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Autore: Mojito    03/07/2009    0 recensioni
La tumultuosità dell'adolescenza con la sua incredibile forza nel distruggere e creare ciò che siamo e che saremo, viene rinchiusa in piccoli capitoli dove si narrano particolari di vita di gente normale..."regolare"...giovani d'oggi appena usciti dal periodo adolescenziale e quindi pronti a compiere i primi passi nel mondo che conta...anzi..."scontato".
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“miei occhi e il cuore son venuti a patti

 

SHE'S WEARING SUNGLASSES (nonostante avesse gli occhi azzurri)

“miei occhi e il cuore son venuti a patti
ed or ciascuno all'altro il suo ben riversa:
se i miei occhi son desiosi di uno sguardo,
o il cuore innamorato si distrugge di sospiri,
gli occhi allor festeggian l'effigie del mio amore
e al fantastico banchetto invitano il mio cuore;
un'altra volta gli occhi son ospiti del cuore
che a lor partecipa il suo pensier d'amore.
Così, per la tua immagine o per il mio amore,
anche se lontano sei sempre in me presente;
perchè non puoi andare oltre i miei pensieri
e sempre io son con loro ed essi son con te;
o se essi dormono, in me la tua visione
desta il cuore mio a delizia sua e degli occhi.”

 

<< a me l’amore mi sta sul cazzo, quasi più di Shakespeare >> pensò la ragazza, lasciando cadere il mento sul proprio pugno; il banco sapeva di detersivo. Un odore misto tra polvere, sudore e candeggina, un fottutissimo odore di scuola statale, inutile, ridicola…noiosa.

Gli occhi della giovane si socchiusero lentamente.

Chissà se i momenti più pericolosi per l’integrità di una mente arrivano proprio quando la si usa…già chissà…come sarebbe il mondo fatto d’istinti e di voglie.

Voglie brevi, intense ed avvolgenti, accettate da tutti, e ammesse dal mondo intero…sarebbero ancora desiderate queste voglie? Questi attacchi di puro istinto sarebbero desiderati in un mondo che li considererebbe???..

<< PSSSSS…EEEIIII SVEGLIATI ALE!!! >> una penna iniziò a gironzolare intorno all’orecchio della ragazza sopita…<< uhhh…aaa si, cazzo! Grazie Vale…ma quanto manca alla fine? >>…<< guarda che è finita, dai andiamo a casa >>….<< si andiamo…ufffff….. >> la ragazza si alzò dal banco, raccolse tutte le sue cose (e probabilmente anche quelle che non lo erano affatto) chiuse rapidamente lo zaino che gettò con altrettanta rapidità sulle sue spalle da ragazza del quinto anno di un liceo qualsiasi in una qualsiasi città di una qualsiasi Italia.

Le due ragazze si avviarono con passo spedito verso l’uscita della prigione, ignorando i soliti sguardi, ormai il rito dell’uscita era meccanico; penetrato fino alle fondamenta della loro vita.

Attraversarono i soliti corridoi che attraversavano tutti i giorni, facevano finta di non notare le solite macchie sulle pareti che notavano tutti i giorni…finalmente arrivò la luce…un luce spenta e opaca, era l’uscita.

Alessia tirò un forte sospiro e sorridendo tirò un buffetto a Valeria << su su! Che si fa oggi?? Dai dai che facciamo?? >> << ti sei ripresa eh? Prima non sembravi così energica >> << che pretendi, le lezioni di inglese sono così pallose, vuoi che mi metta a ballare in mezzo alla classe? <> Valeria sorrise lievemente, il triste taglio dei suoi occhi azzurri sapeva nascondere bene il suo stato d’animo, era effettivamente un’ottima armatura da sfoggiare nella guerra quotidiana di una ragazza di 19 anni.

Alessia prese a braccetto l’amica e si fermò bruscamente. << che c’è? >> esclamò Valeria senza troppa enfasi, quasi scocciata. << inizia la sfida >> << sfida a chi o cosa? >> replicò l’amica.

le mattonelle...lo stupidissimo gioco di non pestare la sottile linea che divide una mattonella dall'altra...gioco adatto ai minori di anni sette, consigliato a tutte l’età.

Proprio vero; quando uno a sette anni è triste, lo è perchè sente veramente la sofferenza...quando uno a sette anni sorride, lo fa perchè è veramente felice...

Le ragazze iniziarono a zampettare scherzosamente, ma riuscirono comunque a non attirare l’attenzione di nessuno. La gente ha ben altre cose a cui pensare che fermarsi ad osservare il mondo, e così ognuno va per la sua strada, fermandosi solo quando la propria incolumità viene minacciata o quando il rischio di sentirsi vivi si fa decisamente imponente.

Un pomeriggio invernale come tanti altri pomeriggi invernali, normale…apatico.

Il cielo grigio si confondeva con i glaciali occhi di Alessia. Occhi scorretti…decisamente scorretti.

E stranamente Alessia odiava quando l’argomento di qualche inutile discussione andava a girare intorno ai suoi occhi, aveva paura che lei non fosse altro che occhi; quei due diamanti rischiavano di oscurare tutto ciò che lei era in realtà.

Si sentiva più interessante di un paio di pallini umidicci in continuo movimento…niente da fare, ogni volta i suoi occhi la precedevano, << sai cosa facciamo? Mettiamo l’Ale fuori in terrazza, così fa fuori tutte le zanzare >> << che dici stupido? >> << hai presente quella roba elettrica che le stecchisce tutte…ecco devi fare una cosa del genere >> << …idiota e poi tutta la pallina di zanzare umidicce e morte dentro le mie palpebre chi le toglie? >> evidentemente neanche gli amici l’aiutavano nella sua lotta contro i suoi malvagi e narcisi occhi.

 

 

Federico si alzò dondolando come un ubriaco, eppure il rhum della sera prima avrebbe dovuto essere già assorbito, digerito e dimenticato…dimenticato un cazzo.

Lo stomaco bruciava tremendamente, nemmeno l’acqua sapeva alleviare quel fottuto dolore; si accese una sigaretta, la spense immediatamente.

Troppa stanchezza, troppa indecisione, troppa voglia di non fare…

Barcollò fino al bagno e si lasciò cadere nella doccia, riuscì a spogliarsi, e imprecando avidamente lasciò scendere una cascata gelata sopra la sua testa.

I brividi riuscirono a svegliarlo, quel tanto che bastava per fargli capire che aveva ancora i calzini. << cazzo cazzo!!! Cazzo!!! Cazzo!!!....ma chi se ne frega… >> il ragazzo continuò la doccia appoggiato alla parete del box, ormai i calzini erano molli e a Federico sembrava di avere i piedi dentro due grandi lumache.

Arrivò finalmente alla parte più odiata della doccia, “The Mirror Time” il ragazzo ridacchiò dentro di se, << sarebbe un ottimo titolo per un osceno programma televisivo >>.

<< …che merda >> dopo un attimo di interminabile silenzio, Federico assunse una smorfia di disappunto, si arruffò i capelli nerissimi e si guardò attentamente gli occhi.

Gran bella cosa lo specchio, permette di guardarsi negli occhi e capire qualcosina in più.

La statua di sale rimase lì incastonata nella sua smorfia di disappunto, impossibile muoversi, solo qualche flebile pensiero. Nessun pensiero particolarmente profondo, solo cazzate.

E di cazzate ne aveva tante da raccontare, Federico, in 23 anni era riuscito a racimolare abbastanza esperienza per sparare un innumerevole arsenale di minchiate, un’abilità abbastanza inutile che più di una volta gli aveva salvato la sua inutile stabilità mentale.

Ad ogni risveglio partiva la registrazione, movimenti meccanici, pensieri già studiati nella notte pronti a fare capolino nella nebbia per poi sparire senza lasciare traccia…la noia, l’apatia, la vita…era dunque questa la vita? Adeguarsi all’ambiente esterno, riuscire a far parte di ciò che lo circondava, senza spiccare, senza essere di diverso colore dallo sfondo grigio che lo sorreggeva.

Eppure un tempo non era così, quando era poco più che un bambino innocuo, si sentiva vivo, pieno di speranze, il suo colore era riconoscibile, la sua sagoma ben definita, in costante movimento, dinamicità allo stato puro, ora non rimaneva altro che una toppa grigia, persa nel grigio…un dolore fortissimo e indigeribile che non faceva ormai più effetto.

<< Chissà come potrò diventare adulto, chissà se continuerò a diventare un essere schifoso come lo sono gli adulti…che schifo…a me l’amore mi sta proprio sul cazzo >>.

Inutile stare tanto a discutere sul significato della vita, sulla politica, sullo sport, sull’amore. Ognuno vede le cose a modo suo, ma quelle cose sono sempre le solite, per tutti.

Siamo tutti uguali, é solo la nostra instabilità mentale che ci differenzia l’uno dall’altro, e Federico questo lo sospettava, ma non faceva niente per bloccare quell’inesorabile trasformazione da pazzo a sano. Non voleva diventare sano, rimanere pazzo era ciò che desiderava e che non riusciva a realizzare.

Quando non si riesce a realizzare ciò che si vuole, e quando quello che vogliamo raggiungere è catalogato come missione principale per la salvaguardia della propria vita, bè a quel punto non rimane altro che nascondersi nella moltitudine di soggetti sani, e far finta di niente, ma lui odiava fingere, perché non riusciva a fingere? Perché non realizzava che il segreto di una fottuta felicità è quello di smettere di lottare e accettare la propria apatica esistenza del cazzo? Povero Federico, che cervello marcio ti è cresciuto in quella scatoletta fatta di ossa e mucosa.

 

<< Piove >> sospirò Valeria, << guarda che lo sento…non importa tu me lo venga a ricordare >> Alessia lanciò un piccolo cenno di sfida misto a sarcasmo a cui Valeria sembrò non dare molta importanza.

Quando pioveva gli occhi di Alessia si intristivano, diventando ancora più belli; e lei questo lo odiava, come tutte le cose che la riguardavano ma che non le chiedevano il permesso di esistere.

<< senti, oggi vieni da me o hai da studiare?? >> << guarda Ale, che non sono solo io quella che deve studiare, dovresti studiare anche te >> << ho capito, anzi no! Non me frega niente, io oggi esco…daiiiiiiiiii >>. Valeria era una ragazza decisa, abbastanza sana da riconoscere la pazzia e analizzarla, riusciva a capire molte cose, ma non era ancora in grado di opporre resistenza ad Alessia. Questo non riusciva a spiegarselo, ma in fondo non ci aveva neanche mai provato…per quale motivo uno si deve chiedere come ha fatto a vincere la lotteria, quando l’ha vinta…della serie…chi se ne frega.

<< ok, allora che fai mi lasci sola? >>…con un broncio falsissimo Alessia si rivolse all’amica…<< guarda che con me non attacca bimba…senti, ci vediamo verso le 5, prima non posso davvero >> << con chi sei?? >> replicò con tono indagatore Alessia << con chi vuoi che sia, lo sai no, quel ragazzo dell’altra sera…mi ha chiesto un caffè, e si, insomma, hai capito no? >> << no >>….<< fanculo Ale >> << grazie Vale…ufffff, va bene ci vediamo alle 5 davanti al bar, non fare tardi e porta almeno un preservativo >> << bllaaaaa >> Valeria rispose con una raggiante linguaccia al punzecchiamento dell’amica.

Le due ragazze si fermarono davanti ad un cancello, si salutarono e Alessia proseguì da sola verso casa continuando a guardare il marciapiede, aveva voglia di fare qualcosa, ma non sapeva esattamente cosa, un’uggia strana si era impossessata di lei.

A volte pensava di scappare da quella monotona provincia…si ma scappare dove? E quando? E con chi? Sola? Con l’amica della vita? Con tutte le amiche? Con un cane? Senza cane?...troppe domande, e pochissime risposte…

Ci sono certe cose che devono essere solo pensate, per ricordare a noi stessi che possiamo ancora scegliere quando invece non è assolutamente così. L’illusione della libertà a volta sostituisce la libertà stessa, e questa è la peggior condizione possibile. Quando non si possiede la libertà di decidere sulla propria vita, si diventa monotoni e scontati, una canzonetta interessante la prima volta che la senti, e stressante tutte le altre volte che capita casualmente sul tuo ipod.

Alessia era una bellissima canzone, ma non sempre le riusciva farsi ascoltare…le canzoni per essere belle devono essere ascoltate, sennò diventano solo rumori…inutili.

 

Federico stava ancora finendo di vestirsi quando uno strillo improvviso gli sconvolse lo status mentale oramai imbradipito: << cazzo! La tesina!!! Marco mi ammazza…e ha ragione >> aprì l’armadio con fare sconvolto, tirò fuori alcune cose casuali…imprecò, si voltò con sguardo allucinato, iniziò a saltellare furiosamente per la camera; inciampò su una tazza piena di caffè freddo…povero Federico.

Uscì dal portone di casa, e senza far caso a ciò che aveva intorno si avvicinò alla macchina. Accese immediatamente l’autoradio, la musica prima di tutto.

Non pensava, semplicemente non pensava; era la cosa migliore. Il volume era altissimo e ad ogni semaforo attirava un sacco di sguardi di passanti incuriositi da quel frastuono rinchiuso in quell’abitacolo metallico “che tamarro” “ma quanto cazzo la tiene alta quello lì” “ ma bada che musica di merda”…pensieri tutti molto edificanti, ma che a Federico non arrivavano, sia perché si trovava in uno stato di semi-vita comatosa, sia perché non sapeva ancora leggere nei pensieri, fortunatamente.

Quegli occhi azzurri erano tremendamente spenti quando guardavano la strada, riuscivano a malapena a leggere qualche targa che occupava per poco tempo la memoria a breve termine del ragazzo. Per mancanza di posto, le targhe, venivano crudelmente eliminate…che gioco stupido.

Arrivò davanti alla copisteria, doveva stampare la tesina di Architettura per la quale aveva dormito solo un paio d’ore in un paio di giorni. Doveva fare veloce, il suo collega di tesina lo aspettava già da qualche minuto davanti all’università.

Andava troppo veloce per poter vedere un posto macchina, perfettamente ubicato davanti alla copisteria. Finì per parcheggiare la macchina a un centinaio di metri dal negozio, si rese conto della sua idiozia qualche istante più tardi, ma ormai era troppo tardi.

“Troppo tardi”, che frase del cazzo, perché una cosa deve essere “troppo tardi”? chi lo decide quando è tardi o presto? Perché non si può tornare indietro? Perché non si può??? Perché si, ecco perché.

Svoltò l’angolo a corsa, fu un attimo, un ombrello gli si conficcò nel ginocchio, tutti i fogli caddero rovinosamente in una pozzanghera, la ragazza cade goffamente all’indietro, Federico si accasciò per un istante per poi rialzarsi e tentare di mettere a fuoco la situazione.

<< ma che cazzo fai? >> esordì la ragazza evidentemente ancora sconvolta dallo scontro << o cazzo, scusa, stai bene??? Su su, rialzati dai >> il ragazzo porse gentilmente la mano alla ragazza che si guardava intorno imbarazzata << ma levati! Stupido! E stai più attento…imbecille, mi sono fatta malissimo >> << guarda che non l’ho fatto apposta, ero di fretta…ma te stai bene? >> << lasciami stare… >> la ragazza si rialzò prontamente, prese l’ombrello e con una smorfia terribile si avviò rapidamente verso la fermata dell’autobus. << Mamma mia…acidissima >> disse il ragazzo ad alta voce per farsi sentire dalla ragazza che ormai era lontana e non poteva sentirlo.

Federico si mise a sedere sul marciapiede, poco importava se era tutto bagnato, ormai la tesina era andata come se n’era andata la voglia di camminare.

“che ragazza odiosa” pensò tra se e se “almeno potevo sperare in un incontro tipo film, anche se faceva cagare, poveraccia, non si sarà fatta male sul serio….bah…cazzi sua”. I pensieri di Federico vennero interrotti da una sensazione, di solito le sensazioni non interrompono i pensieri, che sono quasi sempre più forti, ma in quel momento quella sensazione era troppo forte per essere ignorata.

Federico alzò timidamente lo sguardo verso l’altra parte della strada.

Una ragazza lo stava fissando, e sembrava divertita. Non riuscì a darle un’età, ma nel complesso sembrava una della sua spenta generazione di inutili vittime, una delle tante; delle piccole onde di capelli le scendevano lungo le spalle, il viso era pulito, fragile e ben definito. Non era ne alta ne bassa, ne grassa ne magra, era una semplicissima ragazza che lo stava fissando senza alcun motivo (secondo lui). Provò a fissarla a sua volta, giusto un attimo, quanto bastò per fargli pensare “senza occhiali non vedo un cazzo, la conosco quella?”.

Non la conosceva, ma sembrava una scena interessante.

 

Alessia si trovò davanti ad una scena inusuale, si sentiva una spettatrice invisibile attirata inspiegabilmente dalla vittima di quello strano scontro. Non riusciva a capire perché quel ragazzo fosse rimasto sul marciapiede bagnato, con i piedi in una pozzanghera e l’aria da eterno sconfitto, e non riusciva a capire perché l’altra ragazza avesse avuto quella reazione così furiosa. Era forse pena quella che provava? Senza rendersene conto, rimase a fissare quel ragazzo dai capelli scuri e la faccia chiara per troppo tempo; il ragazzo si era accorto di lei e la stava osservando.

Inutile dire che Alessia si sentiva imbarazzata, sapeva che in quella situazione doveva dire qualcosa, ormai gli sguardi si erano incrociati, il contatto era avvenuto: due persone immerse nei propri pensieri avevano infranto quel muro di ovatta che circonda le vite di quasi tutti gli esseri umani che camminano per strada.

<< ti sei fatto male? >> esordì timidamente la ragazza. Federico si guardò intorno spaesato “si, parla con me questa…”. Non sapeva come rispondere, le guance del ragazzo si arrossirono leggermente.

<< ehm, no…non è niente, grazie comunque… >>. La ragazza spiazzata non rispose.

Federico si rialzò, si tocco i jeans neri…erano fradici.

La ragazza continuò a fissarlo per un istante e decise di attraversare la strada per andare incontro al ragazzo intento in una delicata valutazione della propria umidità.

<< questi sono tuoi, credo >> la ragazza porse quel che rimaneva di una ventina di fogli al ragazzo. << ehm, grazie…hai visto che stronza?? >>. La ragazza sorrise…un inutile sorriso di circostanza << e, si…avrà avuto paura… >> << faccio paura? >>la ragazza sorrise questa volta il suo sorriso era reale.

Federico osservò timidamente il volto della ragazza, era un volto simpatico, fresco, interessante, ma non c’era tempo per un’attenta osservazione; doveva fare qualcosa.

Di solito in queste situazioni l’imbarazzo non dovrebbe esistere, non ha proprio senso di esistere; perchè mai uno si dovrebbe sentire imbarazzato a parlare con una persona che non conosce, non ha proprio niente di cui avere paura, eppure Federico era tremendamente imbarazzato, una sensazione di merda.

Federico prese i fogli che le delicate mani della ragazza gli porgevano, Sorrise alla ragazza e fece un debole cenno…sarebbe dovuto essere un saluto.

Alessia si sentì travolta da una strana sensazione, avrebbe voluto parlare con quel ragazzo, per il semplice fatto di parlare con qualcuno di diverso, ma non aveva la forza per farlo. Pensò di aver fatto una gentilezza, tutto qui, né più né meno. Una gentilezza.

Non riuscì a dare una valutazione estetica a quella specie di uomo incompleto, di solito quando una ragazza osserva un ragazzo e viceversa, l’impatto visivo occupa la maggior percentuale del contatto. In quel caso Alessia continuò a pensare al perché quel ragazzo fosse rimasto a terra sotto l’acqua con i piedi immersi in una sudicia pozzanghera, ripensò a quello che aveva percepito prima…pena.

<< Bè, grazie di tutto, ora però devo scappare scusami, e… >> << e? >> rispose immediatamente la ragazza, incuriosita << e.. niente, scusami, chissà cosa avrai pensato >>

Finalmente il vetro era stato infranto, con una sola e apparentemente inutile domanda Federico aveva frantumato la barriera di vetro che lo separava dall’altra persona.

<< Veramente non ho pensato niente, ti ho visto per terra, e mi è venuta voglia di aiutarti, semplice >> mentiva.

<< allora forse è sembrato a me che ci sia stato un’eternità lì per terra >> rispose timidamente il ragazzo. La ragazza sorrise, accennò un saluto con la mano e si incamminò verso l’altro lato della strada.

Federico avrebbe voluto fermarla, ma non conosceva il motivo, e quando non si conosce il motivo, di solito si sta fermi, ed è quello che fece. Rimase fermo, immobile, a fissare la bella ragazza che usciva dalla sua vita. Perché si era mosso qualcosa dentro di lui? Perché improvvisamente gli avevano tolto il sacchetto di plastica che non lo faceva respirare da ormai troppo tempo? Solo per un istante Federico respirò, poi tornò a soffocare come sempre.

Alessia tornò a capofitto nei suoi pensieri, era stato un piacevole break, niente di più…ora poteva tornare a vagare nella sua voragine di preoccupazioni con tutta tranquillità.

Quando si trovava da sola era pericolosissima per se stessa, iniziava il suo viaggio del pessimismo all’interno dei suoi problemi. Ormai era assuefatta da quella piacevole e deprimente sensazione di male, non ne poteva fare a meno. I suoi problemi erano tutti suoi e lei se li voleva godere in santa pace, senza rendersi conto di perdere un sacco di tempo.

Pensava ancora a qualche tempo fa, quando era tranquilla, felice, ma senza rendersene conto; quando qualcosa la fece sobbalzare, una mano le aveva agguantato la spalla.

Non ebbe il tempo per impaurirsi, si voltò e le apparve il ragazzo di prima, lo sfigato bagnato.

<< scusa…>> la ragazza non rispose, si limitò a girarsi, e questa volta non sorrise. Federico pensò di aver fatto una grande cazzata, ma ormai aveva superato il valico, non poteva più tornare indietro, anche se il suo cuore era di ben altro avviso, ma si sa che i cuori non hanno cervello.

<< ecco, scusa se t’ho fatto paura…ma mi chiedevo se ti andasse di accompagnarmi a prendere un caffè >> ormai l’aveva detto. Federico stava osservando dall’alto un ragazzo un pò goffo con una mano attaccata alla spalla di una ragazza impaurita…era lui quell’imbranato. Tornò in sé.

Alessia non sapeva cosa fare, aveva paura, non era pronta, lei stava patendo da sola! Cosa voleva quel tizio? Perché le stava toccando la spalla, e poi la richiesta assurda…ma che cazzo stava succedendo??!!

<< ehm, no grazie >> la ragazza assunse un’espressione apatica i suoi occhi erano altrove. << aaa forse hai da fare, scusa, magari ti ho fatto paura, e forse hai pensato che sono un maniaco, visto che sei una ragazza sola, in questa strada vuota…e si! Forse hai pensato questo…cazzo! Scusa, guarda che non volevo, non so nemmeno perché te l’ho chiesto, forse perché.. >> il ragazzo si fermò. “ma quanto cazzo parla questo?” pensò Alessia. << e si ho avuto un po’ paura, ma mi è già capitato di essere fermata per strada, però la mia risposta è no. >> Alessia si sentì stranamente forte, spietata e invincibile. << touchè >> rispose prontamente il ragazzo << cosa? Che significa? >> la forza di Alessia venne polverizzata all’istante, ora si sentiva incuriosita anche se sapeva di perdere del tempo. << lo si usa nel fioretto, letteralmente significa “toccato” in francese, e si usa quando tra due spadaccini uno di loro viene colpito dall’altro >> << bella spiegazione, ma qui, che c’entra? >> << bho, si dice così, quando uno…ehm…si…insomma…perde uno scontro verbale >> << hai perso? >> << si >> << bene…succede >> la ragazza riprese forza, e sorrise nuovamente. << Ora scusami ma devo andare, non ti preoccupare che non ti denuncio >>.

Gli occhi di Federico tornarono grigi, aveva perso l’azzurro.

Gli occhi di Alessia tornarono grigi, aveva perso l’azzurro.

 

Federico era riuscito a far ristampare la tesina, era arrivato in ritardo all’appuntamento con il suo amico, ed insieme avevano consegnato la tesina alla professoressa senza che lei degnasse di uno sguardo il loro faticoso parto. Era pomeriggio, troppo presto per andare a bere qualcosa per cui valesse la pena spendere, e troppo tardi per andare a dormire, “vado in centro, così vedo se trovo le date degli Incubus” questa fu la scusa che spinse Federico ad andare a fare due passi in centro, alla ricerca di qualcosa che aveva perso ormai da troppo tempo…la libertà di sentirsi vivo.

 

Alessia era immersa nella sua musica “ospedale…sigaretta…porta…fuori…fumare…triste” pochi e scarni pensieri balenavano nell’orgia musicale che stava avvenendo nella testa di Alessia, per lo meno non giocava al giochino del pessimismo.

Il cellulare, la sua porta sul mondo, squillò prepotentemente. Alessia lo prese all’istante << PRONTOOOO!!! DÉÉÉÉÉÉÉÉ >> << Ale! Come va? Che faiii??? >>.

Debora era l’altra amica “intima” di Alessia, una bella ragazza mora con lineamenti dolci ma sguardo deciso.

Non aveva gli occhi azzurri.

<< Musicaaaaa! BUM! BUM!!! YEEEEE!!! Te? >> << hahaha mi fai sempre ridere bimba!...maaa niente…che dici? Si va a fare un giro in centro? Mi accompagni a prendere i pantaloni nuovi? >> << ancora?? Ma quanti cazzo ne compri! Consumista!!! >> << siiiiiiiiiiii mi piace consumare!!! Siiiiiiiiiiiiiiiiii >> altre risate ed altre cazzate terminarono la conversazione. Alessia balzellò giù dal letto, e iniziò a preparasi per l’uscita, aveva tempo di andare in centro con Debora e poi passare da Valeria…era contenta…sapeva cosa fare, e non doveva pensare a cosa fare, almeno non quel giorno.

 

Il telefono iniziò a vibrare, risvegliando Federico dal letargo mentale. << che vuoi? >> << uhmm però non male come inizio, sempre allegro, eh Fede? >> << non mi vedi, ma sto ballando nudo con 5 ballerine brasiliane cosparse di coca e nutella, sono felicissimo >> << m’immagino…pensi ancora a quella? >> << veramente stavo pensando a quanto è fastidiosa l’acqua nelle converse >> << veramente è fastidiosa in qualunque scarpa… >> << nelle converse di più fidati miche. >>

Michele era forse quello che si definisce “miglior amico” di Federico, che non lo aveva mai riconosciuto come tale perché il tutto dipendeva dai momenti. La pensavano allo stesso modo, ma in maniera differente, e questo gli permetteva di andare d’accordo e di scambiarsi un sacco d’infamate.

<< sono in centro…che fai capiti? >> << lo sai che sono a lavorare.. >> << e lavori così tanto da chiamarmi? >> << ehehe, lo sai che alla CGIL si lavora sodo… >> << rimasto >> non lo pensava. << comunque ti ho chiamato per dirti se dopo ci si trova per un aperitivo >> << non penso, per il semplice fatto che sono le quattro, e tre ore in centro non ci sto neanche se me lo chiede il Gabibbo >> << vabbè, torna a casa e poi riesci >> << fatica.. >> << ti passo a prendere io, stronzo >> << affare fatto, alle sette a casa mia, ho voglia di vomitare >> << esagerato, ma come fai a stare ancora male per quella? L’hai lasciata te! >> << infatti, sto talmente bene che voglio vomitare…di gioia >> << hahahah vabbè dai…ci si vede dopo, io chiamo Puddu >> << ecco bravo chiama anche Puddu, così ci si vomita tutti addosso >> << ciao Fede >> << ciao Miche >>.

Era contento, gli piaceva ricevere telefonate. Guardò il display del cellulare, imprecò.

Federico odiava vomitare, in realtà aveva vomitato solo una decina di volte…non aveva nessuna intenzione di stare così male, per un senso di insoddisfazione personale, l’alcool non poteva essere la vita…forse un’illusione…o forse la realtà è solo un’illusione dovuta alla mancanza di alcool…chissà…sicuramente Federico non lo sapeva, ci pensava solamente.

Comunque una delle cose che rendeva Federico fiero di essere Federico era la capacità di dosare i suoi eccessi, si sentiva intelligente…a volte.

 

<< perché ti sei messa gli occhiali da sole? Non lo vedi che non c’è il sole?? STUPIDAAA! >> << blaaaaa >> Alessia rispose con una sguaiatissima linguaccia. << Deborina! Su! Su! Non mi distrarre che devo guidare! Dai! Dai! Fatti una discreta palata di cazzacci tua! >> << come sei cattiva! Mi piaci quando sei così!!! Uaaaaaaa!!! >> Debora si leccò le labbra << ahahahaha…a proposito sai che oggi, all’uscita, ho conosciuto uno… >> << hai conosciuto uno? Non scherzare >>. Alessia sorrise, pensò di smettere di parlare, poi non sapendo cosa fare riattaccò il discorso. << si! Cioè! No! Non l’ho conosciuto, non so nemmeno come si chiama! Però l’ho aiutato a rialzarsi…hahahah era caduto in una pozzanghera dopo essere stato investito da una che l’ha mandato sonoramente a fare in culo >> << poveraccio, era carino almeno?uhmmmm >> << bah, non è questo! Sai cosa ha fatto dopo che sono andata via? >> << cosa? >> << mi ha chiesto d’andare a prendere un caffè >> << hahahaha son tutti uguali questi fessi! Sempre arrapati! Che schifo…anzi a me ‘sti tizi fanno proprio paura >> << dai non è stato aggressivo, era mega imbarazzato! E poi non pensavo avesse cattive intenzioni, forse era un po’ giù e aveva voglia di parlare…chissà >> << o forse aveva voglia di sbatterti contro un muro e violentarti..aaaaaaaaaa >> << STUPIDAAA!!!..ufff siamo arrivate…comunque…insomma è stato divertente… >> << contenta te, io ho paura di questi tipi, se me li trovo davanti gli do foo >>.

Le ragazze scesero dalla macchina, e si incamminarono saltellando verso il centro della città.

<< Ora sai cosa facciamo? Ci mettiamo a osservare tutti i ragazzi accoppiati teneramente con le loro zoccolette, così loro ci guardano e facciamo scoppiare un sacco di litigi! Mi pare giusto, no? >> << giustissimo >> rispose in maniera assente Alessia.

Debora lo vedeva quando Alessia era su un altro pianeta, e sapeva anche come farla tornare sulla terra, a volte però le mancava la forza, perché nessuno è forte a questo mondo, si fa solo finta di esserlo,e al massimo ci si nasconde dietro un paio di occhiali da sole che nascondono un paio di occhi incantati, che non si sa bene cosa nascondono.

Le strade umide e grigie del centro storico apparivano come una malinconica cartolina in bianco e nero, era piacevole passeggiare accanto ad un’amica fidata e affrontare il mondo senza troppe preoccupazioni, e con un paio d’occhiali da sole mentre piove.

<< ma ci vedi? >> Debora ruppe così un rassicurante silenzio. < assolutamente no >> Alessia si tolse gli occhiali, e sorrise vivacemente all’amica…<< Hai voglia di un waffel? >> chiese alessia. << Waffel! E waffel sia! >>. Le due ragazze si incamminarono con fare deciso, la strada grigia scorreva velocemente sotto i loro freschi movimenti, erano come fiori che si arrampicavano su uno squallido blocco di cemento in periferia.

 

“uhmmmm Waffel” Federico rallentò il passo, l’odore di pasta dolce e cioccolata risvegliò la sua fame, il suo portafogli gliela fece passare immediatamente. “cazzo! L’ho lasciato ancora in macchina…cazzo!”. La voglia di tornare al parcheggio era pari a zero, e si convinse che non avrebbe dovuto spendere niente, quindi rinunciò al waffel e continuò spedito verso il negozio di musica. Si strinse nel cappotto nero, e si limitò ad osservare qualche ragazza che incrociava la sua strada. “chissà se quella simpatica…quella sembra che abbia un paletto nel culo…cazzo, bona quella” i soliti scontati pensieri annebbiavano la sua mente già annebbiata dalla sua riluttanza dovuta al camminare. Si sentiva solo. Stava bene da solo.

 

Le due ragazze si sedettero al tavolino, dopo qualche istante una ragazza svogliata si presento dinanzi a loro. << avete già deciso? >> esordì la cameriera, biascicando una gomma che aveva in bocca dalla mattina << si, un waffel con la nutella per me >> << io invece con la crema >>. La ragazza bionda fece uno schizzo su un bigliettino di carta e si allontanò con indifferenza. << che antipatica…mi sta sul culo! >> << dai ale…tranquillina, ora ti arriva la tua amata nutella >> rispose l’amica << si, la mia unica vera amica >> << daiii! Stronzaaa >>. Alessia rise con gusto, aveva voglia di parlare, ma non sapeva come iniziare un discorso serio, non se la sentiva…alla fine erano andate a fare una passeggiata per ridere e per stare bene, non aveva senso annoiare Debora, che sembrava felice di stare insieme a lei. “meglio non farsi prendere dalle paranoie” pensò.

<< Senti Ale, scusa ma io devo andare in bagno, lascio la borsa qui, sennò ci fregano il posto. torno subito, eeee >> << vai vai! Non mi rapisce nessuno… >> << ti garberebbe eeee >> Debora si alzò rapidamente e si avviò verso l’interno del bar.

<< mi spiace signorina, ma il bagno è fuori uso, può andare al bagno pubblico, è proprio qui dietro l’angolo, veramente a cinque metri >> << ok, grazie >> Debora sbuffò, era un po’ indecisa, i bagni pubblici le avevano sempre fatto schifo, come a chiunque, provò a ingegnarsi e vide dall’altra parte della strada un piccolo bar.

<< Scusi, mi da un estathè al limone? >> << 1 euro >> << ecco >> Debora pagò, maledì se stessa per non aver chiesto all’ometto del bar se poteva andare in bagno, odiava essere miseramente sconfitta, questa voglia il suo orgoglio vinse sull’indecisione. << scusi, il bagno? >> << l’ometto indicò una porticina in fondo al bar >>. Il bagno faceva schifo.

Deborà uscì indispettita, e senza guardare uscì rapidamente dal piccolo locale, Forse troppo rapidamente.

<< cazzo! Ma che c’ho la calamita!! >> Federico si toccò la testa con la mano. << ei, tutto a posto? >> questa volta la ragazza era carina. << scusa, non l’ho fatto apposta, è che proprio non stavo guardando >> << ho visto >> << ei! Ti ho chiesto scusa…cosa vuoi? Maaa…ora vado la mia amica mi aspetta…ciao >> con fare sempre più incazzato Debora si diresse dall’altra parte della strada dove Alessia la stava aspettando. << ma ci sei cascata nel cesso? >> esordì Alessia con un sorriso << guarda, lascia perdere, sono dovuta andare a comprare un estathè al bar qui di fronte, per andare al bagno, che faceva troppo schifo! Allora tutta incazzata sono uscita e ho sbattuto contro uno scorbutico…che figura di merda… >> << AHHAHAH senti che storia…hahaha almeno era carino? >> << e che ne so…era scorbutico…si, sembrava vagamente attraente, ma aveva l’aria da maniaco…ooo insomma sono ancora sotto shoc non mi fare troppe domande…>> <> << stupida… >>.

Federico rimase lì, fermo a fissare una mattonella annerita dal tempo, seguì con lo sguardo la ragazza che lo aveva appena investito, non aveva voglia di pensare…era molto più divertente pensare che quella era la giornata delle botte.

“ma…è lei? O no?” il dubbio si era completamente impadronito di Federico…”e lei!” si era lei. “no, mi sembra a me!” no, ti sbagli, era lei.

Il cuore iniziò a battere insolitamente forte, Federico iniziò a parlare da solo. << si, è lei cazzo! È quella di oggi, ma guarda che culo! A volte il caso…quasi quasi vado lì e la saluto, che male c’è a salutarla…chissà che penserà…bah magari vado lì, faccio una battuta stupida e vado via, che male c’è…chi la rivede quella?...io vado…anzi no…meglio lascia stare, poi pensa che l’abbia seguita…che palle!! Tutte ‘ste seghe mentali!!! Io vo! >>

Il ragazzo si presentò davanti alle due amiche.

 

-inizio sceneggiato teatrale-

F: Federico

D: Debora

A: Alessia

*tra gli asterischi le azioni dei personaggi*

 

 

D: guarda! È lui il tizio scorbutico!

F: scorbutico?

A: ma te….

F: *arrossisce* ehm, ciao

D: lo conosci? *guarda male Alessia*

A: una specie…

F: te sei la tipa che mi ha investito!

D: guarda che forse era colpa tua!!! Si deve stare attenti quando si passa accanto alle porte dei bar

F: si deve stare attenti di più quando si esce

D: no

F: si

D: no

F: si

A: BASTAAAAA…smettetellaaaa cazzo!!!

F: …

D: … *linguaccia*

F: scusa, è che dopo esser stato ferocemente assalito da questa *guarda male Debora* ti ho vista, e ti volevo salutare, tutto qua

A: ok, ciao.

F: …

D: ha detto “ciao”…puoi andare

F: aa ecco…si…che fate?

D: ciaaaaaaao, lo capisci l’italiano?

F: no, mi spiace…io non capisco niente, mi hanno fatto male…

A: dai su! Debora…comunque, come puoi ben vedere siamo sedute e si aspetta di mangiare…

F: waffel?

A: perspicace…il ragazzo

F: posso unirmi?

D: ma non hai da andare da nessuna parte???

F: io no, te potresti andare..a…fare un corso di guida sicura.

D: antipatico…io non ti ci voglio qua!

A: ok, ti puoi mettere a sedere,tanto anche noi non sappiamo cosa fare, comunque io mi chiamo Alessia e lei è…

F: aspetta fammi indovinare! Lei si chiama!...uhmmm…Diletta!!!

D: hai scazzato cocco…Debora…ricordatelo! DEBORA!

F: ci sono andato vicino, dai…comunque Federico, prego, Cocco non si usa più dal 500’…aggiornati…

D: *linguaccia*

A: *sorride* bene Federico, poi noi dobbiamo andare, non ti mettere strane idee in testa…

D: ecco, appunto..

F: non so cosa siano le strane idee, ma nella testa non mi c’entra più niente…*chiama la cameriera*

D: uuh!? Il cellulare…è la Vale…aspè…*si alza per rispondere*

A: la vale? Di già?

F: un waffel con la nutella per favore…

Cameriera: *con tono più interessato* arriva subito *sorride*

F: *sorride*

A: *annoiata* bene, Federico, oggi è la tua giornata delle botte, e?

F: strano lo pensavo anch’io prima…

A: tanto strano non è…

F: invece si…

A: bah…

F: cioè, io ora sono qui a distanza di tre ore a parlare con la ragazza che ho cercato di abbordare…vedi che è strana la vita…

A: strana…io penso che sia regolare…mi volevi abbordare?

F: vabbè, m’era presa così, un caffé…mica niente di niente…

A: s’inizia sempre dal caffé…poi…

F: veramente si finisce col caffé…

A: io la mattina inizio col caffé!

F: si ma il pranzo e la cena la finisco col caffé!

A: si ma la mattina è quella che conta!!

F: io la mattina dormo…

A: sempre?

F: se sempre equivale all’ottanta per cento dei giorni dell’anno…si, sempre…

A: e quanto vivi?

F: ho calcolato che ho circa dodici anni…

A: che merda..

F: vero…sono stato sveglio dodici anni…e undici a dormire…sai che strazio…

A: dall’occhiaie non si direbbe

F: l’occhiaie me le creo artificialmente con un martello, per sembrare un uomo vissuto

A: te sei di fuori…

F: da cosa?

A: uhmppp lascia stare *ridendo*

D: vedo che la baccagli di brutto, eee cocco!

F: ufff che vuoi?

D: dammi del lei…per favore! Cmq Ale! La vale arriva qui…

A: non deve essere andata troppo bene…

F: *si sente fuori luogo* ehm…tre contro uno diventa sleale…

A: scusa?

F: tre donne contro un uomo…non c’è partita

D: primo: puoi sempre toglierti dalle palle secondo: dov’è l’uomo, io non lo vedo?

F: da quando in qua le vipere parlano?

A: siete due fenomeni…hahahahaha…senti Federico, ma te vai sempre a giro a farti investire? Non è che ci provi gusto?

F: da oggi, penso lo farò più spesso…se ogni volta che mi succede conosco una ragazza come t…*si blocca*

D: ei! Che vuoi dire? Ci provi anche davanti a me!!! Senza ritegno!

F: ehm, niente…*sorride imbarazzato*

A: *sorride divertita*

D: *sorride*

V: vi lascio sole e mi ritrovo rimpiazzata da un ragazzo? *ride*

A & D: Valaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!

F: *bisbiglia* ecco, ora si che sono in una situazione di merda…

D: hai detto qualcosa, cocco?

F: ti interessa vipera?

A: lui è Federico…l’abbiamo conosciuto casualmente…

V: casualmente, eh? Ti sei innamorato degli occhioni di Alessia o del faccino della Deborina?

F: *arrossisce*

A: ma guarda che grinta la valaaaaa!!! *ride*

D. ahahaha brava vale annienta l’infame!!! *ride*

F: veramente sono venuto qui per conoscere te…*si rivolge a Valeria*

V: *spiazzata* me???

F: si, te, problemi? *le prende la mano*

V: ma io non ti conosco..

F: ora si, mi conosci…sono Federico un vostro ammiratore vi seguo da circa tre mesi, so tutto di voi…sono ossessionato da voi tre…so dove abitate, so i vostri cellulari, so persino che numero di scarpe avete!!!

A: *esterrefatta*

D: un maniaco…

V: ma ma…

F: …

A: ma, scusa…è vero?

F: no…era solo per dire una minchiata

V: fiiuuuuu per poco ti credevo..ahahahahaha

D: per me è un maniaco…*tira fuori un accendino*

A: *toglie l’accendino dalle mani di Debora* vabbè!...Vale siediti…lo vuoi un waffel?

V: no grazie mi sono imbottita già di zuccheri…

F: *guarda alessia*

A: …

F:…

A:….

D: maniaco *sussurra in un orecchio a valeria*

A: bè?

F: e! *sembra risvegliarsi*

A: che c’è?

F: ecco…mi chiedevo…perché indossi gli occhiali da sole nonostante piova? E poi mi ricordo da oggi, che hai degli occhi….*esita* bellissimi…

V: che romanticone il nostro Federico…*ridacchia*

D: maniaco *lo punzecchia con uno stuzzica denti*

F: aia!

A: bè, non c’è un perché, è così…basta *stizzita*

F: ok, scusa…

 

Cameriera: ecco i vostri waffel, sono 12 euro…

 

D: paghi te maniaco?

F: si…pago io…vipera…*si tocca le tasche*

A: bé?

V: bè?

D: bè?

Cameriera: bè?

F: ehm…non ho i soldi…

*silenzio generale*

V: vorrà dire che il waffel lo pago io e me lo mangio io…hahahaha*ride*

A: brava vale!

D: accattone e maniaco…

F: *impietrito*

A: smettila…

D: dici a me?

A: no?...ho detto smettila!!!

V:dici a me???

A: nooooo!!! SMETTILA CAZZO!!!

F: forse dice alla cameriera…

A: dico a te…smettila…

F: a me?

D: si a te! Maniaco!

F: smettere di fare cosa??

A: smettila di mangiucchiarmi il waffel!!!

F: aaa cazzo te ne sei accorta!!!

V: hahahahaha…

D: uhmpffff

F: ok, scusa…uhmmmm nutellaaaaaa

A: stai sbavando?

F: *sbav* no

D: che schifo…

V: disgustoso…sembra l’ale…

F: *inizia a rotolarsi per terra in preda ai crampi*

D: tanto non te lo diamo il waffel! Ci hai fatto fare la figura delle barbone!

F: *si rialza* al massimo la figura di merda l’ho fatta io…

A: vero…

D: vero…

V: verissimo…

Cameriera: verissimissimo…

F: *guarda la cameriera* che vuole questa? *pensa*

A: ecco Federico caro! Waffel finito…saluto garantito…

F: che rima del cazzo…

V: vero…

D: maniaco…

A: ooo senti!!!*sbuffa divertita* andiamo bimbe! Si va a vivereeeee!!!

V: vero..

D: maniaco..

F: ….

 

 

Le tre ragazze si alzarono dal tavolo, due delle tre salutarono Federico con un cenno di mano e si avviarono nella direzione opposta alla sua…Federico rimase solo, come piaceva a lui…mica tanto però.

Alessia era allegra, semplicemente allegra…era importante. Molto importante. L’allegria è importante, e allora perché mancava qualcosa? Col passare del tempo mancava sempre qualcosa…

Debora si mise a guardare un paio di vetrine, Valeria invece si avvicinò ad Alessia. << insomma? >> << insomma cosa, vala? >> << chi era quello? >> << boh, uno…lo conosco quanto te >> << non credo, ti guardava strano >> << come tanti altri…>> << è simpatico.. >> << buffo… >> << ti piace? >> << dai! Ma che dici!!! L’ho conosciuto casualmente, e poi secondo me è cotto della Deborina…amore e odio…haahhaahah >> << eheheh..quando imparerai ad aprire gli occhi? >> << dai, su non riattaccare…ora sto bene così >> << con gli occhiali da sole? In un giorno di pioggia? >> << … >> La ragazza non rispose, si limitò a sorridere amaramente, e andò verso l’altra ragazza che la chiamava a gran voce. Valeria rimase lì, a pochi metri dalle amiche, si accese con tranquillità una sigaretta e guardò divertita le due amiche…”nessuno mi ha chiesto come m’è andata oggi…che cazzo di amiche…”pensò tristemente Valeria… << aaaaaa VALAAA! A proposito com’è andata oggi??!?!?!? >> Gli occhi di valeria si riaccesero…Le tre amiche continuarono il giro parlando e scherzando, un ottimo modo di affrontare la vita, ottimo.

 

Federico non aveva più voglia di fare niente, gli Incubus in quel momento era un gruppo di merda (scusate ragà)…la città era merda…la gente, tutta merda! La merda…anche quella era solo merda…insomma un gran merdaio, una vomitevole visione di un pomeriggio di pioggia.

“Fede! Dai cazzo, svegliati…che c’è che non va, oggi sei stato bene no?” “caro cervello mio, il fatto è che il motivo dei miei pensieri di merda è proprio questo” “non capisco” “oggi mi sono sentito…vivo” “bene” “no, male! Ora non lo sono più…manca qualcosa cazzo!!” “cosa?” “ma guarda! Sto parlando nella mia testa con me stesso!!! Cazzo…sono malato!!!” “bibubibubibu…banana ban an a…imissyoumissyou..dadadada” “ ok cazzo! Zitti merda!!!”. Il ragazzo si riprese dalla catalessi, i discorsi interni sono a volte sconvolgenti…pazzi…stupendi.

Federico si mise a correre, improvvisamente! Di scatto…il cuore batteva, la pioggia lo rinfrescava…la bocca sorrideva.

I muscoli iniziavano a bruciare, il fiato iniziava a mancare…a che servono gli allenamenti se non a correre? E allora corri cazzo!

 

<< Ale, si torna alla macchina? >> chiese Debora << si, accompagniamo la vale alla sua, poi si va…è tardi >>…<< ehm…Ale… >> << si si! Lo so! Si accompagna prima te!! >> << ma non è questo!! Ale!!! Guarda!! >>. Alessia si voltò verso la direzione indicata dall’amica…vide un idiota correre incontro alle tre, era convinta che il suo pensiero sarebbe stato “cazzo, ancora quello!”…invece non pensò, si limitò a sorride…Debora si voltò dall’altra parte.

<< Vieni con me… >> Federico la prese per mano << ma dove? >> << vieni e basta! Ve la riporto subito! Ciao…anche a te vipera… >> << se tra cinque minuti non torni ti vengo a prendere con la polizia…maniaco! >> << si… >> il ragazzo si allontanò trascinando a se la ragazza ancora imbambolata.

<< che bello, a me non succedono mai queste cose >> disse tristemente Valeria…<< ma stai scherzando? Ritieniti fortunata! Quello è pazzo…e poi non è niente di ché! Io avrei paura.. >> << in effetti…hai ragione…non è niente di ché…però ha un ché… >> << un ché di maniaco… >> << hahahahahahha alla fine ti piace.. >> << lo odio.. >>gli occhi di Debora si infiammarono improvvisamente << ok ok, lo vedo >> intimorita dall’amica.

 

Federico prese un piccolo vicolo, sempre correndo, ormai non sentiva più la fatica…non sentiva nemmeno la mano di Alessia. Si fermò. Si voltò e la vide con volto severo che lo scrutava, non c’era niente di buono in quel volto, però era bellissima.

<< scusami, m’è presa così >> << e tutte le volte fai così? O solo oggi? >> << …è che...è una cosa strana, insomma, istinto…chiamalo così >> << strano il tuo istinto…insomma, cosa vuoi dirmi? >>

 

 

 

 

Dialogo a due

 

-          non lo so-

-          -come, non lo sai? Non puoi fare queste cose davanti alle mie amiche, e non sapere il perché lo fai-

-          Ho paura-

-          Te hai paura? Cosa dovrei dire io?-

-          Ho paura di non vederti più-

-          Stai scherzando spero-

-          No-

-          Sei pazzo-

-          Voglio esserlo…voglio tornare a essere un pazzo! Voglio fidarmi del mio istinto! E voglio stare bene!-

-          Curati-

-          Curiamoci…-

-          Che significa?-

-          Non si portano gli occhiali da sole quando piove-

-          Ancora con questa storia!!! Basta!!!-

-          *si avvicina alla ragazza, le sfila gli occhiali*

-          Che fai?

-          Niente di pericoloso…era solo per vederti gli occhi…

-          Rendimeli!

-          No…ancora un po’-

-          dai! Non mi fare arrabbiare-

-          scusa...ma non dovresti-

-          non dovrei cosa?-

-          piangere-

-          non sto piangendo-

-          non ora, hai gli occhi gonfi-

-          ma cosa vuoi da me!!! CHI CAZZO SEI!!! COSA CAZZO VUOI??? OGGI SONO VENUTA DA TE PERCHE’ MI FACEVI PENA! NON MI STRESSARE CAZZO!-

-          *immobile*

-          *si allontana*

-          Ale…-

-          Che vuoi ancora?-

-          Ti facevo davvero pena?-

-          Si…-

-          Allora scusa…ho capito male, sono solo io qui quello coi problemi…-

-          Vittimismo…ufffff banale-

-          No! Non è vittimismo…è solo delusione la mia

-          Deluso da chi o cosa?

-          Deluso da te

-          Da me?...ma io non ti conosco lo vuoi capire???

-          Io pensavo, che vedessi il mondo come lo vedo io

-          Come lo vedi te?

-          Grigio…oggi colorato

-         

-          Ale…

-          …ora vado…ciao

-          Aspe..

-          …no…ciao…

-          Ale..solo una cosa…

-          Dimmi…

-          Sei una canzone bellissima…

-          Le canzoni alla lunga stancano…

-          Quelle bellissime, no…non quelle…

-          Non sono bellissima…

-          Voglio ascoltarti…

-          Non puoi…non ne sei in grado

-          Fammi provare…

-          No, mi spiace…pensa a me come una canzone divertente, che alla lunga quando capita casualmente sul tuo iPod ti stufa, e la cambi

-          Non ho l’iPod…

-          È uguale…ciao Fede…

-          Ciao Ale…grazie per oggi

-          Grazie a te Fede…*si volta e inizia a camminare spedita verso le amiche*

 

 

 

Valeria prese l’amica sotto braccio, e con fare decisamente indagatore le chiese cosa mai le avesse detto il ragazzo…Debora stava ad ascoltare poco distante.

<< mi ha chiesto di uscire, il cellulare, le solite cose…sai… >> << aaaa, e te? >> << secondo te? Mica sono pazza.. >> << già te non sei pazza, quindi niente? >> << niente >>…<< meno male! Per me è un maniaco quello >>Debora si lanciò in mezzo alle amiche con fare scherzoso.

Mentre le tre ragazze rientravano alle loro vite, Federico si fumò nervosamente una sigaretta...mancava ancora qualcosa…per lo meno aveva qualcosa di serio su cui bere, e se voleva poteva comunque ripensare, anche se per poco, alla bellissima canzone che aveva sentito quel giorno. Sperando in qualcosa…nessuno sa in cosa…ma l’importante è sperare, e non grogiolarsi nell’inutile ricordo appena vissuto ,ma fare di tutto per poterlo rivivere sempre più intensamente…questo Federico come al solito lo sospettava, ma non lo sapeva.

Alessia entrò in camera, si buttò sul letto, si tolse gli occhiali e si stropicciò gli occhi arrossati.

 

Aveva gli occhi azzurri.

 

Federico tirò una pacca a Michele, diede un’avida sorsata al suo Mojito.

 

Aveva gli occhi azzurri.

 

 

 

  
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