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Autore: Yuki Delleran    19/04/2018    4 recensioni
« D'accordo, sì, si può fare. Voglio dire, non c'è davvero nessun problema, ce la caveremo alla grande. Se a Keith sta bene, ovviamente. » si ritrovò a rispondere annaspando un po' con le parole.
Non aveva la più pallida idea di dove sbattere la testa, non sapeva assolutamente come gestire eventuali situazioni d'emergenza, ma quella era già una situazione d'emergenza e il minimo che poteva fare era soccorrere un amico in difficoltà. Un amico, già.
« Mi basterà fare una telefonata per avvertire mia madre di aggiungere un posto letto. Scommetto che sarà felicissima di averti a Varadero! »
Quello che non sembrava particolarmente entusiasta era Keith stesso, e un po' poteva capirlo: finire a Cuba con lui non doveva sembrargli la soluzione più efficace al suo problema.
[post-canon, Klance]
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Safe and Sound'
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Disclaimer: Voltron e tutti i suoi personaggi appartengono a Dreamworks & Netflix.
Note: Post-canon
Beta: Myst & Leryu
Word count:
3099



Per raggiungere la spiaggia avevano dovuto attraversare un intero quartiere.
Avrebbero potuto prendere la motoretta, ma lo scoppiettare del motore avrebbe finito per attirare l'attenzione, quindi avevano deciso di spostarsi a piedi. Pidge portava con sé uno scanner in grado di rilevare vari tipi di energia, che indicava emissioni di luxite poco più a est. Il loro compagno non si separava mai dal suo pugnale quindi, se avessero raggiunto l'arma, avrebbero trovato Keith.
A meno che non ci fossero altri marmoriti nelle vicinanze.
Il sole stava lentamente calando dietro l'orizzonte e Lance ringraziava il fatto che l'imbrunire avesse allontanato la maggior parte delle persone, soprattutto turisti, che durante la giornata popolavano le spiagge. Quella verso cui erano diretti era più fuori mano rispetto alle principali, ma sperava che Keith non si fosse imbattuto in qualche ritardatario.
Pidge procedeva spedita, gli occhi sul piccolo schermo azzurro, totalmente disinteressata al panorama che la circondava. Lance la seguiva passo passo, concentrando il più possibile la mente e i sensi nel tentativo di cogliere tracce di Keith.
Abbandonarono il sentiero sterrato e circondato da bassi cespugli, per affondare i piedi nella sabbia ancora tiepida. In quella zona il litorale era irregolare, ricco di insenature e rientranze, e popolato da diversi capanni di pesca. Alcune barche erano ormeggiate nell'acqua bassa, coperte da teli e pronte per essere utilizzate alle prime luci dell'alba.
Con il crepuscolo incipiente, ogni angolo poteva essere un nascondiglio.
Pidge si fermò e abbassò lo sguardo sulle proprie scarpe.
« Odio la sabbia. » commentò con una smorfia. « Però credo di aver trovato Keith. »
Mostrò a Lance lo schermo dello scanner e l’indicatore che lampeggiava in corrispondenza di una casetta di fronte a loro.
Era una costruzione malmessa, chiaramente abbandonata. Il legno era marcio, corroso dalla salsedine in diversi punti e le tavole che coprivano il tetto in parte spezzate: come rifugio appariva tutt'altro che accogliente.
Lance si avvicinò con circospezione alla porta, che i cardini sembravano reggere per miracolo. Tentò di tranquillizzarsi: non aveva motivo di essere intimorito, doveva solo far ragionare Keith, non affrontare un nemico, ma non era sicuro di niente.
Keith l'aveva rifiutato con una forza tale da fargli dubitare di tutto quello che aveva visto e provato nei giorni precedenti. Era arrivato a considerare che quell’avvicinamento fosse reale solo per lui.
Ci aveva messo un po' prima di rendersi conto che, probabilmente, Keith era solo spaventato. L’aveva espresso nel peggiore dei modi, certo, ma doveva essere terrorizzato: dai suoi sentimenti, da quelli di Lance, dal bacio, dalle sue stesse emozioni che si manifestavano in una mutazione aliena.
Poteva solo immaginare cosa si agitasse nella sua mente, ma una cosa era certa: avrebbe fatto di tutto per aiutarlo. Quel pensiero gli restituì la determinazione e la calma necessarie.
Lanciò un’occhiata a Pidge, che annuì; poi aprì la porta.
« Keith… »
Dall'oscurità si sentì rumore di legno grattato, poi una sagoma scura si sollevò.
Fu questione di un attimo e Lance si trovò scaraventato a terra, mentre la creatura guadagnava l’unica via di fuga alle sue spalle. Si trattò di una frazione di secondo, ma percepì gli artigli sulla pelle attraverso la stoffa leggera della maglietta.
« Keith! » lo chiamò di nuovo, rialzandosi, questa volta con maggiore decisione.
Nella scarsa luce residua, poteva vedere il bagliore dei suoi occhi, che non avevano nulla di umano. Lo sentì ringhiare e, per reazione, intravide Pidge afferrare qualcosa.
Quando guardò meglio, si rese conto che stava puntando contro il compagno quella che aveva tutta l’aria di essere una pistola.
« Pidge! Fermati! » strillò, prima di riuscire a controllarsi. « Vuoi sparare a Keith?! Sei matta?! »
« Non è in sé, non possiamo iniettargli l'antidoto in questo modo! » protestò la ragazza. « É solo un anestetico, non gli farà del male. »
Lance, però, non aveva la minima intenzione di permettere a qualcuno, chiunque fosse, di puntare un'arma contro Keith. Poteva solo immaginare come potesse sentirsi, nello stato confusionale in cui versava, a essere tenuto sotto tiro come avevano sempre fatto con i loro nemici. Non era uno di loro e non voleva in nessuno modo che si sentisse tale.
« Mettila via. » ribadì, recuperando un tono di voce più fermo. « Non ce ne sarà bisogno. »
La vide rinfoderare l'arma con una certa riluttanza e allontanarsi di alcuni passi.
Poteva capire il suo timore: Keith ora assomigliava ai Galra che avevano combattuto per tanto tempo nello spazio e che avevano causato loro dolore e perdite. Aveva un aspetto ferino e un comportamento pericolosamente irrazionale, ma questo non significava che meritasse di essere trattato come un mostro.
Lance si avvicinò a Pidge, allungando una mano.
« Dammi l'antidoto, ci penso io. »
Lei lo squadrò, scettica come non mai.
« Non sono sicura che sia una buona idea. »
« Non lo è nemmeno puntare una pistola contro Keith, credimi! »
Pidge emise un breve sbuffo e gli allungò una siringa.
« Va bene, però fai attenzione. Sono riuscita a sintetizzare una sola dose, o la va o la spacca. »
Lance annuì, la prese e iniziò a muoversi cautamente in avanti.
La figura di fronte a loro era piegata su sé stessa, quasi accucciata. Gli ricordava i grossi felini che si vedevano nei documentari sulla savana, quando si preparavano ad assalire la preda. Si augurava solo di non avere quel ruolo nella storia.
« Ok, Keith, ascoltami. » iniziò, sforzandosi di mantenere un tono di voce calmo e ragionevole. « Ho qui l'antidoto. Fattelo iniettare e sarà finita. »
Quello che gli giunse in risposta fu un ringhio tutt'altro che rassicurante.
« Non ti avvicinare! »
Era la voce di Keith ma, allo stesso tempo, aveva un fondo di animalesco che la rendeva quasi irriconoscibile.
Lance dovette farsi forza per avanzare ancora.
« Ascolta, per favore. È l'antidoto che aspettavi. L'ha fatto Pidge, è sicuro, andrà tutto bene. Keith, la mamma e Michelle ti stanno aspettando a casa, non vedono l'ora che torni. Anche Luis, l'avresti mai detto? Alla fine si è affezionato a te. Ci sono anche gli altri, Hunk e Shiro. Shiro è preoccupatissimo, devi tornare a dirgli che stai bene, sai com'è fatto. »
« Shiro... »
Il tono di Keith sembrava triste, l'espressione addolorata, come se si stesse scusando per qualcosa.
Lance distava da lui ormai solo un passo.
« Va tutto bene. »
Allungò una mano per toccarlo, in una sorta di richiamo al gesto che aveva lasciato incompiuto alla sua fuga. Quella storia era precipitata perché Lance non era riuscito a mantenere un contatto che lo rassicurasse.
« Dopo potrai prendertela con me, se vuoi, ma adesso lascia che sistemi questo casino. »
Lentamente, riuscì a posare le mani sulle sue spalle e a lasciarle scivolare lungo le braccia. La pelle di Keith era calda sotto le sue dita, percorsa appena da un leggero tremito. Sembrava si fosse calmato almeno un po' e Lance si azzardò a prendere fiato a sua volta.
Proprio per quello non vide il movimento fulmineo, ma percepì solamente il dolore lancinante alla spalla e la spinta che lo scaraventò di nuovo sulla schiena.
Pidge, alle sue spalle, gridò, ma Keith non accennò a spostarsi da sopra di lui o a mollare la presa delle zanne affondate nella sua carne.
L'istinto gli urlava di colpirlo e liberarsi, ma Lance s'impose la calma.
« Sto bene, Pidge. Non preoccuparti. »
Non propriamente vero, ma non era il momento di essere pignoli.
« Hai ragione, è uno schifo. » mormorò, chinandosi in avanti verso l’orecchio di Keith. « Hai tutti i motivi del mondo per essere furioso, però ascoltami. Permettimi di aiutarti. »
Sollevò una mano e la posò sulla schiena di Keith, accarezzandolo piano. Il tremito che aveva percepito non si era ancora placato.
« Se hai paura, ti capisco. Sono spaventato anch’io. Ma che dico? Dios, sono terrorizzato. » continuò. « Però sono anche un testardo che non abbandona le persone a cui vuole bene. Sì, hai capito perfettamente. Questo idiota ti vuole bene, non importa che tu sia bianco, viola o a pois. Non sono mai stato razzista. E non ti lascio da solo. »
La mano raggiunse i capelli e li accarezzò.
« Non ti lascio, capito? »
L’altro braccio lo circondò e lo strinse gentilmente.
Keith mugolò e un attimo dopo una nuova fitta gli trafisse la spalla, segno che le zanne appuntite avevano mollato la presa.
Lance strinse i denti, ignorando la sensazione del sangue che gli imbrattava la maglietta.
« Keith… » provò a chiamarlo.
L’altro tenne il volto affondato nel suo petto e solo al secondo richiamo si azzardò a sollevarlo appena.
I suoi occhi avevano ombre più scure che ne macchiavano l’oro.
Lance sorrise, si sporse in avanti e gli posò un bacio sulla fronte.
« Va tutto bene. » mormorò. « Dammi il braccio, sarà questione di un attimo. »
Keith si ritirò, permettendogli di mettersi seduto, ma rimase appoggiato a lui mentre gli porgeva il braccio lasciato scoperto dalla maglia a mezze maniche.
E Lance non aveva la più pallida idea di come si facesse correttamente un’iniezione di antidoto, ma quello non era il momento giusto per domandarlo, quindi improvvisò.
Sentì Keith irrigidirsi appena e rilassarsi una volta libero dall’ago. Poi rimase immobile, respirando contro la sua spalla sana, per un tempo che gli parve infinito.
Pidge si avvicinò con aria circospetta.
« State bene? » chiese cauta, aggirandoli per avere una visuale migliore.
Lance abbozzò un sorriso.
« Sono stato meglio, ma non mi lamento. Keith? »
Pidge lo scrutò più da vicino e annuì.
« Credo sia solo stordito dalla reazione del suo organismo all’antidoto. Si riprenderà presto. La tua spalla invece ha un aspetto orribile. »
« Grazie, Pidgey. È per questo che mi presterai la tua per aiutarmi a portarlo a casa! »

Quando Keith riaprì gli occhi, la prima sensazione che provò fu quella di un peso sullo sterno, che gli rendeva difficoltoso respirare normalmente. Il suo sguardo appannato vagò per qualche istante prima di realizzare di trovarsi nella sua stanza, a casa di Lance, e di focalizzarsi su una figura accanto a lui.
« Shiro… » mormorò, articolando le sillabe a fatica.
Sentiva la bocca asciutta, la testa pesante e la mente non ancora del tutto lucida.
Era sdraiato e si sentiva stanco come dopo uno scontro con i Galra, ma non ricordava di aver combattuto contro qualcuno. Era tutto molto confuso.
Shiro sparì dal suo campo visivo e riapparve un attimo dopo, tendendogli un bicchiere d’acqua.
« Buongiorno. » disse, con un sorriso. « Come ti senti? »
Keith accettò il bicchiere e si sollevò appoggiando la schiena al cuscino, approfittando di quel momento per trovare una risposta. Nel farlo, abbassò lo sguardo e per poco non si soffocò con l’acqua che stava bevendo.
Il peso che avvertiva era nientemeno che Lance, che dormiva con la testa sul suo petto, le braccia a circondargli il busto, protettive. Sulla sua spalla destra, oltre lo scollo largo della maglia, era visibile una grossa medicazione.
« Co… sa… »
« Non ha voluto saperne di lasciarti, diceva che aveva una promessa da rispettare. Appena tornati, siete crollati entrambi. »
Keith si sforzò di mettere insieme frammenti di ricordi, ma quanto accaduto la sera prima (era stata la sera prima?) era ancora fumoso.
« Abbiamo ancora un po’ di tempo, te la senti di avere gli aggiornamenti? » proseguì Shiro, cautamente.
Keith annuì.
« Abbiamo una strategia? » chiese, senza riflettere, come se dovessero pianificare una battaglia.
Shiro annuì.
« Con noi c’erano due agenti dell’FBI sotto copertura della scorta di Matt. Li abbiamo trattenuti mentre Lance e Pidge venivano a cercarti. Visto che tardavate, la madre di Lance ha consigliato loro di prendere una stanza in albergo dove passare la notte e parlare con voi oggi. Anche Pidge, Hunk e Matt sono con loro, è un hotel qui vicino. La scusa che abbiamo deciso di adottare è che abbiate avuto un incidente in barca e che Lance sia rimasto ferito per quel motivo. Per il resto, potranno cercare quanto vogliono ma non troveranno nulla, l’antidoto sta facendo effetto e il tuo corpo sta reagendo bene. Non hanno in mano niente che possa ricondurli a te. »
Shiro proseguì parlandogli degli accordi che stavano faticosamente prendendo forma tra il governo e la coalizione di Allura, di cui Matt era l’ambasciatore, ma Keith prestò via via sempre meno attenzione.
Rivolse lo sguardo verso il basso, a Lance che lo teneva stretto come se si trattasse di qualcosa di prezioso. Notò la sabbia tra i suoi capelli, i lividi violacei che si stavano formando attorno alla garza, le piccole escoriazioni qua e là.
« Questo idiota ti vuole bene… Non ti lascio da solo… Non ti lascio, capito? »
Le parole fluttuarono nella sua mente e la consapevolezza fece sbocciare un rossore improvviso sulle sue guance, inceppando ogni genere di pensiero razionale.
Shiro parlava, ma Keith riusciva solo a pensare che Lance stava dormendo abbracciato a lui davanti al loro leader, che gli aveva letteralmente salvato la vita, che quello che era successo tra loro era qualcosa di totalmente folle, spaventoso, ma bellissimo.
Aveva giurato di non lasciarsi coinvolgere da nulla che potesse portare a un abbandono e ad altre sofferenze. Aveva fatto di tutto per allontanare una persona che, al contrario, gli era stata vicina in tutti i modi possibili e aveva visto e accettato i suoi lati peggiori. Una persona che aveva detto di volergli bene di fronte alla sua forma inumana e che, tuttora, lo teneva stretto a sé come a conferma di quelle parole.
Doveva trattarsi di un miracolo.
Si riscosse da quei pensieri solamente quando Shiro si alzò e gli appoggiò una mano sulla fronte, scostando le ciocche di capelli corvini.
« Mh, non sembri avere la febbre. » fu il commento. « Forse è solo una reazione del tuo fisico che si sta assestando. »
Keith non chiese a cosa si riferisse, ma aveva il forte timore che si trattasse del rossore che ancora gli riscaldava il volto.
« Vado a dire a Estella che stai bene, era molto preoccupata. » continuò Shiro. « Tu riposa ancora un po’. »
Keith avrebbe voluto fare domande sulla reazione della famiglia McClain alla sua natura, ma Shiro sembrava così tranquillo che, di nuovo, decise di tacere e prolungare un poco quel momento di pace.
Rimasto solo, abbassò di nuovo lo sguardo su Lance, che non si era mosso dalla sua posizione.
Sollevò una mano e, lentamente, sfiorò la garza che copriva la ferita alla spalla, sentendo affiorare i sensi di colpa.
L'aveva maltrattato, l'aveva aggredito, a parole e fisicamente, aspettandosi la reazione che chiunque avrebbe avuto, ma lui non se n'era andato. Più ci pensava, più realizzava che questa volta avrebbe potuto accettare la vicinanza di qualcuno, andando oltre i timori che lo avevano sempre bloccato. Questa volta, si disse, avrebbe anche potuto provare a essere felice.
Il braccio che aveva sollevato, si spostò per cingere il fianco di Lance e ricambiare la stretta. Silenziosamente, appoggiò una guancia sui suoi capelli e rimase così, ad assaporare il calore di quel contatto.
Sulle labbra di Lance si dipinse un piccolo sorriso.

***
Le indagini dell’FBI non avevano trovato riscontri e la segnalazione era stata chiusa, per il momento, con un nulla di fatto. Restava la questione del presunto incidente in barca, per il quale Shiro era riuscito a strappare alla Garrison due settimane di permesso per il ferito; più complicato era stato giustificare la permanenza di Keith sul posto, ma la paranoia dei superiori gli era venuta in aiuto, portandolo a suggerire un ulteriore monitoraggio del territorio da parte di chi “sapeva cosa cercare”. A quelle parole, timbri e firme erano stati apposti senza indugi e la vacanza ufficialmente prolungata.
Lance era immensamente grato per questo.
Il morso alla spalla gli aveva dato qualche problema e aveva tardato a guarire, portandolo a preoccuparsi che ci fosse qualche implicazione aliena. Fortunatamente Pidge aveva fatto le dovute analisi senza riscontrare nulla di anomalo.
Di solito Keith assisteva a quei discorsi stando in disparte e scrutando Lance con espressione preoccupata e un dissimulato senso di colpa. Per il resto, era tornato più o meno quello di sempre: a volte brusco, a volte asociale, imbarazzato con Michelle, gentile con nonna McClain, impacciato con Estella. C’era però qualcosa che solo un occhio attento poteva notare: l’ombra che si portava dietro da sempre era scomparsa. Quando sorrideva, sembrava illuminare la stanza e Lance si era sorpreso più volte a pensare che l’umanità e l’universo fino ad allora si erano persi un capolavoro inestimabile.
Gli aveva lasciato il suo spazio, sapendo che Keith ne aveva bisogno, e non aveva parlato di quanto successo quella sera. Aveva deciso di lasciare che le cose seguissero il loro corso, senza fare pressioni, certo che Keith ricambiasse i suoi sentimenti e che ne avrebbero parlato quando si fosse sentito pronto.
Dopo due settimane di silenzio, però, iniziava a sentirsi frustrato e impaziente, senza contare che a breve sarebbero rientrati alla Garrison e la tranquillità sarebbe tornata a essere un sogno lontano.
Fu mentre preparavano le valigie che Lance tentò di introdurre il discorso in maniera quasi casuale.
« Alla fine non ne abbiamo mai parlato, eh? » disse, sorridendo allusivo.
Keith, chinato sul suo borsone, alzò a malapena la testa.
« Di cosa? » chiese, in tono disinteressato.
Lance sospirò, deluso, e tornò alla propria valigia.
Forse era ancora troppo presto, o forse aveva preso un granchio e Keith non lo vedeva affatto in quel modo. Non poteva fargliene una colpa, dopotutto.
« ¿Por qué me enamoré de un idiota como ese? » borbottò, infilando una maglietta stropicciata tra un paio di scarpe e una felpa pesante.
Non si rese minimamente conto del movimento di Keith, almeno finché la sua mano sulla guancia non lo costrinse a voltare la testa e non si ritrovò la sua bocca sulla propria.
« Woah, woah, woah! » esclamò Lance, colto alla sprovvista, scostandosi quasi subito. « Che stai facendo, così all’improvviso? »
Keith sorrise, quel sorriso che gli faceva sciogliere il cuore.
« Estúpido. Yo también te amo. » disse, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lance boccheggiò per un attimo, spiazzato.
« Tu… hai imparato lo spagnolo? »
« Michelle è un’ottima insegnante. Ma vogliamo davvero parlare di questo? »
Lance ghignò e gli posò le mani su entrambe le guance, prima di baciarlo di nuovo.
« Ho cambiato idea, credo proprio che parleremo più tardi. »

End

 

 

Di solito non scrivo note nelle fic o, almeno, non note di questo tipo, ma in questo caso mi sembrava giusto spendere qualche parola. Questa storia mi segue da più di un anno, è nata in un momento difficile in cui è stata uno dei pochi sostegni per l'umore ed è proseguita tra alti e bassi fino a qui. Non pensavo di metterci tanto a scriverla ma, onestamente, non pensavo nemmeno che avrebbe avuto un seguito. Quindi volevo ringraziare tutti quelli che si sono appassionati a questo post-canon e hanno seguito Keith e Lance in questa avventura. Grazie alle mie beta, ai miei bro che mi consigliano e m'incoraggiano, alle persone incontrate lungo la strada (menzione d'onore a Nene e Grim, siete d'oro, vi adoro!), a tutti quelli che hanno lasciato un parere, una traccia del loro passaggio o hanno semplicemente letto.

[Potrebbero o non potrebbero esserci degli spin-off, uomo avvisato...]

Yuki - Fairy Circles

   
 
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