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Autore: LeanhaunSidhe    21/04/2018    14 recensioni
La lama brillava ed era sporca. Imuen girò il taglio della falce verso la luna e ghignò incontrando il proprio riflesso. Si sentiva di nuovo vivo. Non distingueva il rosso dei suoi capelli da quello del sangue dei suoi nemici. La sua voce si alzò fino a divenire un urlo. Rideva, rinato e folle, verso quel morto vivente che era stato a lungo: per quanto era rimasto lo spettro di se stesso? Voleva gridare alla notte.
È una storia con tanto originale, che tratta argomenti non convenzionali, non solo battaglia. È una storia di famiglia, di chi si mette in gioco e trova nuove strade... Non solo vecchi sentieri già tracciati... PS: l'avvertimento OOC e' messo piu' che altro per sicurezza. Credo di aver lasciato IC i personaggi. Solo il fatto di averli messi a contatto con nemici niente affatto tradizionali puo' portarli ad agire, talvolta, fuori dalla loro abitudini, sicuramente lontano dalle loro zone di comfort
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Kiki, Aries Mu, Aries Shion, Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
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Mu raggiunse il palazzo reale pochi minuti dopo essere rimasto senza la compagnia di quella singolare principessa. Era avanzato lentamente fino al portone principale. Non si stupì quando le guardie gli sbarrarono il passo chiedendo chi fosse ed il motivo della sua venuta. Chiaramente, non era nativo di quei luoghi e la diffidenza con cui avevano osservato ogni suo passo non era cambiata minimamente quando aveva detto di provenire dal Grande Tempio di Atene. Allora, l'avevano condotto semplicemente oltre il primo ingresso e fatto aspettare: un messo avrebbe comunicato il suo arrivo al reggente quanto prima.

Presto, voltandosi, Mu si avvide di un uomo che gli veniva incontro e non riconobbe subito, in quel portamento solenne, il giovane russo che padroneggiava le energie fredde. Cristal si era fatto piùsi alto. Aveva le spalle più larghe e lo sguardo fiero. In testa, sotto ai capelli lunghi e la barba che era stata fatta crescere, spuntava a mala pena un diadema intrecciato che doveva essere una corona.

Non si poteva dire che il suo fosse un regno che trasudasse opulenza. Al contrario, la familiarità con cui si rivolgeva a soldati e servitori, in un certo senso, si discostava anche dal rigido protocollo cerimoniale del santuario di Atene. A Mur, sembrò di trovarsi in una novella Sparta immersa nel ghiaccio. Tuttavia, la salda stretta di mano ed il sorriso sincero, accesero nel Saint una nuova speranza. Nonostante tutto, era insieme ad un suo pari. Solo, non riusciva a dare ancora un motivo alla stanchezza che leggeva chiaramente sul viso del re reggente.

 

Cristal ordinò a tutti i suoi servi di lasciarli soli. In uno studio che comunicava con le sue stanze private. Li, avevano accesso solo i membri della famiglia reale. Flare lo aveva accolto gentilmente e la stessa Ilda, benachè sorpresa, sembrò sollevata dal suo arrivo. Nessuno obiettò del massimo riserbo con cui sembrava voler comunicare con lui. Non appena furono soli, infatti, Cristal non gli lasciò neppure il tempo di sedersi.

 

"Per caso, mia figlia si è presentata da Kiki, alla prima casa?"

 

Parte della preoccupazione di Cristal, intuì allora Mur, doveva essere causata da sua figlia. Aries negò. Raccontò del loro curioso ritorno alla vita, dei suoi strani incontri con Haldir, della singolare guida che gli aveva indicato la strada. Per il momento, preferì tralasciare il fatto che quella ragazza si fosse presentata come Seleina. Voleva prima intuire tutti i tasselli di quel quadro. Da che si era risvegliato, la sola presenza familiare e comprensibile che aveva incotrato si era rivelato essere Cristal, con cui, tra l'altro, non aveva mai avuto un rapporto molto stretto. Inoltre, gli sembrava di buttare inutilmente sale sulle sue ferite ancora sanguinanti.

Cristal lo aveva lasciato parlare a ruota libera, attento a non perdersi un solo particolare del asuo racconto. Alla fine, aveva incrociato le mani sul tavolo e lo aveva fissato, sospirando.

 

"E' questo il problema: l'operato dei Dunedain, per gli esseri umani, difficilmente ha un senso. Sono esseri imprevedibili, che non amano intrusioni nei loro affari e di cui si e no gli Asgardiani contemplano l'esistenza. Perfino qui, nelle loro terre, molti li reputano una leggenda."

 

Si era passato una mano sulla barba ed aveva continuato.

 

"Finchè sono rimasti nell'ombra non sono mai stati un problema. Per me, invece, da quando ho messo piede in queste lande, hanno sempre rappresentato una questione spinosa."

 

Mur, che fino ad allora aveva aspettato, aveva alla fine bisogno di sapere. Gli chiese cosa c'entrasse sua figlia in tutta quella storia, cosa ne sapesse lui del misterioso legame tra Seleina e Kiki.

 

Il re si rabbuiò. Tuttavia si fece coraggio e gli confidò un episodio di parecchi anni prima.

 

Quando Seleina era piccola, era solito portarsela appresso durante i suoi allenamenti. La bambina non era dotata di cosmo ma sembrava comunque avere un interesse particolare per le tecniche di lotta. Probabilmente, non ne avrebbe mai fatta una sacerdotessa ma nulla vietata che imparasse un minimo di rudimenti e divenisse abile a difendersi. Sua figlia era uno spirito libero: le piaceva giocare nella neve, ammirare il ghiaccio. Aveva un'immaginazione fervida e spesso le sembrava di vedere fate e folletti. Sognava di perdersi in mezzo a quegli strani esseri che non esistevano e suo papà non vedeva, ma la sua mente di fanciulla si. Un pomeriggio, si era allontanata, attirata da chissà quale suono il genitore non aveva percepito, concentrato come era in una mossa più complicata. Cristal non se lo perdonò mai. Perse sua figlia per una mezz'ora. Richiamata da chissà cosa, la bambina aveva raggiunto un punto nascosto tra le rocce ed i pini. C'era una tagliola ed un grosso animale con la zampa incastrata. Era un lupo, possente, dal pelo bianco. Un animale maestoso. Giaceva a terra, seduto, intrappolato da uno scherzo crudele di qualche bracconiere. Aveva ringhiato appena a quella piccoletta dagli occhi chiari che lo fissava curiosa e senza paura. Rimase poi in silenzio quando quella, preso un ramo più grosso di lei per altezza e stazza, con una certa fatica, l'aveva infilato tra i due bracci della trappola che lo tratteneva. Immobile, quel lupo immenso aveva atteso che la bambina tentasse. Cristal era arrivato tardi: quando le fauci della tagliola avevano iniziato a cedere e le viti erano saltate. Aveva sentito chiaramente lo scatto metallico con cui la trappola cedeva. Sciocco, invece di accelerare il passo e, alla velocità possibile solo ai suoi pari, sottrarre la figlia dal pericolo di quel grosso animale, era rimasto affascinato ad assistere alla scena. La magia delle stelle, che scorreva in lui, gli suggeriva che quel lupo non avrebbe mai nuociuto alla piccola. Folle, anzi, si era portato al loro fianco, sorridente, fiero che la piccola fosse riuscita nell'impresa titanica di distruggere quello strumento di tortura, che lacerava le carni di una così fiera creatura delle foreste. Si era anche illuso che la sua Seleina avesse un cosmo. Pazzo, non aveva inteso che quella era solo una forma. Il resto, era tanta nebbia nella sua memoria. Presto, la neve aveva ripreso a scendere ed in fretta era diventato tormenta. Invece di allontanarsi, come tutte le fiere normali, il lupo era rimasto li. Cristal non riusciva a muovere un passo. Li, il cavaliere aveva iniziato ad avere paura. Sapeva che Seleina era alle sue spalle e si era messo in posizione di attacco. Una singolare forma di energia aveva avvolto le sembianze del lupo: era un cosmo e non lo era. Ai suoi occhi, l'immagine indistinta dell'animale si allungava. Le zampe divennero braccia e gambe. La schiena si ergeva, ritta e fiera. Le dita mutavano. Con sgomento, davanti a loro, si trovava un uomo che vestiva una corazza. Haldir era un uomo e non lo era. Cristal ebbe paura ma Seleina no. Passò in mezzo alle gambe di suo padre e ridendo, nella sua innocenza, indicò uno dei tanti amici fantastici che avrebbero dovuto popolare solo la sua mente e non la realtà.

"Hai visto papà! E' lui! E' il cavaliere bianco che protegge Asgard! E' forte come te, sai?"

Si, Haldir, il padre di una razza perduta di Dunedain, tanto forte da far tremare col suo solo nome gli dei e tanto debole da poter essere imprigionato da una infima trappola degli uomini. Era lui la presenza che, non percepita, stava corrompendo sua figlia.

Il signore delle energie fredde, il cavaliere di Athena, abbracciò a piccola, deciso a portarla via da li, al sicuro nel suo palazzo, tra le cure di sua madre, tra le mani degli uomini. Ma non tutti gli uomini hanno il potere di intrappolare i Dunedain: Cristal non era mai stato tra quelli e non potè impedire che quell'essere facesse a sua figlia un dono. I doni dei Dunedain, che sono doni, ma anche maledizioni. Fu da quel giorno che le iridi di Seleina mutarono di colore: non più il colore degli occhi di Cristal, suo padre, ma quello dei Dunedain, segno che aveva acquisito un loro potere. La piccola, da allora, riusciva a leggere nelle anime. Un dono troppo forte per un corpo troppo debole. Un dono che suo padre, se fosse stato un po' più attento, avrebbe potuto impedirle di ricevere. Il dono che le aveva rovinato la vita.

 

Mu non riuscì a restare impassibile alle lacrime di quel guerriero, suo pari. Rivelò a quel punto chi fosse stata la sua guida fino al palazzo e ciò non sembrò essere di gran conforto per suo padre.

Mesto, Cristal spiegò che senza dubbio, ormai, la sua più grande paura si era avverata: sua figlia non era più un essere umano. Ormai, aveva accettato di diventare una Dunedain in tutto e per tutto.

Solo, gli chiese di mantenere il massimo riserbo sulla cosa. Non avrebbe mai dovuto parlarne con nessuno, Kiki compreso. Ad Asgard, gli esseri umani che facevano quella fine erano considerati alla stregua di assassini e prostitute. Non avevano più un onore: erano uomini che si abbassavano al livello di animali. Se Mur aveva scorto ancora qualcosa di umano in sua figlia e nel suo agire, per mera pietà nei confronti della creatura che era diventata e per l'aiuto che aveva dato a suo fratello, gli fece promettere di tacere.

 

Quando, nel pomeriggio, Kiki li raggiunse, stavano per dirigersi nelle periferie di Asgard devastate dalle creature che si andavano svegliando. Cristal aveva già indossato l'armatura del Cigno e sembrava esitante ad accogliere il giovane Aries come al solito. Sapeva che aveva avuto un confronto con Haldir ed aveva bisogno di capire cosa gli fosse stato comunicato, se in qualche modo fosse controllato nelle sue decisioni, come accadeva a volte alle menti più deboli.

Tuttavia, quando notò l'imbarazzo con cui gli si rivolgeva e l'esitazione verso suo fratello maggiore, gli sembrò di ritrovare una persona molto più autentica di quella che aveva imparato ad accettare negli ultimi tempi. Quasi, rivide per un attimo l'autenticità di quel bambino che era andata perduta. Anche Mur doveva aver avuto quell'impressione, a giudicare dal modo in cui sembrava aver trattenuto il fiato prima che il nuovo arrivato si rivolgesse loro.

 

"Cristal, la situazione è grave. Haldir mi ha svelato parte dei suoi piani. C'è bisogno che tu ci raggiunga ad Athene. Sta per scatenarsi qualcosa di terribile sulla terra."

 

Forse era stata la percezione del pericolo che si stava scatenando, forse Kiki neppure se ne rendeva conto. All'improvviso pareva rifiorita la sua fede nella dea. Era a lei che il cavaliere voleva fare ritorno. Doveva averlo realizzato lui stesso perchè si fissò le mani come se non gli appartenessero, come se solo allora le avesse riconosciute come proprie. Nel suo sguardo c'era una determinazione nuova. Non tutto era perduto. I tre si scambiarono una rapida occhiata prima di dirigersi all'esterno, congedarsi con Hilda e Flare, raggiungere il grande tempio.

 

Per Cristal l'aria assolata della grecia, negli anni, era diventata qualcosa da cullare nel ricordo. Ripensava alle battaglie, ai trascorsi coi suoi amici. Quella volta, percepire i cosmi dei suoi pari, fu come svegliarsi da un lungo sonno. Rivedere i templi abitati, sapere che i loro custodi, commilitoni di tante battaglie, fossero nuovamente in vita era come sentire la speranza riaccendere il cuore. Non tutto era perduto. Non era più solo.

Celere, iniziò a risalire la scalinata verso il tredicesimo tempio. Solo all'entrata del primo si voltò ridendo verso i custodi, non sapendo bene a chi dei due dover chiedere il permesso di attraversare la prima casa.

Deciso, Kiki indicò il fratello. Per lui, non era ancora destino vestire la corazza dell'ariete. A testa alta, privo di armatura, si era affiancato a Cristal, solo un passo dietro a Mur. Cristal ebbe il tremendo sospetto che anche a lui Haldir avesse lasciato un dono o, semplicemente, era il pericolo che incombeva sulla sua sorellina adottiva, che l'aveva spronato a ritornare se stesso. Tutti i suoi incubi sembravano per incanto spariti. Il cavaliere del cigno assottigliò lo sguardo verso il ragazzo che lo accompagnava, poi lo puntò pensieroso alla schiena del custode della prima casa. Forse aveva capito in cosa consisteva il dono di Kiki e, stavolta, magari tutta colpa di Haldir non era. Se il suo intuito non lo ingannava, non ci sarebbero stati problemi di successione per la custodia dell'armatura della prima casa, non in quella generazione. Pregò solo la dea che, tra le sue fila o quelle dei cavalieri di Odino, non ci verificasse qualche altra defezione.

 

   
 
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