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Autore: LeanhaunSidhe    23/04/2018    14 recensioni
La lama brillava ed era sporca. Imuen girò il taglio della falce verso la luna e ghignò incontrando il proprio riflesso. Si sentiva di nuovo vivo. Non distingueva il rosso dei suoi capelli da quello del sangue dei suoi nemici. La sua voce si alzò fino a divenire un urlo. Rideva, rinato e folle, verso quel morto vivente che era stato a lungo: per quanto era rimasto lo spettro di se stesso? Voleva gridare alla notte.
È una storia con tanto originale, che tratta argomenti non convenzionali, non solo battaglia. È una storia di famiglia, di chi si mette in gioco e trova nuove strade... Non solo vecchi sentieri già tracciati... PS: l'avvertimento OOC e' messo piu' che altro per sicurezza. Credo di aver lasciato IC i personaggi. Solo il fatto di averli messi a contatto con nemici niente affatto tradizionali puo' portarli ad agire, talvolta, fuori dalla loro abitudini, sicuramente lontano dalle loro zone di comfort
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Kiki, Aries Mu, Aries Shion, Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
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Per Cristal tornare in Grecia, quella volta, ebbe un sapore nuovo. Gli sembrava diverso il calore del sole, più accogliente l'atmosfera che respirava in quel luogo. Il suo cuore era in subbuglio per lo svolgersi celere degli eventi ma il ritrovare i suoi commilitoni gli conferiva una sicurezza che non provava più da tempo. Stava ritrovando la consapevolezza di non essere più solo a reggere le sorti di un pericolo che minacciava la terra. Era di nuovo sostenuto non solo dalla dea, anche dai suoi compagni.

L'essere divenuto un uomo maturo in un paese diverso non era stato certo un problema per un guerriero suo pari. Tuttavia l'appellativo che gli avevano riconosciuto, di re straniero, testimoniava sia il rispetto per un alleato potente, nato fuori dal ghiaccio di Asgard, sia la non appartenenza a quel legame esclusivo che i fedeli di Odino riservavano sempre, e solamente, a chi era nativo dei loro territori. Nonostante fosse devastato per aver perso sua figlia, Cristal il Cigno, quel giorno, si sentì nuovamente in patria.

Quando furono all'entrata del primo tempio, chiese quale dei due cavalieri d'ariete dovesse concedere il permesso di attraversare la casa e Kiki si girò verso di lui, serio.

"Al solo che porta l'armatura, a quello vero."

Strinse i denti il reggente del nord e capì che molti nodi stavano venendo al pettine: l'appartenenza esclusiva di Kiki ad Athena non era affatto salda. Anzi, il chiarimento che avrebbero avuto di li a poco, alla presenza della dea, correva il rischio di essere decisivo.

Fece cenno a Mu di precederli e l'Ariete li lasciò fare, certo che Cristal lo avrebbe informato in seuguito.

"Avverto gli altri cavalieri d'oro di non farvi perdere tempo in convenevoli."

Prima di lasciarli, rassicurò però l'amico.

"Diremo solo ciò di cui siamo certi. Informazioni non necessarie saranno rimandate ad un secondo momento."

Cristal sospirò, cogliendo l'accenno alla questione di sua figlia e al fatto che Mur, almeno per i primi tempi, avrebbe taciuto.

Non appena furono soli, deciso, arpionò invece Kiki per la spalla.

"Si può sapere che intenzioni hai, ragazzo?"

Il più giovane sembrò cadere dalle nuvole.

"Riguardo a cosa?"

Cristal osservò che non ci fossero occhi o orecchi indiscreti. Sicuro di essere soli, sui gradini tra la prima e la seconda casa, trascinò Kiki per un braccio fino ad un punto riparato all'ombra del fianco dei gradini.

"E' tempo che tu seppellisca una volta per tutte i tuoi fantasmi, ragazzo. Mu è di nuovo in vita e tu non hai più alcun motivo di struggerti."

Duro e diretto, come si confà a un suo pari, Cristal affrontò il più giovane, pronto soprattutto a una sua aspra reazione. Quando si toccava quel tasto, Kiki si chiudeva a riccio ed evitava accurametamente di rispondere. Ora però era solo tempo di crescere e prendere una posizione

Il più giovane boccheggiò. Era la prima volta che non scappava via o rispondeva in malo modo.

"Tu non sai niente di me."

Aveva risposto lentamente, irremovibile.

"Tutto il grande tempio sa che non sei saldo nelle tue convinzioni e non puoi più permettertelo. Probabilmente sta per essere indetto un sunagein. Cosa risponderai, stavolta, alle domande dei tuoi pari e della tua dea?"

Kiki chiuse gli occhi. Una goccia di sudore colò dalla tempia. Cristal aveva perso da tempo il tocco gentile di Mu, nei suoi confronti.

"Non mi curo delle chiacchiere della gente del grande tempio."

Cristal stava iniziando ad alterarsi e non avrebbe mollato l'osso.

"Non stiamo parlando degli abitanti di Rodorio. Cosa risponderai ai cavalieri tuoi pari, ai difensori dorati...? A tuo fratello e alla tua dea?"

Un sorriso amaro tagliò il viso dell'ariete ed un sospetto lacerante lo dilaniò dentro.

"Se mi accusi di aver spinto Seleina a sacrificarsi a causa della mia debolezza...Se credi che lei abbia offerto il suo sangue per riportare alla vita mio fratello e tutti gli altri, fallo apertamente."

Lacrime salate scorrevano dalle sue ciglia e non si curò di nasconderle. Sapeva di essere nel torto.

"Accusami di averla portata a suicidarsi per lenire il mio tormento, perchè sono un moccioso che non ha mai accettato la morte giusta di suo fratello. Accusami di aver spinto a morire una sorella viva per fratello morto."

Erano lacrime trasparenti sulle sue gote ma di sangue nella sua anima e Cristal restò senza fiato. La colpa di cui si credeva reo quel ragazzo era ben maggiore di quella che il re gli stava prospettando. Gli pose repentino le mani sulle spalle e lo scosse. Non era affatto quello il suo intento. Non voleva che si accusasse di nulla ma che tornasse l'astro splendente che era sempre stato.

Non si era mai intromesso nel legame tra lui e Seleina. Sapeva che si volevano bene e si aiutavano, nella loro singolare maniera.

"Non sentirti assolutamente responsabile per le decisioni di Seleina. Se qualcuno lo è, sono io solamente e quelle... creature che me l'hanno portata via."

Espresse con disprezzo, pensando ad Haldir e a se stesso.

"Seleina non è morta. Ha semplicemente scelto un'altra strada, lontano da noi. Io voglio solo che tu riprenda la tua."

Kiki spalancò gli occhi a quella rivelazione.

"Come sai che è viva? Come puoi esserne certo? Se lo è, perchè non torna?"

Cristal negò.

"Fidati di me se ti dico che è viva. Per ora non può tornare. Forse lo farà in futuro o forse mai. Ha scelto liberamente. Fidati di me. Te lo dico io, che sono suo padre."

Lo scosse di nuovo. Poche volte aveva avuto uno sguardo così profondo.

"Haldir mi ha già preso una figlia. Voglio solo che tu sia forte e non ti faccia portare via dalle sue menzogne. Resta con noi ragazzo, qui con noi al grande tempio, al fianco di Atena. Dove sono le tue radici. Dove c'è tuo fratello."

Lo lasciò andare, perchè anche lui aveva il cuore a pezzi e c'erano ancora tanti gradini da salire e nuove sfide da affrontare.

"Reclama una corazza che sia tua di diritto. Le stelle sono potentissime in te. E' tempo che prendi il tuo giusto posto in questa schiera."

Si erano placati entrambi. Si erano riavvicinati ai gradini e ora sembravano solo due persone che parlavano di argomenti delicati ma non necessitavano più di nascondersi.

"Haldir mi ha detto che c'è la potenza delle galassie ma sono io che non voglio. Davvero, non so se voglio essere scelto dalle vestigia dell'ariete."

Cristal si arrestò nuovamente, lo guardò pensieroso.

"Sei davvero certo che sia questo il tuo volere?"

Kiki annuì, convinto.

"Sei dalla parte di Atena o te ne scapperai anche tu dai Dunedain?"

Controbattè allora Cristal, non ancora del tutto convinto e preoccupato. Kiki abbassò le spalle ma era sereno.

"Credo in Athena, cecamente. E non me ne andrò mai da quelle creature. Non ho idea del perchè questo Haldir abbia voluto comunicare proprio con me. Però ti giuro che non abbandonerò mai la nostra causa. Pure se per il momento l'istinto mi dice che non voglio diventare cavaliere, darei la vita per la dea."

Si era di nuovo aperto il cielo e il sole, libero dalle nubi, riscaldò a festa l'aria di Atene.

"Sarà bene. Cammina davanti a me."

Lo canzonò allora il più grande, accennando un sorriso.

"Che se rallenti di un solo passo ti prendo a calci da qui alla tredicesima."

Il vento soffiava forte per le lande ghiacciate e si portava dietro odore di morte. Quello

era il quarto villaggio che visitavano ed il copione era sempre lo stesso. Tutti venivano sistematicamente annientati e ogni cosa distrutta. Certo, ora aveva un corpo abbastanza forte da resistere alle visioni della gente ma il dover assistere impotenti a quello scempio era comunque devastante.

"Possibile che non possiamo davvero far nulla io e te?"

Il suo burbero accompagnatore non la degnò di uno sguardo. Ricambiò solo un leggero ghigno.

"Oltre farci ammazzare? Non credo possiamo fare molto..."

Avevano riunito tutti i corpi delle vittime e li avevano sistemati con la massima cura possibile. Le fu passata una pala, per iniziare a scavare le fosse. Buffo come da vivi umani e dunedain non si potessero vedere, mentre nella morte se ne stavano tutti vicini, zitti e uguali.

Seleina chinò il capo, accingendosi a quella triste impresa. Iniziò a piangere silenziosamente. Stavolta le lacrime erano solo sue, proprio il dolore che le stringeva lo stomaco. Strinse i denti per smettere di piangere e scavò più in fretta. Non avevano tempo nemmeno per una breve cerimonia funebre o un veloce rito di purificazione, perchè i perduti potevano tornare a prendere anche loro.

"Smetti pure di frignare. Ormai sono in pace e se non lo sono ci penseranno quelli di Imuen."

Avrebbe voluto obiettare che il suo compagno di viaggio aveva il cuore più duro della pietra, peggio ancora della testa, ma a che sarebbe servito controbattere? Era la realtà che l'aveva reso così e che avevano fretta era vero. Così annuì semplicemente. Terminò in fretta il lavoro e iniziò a deporre i sacchi di tela che nascondevano quei miseri resti nei posti assegnati. Presto, la neve fresca avrebbe coperto la terra smossa, cadendo lenta, soffice e bianca.

Impiegarono meno di mezz'ora a terminare l'opera. Erano sulla strada del ritorno per l'accampamento. L'avrebbero raggiunto a breve, nel loro habitat. La ragazza se ne stava muta, assorta in cupi pensieri che si stavano velocemente trasformando in propositi.

D'un tratto s'arresto, davanti alle basse mura di cinta. Il mutamento repentino della sua aura attirò il suo accompagnatore.

"Ne sei proprio sicura? Hai appena ricevuto una nuova vita. Perchè vuoi farti ammazzare?"

Seleina non era ancora in grado di innalzare barriere mentali e neppure le interessava imparare. Aveva subito le lamentele dell'altro per l'aiuto che aveva prestato al cavaliere d'oro, perchè ora era una Dunedain e doveva sottostare alle leggi del branco. Lei, però, era nata regnante e a fatica imparava l'obbedienza, prima del comando. Le avevano insegnato a mostrare sempre il proprio parere, specie se l'altro è in difetto. Ad usare la testa per seguire una regola giusta o trasgredirla, quando sbagliata. Così ringraziò il suo accompagnatore e gli sorrise, perchè quel gigante buono, a suo modo, voleva solo proteggerla.

"Questa vita non mi è mai appartenuta: la vita dei Polaris appartiene al popolo. I miei sudditi erano gli umani. I miei simili ora sono i dunedain. Non biasimarmi se voglio combattere per entrambi."

Il compagno annuì. La precedette.

"Se è così, puoi solo chiedere ad Haldir di insegnarti a combattere. Ha un debole per te, anche se non ne ho mai capito il motivo."

Lei rise di gusto. Litigavano sempre per quel motivo, perchè Arkai era invidioso della considerazione che il suo signore aveva per quella ragazzina venuta dal nulla e cresciuta nella bambagia. Perchè gli era stato ordinato di proteggerla ed assecondarla, per quanto possibile, senza mai obiettare.

Entrarono nella piccola cittadella fortificata. Loro non sentivano quasi minimamente il vento che li avvolgeva e li separava dai comuni mortali. Furono risa di cuccioli ad accoglierli ed il vociare di guerrieri. I dunedai erano diversi dagli umani ma non così tanto.

Seleina si diresse, accompagnata, alla tenda di Haldir. Arkai la bloccò poco prima che entrasse.

"Sei sicura? Guarda che non è piacevole l'addestramento!"

Si scoprì il braccio e le mostrò, per l'ennesima volta, le sue numerose cicatrici, quelle che testimoniavano il fatto che ci aveva provato, con tutto se stesso, a superare l'addestramento ma non era mai riuscito. Maneggiava giusto la spada, perchè tra i Dunedai lo facevano tutti, anche vecchi, femmine e cuccioli.

"Te l'ho mai detto che mio padre è guerriero d'alto rango della dea della guerra?"

Arkai sbuffò, contrariato.

"Ci sarai tu, non tuo padre, a farti riempire di botte!"

Seleina riflettè un attimo e pensò che, tutti quegli anni di tormenti mentali, in cui era stata costretta tra lucidità e follia, mentre la testa, le viscere e il senno venivano martoriati, non erano stati un allenamento da cavaliere, certo non erano neppure trascorsi come una passeggiata. Se lo ricordava bene, quel giorno in cui suo padre, impotente, davanti a una delle sue peggiori crisi, aveva imprecato contro Odino ed affermato che se sua figlia doveva patire quel dolore, tanto valeva allora che lo soffrisse per un'armatura. Forse ricordava male o forse no. Era tempo di scoprire se era vero.

Salutò Arkai, con la promessa che non si sarebbe fatta ammazzare, non subito, almeno.

Scostò le pelli che fungevano da entrata alla tenda ed entrò nella dimora di Haldir. Immediatamente il silenzio dell'ambiente la circondò come un abbraccio. Il signore delle anime viventi sedeva a terra, a gambe incrociate, privo dell'armatura e della parte superiore della veste, a capelli sciolti. Sapeva già cosa gli stesse per chiedere e la trafisse col suo sguardo di lama.

"Sei sicura? Qui non ci sono predestinati dalle stelle, solo persone che scelgono."

La giovane si inginocchiò e ricambiò il suo sguardo attento. Haldir le leggeva dentro con la stessa naturalezza in cui lei lo faceva nelle persone. Le piaceva quella sensazione. Entrare in contatto con Haldir era come fondersi e liquefarsi con Asgard stessa, col ghiaccio, il vento ed il fuoco che le scorrevano dentro.

"Io ho scelto."

Haldir annuì. Le ordinò di vestirsi in maniera adeguata: il giorno dopo sarebbero andati a caccia.

"La prima cosa che devi imparare è a provvedere completamente da sola al tuo nutrimento."

Rincuorata e curiosa, lo ringraziò e si apprestò ad uscire dalla tenda. Sapeva che ne avrebbe prese tante, quante il suo corpo avrebbe potuto sopportarne e anche di più. Però, avrebbe potuto fare davvero qualcosa, se fosse riuscita. Forse, presentandosi con una buona tecnica di lotta, avrebbe anche potuto riscattare la sua famiglia dall'onta che aveva causato con il suo allontanamento e che presto i Polaris non avrebbero più potuto nascondere. O morire provandoci, come aveva sempre insegnato suo padre.

 

   
 
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