-Va bene, ne parlerò con Patty.-

Il turno di Jenny al bar fu ravvivato, verso la fine, dall’arrivo di Benji. Il ragazzo si arrampicò su uno degli sgabelli del bancone e la fissò negli occhi con l’aria di chi aveva parecchio da dire. Il portiere la sera prima aveva risolto il problema con Amy in modo così perfetto che quella mattina la ragazza lo aveva salutato con un buongiorno e un sorriso, alla faccia di quel muso-da-schiaffi di Ross. Ora, per occupare i tempi morti tra un allenamento e l’altro, s’era messo in testa di tirar fuori Jenny e Philip dal guazzabuglio in cui si erano ficcati. Vedere come si evitavano gli faceva venire il nervoso. E poi, se con quel bacio Mark fosse riuscito finalmente a svegliare Philip, lui doveva dare una bella scossa a Jenny per non essere da meno. Landers era un idiota e non poteva assolutamente accadere che quei due tornassero insieme grazie a lui. Così cominciò senza preamboli.
-Qualche giorno fa ti ho promesso che non ti avrei chiesto perché tu e Callaghan vi siete lasciati, ricordi?-
Lei annuì e il portiere continuò.
-Mi secca ritirare fuori l’argomento, però una cosa devo dirtela per forza.-
Vide Jenny agitarsi a disagio, prendere il bicchiere di succo di frutta che aveva corretto con qualcosa di alcolico non appena le si era seduto davanti, e per poco lasciarselo sfuggire dalle dita. Benji si allungò sul banco per afferrarlo al volo, serrando nella sua anche la mano di lei. Il bicchiere tornò al suo posto sul ripiano ma lui esitò a lasciarla, il timore che scappasse. Era chiaro dalla sua espressione che Jenny non aveva intenzione di udire sull’argomento neppure una parola.
Tutto sommato Benji era stanco di quella lunga giornata di allenamenti. La mattina Gamo li aveva spremuti fino all’ultima goccia e durante quell’interminabile e caldo pomeriggio di primavera aveva strappato loro le ultime energie. Era esausto e desiderava solo starsene tranquillo. Ma Philip stava diventando un problema per se stesso e per la squadra e Jenny, si vedeva chiaramente, soffriva tantissimo di averlo accanto e non riuscire neppure a parlargli.
-Mi devi solo ascoltare.- cercò di tranquillizzarla intuendo il suo disagio -Solo per un minuto, tanto tra poco arrivano gli altri.-
Lei arrossì, cercò di liberare la mano dal bicchiere ma lui strinse più forte per impedirle di sottrarsi e proseguì.
-Ti giuro che non ho mai visto una persona stare male quanto Philip, non ho mai visto nessuno annullarsi come ha fatto lui dopo… dopo…- esitò, le parole non gli vennero ma Jenny capì lo stesso.
-Non voglio parlarne, per favore.- la supplica le spezzò quasi la voce.
-Non devi parlarne, devi solo ascoltarmi. Solo un minuto.- cercò di sorriderle ma la gravità dell’argomento che aveva solo sfiorato aveva colpito anche lui -Finché non ti ho conosciuta, finché non vi ho visti insieme, sono sempre stato convinto che l’attaccamento di Philip nei tuoi confronti fosse ridicolo. E quell’inverno a Shintoku ho detto che l’anima gemella non esiste. Quel giorno vi ho presi in giro e ti ho fatta arrabbiare. Te lo ricordi?-
Jenny annuì ancora una volta, ammutolita. Ripensare alla spensieratezza di quel periodo le faceva male e se Benji non avesse premuto le sue dita contro il vetro del bicchiere, sarebbe scappata via per non ascoltarlo più. La tristezza era diventata insopportabile.
-Non avevo capito niente. Tu e Callaghan avevate ragione. Più vi osservo, più vi conosco e più mi rendo conto che siete fatti per stare insieme. Dovete smetterla di perdere tutto questo tempo, la vita non è infinita e non potete permettervi di sprecarla così.-
Philip, fermo sulla soglia del bar, si caricò la borsa su una spalla e uscì. Era troppo distante per udire le parole con cui Benji stava irretendo Jenny e in fondo non voleva neppure sapere cosa si stessero dicendo. Ma aveva visto perfettamente le guance di lei arrossarsi e la mano del portiere sulla sua. Percorse il vialetto di ghiaia fino a raggiungere la strada, lasciandosi alle spalle i compagni e il terreno di gioco. Proseguì con lunghe falcate e le mani in tasca, i pugni serrati per la rabbia, le nocche sbiancate dall’energia con cui li stringeva, le unghie conficcate nei palmi per cercare di smorzare un dolore tanto cocente quanto inutile. Le lacrime di cui non riusciva a liberarsi da giorni, forse da settimane o addirittura da mesi, bruciavano. Strinse gli occhi, deglutì e si sforzò di ricacciare il ricordo di ciò a cui aveva appena assistito, che lo feriva in qualche angolo del petto.
Varcò a testa bassa le porte a vetri dell’hotel e si rifugiò in camera, sapendo che Julian sarebbe rimasto nella hall con Amy fino all’ora di cena. Si lasciò cadere sul letto esausto, i muscoli a pezzi come al solito dopo gli allenamenti, il cuore che gli martellava per ciò che aveva visto al bar e per ciò che aveva visto in campo.

Carol bussò alla porta della camera di Patty e lei le aprì un istante dopo. L’accolse con un sorriso, scostandosi per lasciarla entrare.
-Non c’era bisogno che venissi ma ti ringrazio di averlo fatto.-
-Jenny mi ha accennato della festa, ho spostato un appuntamento ed eccomi qui. Non mi costa assolutamente nulla darvi un tocco da professionista.- le strizzò l’occhio e si guardò intorno -Jenny dov’è?-
-Non è ancora arrivata.-
-Sei sola?-
-Sì.-
-Perfetto.- Carol posò sul tavolo la borsa carica della sua attrezzatura e squadrò Patty dalla testa ai piedi con palese ammirazione -Da dove cominciamo?-
La ragazza rise.
-Non ne ho proprio idea.-
-Mani?-
Patty allungò timorosa un braccio. Non curava particolarmente l’aspetto delle sue mani e si vergognò dell’occhiata professionale con cui Carol le esaminò le unghie.
-Un disastro?-
La ragazza lasciò scorrere le dita di Patty tra le sue, in una carezza molto dolce.
-Non proprio.- si guardò intorno, individuò le poltroncine che affiancavano il tavolino tondo accanto alla finestra e gliele indicò -Mettiamoci comode.-
Patty annuì e si sedette. Carol la raggiunse portando con sé la borsa. L’appoggiò a terra e ne tirò fuori l’attrezzatura che posò in bell’ordine sul ripiano del tavolo.
-Sei tesa.-
-Non ci sono abituata… E le mie unghie sono un disastro.- se le guardò lasciando che la fede brillasse alle luci della stanza.
-Non sono un disastro, ma posso renderle migliori. E se ti rilassi sarà molto più piacevole.- si alzò e le girò intorno, fermandosi dietro di lei.
Patty si volse per cercare il suo viso ma Carol era esattamente alle sue spalle e non riuscì a guardarla. Sentì però le sue mani calde posarsi alla base del collo.  
-Rilassati, non pensare a niente.- mosse le dita in un massaggio distensivo.
Patty riusciva a fare tutto, tranne che a rilassarsi. La sua vita era energica, vivace, decisa, tremila pensieri le affollavano la mente ed era raro che trovasse il tempo per dedicarsi un po’ a se stessa. Eppure di cose che le piaceva fare ce n’erano tante. Il massaggio di Carol dapprima la irrigidì. Poi, man mano che le mani della ragazza le accarezzavano la pelle con decisione, distendendo i muscoli e i nervi tesi, si lasciò andare. Le dita di Carol correvano su e giù sul suo corpo fin dove riuscivano ad arrivare, generando sensazioni fantastiche. Le sue mani erano meravigliose, il massaggio piacevolissimo. Tacquero per alcuni minuti, mentre Patty si lasciava sfuggire sospiri beati sempre più intensi. Perché non si era mai fatta massaggiare prima?
-Va meglio?-
Annuì appena, troppo concentrata sul suo tocco straordinariamente rilassante. Le dita di Carol danzavano sulle sue spalle, sul collo e sulla parte alta della schiena, scendevano lungo le sue braccia, fino ai gomiti, poi tornavano su e massaggiavano, sciogliendo i muscoli. Era così piacevole che le ci volle qualche istante per tornare padrona di se stessa e accorgersi, ad un certo punto, che Carol aveva smesso di accarezzarla. Quando aprì gli occhi la ragazza le era di fronte, aveva appoggiato le mani sui braccioli della poltrona e, china su di lei, la fissava intensamente negli occhi. Era così vicina che i loro volti si sfioravano. Patty riuscì a distinguere le pagliuzze dorate nelle sue iridi. Vide le labbra di lei incurvarsi in un sorriso, il suo sguardo brillare di felicità. Sentì il suo profumo invaderle le narici mentre Carol si chinava di più e la sfiorava con un bacio. Quando le sue labbra morbide si posarono sulle proprie fu colta talmente di sorpresa che non riuscì a fare nulla, neppure a protestare. Carol ne approfittò. Le prese il viso tra le mani, piegò leggermente la testa di lato e unì la bocca alla sua con una mossa molto più decisa della precedente. La sua lingua umida e morbida si insinuò tra le labbra di Patty e quel contatto la fece sobbalzare, riscuotendola dallo shock. Si tirò indietro, sgomenta.
-Cosa fai?- la voce le uscì sottile, quasi acuta.
-Ti bacio, sei bellissima…- Carol la fissò adorante e si perse nei suoi occhi nocciola, spalancati di sconcerto. Le infilò le dita tra i capelli ai lati del viso e le sfiorò ancora le labbra, ricoprendole di piccoli e rapidi baci.
Per la prima volta in vita sua Patty non seppe come reagire. Se si fosse trattato di un ragazzo, lo avrebbe preso a pugni fino a sbatterlo fuori dalla stanza. Con Carol non seppe come comportarsi, non seppe cosa dirle, come affrontarla. Dapprima si appiattì contro lo schienale della poltroncina, cercando di mantenersi il più possibile distante, perché non voleva che la baciasse ancora. Poi fece per alzarsi ma non coordinò i movimenti e il suo tentativo si trasformò in un buffo dimenarsi sulla sedia. Carol rise.
-Non scappare, non ti salto addosso se non vuoi.- le strizzò un occhio -In realtà speravo che ti sarebbe piaciuto.-
-Io… io sono sposata…- incespicò sulle parole mentre la giovane alzava le spalle, ritenendola una giustificazione di poco conto.
-Per me non è un problema.-
-E… e non mi piacciono le ragazze.-
-Come puoi saperlo se non hai mai provato?- la guardò in tralice mentre prendeva dal tavolo la limetta per le unghie -Oppure hai già provato?-
-No!- si passò sulle labbra la mano che Carol non le teneva e la fissò, chiedendosi se con quel bacio non avesse appena tradito Holly. Oppure poteva non considerarlo, visto che glielo aveva strappato una ragazza? Non seppe decidersi e mentre ci rifletteva abbassò gli occhi sulla giovane che cominciava a limarle l’unghia del mignolo canticchiando allegramente. Le sue dita stringevano la fede ma lei sembrava non farci caso e si comportava come se non fosse successo nulla. Patty si chiese se non sarebbe stato bene fare lo stesso, cancellare in fretta l’accaduto.

Jenny si affrettò verso l’hotel percorrendo il marciapiede tinto di arancio dalle luci dei lampioni. Un vento fastidioso veniva giù dalle Alpi raffreddando l’aria e portando con sé l’odore della pioggia. Starnutì e si strinse addosso il cappotto, affrettando il passo verso l’albergo. Erano quasi le sei e mezza. Era riuscita a staccare dal bar del centro sportivo dieci minuti prima ma le restava lo stesso pochissimo tempo per raggiungere la camera di Patty e prepararsi per la serata. E poi avrebbe davvero preferito che Benji non si fosse fermato al bar, non le avesse parlato, non si fosse divertito a rimescolare i suoi ricordi e i suoi sentimenti. Ora ciò che le aveva detto le tornava in testa a ripetizione, senza poterci fare nulla.
Le porte a vetri dell’albergo si aprirono automaticamente davanti a lei. Puntò verso l’ascensore senza guardarsi intorno. Ne aveva abbastanza di tutti e voleva assolutamente evitare di incrociare per sbaglio lo sguardo di Philip. Quella mattina lo aveva visto abbastanza e quel pomeriggio ne aveva parlato anche troppo.
-Non sei ancora pronta?-
Si volse verso Mark, era seduto sui divanetti accanto a Julian, Ed e Tom. Se avesse potuto avrebbe evitato volentieri anche lui e invece alla festa dovevano andarci insieme. Indossava giacca e cravatta e si vedeva lontano un miglio che detestava trovarsi lì e vestito in quel modo. Jenny riusciva a leggerglielo in faccia, ormai lo conosceva.
-Ho finito adesso di lavorare.- proseguì verso la reception e si fermò davanti all’ascensore. Il pulsante era acceso. Fremette in attesa, il dito premuto sul bottone per chiamarlo non appena si fosse liberato. Alzò gli occhi sui numeri dei piani che si accendevano uno alla volta, l’ascensore stava arrivando.
Le porte si aprirono silenziose lasciandola faccia a faccia con Philip. Lo fissò sgomenta, lui stupito tanto quanto lei. Si guardarono e basta, immobili, poi le porte fecero per richiudersi e Philip le bloccò con una mano. Uscì nell’atrio e la superò, le labbra leggermente incurvate all’insù e uno sguardo improvvisamente carico d’astio. Un brivido percorse la schiena di Jenny fin sulla nuca. Ripensò al bacio che le aveva dato Mark quel pomeriggio, poi al sogno della notte precedente. Si sentì avvampare e abbassò gli occhi a terra.
Philip la vide arrossire e in qualche modo il suo cipiglio si addolcì, ma lei non ebbe modo di accorgersene. Fuggì nell’ascensore e spinse il pulsante del quinto piano. Le porte si richiusero con il suo sguardo fisso sul quadro dei comandi.
-Cos’era quello? Un collegamento telepatico?-
L’ironia di Benji riscosse Philip. Si volse di scatto e se lo trovò accanto, spuntato da chissà dove. Stringeva in mano una rivista, un dito infilato tra le prime pagine per tenere il segno.
-Vaffanculo Price!- lo superò e raggiunse i compagni, la risata del portiere che gli risuonava nelle orecchie.
I tacchi di Jenny sprofondarono nella moquette mentre percorreva il corridoio. Davvero la notte scorsa lei e Philip avevano…? Scosse la testa decisa e convinta. Non poteva essere possibile, se fosse successo se ne sarebbe certamente ricordata e non si sarebbe svegliata completamente vestita. Si accorse di aver oltrepassato la camera di Patty e tornò indietro. Bussò. Amy le aprì e lei entrò. Evelyn era sul letto, appoggiata contro la spalliera, le gambe incrociate e allungate sul materasso, il cellulare in mano. Carol trafficava intorno al tavolino, stava ripulendo i pennelli e richiudendo flaconi e flaconcini. Quando la vide si volse e le sorrise. Jenny posò la borsa sul tavolo e cercò Patty. La trovò in piedi, davanti allo specchio. I loro sguardi si unirono attraverso il riflesso.  
-Sei già pronta e stai benissimo. Peccato che Holly non possa vederti!-
Il vestito rosso scuro che le arrivava fino ai piedi sembrava fatto apposta per lei. Le fasciava il corpo esile e si allargava, svasato, poco sopra le ginocchia. Era così lungo che delle décolleté di velluto nero si scorgeva solo la punta. Il rosso le donava davvero, senz’altro più che a lei. Il make-up era perfetto, Carol era stata fantastica ancora una volta.
Evelyn agitò il cellulare nella sua direzione senza muoversi da dov’era.
-Non ti preoccupare, Jenny. Le ho fatto un servizio fotografico completo. Holly non se la perderà.-
-Idiota.- Patty arrossì e lanciò a Carol un’occhiata di sfuggita. Per fortuna lei non la stava guardando, presa com’era dall’arrivo dell’amica.
-Ho una domanda per te, Jenny.- Evelyn la fissò con un’espressione così intensa da metterla a disagio.
-Non ho tempo, devo assolutamente fare una doccia ed è già tardi.-
-Su, ci vorrà un secondo. Voglio solo sapere com’è stato baciare Mark.-
Lei fremette, a disagio. Cercò le parole e le trovò.
-Un banale sfioramento di labbra.-
-Hai baciato Mark?- Carol la fissò incredula.
-Non proprio.-
-Senti…- Evelyn riprese interessata -Sei stata e sarai anche l’unica di noi che ha baciato Mark quindi mi sembra più che naturale che ti domandi com’è stato, ti pare?-
-Era solo un bacio.-
-Ma la lingua ce l’ha messa o no?-
-Assolutamente no!-
-Non serve che ti scandalizzi tanto, sai? L’ha fatto anche al ryokan.-
-Ha fatto cosa? Chi?-
-Mark. Ti ha baciata anche al ryokan!-
Le amiche ammutolirono, solo Jenny riuscì a farsi uscire la voce.
-Che stai dicendo?-
-La verità. Ti ha baciata mentre dormivi, tu non te ne sei neppure accorta.-
-Impossibile.- ma Evelyn ne sembrava così convinta -Non stai scherzando, vero?-
-Proprio no.-
-Quand’è successo?-
-Un sacco di tempo fa. Precisamente la sera in cui Kevin e i suoi amici hanno gonfiato di botte Philip. Mark ti ha baciata quella notte, sul viso. Non so bene dove perché era buio. Non se n’è accorto nessuno, dormivano tutti.-
Jenny non seppe che dire, non seppe cosa pensare. Era successo troppo tempo prima. Lei e Mark si erano appena conosciuti e non c’era uno straccio di motivo a spiegare perché lui si fosse comportato così. Ma non poteva pensarci, anzi non voleva. Ne aveva già a sufficienza di problemi a riempirle il cervello. Sospirò e accantonò la domanda, era troppo difficile trovarle una risposta.
-E proprio tu dovevi essere sveglia?-
Evelyn rise.
-Meglio io che qualcun altro. Se si fosse trattato di Benji, per esempio, tempo due giorni e glielo avrebbe rinfacciato. Così la nostra vacanza a Shintoku sarebbe diventata un inferno grazie alla gelosia di chi sai tu. Lui non gliel’avrebbe perdonata. Almeno ho mantenuto il segreto, sei la prima a cui lo dico!-
Jenny la scrutò.
-E adesso hai intenzione di spifferarlo a qualcun altro?-
-Certo che no! Mi basta che lo sappia tu!-
-Grazie tante! Ora che me lo hai detto salto di gioia!-
-Ci credo! Essere baciate per ben due volte da Mark non è mica poco!-
L’espressione sorniona con cui le strizzò l’occhio spinse Jenny ad incassare la battuta senza replicare. Guardò l’orologio.
-Devo sbrigarmi.- si sbottonò la camicetta e poggiò uno ad uno i vestiti sul letto. Quando fu in mutandine e reggiseno si fermò ad osservare divertita Amy, a cui Carol stava mettendo lo smalto sulle unghie -Che ore sono?-
-Le sette.-
Patty la guardò percorrere la camera in biancheria intima, mentre un pensiero assurdo le balenava per la testa. Vedendola così Carol le sarebbe saltata addosso? Lei, per sicurezza, l’abito l’aveva indossato in bagno. Si guardò a disagio nello specchio e si lisciò la stoffa sui fianchi.
-Sono quasi troppo elegante.- si volse verso Jenny un attimo prima che sparisse nella toilette -Te lo sei mai messo questo vestito?-
Lei si fermò sulla soglia e la guardò.
-No, non ne ho avuta l’occasione.-
-Jenny, noi cominciamo a scendere.- l’avvertì Amy, agitando le dita in aria per far asciugare lo smalto.
-Va bene.-
Un attimo dopo, attraverso la porta chiusa del bagno, udirono scorrere l’acqua della doccia.
Al banco del bar Bruce accolse Patty con gli occhi spalancati.
-Dove hai preso quel vestito? Non può esserti entrato in valigia!-
-Me l’ha prestato Jenny.-
-Incredibile! Stasera sembri quasi una femmina!-
-Imbecille cafone!-
Anche Evelyn lo mise a tacere in malo modo.
-Bruce, Patty sta benissimo e non muori se una volta le fai un complimento.-
Lei sollevò il mento, orgogliosamente stizzita.
-Lascialo in pace Eve, non me ne faccio niente dei suoi complimenti.- tirò fuori il cellulare dalla borsetta e chiamò Holly, per farsi passare il nervoso e per sapere se era arrivato a casa sano e salvo.
Gentile fece il suo ingresso nell’hotel elegantissimo. Il completo scuro gli stava così bene che Evelyn trattenne il fiato.
-La natura certi esemplari li crea d’impegno!-
-Evelyn, stai sbavando.- la schernì Bruce con una buona dose di fastidio.
-Non posso proprio darti torto…- concordò Patty, lanciando un’occhiata al cellulare con cui già da un po’ aveva intrapreso un’impegnativa conversazione chat con Holly.
Benji le sedeva accanto e da quel poco che aveva capito sbirciando il loro botta e risposta tra una pagina e l’altra della rivista requisita a Bob Denver, l’amico stava consultando la moglie per sapere se in casa c’era qualcosa di decente da racimolare per cena. Fosse stato al suo posto, Benji avrebbe approfittato dell’assenza di Patty per organizzare un’uscita tra maschi e sperimentare con gli amici qualche locale interessante. Altro che accontentarsi di un’insalata rimediata! Certe volte Holly non lo capiva proprio.
Osservò Gentile avvicinarsi e lo salutò con un cenno. L’italiano rispose con un sorrisetto, deviò verso Mark, prese posto su uno sgabello e ordinò un drink al barman.
-Jenny?-
-Non è ancora scesa.-
Salvatore lanciò un’occhiata al proprio costosissimo Rolex giusto per metterlo in mostra e constatò di essere arrivato decisamente in anticipo.
-Sto morendo di fame.-
-A chi lo dici.-
Gentile sorseggiò l’aperitivo, poi si frugò in una tasca e tirò fuori una scatolina di velluto nero. Si guardò intorno, si alzò dallo sgabello e raggiunse Amy, seduta tra Julian e Tom.
-La porteresti a Jenny, per favore?-
Amy si irrigidì, tese una mano, afferrò la confezione e scivolò giù dallo sgabello. Si allontanò rigida come un automa, gli occhi abbassati sulla scatolina che stringeva tra le dita. Che accidenti era? Moriva dalla voglia di sapere cosa contenesse ma nello stesso tempo aveva una paura cieca che si trattasse di un anello. Bussò alla porta della stanza di Patty e Jenny le aprì. Amy restò a bocca aperta. L’amica indossava un abito blu come la notte senza spalline, il raso liscio e lucente l’avvolgeva e un velo di chiffon lo ricopriva in un secondo strato. La stoffa le fasciava la parte superiore del corpo e si svasava sulle gambe, arrivando a sfiorare il pavimento. Sullo chiffon era ricamata una decorazione di piccoli brillantini. Più fitti e luminosi sul corpetto, scendendo verso il basso si diradavano gradualmente fin quasi a scomparire, dando l’impressione di un cielo notturno pieno di stelle. Una banda di chiffon si arricciava dalla chiusura lampo e le ricadeva sulla schiena in una lunga coda scintillante che scendeva fino all’orlo dell’abito.
-Questo vestito è splendido. Quanto l’hai pagato?-
Lei replicò con un sorriso, poi si contorse portandosi le braccia dietro la schiena.
-Non poco. Se solo riuscissi ad allacciarlo…-
Carol corse in suo aiuto e le tirò su la chiusura lampo. Amy chiuse la porta e si liberò della scatolina come se bruciasse, appoggiandola sul tavolo.
-Gentile è arrivato.-
-Cavolo è in anticipo!- Jenny tornò a sedersi per permettere a Carol di finire di truccarla. Si accorse di avere addosso lo sguardo di Amy.
-Che c’è?-
-Stai benissimo.-
Carol le aveva tirato su i capelli e li aveva raccolti con un fermaglio in cima al capo. Alcune ciocche le ricadevano dietro ondulate, sfiorandole le spalle. I suoi occhi risplendevano di sfumature argentate, le labbra brillavano di un rossetto rosa.
Amy le indicò la scatolina con un gesto nervoso.
-Te lo manda Gentile.-
Jenny si volse e la fissò, improvvisamente a disagio.
-Cos’è?-
-Non lo so. È per te.-
Carol le spennellò di fard lo zigomo.
-È sicuramente qualcosa di bello e costoso. Forse un anello?-
Jenny si irrigidì.
-Non dirlo neppure per scherzo.-
Carol la guardò di traverso.
-Non ne saresti contenta?-
Le sfuggì una smorfia di disappunto.
-Certo che no! Ci conosciamo appena!-
Amy le ascoltò senza fiatare. Sapeva perfettamente che il problema non era quello. Il problema era che l’amica non amava Gentile, almeno non quanto amava ancora, o aveva amato, Philip.
-Aprila su…- la spronò Carol curiosa -Cosa aspetti?-
Jenny la prese e con dita incerte sciolse il fiocco di raso bianco che abbelliva la confezione. Non aveva quasi il coraggio di aprirla.
-Non sei curiosa di sapere cosa contiene?-
La giovane sollevò gli occhi su Carol che fremeva di impazienza. Poi tirò un bel respiro e alzò il coperchio. Il sollievo le trasfigurò il volto. Spostò gli occhi su Amy mentre un sorriso esitante le illuminava l’espressione. Voltò la confezione e le mostrò un paio di orecchini d’oro bianco e brillanti.
-Caspita!- Carol saltò su entusiasta -Sono veri? Ma certo che lo sono, che domande faccio? Te li ha regalati Salvatore e li avrà pagati sicuramente una cifra assurda!-
Jenny annuì e tornò a guardare Amy.
-Temevo davvero che fosse un anello.-
-All’inizio l’ho creduto anch’io, ma se fosse stato così te l’avrebbe dato di persona.-
-Hai ragione, non ci avevo pensato.-
-Mettili Jenny!- la esortò Carol e quando lei lo ebbe fatto la guardò estasiata -Sono splendidi!- poi le osservò il viso -Per quanto mi riguarda abbiamo finito.-
Gentile la vide uscire dall’ascensore e si alzò. La raggiunse nell’ingresso e di questo Jenny gli fu grata perché le evitò di andare verso il bar, dove c’erano anche gli altri. Lui restò a contemplarla per un istante, poi si chinò per baciarla sulla bocca.
Jenny non glielo permise, scostandosi con una risatina.
-Ho appena finito di mettermi il rossetto.-
Carol sollevò un dito.
-Tu! Non provare a rovinarla!-
-Io non rovino nulla, semmai miglioro.-
-Mi dai uno strappo a casa?-
Lui guardò Jenny e annuì.
-Come posso dirti di no davanti a tanta bellezza?-
Mark li raggiunse.
-Andiamo?-
Patty arrivò per ultima, gli occhi ancora sul cellulare.
La loro uscita di scena fu seguita da qualche istante di silenzio durante il quale Bruce sorseggiò l’aperitivo e spostò su Philip uno sguardo saccente.
-Dì la verità, vorresti portarla tu alla festa.-
Callaghan alzò gli occhi, poi li riabbassò senza rispondere. Non lo sapeva neppure lui cosa voleva in realtà. Forse il suo desiderio più grande non era quello di portare Jenny alla festa quanto piuttosto di non essere lì, di non vederla frequentare Gentile ogni santo giorno. Forse era questo ciò che voleva.
-Cosa le ha regalato, Amy?- s’informò Benji curioso.
-Gli orecchini.-
Dopo aver udito la risposta, Philip smise di ascoltarli. Non era solo il fatto che Jenny quella sera fosse splendida. C’era anche il fatto che l’amava. Più la guardava e più si rendeva conto che era inutile continuare a intestardirsi sulla convinzione che prima o poi l’avrebbe dimenticata. L’attrazione che provava nei suoi confronti era insita in lui e mai e poi mai sarebbe riuscito a modificare questo sentimento, allo stesso modo di come i suoi occhi non sarebbero mai potuti diventare azzurri. Non sarebbe successo neanche se lei fosse rimasta per tutta la vita in Italia e lui in Giappone. Piuttosto si chiedeva come avesse potuto sopravvivere tutti quei mesi senza averla accanto. Posò i gomiti sul bancone e, sostenendosi il viso con una mano, osservò le bollicine dell’aperitivo che venivano in superficie. Tutto sommato invidiava Mark. Ma non perché quella sera era andato alla festa insieme a Jenny. Lo invidiava perché erano mesi che vivevano insieme. Lo invidiava perché quel pomeriggio l’aveva baciata. Lo invidiava perché lei, poco prima, gli aveva sistemato la cravatta con una tale confidenza da dimostrare al mondo intero quanto fossero diventati intimi. Toccò il bicchiere, ripulendone una parte dalla condensa. Poi lo prese tra le dita e sorseggiò la bevanda.

*

-Non sforzarti di fare il galante, Landers. Non ti si addice e ti stai rendendo ridicolo.- Salvatore scostò Mark che cercava malamente di destreggiarsi tra la propria giacca e il cappotto di Patty, e aiutò la giovane a togliersi il soprabito.
Lei lo ringraziò, si lisciò il vestito con una mano e poggiò l’altra sul braccio di Mark. Alzò lo sguardo verso l’espressione corrucciata di lui e gli strizzò un occhio.
-Tranquillo, non devi certo fingere di essere il mio ragazzo.-
-Figuriamoci se lo faccio.-
Salvatore lasciò i soprabiti nel guardaroba e si ficcò in tasca i bigliettini con i numeri. Poi prese Jenny per mano e affrontò la rampa centrale della scalinata di marmo, intorno alla quale si erano assiepati i giornalisti. Lo scalone che percorsero sotto i flash dei fotografi era magnifico, ma le due ragazze rimasero estasiate quando entrarono nell’enorme galleria di stucchi, con il pavimento di marmo bianco e nero, illuminata da centinaia di candelabri posti accanto alle grandi vetrate che si aprivano sul giardino della villa. Jenny camminava al braccio di Gentile, guardandosi intorno incantata. Ad ogni passo l’abito ondeggiava e brillava come il cielo stellato. La sala era gremita di ospiti, tra i quali Patty non si sentì più troppo elegante. Osservando le persone che superavano, si aggrappò al braccio di Mark.
-Sono felice che tu mi abbia invitata. È stupendo.-
-Sono contento che ti piaccia, ma non ti ho invitata io.- si curò di farle notare. Figuriamoci, era già ai ferri corti con Philip, ora non voleva assolutamente avere problemi con Holly perché portava la moglie a divertirsi mentre lui era a Barcellona a sgobbare.
-Be’, come ti pare. Ma io sono contenta lo stesso di essere venuta. Cos’è questo posto?-
-Credo la residenza di un nobile del Settecento o giù di lì. Dov’è il buffet?-
-Come puoi pensare a mangiare davanti a tanto splendore?-
-Allenati tu un’intera giornata con Gamo e poi vedi come ti viene voglia di mangiare.- la fissò -Non hai fame?-
-Ora no, magari tra un po’.-
-Vai pure a cercare il buffet.- lo rassicurò Jenny scostandosi da Salvatore che fremeva anche lui per mettere qualcosa nello stomaco -Noi faremo un giro.-
Passando con l’amica davanti ad un grande specchio appeso alla parete, Patty ne osservò il riflesso.
-Con questi abiti non sembriamo neppure noi.-
Jenny non perse tempo a guardarsi, tanto sapeva che non era il vestito che indossava a renderla diversa, a farla essere una se stessa che faticava da tempo a conoscere e capire. Quella era una Jenny che non aveva nulla a che vedere con la ragazzina felice e spensierata che un paio di anni prima aveva trascorso a Shintoku le vacanze invernali con gli amici, che non aveva nulla a che fare con la Jenny lacerata dall’esperienza di Kyoto e che era troppo distante anche dalla Jenny disincantata che due mesi prima era partita dal Giappone. Era diversa, eppure non riusciva a definirsi. Che Jenny era in quel momento?
-Vieni.- disse a Patty prendendola per mano -Scopriamo cosa prevede la serata.-

-Noi andiamo a dormire.-
Philip alzò gli occhi dalla birra, quella era la terza e sicuramente l’ultima. Annuì a Julian che lo guardava e ad Amy che era in piedi al suo fianco.
-Insieme?-
La ragazza arrossì e scosse la testa.
-In stanze separate.-
-Tra poco salgo anch’io.-
Benji osservò la coppia allontanarsi e sfogliò annoiato la rivista. Se la portava dietro da prima di cena ed era arrivato alle ultime pagine. Parlò senza guardarlo.
-Aspetti che torni?-
Philip si irrigidì, punto sul vivo. Finse di non capire.
-Chi?-
-Jenny. Devono riaccompagnare qui Patty quindi devono tornare per forza.-
-Non sto aspettando nessuno.-
Benji sorrise, poi spostò gli occhi su Evelyn che batteva stancamente la punta delle dita sulla tastiera del suo portatile.
-Dov’è che sono andati?-
Lei rispose senza alzare gli occhi.
-Ad una serata di beneficenza.-
-Raccolgono fondi per quel morto di fame di Landers?-
Bruce rise sguaiatamente, mentre accanto a loro Philip faceva del suo meglio per dimenticare Jenny e il suo vestito blu. Fissò Evelyn.
-Saresti voluta andare anche tu?-
Lei sollevò il viso di scatto.
-Molto meglio lì con loro che qui a lavorare!-
-Stai lavorando?-
-Certo che sto lavorando!-
-A quest’ora?- Philip lanciò un’occhiata a Bruce. Lo colse nel bel mezzo di uno sbadiglio e riuscì a scorgergli le tonsille. La vista non fu delle migliori, così si affrettò a riportare lo sguardo sull’amica -Che pezzo stai scrivendo?-
Lei sospirò e stavolta si prese qualche istante per rispondere.
-Philip, sai che sono quattro giorni che mi rivolgi appena la parola?- aspettò una risposta che non venne e allora continuò -Perché ti si è sciolta la lingua proprio ora che sono occupata e non ho nessuna voglia di chiacchierare?- scosse la testa e si immerse nel lavoro. Stava preparando la tanto sospirata e desiderata intervista a Gentile ed era indecisa se tra le domande da rivolgergli inserirne qualcuna che riguardasse Jenny. Nel dubbio si stava concentrando sulle altre.
Benji girò pagina, facendo frusciare la carta patinata.
-Almeno te li pagano gli straordinari?-
-Mi pagano ogni articolo che viene pubblicato.-
-Una bella fregatura. È come se i calciatori venissero pagati solo per i goal che fanno…- fissò Bruce provocatorio -Tu non beccheresti uno yen…- poi spostò lo sguardo su Philip -Tu molto poco.-
-Tu niente.- replicò l’altro acido e spostò gli occhi sulle porte a vetri dell’hotel che si aprirono per lasciar entrare Sandy Winter, Patrick Everett, Ralph Peterson e Clifford Yuma.
Quando li raggiunsero al banco del bar, Bruce li accolse con il broncio.
-Che fine avevate fatto?-
-Siamo andati a fare un giro in centro.-
Lo sconcerto assalì Tom.
-Siete usciti? E Gamo lo sa?-
-Certo che no! Mica siamo scemi!-
-Philip, non gli dici niente?-
Lui si volse verso Bruce.
-Tipo cosa?-
-Tipo che non possono scorrazzare come vogliono!-
-Adesso che sono tornati?-
Benji alzò gli occhi dalla rivista.
-Si vede proprio che di noi non ti frega un cazzo, Callaghan.-
Risentito, quello si eresse sullo sgabello.
-Cosa dovrei fare? Sono tornati! Gamo non se n’è accorto ed è filato tutto liscio!-
-Appunto.- annuì Clifford fissando Bruce ostile -Ti rode Harper che non ti abbiamo chiamato, vero?-
-Vero.- approvò Benji d’accordo.
L’amico si sentì rimescolare.
-Figuriamoci, sapete che me ne frega! Potete fare quello che vi pare!-
Clifford scoppiò a ridere.
-Invece ti rode proprio! Ti si legge in faccia, ormai ti conosco!-
-State un secondo zitti?- esplose Evelyn che in quel battibecco non riusciva a concentrarsi. E mentre lanciava occhiatacce a destra e a manca intimando il silenzio, fu illuminata da un’idea improvvisa -Visto che siete tanto amici, Benji…- gli fece uno sventagliamento di ciglia che cadde nel vuoto perché il portiere era tornato ad abbassare gli occhi sulle pagine del giornale -Chiederesti a Gentile se mi permette di intervistarlo?-
-Perché non glielo fai chiedere a Jenny? Riuscirebbe a convincerlo molto meglio di me.-
Evelyn sbuffò e spostò lo sguardo sullo schermo del pc, dove le domande scritte fino a quel momento spiccavano nere sullo sfondo bianco. Non era sicura che Jenny le avrebbe fatto il favore.
Philip si alzò per cambiare posto. Si sedette accanto a Benji e occhieggiò la rivista, sforzandosi di provare per quelle pagine un interesse sufficiente a distrarlo dal botta e risposta di quei due che parlavano di nuovo di lei.
-Posso dare un’occhiata?-
Il portiere annuì e gli lasciò il giornale.
-Benji non puoi proprio dirglielo?- insistette Evelyn.
-Hai litigato con Jenny?-
La ragazza si tese.
-Certo che no!-
-Allora chiedilo a lei. Io in queste cose non voglio entrarci.-
-Ho capito. Mi arrangerò da sola… Grazie tante!- sbuffò e lo lasciò perdere.
-Philip questi articoli sono vecchi di una settimana!- si lagnò Bruce sporgendosi oltre il suo braccio, gli occhi incollati sulla pagina.
-Non sei mica obbligato a leggerli… Anzi se ti tiri in là sto anche più comodo.- cercò di scacciarlo. Girò pagina e si impietrì.
Bruce fischiò di sorpresa.
La foto di un articolo colpì Philip come una randellata. Per un istante gli bloccò il respiro. Qualcosa gli serrò la gola e nello stesso tempo lo assalì una nausea così violenta che fece uno sforzo enorme per non vomitare sul bancone la birra che aveva appena bevuto. I suoi occhi si bloccarono sulla pagina. Dopo più di un anno si ritrovò suo malgrado a posare lo sguardo sulla persona che gli aveva rovinato la vita. David McFay sorrideva strafottente con i suoi occhi verdi che brillavano. Karen era al suo fianco, altera e seria, con un bimbo tra le braccia. Un bambino così somigliante al padre da non lasciare dubbi su chi lo avesse generato. Nella mente sconvolta di Philip non trovarono posto né Karen né suo figlio. I suoi occhi sgomenti riuscirono a mettere a fuoco solo il sorriso di giada di McFay che sembrava trapassare beffardo la carta. La foto rappresentava la più evidente dimostrazione che quello stronzo bastardo stava continuando a vivere la sua vita felice, ricca e contenta senza aver scontato la colpa di aver distrutto l’esistenza di Jenny e la sua. McFay si era divertito a suo piacimento e l’aveva passata liscia. Forse aveva persino dimenticato ciò che aveva fatto a Jenny, mentre lei avrebbe dovuto convivere con quel terribile ricordo per tutta la vita. Philip non avrebbe dovuto lasciare che le cose andassero così. McFay non avrebbe dovuto farla franca. Se Jenny aveva deciso di non denunciarlo, Philip avrebbe dovuto comunque fargliela pagare. La collera nei suoi confronti si risvegliò con una violenza che non aveva mai provato. Se in quel momento lo avesse avuto davanti in carne ed ossa, probabilmente lo avrebbe ucciso.
Nei suoi occhi passò un’ombra, le sue labbra si serrarono. Le sue dita furono attraversate da uno spasmo che fece accartocciare le pagine. Provò a leggere l’articolo per scacciare quei pensieri, così aggressivi e pericolosi da sconvolgerlo. Cercò di distrarsi sulle frasi per fare in modo che la collera in qualche modo si attenuasse. Nonostante tentasse di concentrarsi, non riuscì a cogliere il senso dell’articolo, le cui parole gli si accavallavano nella testa perdendo ogni significato. A colmargli la mente c’erano solo quegli occhi verdi che lampeggiavano di derisione. L’aveva violentata, l’aveva picchiata e non aveva pagato per il male che le aveva fatto. Philip non poteva continuare in eterno a cancellare il pensiero di David, a far finta che non fosse mai esistito. Non poteva continuare ad addossarsi la colpa di non aver protetto Jenny. Non era lui ad aver sbagliato, era stato David a prendersi con la forza ciò che non avrebbe dovuto neppure toccare. Con un assegno aveva pensato di mettere le cose a posto, ma le cose non erano tornate a posto proprio per niente. Anzi, forse non sarebbero tornate a posto mai più. Ma almeno una cosa, tornato in Giappone, doveva farla. Rintracciare David McFay e fargliela pagare una volta per tutte.
Non sopportò più di avere sotto gli occhi quel volto sorridente così spinse la rivista verso Benji.
-Falla sparire.-

Jenny si sarebbe goduta molto più la serata se quella giovane dai capelli rossi e dallo sguardo grigio avesse smesso di fissarla. Indossava un abito nero e ai piedi portava delle scarpe dal tacco alto che, insieme allo spacco laterale del vestito, facevano sembrare le sue gambe più lunghe di quanto già non fossero. Le ciocche ramate erano raccolte in un severo chignon che evidenziava l’ovale perfetto del viso.
Porgendole un bicchiere, Salvatore le posò una mano sulla spalla.
-Cosa stai guardando?-
-Quella ragazza con il vestito nero. Mi sta fissando.-
Gentile si volse, la individuò e si irrigidì in modo così brusco che Jenny percepì i suoi muscoli tendersi. Il sorriso gli morì sulle labbra.
-Chi è?-
Salvatore non rispose. D’un tratto sembrò indeciso, si guardò intorno quasi spaesato.
-Torno subito.- disse e sparì oltre una porta.
Jenny spostò gli occhi su Mark.
-Che gli prende?-
-Quella che gli hai appena indicato è la sua ex.-
-La ragazza con il vestito nero?-
L’amico annuì.
-La conosci?-
-Ogni tanto la vedevo al campo.-
Jenny s’incuriosì. Sapeva perfettamente che non erano affari suoi, ma scoprire all’improvviso che anche Salvatore aveva problemi con la sua ex ragazza era in qualche modo consolante.
-Perché si sono lasciati?-
-Pare che lei lo abbia tradito con il suo art-director.-
-Con chi?-
-Il tizio che ha montato le sue foto per una campagna pubblicitaria.-
-Come lo sai? Te lo ha detto Salvatore?-
-Figuriamoci! L’ho sentito dire dagli altri. Gentile con me non si confida di certo e in tutta sincerità la sua vita privata non mi interessa.- questo almeno finché non era entrata a farne parte anche Jenny. La considerazione lo infastidì, così cambiò discorso -Vado a prendere qualcosa da bere. Voi volete niente?-
A Jenny la sete era passata insieme alla fame. Dopo aver individuato la ragazza di Gentile non riusciva più a spiegarsi che cosa avesse spinto l’italiano a corteggiarla. Non aveva niente in comune con lei, assolutamente nulla. Adesso capiva perché Mark le aveva ripetuto fino alla nausea che lei non rappresentava il tipo di ragazza con cui Salvatore usciva abitualmente e che quindi era molto meglio che lo lasciasse perdere.
-Se Evelyn fosse qui direbbe che quella tizia è fuori di testa.- a Patty venne da ridere -Uno come Gentile per lei non è certo da tradire con un comunissimo art-director.-
-Forse non era un tipo tanto comune.- Jenny sorrise, poi tornò di colpo seria e pensierosa. C’era una cosa di cui voleva parlare all’amica ma non riusciva a pescare dentro di sé coraggio sufficiente a confidarsi. Eppure il dubbio che la angustiava era così insopportabile che se non ne avesse parlato con Patty, sentiva che sarebbe scoppiata. Era meglio che si facesse forza e si decidesse a parlarle perché si stava facendo tardi e tra poco sarebbero rientrati. Se non ne avesse approfittato quella sera, forse non le sarebbe più capitata un’altra occasione di avere l’amica tutta per sé.
-Sai Patty…- iniziò con un filo di imbarazzo -Stanotte è successa una cosa strana…- lasciò la frase così, mentre le sue guance si tingevano di porpora -Ho sognato di… di farlo con Philip e quando mi sono svegliata lui dormiva accanto a me.- abbassò lo sguardo a terra poi lo rialzò per dare un’occhiata fugace all’amica. Si prese una mano nell’altra e si strinse le dita a disagio -Lo so che sembra assurdo… ed è anche parecchio imbarazzante… ma non riesco a capire se sia successo davvero o se si è trattato solo di un sogno…-
Patty cercò di reprimere un sorriso.
-Eh già, ieri eri davvero distrutta.-
-Non prendermi in giro.-
-Se è successo davvero, sono contenta per te.-
Jenny s’infastidì.
-Non c’è niente di cui essere contenti. Io sto con Salvatore.-
-Sì, lo so. E a proposito, con lui l’hai fatto?-
Le guance della giovane divennero scarlatte.
-Veramente io, noi non…- si osservò le unghie laccate dalla sapiente mano di Carol, esitando a confidarsi. Lo fece, perché di Patty si fidava -Non abbiamo fatto niente.-
-Davvero? E perché?-
-Non lo so.- il resto non riuscì proprio a dirglielo. Non riuscì a parlarle della paura che l’aveva assalita alcuni giorni prima, la sera dell’arrivo della nazionale giapponese in Italia, quando Gentile l’aveva portata a casa sua, quando avrebbe voluto farlo ma lei si era tirata indietro -Non è successo.-
-Questo è curioso, non trovi? Mi hai appena detto che forse hai fatto l’amore con Philip e poi ammetti che con Salvatore non è ancora successo. Eppure un secondo fa hai ribadito che stai con Gentile. Spero capirai da sola il perché di tutto ciò.-
-Non voglio neanche pensarci, al perché!-
-Invece forse dovresti farlo.-
Tacquero qualche istante, poi Jenny si sporse verso di lei e le sfiorò una mano.
-Non dirlo ad Evelyn, per favore. Finirebbe per tirarci fuori un articolo di gossip.-
-Certo che non glielo dico! Certe volte Evelyn ha la delicatezza di un elefante. Pensa che quando ci siamo incontrate in hotel mi ha chiesto davanti a tutti se ero incinta!-
Gli occhi di Jenny brillarono di interesse.
-E lo sei?-
-No che non lo sono!-
-Lo dici come se la cosa ti infastidisse. Non vuoi dei bambini?-
Fu Patty stavolta a sentirsi imbarazzata. Posò gli occhi sul velluto nero delle scarpe che spuntavano dall’orlo cremisi dell’abito.
-Sì, ma…-
-Ma cosa?-
-Se fossi incinta e avessimo dei bambini, non potrei seguire Holly nelle trasferte. Finirei per restare a casa da sola, lontana da lui.-
-Non saresti da sola, saresti con i tuoi figli.-
Gli occhi di Patty si velarono di malinconia.
-Mi mancherebbe lo stesso. Ho passato anni e anni ad amarlo da lontano. Vorrei recuperare il tempo perso, stare con lui sempre, avere il suo amore esclusivamente per me. Per il momento non desidero dei bambini.-
-E lui che dice?-
-Lui aspetta fiducioso che arrivino.-
-Non ne avete parlato?-
-Gliel’ho accennato, ma mi sa che non ha capito. Io comunque aspetto almeno un altro anno.-
Jenny le prese una mano e la strinse comprensiva tra le sue.
-Hai ragione, siete ancora così giovani. Che fretta c’è?- rifletté un istante -E quindi come stai facendo per evitarlo?-
-Sto prendendo la pillola.-
-Holly non se n’è accorto?-
-Non lo so, finora non mi ha detto niente. Certe volte è così distratto…-
Jenny non riuscì a fare a meno di ridere.
-Davvero! Può darsi che non se ne accorgerà mai!-

Prima che il bar chiudesse Benji ordinò una birra per sé e una per Philip, che sembrava averne proprio bisogno. Da quando si era imbattuto nella foto di McFay non aveva più detto una parola, piombando in un silenzio apatico e inquietante. Era quasi un’ora che fissava muto il bicchiere vuoto, lo sguardo distante, la testa da un’altra parte.
Benji, che sedeva accanto a tanta depressione, stavolta non riusciva proprio a far finta di niente. La rivista con la foto di Karen era rimasta sul bancone spalancata su quella pagina perché Bruce ed Evelyn, ma anche lui stesso, avevano voluto leggere l’articolo. Dopo nessuno si era curato di chiuderla. Dalla foto, Karen lo guardava con tutto il suo fascino mentre Philip, appollaiato sullo sgabello al suo fianco, sembrava incapace di riprendersi dallo shock. Quando il barman li servì, fece scivolare la birra dell’amico lungo il ripiano fino a mettergliela davanti. Lui la prese e la sorseggiò senza neppure alzare gli occhi.
Benji pensò che forse non avrebbe dovuto fingere di provare interesse per Jenny, forse era stato inutile rigirare il dito nella piaga. Lo aveva fatto soltanto perché non sopportava il comportamento del compagno e aveva sperato di dargli una scossa. Quella balla però sembrava non essere servita a niente. Benji non riusciva proprio a spiegarsi come uno come lui potesse tollerare di vedere Jenny con Gentile e restare a guardare senza far nulla. Philip non aveva reagito neppure quando Landers l’aveva baciata. Se fosse stato al suo posto, Benji avrebbe trovato all’istante una scusa per gonfiarlo di pugni. E invece del Philip geloso e combattivo che conosceva non era rimasto niente. Si era dimostrato passivo a quel discutibile e inaccettabile bacio come lo era diventato su tutto. Sembrava che niente lo riguardasse più. Per come la pensava Benji, se si fosse dato una svegliata sarebbe riuscito a riprendersi la ex fidanzata in un attimo. Il legame tra Jenny e Gentile era così impalpabile, così inconsistente che gli sarebbe bastato un niente per riportarla a sé. Possibile che non lo capisse?
Lanciò un’occhiata all’orologio. Era passata mezzanotte ed era ora di tagliare la corda, prima che Gamo li trovasse di nuovo lì e ricominciasse a sbraitare. Un attimo prima di esternare il suo pensiero agli altri, vide le porte dell’hotel aprirsi e Patty fare il suo ingresso, guardandosi intorno e trascinando Jenny verso il bar.
-È stato stupendo!- esclamò a beneficio di tutti.
Si fermarono ad un passo dal bancone.
-Bevi qualcosa con noi, Jenny?- la invitò il portiere.
-No…- si tirò indietro lei -Mi stanno aspettando. Ci vediamo domani.- si voltò per tornare indietro e mentre passava accanto a loro gli occhi le caddero sulla rivista. Si arrestò di colpo.
Nessuno fu in grado di impedirle di vedere la foto, perché all’inizio nessuno capì dove aveva posato lo sguardo. Il sorriso stentato con cui li aveva salutati scomparve e invece di proseguire in direzione dell’uscita, la giovane fece un passo verso il ripiano del bar.
Jenny sentì qualcosa scattarle nella testa, una fitta serrarle il petto. Il respiro si bloccò, l’aria non le arrivò ai polmoni e la vista le si offuscò. Lo sguardo verde di David la trapassò da parte a parte, con una violenza che la fece fremere, che le gelò il sangue nelle vene. Sbiancò, serrò e aprì le dita delle mani in un movimento spasmodico, mentre cercava di scacciare dalle orecchie l’eco di una risata che credeva di aver dimenticato. Allungò un braccio verso il bancone ma non per prendere la rivista, che era ad un passo da lei. Si aggrappò al bordo del ripiano per sostenersi.
A Philip bastò guardarla in viso per ritrovarsi sommerso da una sofferenza insostenibile. Saltò giù dallo sgabello così di colpo che quello ondeggiò e per poco non cadde. Raggiunse Jenny nel momento in cui lei, talmente vicina da poter toccare il giornale, si tirò indietro di scatto in un gesto di rifiuto. Finì addosso a Philip urtandogli il torace con una spalla e si volse atterrita, perché non lo aveva sentito arrivare. I loro sguardi si incrociarono e prima che Jenny lo riconoscesse, il terrore si impadronì del suo volto ferendo Philip all’istante. Quell’espressione gliel’aveva vista per mesi, quella stessa espressione l’aveva fatto soffrire da cani. Poi Jenny lo mise a fuoco, rinvenendo negli occhi di lui un dolore intenso, un dolore che il tempo non aveva attenuato. Ritrovarlo fu lacerante e lei, incapace di sopportarne il peso, cercò scampo voltandosi. Boccheggiò in trappola quando si ritrovò di nuovo faccia a faccia con la foto. Rivisse in un secondo quella maledetta sera, l’odore di David le intrise le narici, la sua risata le risuonò nelle orecchie e quando una mano si posò sulla sua spalla si volse con un sussulto, soffocando un grido. Nonostante il panico che le offuscava lo sguardo, scorse Philip ritrarre subito il braccio. 
Lui avrebbe dato qualsiasi cosa purché Jenny non vedesse quella foto. Purché i suoi occhi non si colmassero di terrore, purché il suo corpo non sussultasse di spavento, purché non mostrasse di rifiutarlo ancora. Sollevò di nuovo il braccio, lei vide le sue dita avvicinarsi e trattenne il fiato, sperando però stavolta che lui la toccasse di nuovo. Invece la mano di Philip la oltrepassò, afferrò il giornale, lo chiuse e lo spinse via con violenza. Jenny lo vide finire tra le mani di Benji, il sollievo la fece quasi accasciare. E finalmente Philip, quando lei ormai non ci sperava più, la circondò con le braccia e la strinse a sé. Il viso sprofondato contro la sua felpa, nel suo calore e nel suo odore, provò dopo tanto tempo un sollievo immenso.
-Jenny?-
Mark si accorse troppo tardi di ciò che aveva appena interrotto. Vide l’amica sobbalzare, puntare le mani contro il torace di Philip e tirarsi indietro. Non capì cosa fosse appena successo, ma capì di essere arrivato nel momento sbagliato.
Philip non si mosse. Restò immobile e lasciò che Jenny si allontanasse, che varcasse l’ingresso dell’hotel sparendo nella notte, verso la macchina di Gentile parcheggiata da qualche parte, con il motore acceso ad attenderla.
-Mark! Che tempismo!-
Il ragazzo si volse verso Patty.
-Come accidenti potevo saperlo?!-
Benji scosse la testa.
-Ti meriti un bel dieci, Landers.- 
   
 
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