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Autore: Theautumncolours    20/04/2018    1 recensioni
Starei ore su questa panchina a godermi la brezza che mi carezza il viso o il sole primaverile che illumina Taranto, baciata dal mare.
Scrivo solo quando esce il sole. È la fonte principale di ispirazione delle mie lunghe mattine da fuori sede. La gente spesso mi chiede sorpresa perché mi ostini a scrivere. Una risposta c’è: scrivo per non dimenticare.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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16/04/18
 
È strano il tempo questa mattina. Il sole lascia il posto alla nebbia, e viceversa. Pare stiano giocando a nascondino. Tuttavia, han ceduto entrambi il posto a qualche frammento di nuvola soffice.
È lunedì. Io e Michelle abbiamo scelto il giorno ‘migliore’ per saltare l’università, nonostante il nostro obiettivo sia passare l’intera mattinata a studiare in biblioteca. Il treno stamattina pullula di gente con troppa voglia di chiacchierare. Cerco di dissociarmi dalle voci estranee guardando fuori dal finestrino. Viaggiare sulle coste pugliesi è come viaggiare seguendo sempre il sentiero verso casa. Lunghe distese di campagne di ulivi si susseguono fra loro, talvolta lasciando qualche spiraglio verso il mare. Si percepisce un clima particolarmente primaverile e di conseguenza sembra che i fiori germoglino persino dentro di me.
Sposto lo sguardo verso il display del mio cellulare, lo afferro e decido di lasciare qualche messaggio di ‘buongiorno’. La prima a rispondermi è proprio Michelle, dalla quale proviene subito una chiamata.
-“Buongiorno, amica mia”-
-“Ehi, buongiorno”- mormoro appena, con un tono ancora stropicciato dal sonno.
-“Dove sei?”-
-“Sono ancora in treno, dovrei arrivare a momenti.”-
-“Ti vengo a prendere io dalla stazione, se vuoi”-
-“Beh.. se non è un fastidio per te accetto volentieri”-
-“Arrivo tra 5 minuti.”-
-“Perfetto, a dopo”- concludo, tirando un lungo sospiro di sollievo. Odio prendere il pullman di lunedì mattina, tutti perdono la cognizione dell’esistenza. E’ imbarazzante.
Mi guardo qualche secondo intorno, poi automaticamente la voce elettronica del convoglio annuncia il mio arrivo a Taranto.
Scendo dal treno, mi avvio verso l’uscita e scorgo in lontananza Michelle che mi attende in macchina. Indossa i suoi soliti occhiali da sole. Più che proteggersi dal sole pare che voglia proteggersi dalla gente; mentre penso a questa cosa mi lascio sfuggire una mezza risata e salgo sulla sua auto.
-“Ehilà, buongiorno”- esclamo, con fare piuttosto raggiante.
-“Amica mia! Wow, non ti avevo mai vista con gli occhiali da vista, che carina!”-
-“Oh, grazie, li ho messi solo perché dobbiamo affrontare una giornata impegnativa.”-
-“Giusto, giusto. Non ne parliamo. Fammi controllare il navigatore, a proposito.”-
Mette in moto, mi volto verso di lei con fare curioso. Ha un’aria divertita e naturale. I raggi del sole fanno risplendere ancor di più la sua lunga chioma bionda e liscia. Mi ricorda troppo quella persona con la quale in passato non ho chiuso bene i rapporti. Elisabetta, la prof di sociologia, aveva ragione.
-“Ieri mi sono bruciata con la piastra, lo sai? Guarda qui”-, non faccio in tempo a rispondere che aggiunge:-“Devo raccontarti troppe cose che sono successe ieri. Che musica posso farti ascoltare nel frattempo?”-. Lei è così. È capace di passare da un discorso all’altro senza accorgersene e senza darti il tempo di rispondere. Ma non lo faceva apposta, è proprio il suo carattere. Cerca di colmare i miei piccoli silenzi raccontando della sua vita. Necessitavo solo di quello in quel periodo, stavo bene così. Parlavamo in continuazione mentre costeggiavamo il lungomare. Spiragli di un sole caldo iniziavano a farsi strada indisturbatamente.
Michelle aveva un atteggiamento inconsueto alla guida, come una bambina innocente che al contempo urlava qualcosa contro alle macchine che le intralciavano la strada. Era divertente assistere ad una scena del genere.
Ci avvicinavamo sempre di più verso la biblioteca, in lontananza si scorgeva un monumento circolare a più piani.
Parcheggiamo l’auto lì vicino e alzai gli occhi verso il monumento.
-“Ma è bellissima! Sono molto curiosa di vederla dentro”-
-“Credo ci sia venuta solo una volta e per di più costretta dalla scuola. La ricordo bella anche all’interno. Spero di non vedere nessun conoscente, non ho voglia”-, ammise sbuffando un sorriso.
Aveva ragione, la biblioteca all’interno era meravigliosa. La struttura era costituita da due piani dispersivi, ognuno dei quali conteneva una distesa di scrivanie. Era poco illuminata ma adoravo l’effetto del sole che penetrava dalle finestre. Continuavo a guardarmi intorno mostrando un’espressione assuefatta in volto. Anche Michelle sembrava a suo agio in un ambiente del genere.
-“Mettiamoci lì”-, bisbigliò indicando una zona con meno ragazzi nei pressi delle scale. La seguii senza obiettare, avevamo bisogno anche noi di tranquillità. Il parcheggio dell’auto ci permetteva di stare almeno due ore perciò dovevamo darci da fare. Iniziammo  a ripeterci i primi capitoli di sociologia a vicenda ma io ancora non mi ero sbloccata del tutto.
Passò un’ora, mangiammo uno spuntino e continuammo l’opera. Eravamo abbastanza brave entrambe in sociologia, dopotutto dialogare era il nostro forte.
-“Abbiamo fatto poco fino ad ora”-, sussurra dubbiosamente lei all’improvviso.
-“Ma lo abbiamo fatto intensamente”-, rispondo, cercando di tranquillizzarla.
-“Hai ragione. Ci vediamo anche domani? Mattina e pomeriggio?”-
-“Non lo so, Mich. Però sarebbe una buona idea. Ci penseremo dopo.”-
Studiammo ancora un’altra ora, aiutandoci di tanto in tanto. Il tempo trascorse velocemente, la biblioteca ormai assumeva le sembianze di una casa accogliente.
-“Ci  resterei anche tutta la giornata qui, è davvero rilassante”-
-“Mi hai anticipata, te lo stavo per dire”-
-“Hai visto che ore sono? Il parcheggio stara per scadere, uff”-
-“Già, muoviamoci, ho anche fame.”-
Tornammo in auto distrutte dalla stanchezza. Trascorremmo tutto il tragitto del ritorno con della buona musica in radio. Il sole risplendeva ancora. Era una bella giornata di lunedì.
   
 
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