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Autore: Ninfea Blu    03/07/2009    5 recensioni
Lo spunto per questa ff è la puntata de "L'incidente" dove Andrè rischia la pena capitale, ma si salva grazie all'intervento di Oscar... ma se da quel momento le cose tra i nostri eroi fossero andate diversamente e Oscar si fosse fatta qualche domanda in più sul suo amico, come sarebbe andata? E' una teoria e ho provato a svilupparla. Lievemente OOC
STORIA IN FASE DI REVISIONE
Aggiornato 3° capitolo novembre 2012
Aggiornato 4° capitolo maggio 2013
aggiornato 5° capitolo novembre 2013
Ultimo capitolo LA SCOPERTA DI FERSEN sorta di one-shot, verrà in seguito, forse pubblicato a parte.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*****

2 – Pelle che inizia a cambiare

 

 

 

 

“Se riuscissi a dire, se riuscissi a spiegare… è solo pelle che inizia a cambiare…”

 

“Tu che sei parte di me”

Pacifico e Gianna Nannini

 

 

 

******

 

Capitolo aggiornato 5/04/2012

 

 

Il dottore veniva tutti i giorni per medicare la ferita e cambiare la fasciatura al braccio di Oscar, ma era stato categorico.

“Se madamigella vuole guarire completamente, dovrà osservare un periodo di assoluto riposo e non dovrà per nessun motivo usare il braccio, altrimenti la ferita non guarirà. Quindi, niente allenamenti con la spada almeno per un mese”.

Inizialmente con fastidio, Oscar dovette rassegnarsi a quel periodo di forzata inattività, ma non rimase a letto più di un giorno. Il braccio certo, le faceva un po’ male e le limitava molto i movimenti, ma questo non le avrebbe impedito di stare all’aria aperta. Quando non leggeva, occupazione che l’assorbiva sempre moltissimo, per vincere il tedio delle giornate primaverili, faceva lunghe passeggiate nel parco della sua dimora.

André naturalmente l’accompagnava.

Era bello ammirare la natura che si ridestava lentamente; il verde del fogliame si era fatto più lucido, le rose stavano iniziando a sbocciare in tutto il loro splendore e l’aria era satura di profumi che risvegliavano i sensi dal letargo del lungo inverno.

Tutto sommato le giornate passavano piacevolmente; ci furono altre diverse ragioni per cui Oscar arrivò a pensare che in fondo, quella vacanza forzata aveva anche i suoi vantaggi.

Con tranquillità ebbe modo di riflettere sugli ultimi accadimenti della sua vita, sull’ amicizia che la legava ad André. Tornò con la memoria ad ogni dettaglio prima e dopo l’incidente ed ebbe la netta sensazione di aver sempre interpretato male, sottovalutandoli, certi atteggiamenti dell’amico.

Ora cercava di guardarli sotto una luce diversa. Se prima Andrè le era sembrato stranamente taciturno, ultimamente era tornato ad essere sereno e vivace come al solito, fatto che le dava un inconsueto piacere.

 

Ebbe modo di rivalutare anche Fersen.

Da un paio di settimane veniva a farle visita spesso. Praticamente quasi ogni giorno.

I loro rapporti di recente erano decisamente migliorati, e Oscar aveva lasciato andare molta della sua ostilità iniziale verso lo svedese. In realtà provava verso di lui una sincera gratitudine.

“Sono felice di vedere che vi siete ripresa benissimo, madamigella Oscar. Tutti a corte sentono la vostra mancanza, soprattutto la Delfina; non fa che chiedere di voi ed è avida di ogni notizia che vi riguarda.”

“Vi ringrazio Fersen. Ho già provveduto a informare e rassicurare Sua Altezza sul mio stato di salute; la vostra visita mi permette di dirvi quanto vi sono riconoscente del vostro gesto davanti al Re. Vi giuro che non lo dimenticherò mai.”

“Non dovete ringraziarmi, sapete. Comunque sappiate che avete conquistato tutta la mia stima; sono rimasto enormemente impressionato dal vostro coraggio. Per me sarebbe un privilegio ed un onore poter godere della vostra amicizia. Siete una persona fuori dall’ordinario.”

Oscar capì immediatamente il senso di quelle parole.

“Volete dire che sono una donna fuori dell’ordinario…”

“Beh, questo è un fatto innegabile, ma il credervi un uomo ha condizionato il mio comportamento con voi. Ho sbagliato.” Ammise Fersen.

Oscar emise un sospiro di pura rassegnazione; il conte in fondo, non era molto diverso dagli altri uomini con cui aveva a che fare, eccetto Andrè forse.

“Alla luce dei fatti, possiamo dimenticare le nostre piccole incomprensioni iniziali. Vista l’assiduità con cui frequentate la corte, immagino mi porterete liete notizie della principessa.”

“Oh, sì. Sua Altezza gode di ottima salute e ha nuovamente espresso il desiderio di andare a cavallo. Evidentemente, la prima esperienza negativa non è servita a scoraggiarla e Madame Noailles sta facendo di tutto per farle cambiare idea senza successo, fra l’altro. Sua Altezza è una persona piena di vita e gioiosa; è un piacere stare in sua compagnia.”

Fersen aveva parlato con evidente entusiasmo. Troppo secondo Oscar.

“La Delfina è una persona istintiva; questo purtroppo non sempre è un bene a corte.” Disse, sforzandosi di mantenere un tono neutro.

“Cosa intendete esattamente?” chiese incerto; aveva colto un certo allarmismo.

“Voi siete straniero; forse non sapete quanto possa essere rigida l’etichetta di corte, ma Maria Antonietta è una donna che si lascia prendere da facili entusiasmi; chi le è vicino dovrebbe cercare di non alimentarli pericolosamente."

Oscar lo fissò decisa mentre il conte restava in silenzio per un momento; sembrava insicuro, alla ricerca di parole da dire.

“Credo di capire; posso dirvi che terrò a mente le vostre parole, madamigella Oscar.”

“Non ne dubito affatto…” disse più per convincere se stessa.

Aveva l’impressione che dalla sera del ballo a Parigi, fosse iniziato qualcosa d’ineluttabile, che non si sarebbe spento tanto presto.

 

Fersen poco dopo si congedò e Oscar restò sola con André; l’aveva raggiunta nel salotto dove di solito ricevevano ospiti. Lui conosceva quello sguardo strano che faceva incupire i suoi occhi celesti.

“Perché sei preoccupata?” chiese; seguì un sospiro della ragazza.

“Vorrei che la mia guarigione non fosse così lenta.” Commentò spazientita.

“Credi che la tua presenza a corte potrebbe impedire quello che sta accadendo tra Fersen e Maria Antonietta?”

Lei quasi lo fulminò con lo sguardo.

“Cosa significa? Allora anche per te sta succedendo qualcosa…” e mentre lo diceva aveva la sensazione che stesse parlando di sé stessa.

“No, non fraintendermi. Si capisce che tra il conte e Maria Antonietta c’è un evidente simpatia, ma non credo che sia allarmante, nonostante le voci che girano.”

“Voci? Quali voci? Di cosa parli?” chiese alzando lievemente il tono di voce.

“Ecco, si dice che Fersen abbia preso a frequentare assiduamente la corte perché segretamente innamorato della Delfina… e che forse Sua Altezza…”

Non gli lasciò finire la frase.

“Non dirlo neanche per scherzo!”

Esclamò con veemenza, ma non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che qualcosa stesse cambiando inesorabilmente e definitivamente, e non era sicura che riguardasse solo la Delfina.

 

Ci sono cose che possono cambiare nel volgere di un giorno.

Altre in poche ore. Non ci si può opporre.

Accade e basta.

È la svolta di quando si arriva al bivio.

Oscar era arrivata al suo.

 

 

 

****

 

Madame Jarhayes aveva lasciato gli alloggi di Versailles per essere più vicina alla figlia in quel particolare momento; Oscar non aveva mai goduto tanto della sua presenza e saperla lontana dagli intrighi della corte, le faceva solo piacere.

Madre e figlia potevano stare in compagnia una dell’altra come raramente accadeva. Fu durante una passeggiata nel roseto che Oscar si ritrovò a parlare con lei di un argomento delicato che le stava a cuore e che in circostanze normali non avrebbe mai affrontato con nessuno.

D’ altronde, solo con la madre avrebbe potuto confidarsi.

“Madre è così raro per noi poter parlare liberamente; stavo pensando che voi potreste chiarirmi… alcune cose.”

Madame Jarhayes restò non poco sorpresa dal tono vagamente incerto di Oscar, di solito molto più diretta.

“Di cosa vuoi parlarmi, Oscar?” chiese con la solita calma che la distingueva nettamente dalla figlia inquieta.

“Ecco, io volevo sapere… voi credete che un sentimento che abbiamo sempre provato per una persona, possa di colpo senza un motivo apparente trasformarsi in qualcos’altro?”

Avevano raggiunto i margini del roseto; madame Jarhayes si era seduta su una panca di pietra bianca su cui cadevano come una tenda, le fronde di un salice che cresceva nella tenuta. Oscar era rimasta in piedi di fronte a lei in silenzio; sembrava nervosa e attendeva una risposta.

“Siediti Oscar, qui vicino a me.” La invitò con un gesto delicato della mano sulla panca.

La figlia ubbidì stranamente docile.

“Si tratta di qualcosa che riguarda te personalmente, o qualcun altro?” la contessa era perplessa; Oscar se ne accorse, ma non osò dirle la verità.

“Non parlavo di me, di nessuno in particolare; solo, recentemente ho avuto modo di riflettere su alcune cose…” rispose senza essere certa di aver scansato il dubbio che lesse negli occhi di sua madre.

“Tutto cambia nella vita; può accadere improvvisamente e non sempre gli uomini possono prevederlo. Le cose, le persone…”

“Capisco…” aveva risposto, mentre puntava lo sguardo altrove per sottrarsi agli occhi dolci, ma indagatori della contessa.

Madame Jarhayes però non intendeva chiudere lì, il discorso appena iniziato.

“Oscar, figlia mia…”

“Sì?” chiese tornando a fissarla.

L’aria attorno muoveva leggermente le fronde del salice, la luce filtrava tra le foglie creando uno strano gioco di ombre.

“Tu hai già 18 anni, sei una giovane bella donna che si affaccia alla vita…”

“Madre, io…”

“Ascoltami, Oscar; non ne abbiamo mai parlato, e tuo padre non affronterebbe mai seriamente l’argomento, però… per caso stai mettendo in discussione la tua scelta di vivere come un uomo? Sarebbe un dubbio legittimo il tuo; forse ti stai accorgendo che desideri altre cose?”

La figlia esitò un momento, spiazzata, in cerca delle parole più giuste da dire.

“Vi assicuro madre: io sono soddisfatta della vita che conduco e sono orgogliosa di servire la principessa.”

“Sì Oscar, non ne dubito, ma… - e la donna aveva afferrato improvvisamente le mani della figlia, trattenendole tra le sue – forse non ti basta più.”

In quel gesto Oscar lesse un sentimento di apprensione, che si affrettò a sedare con parole sincere e un sorriso rassicurante.

“Vi giuro madre che non c’è niente che io voglia di più che fare al meglio il mio dovere; ho tutto quello che mi serve e la mia vita mi soddisfa pienamente.”

“Se è così, io sono felice per te, ma rammenta una cosa importante, Oscar: il cuore di una donna può avere altri desideri e può essere naturale e necessario cercare il modo di soddisfarli. Quindi, vivi la tua vita come meglio credi e non soffocare mai il cuore. Ascoltalo con estrema attenzione. Tuo padre non ti direbbe mai queste cose, ma io sono tua madre e devo farlo.”

Oscar si alzò in piedi e rimase di fronte alla donna col sorriso sulle labbra.

“Vi ringrazio madre. È stato bello parlare con voi; farò tesoro delle vostre parole, non temete.”

 

 

 

Oscar si trovava a riflettere spesso sul colloquio avuto quel pomeriggio con la madre.

Rifletteva sul cambiamento che si era messo in moto in lei.

Si chiedeva se davvero desiderasse altro dalla sua vita.

 

Un marito, dei figli…

Vivere come una donna normale.

No, solo l’idea la inorridiva.

 

Naturalmente rifletteva su Andrè; anzi, lui era il tema principale delle sue riflessioni da quando si erano riavvicinati. Proteggere e scortare la principessa Maria Antonietta ovunque volesse andare, era una responsabilità che assorbiva molte delle sue energie. Erano stati i suoi impegni militari a creare una certa distanza tra loro. Distanza che ultimamente pareva colmarsi quasi con una sorta di urgenza. Almeno da parte di lei.

Era indubbio che una schietta amicizia si stava evolvendo in qualcosa di più profondo.

A Versailles André la seguiva sempre, ma a corte entrambi dovevano rispettare un ruolo che non lasciava spazio all’amicizia e se qualcuno come il tenente Girodelle, notava l’eccessiva familiarità che André si prendeva con Oscar, si sentiva subito in dovere di ricordare al servo il suo posto nel mondo. [1]

André non poteva ribattere e mestamente faceva finta di nulla, mentre Oscar non tentava neppure di mascherare il suo fastidio per quegli atteggiamenti che coinvolgevano il suo amico.

Ma lì, a Palazzo Jarjayes, loro erano solo due amici, due complici, compagni di duelli, di bevute e di solitarie cavalcate al tramonto.

Entrambi erano consapevoli che in quei momenti non c’erano ruoli da rispettare o distanze da tenere.

E non le mantenevano.

Solo la nonna di André ogni tanto cercava di rammentare al nipote il fatto di essere solo un servo; a volte si sentiva quasi in dovere di ammonire Oscar, che lo incoraggiava nel suo atteggiamento eccessivamente libero.

“Voi sbagliate madamigella a trattare quel buono a nulla di André come un vostro pari. Servi e padroni non possono essere amici. Non è normale.”

“A me va bene così, e poi io e Andrè siamo cresciuti insieme; se dobbiamo parlare di normalità, anche la mia educazione è stata tutto, tranne che normale. Quindi non voglio più sentire discorsi di questo genere, intesi?”

Così Oscar zittiva la governante, che usciva dalla stanza borbottando improperi contro il generale che era stato l’artefice di tutto quel caos.

 

 

Un giorno per caso, erano soli nel parco del palazzo e André stava raccontando all’amica gli ultimi pettegolezzi sulla contessa Du Barry, dei recenti costosi regali che le aveva fatto il sovrano, quando Oscar espresse il desiderio di fare una cavalcata.

Il ragazzo obbiettò immediatamente che non sarebbe stato saggio per lei sottoporsi ad un simile sforzo, ma Oscar non si lasciò convincere.

“Non vorrai farmi passare il resto della settimana nella più assoluta inattività! Se non faccio qualcosa divento matta, lo sai che non mi piace stare senza far niente”.

“Sii ragionevole, non puoi cavalcare col tuo braccio ferito. Rassegnati.”

“È vero, ma posso salire a cavallo con te. Monterò dietro e andremo giù al fiume, al solito posto e non ti permetto di dirmi di no!”

Il tono che aveva usato era stato deciso, ma suadente. Era la prima volta che Oscar gli proponeva una cosa del genere e la richiesta lo lasciò senza parole: c’era in essa un’implicita ricerca di intimità.

André ne restò turbato e confuso, ma segretamente felice e non seppe rifiutare. 

“Va bene, come vuoi tu”. Le disse.

Oscar non si era resa conto di cosa significasse quella richiesta, finché non montò a cavallo con lui e avvertì l’inconsueta vicinanza dei loro corpi. La sensazione la lasciò interdetta per qualche secondo; poteva percepire i muscoli forti della schiena del ragazzo contro di lei, mentre con le braccia gli cingeva leggermente la vita. Non era come quando si assalivano con la spada, o quando facevano a pugni; quelli  erano attimi fugaci che sembravano non lasciare altra traccia se non la loro violenza.

Adesso si accorgeva che quel contatto, così insolito per lei, le piaceva molto.

La vicinanza fisica del suo amico le dava una sorta di leggera eccitazione, che le fece desiderare di appoggiare la guancia sulla sua spalla e lei non tardò ad assecondare quell’impulso strano.

Che male poteva esserci? Non erano forse amici?

Continuava a dire a sé stessa.

Le sensazioni di André erano le medesime.

Quella situazione gli piaceva; non poteva non pensare al corpo di lei, agile e snello premuto contro il suo, alle sue mani che lo stringevano dolcemente.

Avrebbe voluto cavalcare per ore, solo per sentirsela addosso in quel modo.

Sembrava addirittura arrendevole.

No, nulla di quello che stava accadendo quel giorno tra loro, era abituale o consueto.

Soprattutto non lo era per Oscar, che per indole ed educazione, non si lasciava mai andare a manifestazioni aperte di affetto o debolezza.

Da quando la conosceva, era la prima volta che non riusciva a decifrare di lei quel comportamento anomalo. Aveva quasi paura a chiederle cosa avesse.

O forse lo capiva, ma temeva di fraintendere i segnali che riceveva.

E se tutto fosse stato frutto della sua immaginazione? In fondo, si era già sbagliato una volta.

Osava quasi pensare che piacesse anche a lei; non trovava un altro modo di spiegare quello strano abbandono e la sensazione che lei volesse ben altro, una diversa e nuova intimità fatta di pelle.

Mentre cavalcavano allontanandosi dalla tenuta, sentiva che si stringeva di più.

Improvvisamente la sua voce ruppe il filo dei suoi pensieri; il suo tono era tale che si sentì confuso ancora di più.

“Non ti dispiace se mi appoggio a te, vero André?”

“Niente affatto, Oscar.”

Arrivarono presso la radura vicino al fiume, dove lasciarono il cavallo ad abbeverarsi.

Oscar scese a terra un po’ a malincuore; le spiaceva interrompere quel contatto.

Si accorgeva con un lieve sgomento di volere sentire il vigore del suo corpo e sapeva perfettamente che non avrebbe dovuto avere un simile desiderio, eppure non poteva ignorare quello che sentiva.

Tutte quelle nuove e strane pulsioni non facevano altro che generare sempre maggior confusione in lei; nulla di quello che stava accadendo era legittimo ed era consapevole che avrebbe dovuto fare di tutto per soffocare quello strano impulso da cui si sentiva pervasa.

Ma la verità forse più semplice e immediata era che non voleva farlo; si accese in lei solo la volontà di ritrovare quelle emozioni, di capire da dove provenissero.

Erano solo una pura e semplice reazione del suo corpo che si svegliava agli istinti più vitali, oppure no?

Lo guardò dopo essere scesa da cavallo, e cercò nei suoi occhi una risposta ai suoi dubbi, ma vi trovò solo il medesimo turbamento. Forse a lui stava succedendo la stessa cosa.

Poi era andata a sedersi sotto un albero, dove André l’aveva raggiunta qualche secondo dopo.

Erano rimasti in silenzio sull’erba.

Avevano sempre saputo stare vicini senza parlare, ma in quella particolare situazione, il silenzio stava diventando difficile da gestire per entrambi; esso contribuiva ad accendere i loro pensieri, che prendevano direzioni un tantino pericolose.

Era come se due pietre focaie fossero state fregate insieme, fino a generare delle scintille che era meglio spegnere prima che divampassero in un fuoco più grande.

André pensò prima di lei di porre un freno a quei pensieri bizzarri.

Per evitare imbarazzi era necessario tornare su terreni più sicuri e conosciuti.

“Era da tanto che non venivamo quaggiù. L’ultima volta abbiamo fatto a pugni, ti ricordi Oscar?”

“Sì, è passato qualche anno. Avevo 14 anni, ero in ansia per il mio futuro e dovevo decidere cosa fare della mia vita.”

“Non volevi diventare capitano, ma poi cambiasti idea. Ti sei mai pentita di quella scelta, Oscar?”

Lei ebbe un’esitazione prima di rispondere.

Che strano, pensò; con parole diverse, giorni prima la madre le aveva fatto la stessa domanda.

“Avevi detto André, che non ne avremmo più parlato.”

“Scusa Oscar, se vuoi non ne parliamo.”

“No, voglio risponderti”.

Oscar parlò, tenendo gli occhi fissi sull’acqua del fiume, che scorreva placida davanti a loro.

“In quel momento mi parve la scelta più facile, anche se non sapevo dove mi avrebbe portato. In fondo, ero stata educata per quello scopo e non volevo scontrarmi ancora con mio padre. Poi ho pensato a cosa sarebbe accaduto se avessi deciso di vivere come una donna normale…”

André fece tanto d’occhi perché comprese subito dove Oscar sarebbe andata a parare. Ma tutto andava bene, se si trattava di allentare la strana tensione salita fra loro.

“A cosa alludi?” le chiese, forse per incoraggiarla.

“Ti ricordi cosa è accaduto a tutte le mie sorelle? Avrei condiviso la loro sorte, mi sarei dovuta sposare… Mi ci vedi sposata, André?”

Il tono della ragazza era diventato ironico con l’ultima frase.

André sorrise prima di rispondere.

“L’abito bianco e la spada su un fianco – ridacchiò. -  Sì, avresti scoraggiato qualsiasi pretendente.”

“André onestamente; quale uomo potrebbe sopportarmi? O io sopportare lui?”

“Io ti sopporto.”

“Ma tu sei obbligato; mio padre ti paga per questo.”

“Non è poi così terribile.” Disse pacato.

Lei lo osservò per un attimo, poi riprese a seguire la corrente del fiume.

“Il ruolo che ricopro ora, mi permette di godere di una libertà, che altrimenti non avrei mai avuto e di questo penso di dover ringraziare mio padre. Ma c’è un'altra cosa a cui ho pensato solo in seguito, che mi avrebbe fatto soffrire maggiormente; - Oscar aveva smesso di guardare l’acqua e puntava il suo sguardo serio su di lui. - Avrei dovuto rinunciare alla nostra amicizia. Ci avrebbero separato, André.”

Lui restò impressionato dalla sua franchezza, ma sapeva che aveva ragione.

Era sempre stato grato alla sorte e quasi contento che lei avesse scelto quella vita che gli permetteva di starle accanto, anche se in modo anomalo. Era l’unica maniera per non perderla.

“Sarebbe stato molto triste anche per me Oscar, credimi.” Ammise.

Anche lui avrebbe sofferto, non avrebbe saputo dire quanto.

Non riusciva a credere che fosse proprio lei a parlare così; ma la sua ammissione implicava anche qualcos’altro, implicava forse un coinvolgimento che sarebbe potuto andare oltre l’amicizia, ma Andrè si sforzava di relegare certi pensieri fantasiosi nel profondo del suo essere, cercando di trattenerli e di non farli uscire.

Passò un breve momento in cui restarono in silenzio a scrutarsi reciprocamente.

Poi Oscar parlò di nuovo.

“Andrè…”

“Sì?”

“Come… cosa avresti fatto, se io fossi morta davvero?”

“Oscar, ma che dici?! Non pensarlo neanche!!” rispose esterrefatto.

“No, sul serio; cosa avresti fatto della tua vita?”

Andrè la guardò fisso senza sapere cosa risponderle; non riusciva a immaginare una vita qualsiasi senza di lei, gli sarebbe sembrata priva di senso. Non ricordava neppure una vita prima di lei.

“Non lo so Oscar. Davvero, io non riesco neppure a pensarci.”

“Senti Andrè, io non te l’ho mai chiesto, ma tu non hai mai avuto altri sogni, altri desideri in questa vita? Hai mai pensato di andar via, a cercar fortuna altrove ad esempio? Lontano da… qui?”

Lontano da me avrebbe voluto dire, ma non osava formulare una frase simile.

“No, ma che ti viene in mente? – Domandò divertito. - Non ho mai pensato di andarmene da qui e non credo che lo farei mai; la mia vita non è poi così male, tutto sommato. Io mi sento già molto fortunato. Devo solo stare attento a non farmi tagliare la testa dal Re.”

Andrè ridacchiava e anche a Oscar venne un po’ da ridere.

E risero ancora di tutto, dei cortigiani a corte che sgomitavano per ottenere favori, degli adulatori e delle dame svenevoli che arrossivano davanti al suo sguardo ammaliante ed enigmatico.

Parlarono ancora di svariate cose, della loro vita insieme, delle loro speranze.

Solo più tardi tornarono verso Palazzo Jarjayes.

In loro c’era la certezza non espressa ancora a parole, che non avrebbero mai rinunciato uno all’altra.

E se la vita avesse provato a dividerli, avrebbero sfidato tutte le regole di quel mondo che non poteva ammettere neppure l’amicizia tra una fanciulla aristocratica e il suo servo, meno che mai l’amore.

Quell’amore che aveva già messo radici nei loro cuori.

 

 

Continua…

 



[1]  In una puntata dell’anime c’è un colloquio in lingua originale tra André e Girodelle dove quest’ultimo ricorda ad André di essere solo un servo. Non ricordo le parole esatte, ma il senso era molto chiaro. L’atteggiamento del tenente era quello del nobile che si sente superiore, inoltre ho sempre interpretato le parole di Girodelle come un sintomo della sua gelosia nei confronti dell’attendente che era sempre vissuto accanto a madamigella.

   
 
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