2 –
Pelle che inizia a cambiare
“Se riuscissi a dire, se riuscissi a
spiegare… è solo pelle che inizia a cambiare…”
“Tu che sei parte di me”
Pacifico e Gianna Nannini
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Capitolo aggiornato 5/04/2012
Il
dottore veniva tutti i giorni per medicare la ferita e cambiare la fasciatura
al braccio di Oscar, ma era stato categorico.
“Se
madamigella vuole guarire completamente, dovrà osservare un periodo di assoluto
riposo e non dovrà per nessun motivo usare il braccio, altrimenti la ferita non
guarirà. Quindi, niente allenamenti con la spada almeno per un mese”.
Inizialmente
con fastidio, Oscar dovette rassegnarsi a quel periodo di forzata inattività,
ma non rimase a letto più di un giorno. Il braccio certo, le faceva un po’ male
e le limitava molto i movimenti, ma questo non le avrebbe impedito di stare
all’aria aperta. Quando non leggeva, occupazione che l’assorbiva sempre
moltissimo, per vincere il tedio delle giornate primaverili, faceva lunghe
passeggiate nel parco della sua dimora.
André
naturalmente l’accompagnava.
Era
bello ammirare la natura che si ridestava lentamente; il verde del fogliame si
era fatto più lucido, le rose stavano iniziando a sbocciare in tutto il loro
splendore e l’aria era satura di profumi che risvegliavano i sensi dal letargo
del lungo inverno.
Tutto
sommato le giornate passavano piacevolmente; ci furono altre diverse ragioni
per cui Oscar arrivò a pensare che in fondo, quella vacanza forzata aveva anche
i suoi vantaggi.
Con
tranquillità ebbe modo di riflettere sugli ultimi accadimenti della sua vita,
sull’ amicizia che la legava ad André. Tornò con la memoria ad ogni dettaglio
prima e dopo l’incidente ed ebbe la netta sensazione di aver sempre
interpretato male, sottovalutandoli, certi atteggiamenti dell’amico.
Ora
cercava di guardarli sotto una luce diversa. Se prima Andrè le era sembrato
stranamente taciturno, ultimamente era tornato ad essere sereno e vivace come
al solito, fatto che le dava un inconsueto piacere.
Ebbe
modo di rivalutare anche Fersen.
Da un
paio di settimane veniva a farle visita spesso. Praticamente quasi ogni giorno.
I loro
rapporti di recente erano decisamente migliorati, e Oscar aveva lasciato andare
molta della sua ostilità iniziale verso lo svedese. In realtà provava verso di
lui una sincera gratitudine.
“Sono
felice di vedere che vi siete ripresa benissimo, madamigella Oscar. Tutti a
corte sentono la vostra mancanza, soprattutto la Delfina; non fa che chiedere
di voi ed è avida di ogni notizia che vi riguarda.”
“Vi ringrazio
Fersen. Ho già provveduto a informare e rassicurare Sua Altezza sul mio stato
di salute; la vostra visita mi permette di dirvi quanto vi sono riconoscente
del vostro gesto davanti al Re. Vi giuro che non lo dimenticherò mai.”
“Non
dovete ringraziarmi, sapete. Comunque sappiate che avete conquistato tutta la
mia stima; sono rimasto enormemente impressionato dal vostro coraggio. Per me
sarebbe un privilegio ed un onore poter godere della vostra amicizia. Siete una
persona fuori dall’ordinario.”
Oscar
capì immediatamente il senso di quelle parole.
“Volete
dire che sono una donna fuori dell’ordinario…”
“Beh,
questo è un fatto innegabile, ma il credervi un uomo ha condizionato il mio
comportamento con voi. Ho sbagliato.” Ammise Fersen.
Oscar emise
un sospiro di pura rassegnazione; il conte in fondo, non era molto diverso
dagli altri uomini con cui aveva a che fare, eccetto Andrè forse.
“Alla
luce dei fatti, possiamo dimenticare le nostre piccole incomprensioni iniziali.
Vista l’assiduità con cui frequentate la corte, immagino mi porterete liete
notizie della principessa.”
“Oh,
sì. Sua Altezza gode di ottima salute e ha nuovamente espresso il desiderio di
andare a cavallo. Evidentemente, la prima esperienza negativa non è servita a
scoraggiarla e Madame Noailles sta facendo di tutto per farle cambiare idea
senza successo, fra l’altro. Sua Altezza è una persona piena di vita e gioiosa;
è un piacere stare in sua compagnia.”
Fersen
aveva parlato con evidente entusiasmo. Troppo secondo Oscar.
“La Delfina
è una persona istintiva; questo purtroppo non sempre è un bene a corte.” Disse,
sforzandosi di mantenere un tono neutro.
“Cosa
intendete esattamente?” chiese incerto; aveva colto un certo allarmismo.
“Voi
siete straniero; forse non sapete quanto possa essere rigida l’etichetta di
corte, ma Maria Antonietta è una donna che si lascia prendere da facili
entusiasmi; chi le è vicino dovrebbe cercare di non alimentarli
pericolosamente."
Oscar
lo fissò decisa mentre il conte restava in silenzio per un momento; sembrava
insicuro, alla ricerca di parole da dire.
“Credo
di capire; posso dirvi che terrò a mente le vostre parole, madamigella Oscar.”
“Non ne
dubito affatto…” disse più per convincere se stessa.
Aveva
l’impressione che dalla sera del ballo a Parigi, fosse iniziato qualcosa
d’ineluttabile, che non si sarebbe spento tanto presto.
Fersen
poco dopo si congedò e Oscar restò sola con André; l’aveva raggiunta nel
salotto dove di solito ricevevano ospiti. Lui conosceva quello sguardo strano
che faceva incupire i suoi occhi celesti.
“Perché
sei preoccupata?” chiese; seguì un sospiro della ragazza.
“Vorrei
che la mia guarigione non fosse così lenta.” Commentò spazientita.
“Credi
che la tua presenza a corte potrebbe impedire quello che sta accadendo tra
Fersen e Maria Antonietta?”
Lei
quasi lo fulminò con lo sguardo.
“Cosa
significa? Allora anche per te sta succedendo qualcosa…” e mentre lo diceva
aveva la sensazione che stesse parlando di sé stessa.
“No,
non fraintendermi. Si capisce che tra il conte e Maria Antonietta c’è un
evidente simpatia, ma non credo che sia allarmante, nonostante le voci che
girano.”
“Voci?
Quali voci? Di cosa parli?” chiese alzando lievemente il tono di voce.
“Ecco,
si dice che Fersen abbia preso a frequentare assiduamente la corte perché
segretamente innamorato della Delfina… e che forse Sua Altezza…”
Non gli
lasciò finire la frase.
“Non
dirlo neanche per scherzo!”
Esclamò
con veemenza, ma non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che qualcosa
stesse cambiando inesorabilmente e definitivamente, e non era sicura che
riguardasse solo la Delfina.
Ci sono
cose che possono cambiare nel volgere di un giorno.
Altre
in poche ore. Non ci si può opporre.
Accade
e basta.
È la
svolta di quando si arriva al bivio.
Oscar era
arrivata al suo.
****
Madame
Jarhayes aveva lasciato gli alloggi di Versailles per essere più vicina alla
figlia in quel particolare momento; Oscar non aveva mai goduto tanto della sua
presenza e saperla lontana dagli intrighi della corte, le faceva solo piacere.
Madre e
figlia potevano stare in compagnia una dell’altra come raramente accadeva. Fu
durante una passeggiata nel roseto che Oscar si ritrovò a parlare con lei di un
argomento delicato che le stava a cuore e che in circostanze normali non avrebbe
mai affrontato con nessuno.
D’
altronde, solo con la madre avrebbe potuto confidarsi.
“Madre
è così raro per noi poter parlare liberamente; stavo pensando che voi potreste
chiarirmi… alcune cose.”
Madame
Jarhayes restò non poco sorpresa dal tono vagamente incerto di Oscar, di solito
molto più diretta.
“Di
cosa vuoi parlarmi, Oscar?” chiese con la solita calma che la distingueva
nettamente dalla figlia inquieta.
“Ecco,
io volevo sapere… voi credete che un sentimento che abbiamo sempre provato per
una persona, possa di colpo senza un motivo apparente trasformarsi in
qualcos’altro?”
Avevano
raggiunto i margini del roseto; madame Jarhayes si era seduta su una panca di
pietra bianca su cui cadevano come una tenda, le fronde di un salice che
cresceva nella tenuta. Oscar era rimasta in piedi di fronte a lei in silenzio;
sembrava nervosa e attendeva una risposta.
“Siediti
Oscar, qui vicino a me.” La invitò con un gesto delicato della mano sulla
panca.
La
figlia ubbidì stranamente docile.
“Si
tratta di qualcosa che riguarda te personalmente, o qualcun altro?” la contessa
era perplessa; Oscar se ne accorse, ma non osò dirle la verità.
“Non
parlavo di me, di nessuno in particolare; solo, recentemente ho avuto modo di
riflettere su alcune cose…” rispose senza essere certa di aver scansato il
dubbio che lesse negli occhi di sua madre.
“Tutto
cambia nella vita; può accadere improvvisamente e non sempre gli uomini possono
prevederlo. Le cose, le persone…”
“Capisco…”
aveva risposto, mentre puntava lo sguardo altrove per sottrarsi agli occhi
dolci, ma indagatori della contessa.
Madame
Jarhayes però non intendeva chiudere lì, il discorso appena iniziato.
“Oscar,
figlia mia…”
“Sì?”
chiese tornando a fissarla.
L’aria
attorno muoveva leggermente le fronde del salice, la luce filtrava tra le
foglie creando uno strano gioco di ombre.
“Tu hai
già 18 anni, sei una giovane bella donna che si affaccia alla vita…”
“Madre,
io…”
“Ascoltami,
Oscar; non ne abbiamo mai parlato, e tuo padre non affronterebbe mai seriamente
l’argomento, però… per caso stai mettendo in discussione la tua scelta di
vivere come un uomo? Sarebbe un dubbio legittimo il tuo; forse ti stai
accorgendo che desideri altre cose?”
La
figlia esitò un momento, spiazzata, in cerca delle parole più giuste da dire.
“Vi
assicuro madre: io sono soddisfatta della vita che conduco e sono orgogliosa di
servire la principessa.”
“Sì
Oscar, non ne dubito, ma… - e la donna aveva afferrato improvvisamente le mani
della figlia, trattenendole tra le sue – forse non ti basta più.”
In quel
gesto Oscar lesse un sentimento di apprensione, che si affrettò a sedare con
parole sincere e un sorriso rassicurante.
“Vi
giuro madre che non c’è niente che io voglia di più che fare al meglio il mio
dovere; ho tutto quello che mi serve e la mia vita mi soddisfa pienamente.”
“Se è
così, io sono felice per te, ma rammenta una cosa importante, Oscar: il cuore
di una donna può avere altri desideri e può essere naturale e necessario
cercare il modo di soddisfarli. Quindi, vivi la tua vita come meglio credi e
non soffocare mai il cuore. Ascoltalo con estrema attenzione. Tuo padre non ti
direbbe mai queste cose, ma io sono tua madre e devo farlo.”
Oscar
si alzò in piedi e rimase di fronte alla donna col sorriso sulle labbra.
“Vi
ringrazio madre. È stato bello parlare con voi; farò tesoro delle vostre
parole, non temete.”
Oscar
si trovava a riflettere spesso sul colloquio avuto quel pomeriggio con la
madre.
Rifletteva
sul cambiamento che si era messo in moto in lei.
Si
chiedeva se davvero desiderasse altro dalla sua vita.
Un
marito, dei figli…
Vivere
come una donna normale.
No,
solo l’idea la inorridiva.
Naturalmente
rifletteva su Andrè; anzi, lui era il tema principale delle sue riflessioni da
quando si erano riavvicinati. Proteggere e scortare la principessa Maria
Antonietta ovunque volesse andare, era una responsabilità che assorbiva molte
delle sue energie. Erano stati i suoi impegni militari a creare una certa
distanza tra loro. Distanza che ultimamente pareva colmarsi quasi con una sorta
di urgenza. Almeno da parte di lei.
Era
indubbio che una schietta amicizia si stava evolvendo in qualcosa di più
profondo.
A
Versailles André la seguiva sempre, ma a corte entrambi dovevano rispettare un
ruolo che non lasciava spazio all’amicizia e se qualcuno come il tenente
Girodelle, notava l’eccessiva familiarità che André si prendeva con Oscar, si
sentiva subito in dovere di ricordare al servo il suo posto nel mondo. [1]
André
non poteva ribattere e mestamente faceva finta di nulla, mentre Oscar non tentava
neppure di mascherare il suo fastidio per quegli atteggiamenti che
coinvolgevano il suo amico.
Ma lì,
a Palazzo Jarjayes, loro erano solo due amici, due complici, compagni di
duelli, di bevute e di solitarie cavalcate al tramonto.
Entrambi
erano consapevoli che in quei momenti non c’erano ruoli da rispettare o
distanze da tenere.
E non
le mantenevano.
Solo la
nonna di André ogni tanto cercava di rammentare al nipote il fatto di essere
solo un servo; a volte si sentiva quasi in dovere di ammonire Oscar, che lo
incoraggiava nel suo atteggiamento eccessivamente libero.
“Voi
sbagliate madamigella a trattare quel buono a nulla di André come un vostro
pari. Servi e padroni non possono essere amici. Non è normale.”
“A me va
bene così, e poi io e Andrè siamo cresciuti insieme; se dobbiamo parlare di
normalità, anche la mia educazione è stata tutto, tranne che normale. Quindi
non voglio più sentire discorsi di questo genere, intesi?”
Così
Oscar zittiva la governante, che usciva dalla stanza borbottando improperi
contro il generale che era stato l’artefice di tutto quel caos.
Un
giorno per caso, erano soli nel parco del palazzo e André stava raccontando
all’amica gli ultimi pettegolezzi sulla contessa Du Barry, dei recenti costosi
regali che le aveva fatto il sovrano, quando Oscar espresse il desiderio di
fare una cavalcata.
Il
ragazzo obbiettò immediatamente che non sarebbe stato saggio per lei sottoporsi
ad un simile sforzo, ma Oscar non si lasciò convincere.
“Non
vorrai farmi passare il resto della settimana nella più assoluta inattività! Se
non faccio qualcosa divento matta, lo sai che non mi piace stare senza far
niente”.
“Sii
ragionevole, non puoi cavalcare col tuo braccio ferito. Rassegnati.”
“È
vero, ma posso salire a cavallo con te. Monterò dietro e andremo giù al fiume,
al solito posto e non ti permetto di dirmi di no!”
Il tono
che aveva usato era stato deciso, ma suadente. Era la prima volta che Oscar gli
proponeva una cosa del genere e la richiesta lo lasciò senza parole: c’era in
essa un’implicita ricerca di intimità.
André
ne restò turbato e confuso, ma segretamente felice e non seppe rifiutare.
“Va
bene, come vuoi tu”. Le disse.
Oscar
non si era resa conto di cosa significasse quella richiesta, finché non montò a
cavallo con lui e avvertì l’inconsueta vicinanza dei loro corpi. La sensazione
la lasciò interdetta per qualche secondo; poteva percepire i muscoli forti
della schiena del ragazzo contro di lei, mentre con le braccia gli cingeva
leggermente la vita. Non era come quando si assalivano con la spada, o quando
facevano a pugni; quelli erano attimi
fugaci che sembravano non lasciare altra traccia se non la loro violenza.
Adesso
si accorgeva che quel contatto, così insolito per lei, le piaceva molto.
La vicinanza
fisica del suo amico le dava una sorta di leggera eccitazione, che le fece
desiderare di appoggiare la guancia sulla sua spalla e lei non tardò ad
assecondare quell’impulso strano.
Che
male poteva esserci? Non erano forse amici?
Continuava
a dire a sé stessa.
Le
sensazioni di André erano le medesime.
Quella
situazione gli piaceva; non poteva non pensare al corpo di lei, agile e snello
premuto contro il suo, alle sue mani che lo stringevano dolcemente.
Avrebbe
voluto cavalcare per ore, solo per sentirsela addosso in quel modo.
Sembrava
addirittura arrendevole.
No,
nulla di quello che stava accadendo quel giorno tra loro, era abituale o
consueto.
Soprattutto
non lo era per Oscar, che per indole ed educazione, non si lasciava mai andare
a manifestazioni aperte di affetto o debolezza.
Da
quando la conosceva, era la prima volta che non riusciva a decifrare di lei
quel comportamento anomalo. Aveva quasi paura a chiederle cosa avesse.
O forse
lo capiva, ma temeva di fraintendere i segnali che riceveva.
E se
tutto fosse stato frutto della sua immaginazione? In fondo, si era già
sbagliato una volta.
Osava
quasi pensare che piacesse anche a lei; non trovava un altro modo di spiegare
quello strano abbandono e la sensazione che lei volesse ben altro, una diversa
e nuova intimità fatta di pelle.
Mentre
cavalcavano allontanandosi dalla tenuta, sentiva che si stringeva di più.
Improvvisamente
la sua voce ruppe il filo dei suoi pensieri; il suo tono era tale che si sentì
confuso ancora di più.
“Non ti
dispiace se mi appoggio a te, vero André?”
“Niente
affatto, Oscar.”
Arrivarono
presso la radura vicino al fiume, dove lasciarono il cavallo ad abbeverarsi.
Oscar
scese a terra un po’ a malincuore; le spiaceva interrompere quel contatto.
Si
accorgeva con un lieve sgomento di volere sentire il vigore del suo corpo e
sapeva perfettamente che non avrebbe dovuto avere un simile desiderio, eppure
non poteva ignorare quello che sentiva.
Tutte
quelle nuove e strane pulsioni non facevano altro che generare sempre maggior
confusione in lei; nulla di quello che stava accadendo era legittimo ed era
consapevole che avrebbe dovuto fare di tutto per soffocare quello strano
impulso da cui si sentiva pervasa.
Ma la
verità forse più semplice e immediata era che non voleva farlo; si accese in
lei solo la volontà di ritrovare quelle emozioni, di capire da dove
provenissero.
Erano
solo una pura e semplice reazione del suo corpo che si svegliava agli istinti
più vitali, oppure no?
Lo
guardò dopo essere scesa da cavallo, e cercò nei suoi occhi una risposta ai
suoi dubbi, ma vi trovò solo il medesimo turbamento. Forse a lui stava
succedendo la stessa cosa.
Poi era
andata a sedersi sotto un albero, dove André l’aveva raggiunta qualche secondo
dopo.
Erano
rimasti in silenzio sull’erba.
Avevano
sempre saputo stare vicini senza parlare, ma in quella particolare situazione,
il silenzio stava diventando difficile da gestire per entrambi; esso
contribuiva ad accendere i loro pensieri, che prendevano direzioni un tantino
pericolose.
Era
come se due pietre focaie fossero state fregate insieme, fino a generare delle
scintille che era meglio spegnere prima che divampassero in un fuoco più
grande.
André
pensò prima di lei di porre un freno a quei pensieri bizzarri.
Per
evitare imbarazzi era necessario tornare su terreni più sicuri e conosciuti.
“Era da
tanto che non venivamo quaggiù. L’ultima volta abbiamo fatto a pugni, ti
ricordi Oscar?”
“Sì, è
passato qualche anno. Avevo 14 anni, ero in ansia per il mio futuro e dovevo
decidere cosa fare della mia vita.”
“Non
volevi diventare capitano, ma poi cambiasti idea. Ti sei mai pentita di quella
scelta, Oscar?”
Lei
ebbe un’esitazione prima di rispondere.
Che
strano, pensò; con parole diverse, giorni prima la madre le aveva fatto la
stessa domanda.
“Avevi
detto André, che non ne avremmo più parlato.”
“Scusa
Oscar, se vuoi non ne parliamo.”
“No,
voglio risponderti”.
Oscar
parlò, tenendo gli occhi fissi sull’acqua del fiume, che scorreva placida
davanti a loro.
“In
quel momento mi parve la scelta più facile, anche se non sapevo dove mi avrebbe
portato. In fondo, ero stata educata per quello scopo e non volevo scontrarmi
ancora con mio padre. Poi ho pensato a cosa sarebbe accaduto se avessi deciso
di vivere come una donna normale…”
André
fece tanto d’occhi perché comprese subito dove Oscar sarebbe andata a parare.
Ma tutto andava bene, se si trattava di allentare la strana tensione salita fra
loro.
“A cosa
alludi?” le chiese, forse per incoraggiarla.
“Ti
ricordi cosa è accaduto a tutte le mie sorelle? Avrei condiviso la loro sorte,
mi sarei dovuta sposare… Mi ci vedi sposata, André?”
Il tono
della ragazza era diventato ironico con l’ultima frase.
André
sorrise prima di rispondere.
“L’abito
bianco e la spada su un fianco – ridacchiò. -
Sì, avresti scoraggiato qualsiasi pretendente.”
“André
onestamente; quale uomo potrebbe sopportarmi? O io sopportare lui?”
“Io ti
sopporto.”
“Ma tu
sei obbligato; mio padre ti paga per questo.”
“Non è
poi così terribile.” Disse pacato.
Lei lo
osservò per un attimo, poi riprese a seguire la corrente del fiume.
“Il
ruolo che ricopro ora, mi permette di godere di una libertà, che altrimenti non
avrei mai avuto e di questo penso di dover ringraziare mio padre. Ma c’è
un'altra cosa a cui ho pensato solo in seguito, che mi avrebbe fatto soffrire
maggiormente; - Oscar aveva smesso di guardare l’acqua e puntava il suo sguardo
serio su di lui. - Avrei dovuto rinunciare alla nostra amicizia. Ci avrebbero
separato, André.”
Lui
restò impressionato dalla sua franchezza, ma sapeva che aveva ragione.
Era
sempre stato grato alla sorte e quasi contento che lei avesse scelto quella
vita che gli permetteva di starle accanto, anche se in modo anomalo. Era
l’unica maniera per non perderla.
“Sarebbe
stato molto triste anche per me Oscar, credimi.” Ammise.
Anche
lui avrebbe sofferto, non avrebbe saputo dire quanto.
Non
riusciva a credere che fosse proprio lei a parlare così; ma la sua ammissione
implicava anche qualcos’altro, implicava forse un coinvolgimento che sarebbe
potuto andare oltre l’amicizia, ma Andrè si sforzava di relegare certi pensieri
fantasiosi nel profondo del suo essere, cercando di trattenerli e di non farli
uscire.
Passò
un breve momento in cui restarono in silenzio a scrutarsi reciprocamente.
Poi
Oscar parlò di nuovo.
“Andrè…”
“Sì?”
“Come…
cosa avresti fatto, se io fossi morta davvero?”
“Oscar,
ma che dici?! Non pensarlo neanche!!” rispose esterrefatto.
“No,
sul serio; cosa avresti fatto della tua vita?”
Andrè
la guardò fisso senza sapere cosa risponderle; non riusciva a immaginare una
vita qualsiasi senza di lei, gli sarebbe sembrata priva di senso. Non ricordava
neppure una vita prima di lei.
“Non lo
so Oscar. Davvero, io non riesco neppure a pensarci.”
“Senti
Andrè, io non te l’ho mai chiesto, ma tu non hai mai avuto altri sogni, altri
desideri in questa vita? Hai mai pensato di andar via, a cercar fortuna altrove
ad esempio? Lontano da… qui?”
Lontano da me avrebbe voluto dire, ma
non osava formulare una frase simile.
“No, ma
che ti viene in mente? – Domandò divertito. - Non ho mai pensato di andarmene
da qui e non credo che lo farei mai; la mia vita non è poi così male, tutto
sommato. Io mi sento già molto fortunato. Devo solo stare attento a non farmi
tagliare la testa dal Re.”
Andrè
ridacchiava e anche a Oscar venne un po’ da ridere.
E
risero ancora di tutto, dei cortigiani a corte che sgomitavano per ottenere
favori, degli adulatori e delle dame svenevoli che arrossivano davanti al suo
sguardo ammaliante ed enigmatico.
Parlarono
ancora di svariate cose, della loro vita insieme, delle loro speranze.
Solo
più tardi tornarono verso Palazzo Jarjayes.
In loro
c’era la certezza non espressa ancora a parole, che non avrebbero mai
rinunciato uno all’altra.
E se la
vita avesse provato a dividerli, avrebbero sfidato tutte le regole di quel
mondo che non poteva ammettere neppure l’amicizia tra una fanciulla
aristocratica e il suo servo, meno che mai l’amore.
Quell’amore
che aveva già messo radici nei loro cuori.
Continua…
[1] In una puntata dell’anime c’è un colloquio in lingua originale
tra André e Girodelle dove quest’ultimo ricorda ad André di essere solo un
servo. Non ricordo le parole esatte, ma il senso era molto chiaro. L’atteggiamento
del tenente era quello del nobile che si sente superiore, inoltre ho sempre
interpretato le parole di Girodelle come un sintomo della sua gelosia nei
confronti dell’attendente che era sempre vissuto accanto a madamigella.