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Autore: FairyCleo    29/04/2018    5 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 59

UNA SOLA COSA

 
Gli era mancato il fiato. Era abituato alla rapidità del teletrasporto e a tutto quello che comportava, ma quella era stata un’esperienza del tutto diversa. Dolorosa, quasi. Si sentiva spossato, sfinito, e l’essere circondato dal nulla non lo aiutava a riprendere padronanza di sé.
Era una delle situazioni più assurde che avesse mai vissuto. E dire che non era esattamente nuovo a esse. Eppure, Goku non era mai stato così vicino a qualcosa e allo stesso tempo ne era stato così lontano.
Ne sentiva la presenza. Era lontana, ma era chiara. Loro erano lì, da qualche parte, e doveva sfruttare tutto il tempo che aveva a disposizione per trovarli.
Suo malgrado, il Son aveva scoperto che muoversi in quel posto non era affatto semplice. Era come avanzare nella gelatina, e non avere un punto di riferimento era tremendamente avvilente. Si meravigliava di come fosse in grado di vedere le sue stesse membra, considerando che stava avanzando in un qualcosa di indefinito, denso e più nero della notte. Sentiva quella sostanza insinuarsi ovunque: nelle narici, nelle orecchie, e questo era stranissimo considerando che era fatto solo di spirito e non di materia.
Era uno sciocco a meravigliarsi. Dopo tutto quello che aveva dovuto affrontare, dopo tutto quello che aveva appreso, era assurdo continuare a esprimere stupore. Un saiyan millenario vittima di una maledizione aveva fatto sì che lui e Vegeta spezzassero l’incantesimo che teneva prigioniero un mostro spaventoso che aveva prima distrutto il mondo plasmandolo a suo piacimento, trucidato tutti gli esseri umani di sesso maschile, incoronato Vegeta re dei saiyan, ucciso Trunks per poi prendere possesso del suo corpo e tornare sulla Terra in carne e ossa. Poi aveva invitato i suoi amici a tornare indietro dal mondo dei morti accondiscendendo a ogni suo più assurdo desiderio, aveva fatto sì che Bulma lo uccidesse, si era scontrato con Vegeta ed era finito in quel posto dimenticato dagli dei insieme a lui, causando l’ennesimo scompiglio nelle loro vite sufficientemente movimentate.
No, non avrebbe più dovuto meravigliarsi di nulla, Goku.
Avrebbe dovuto solo stare attento e cercare di risolvere il tutto in tempi più che mai rapidi. Vickas non lo aveva detto con chiarezza, ma lui lo aveva intuito ugualmente: il tempo che aveva a disposizione era oltremodo limitato. Sforare di pochi secondi poteva significare rimanere intrappolati lì dentro per sempre, e per quanto potesse incuriosirlo l’idea di quello che poteva celare quello strano posto, lui voleva a tutti i costi tornare indietro e portare con sé quell’uomo che aveva imparato ad amare e rispettare come un fratello.
“Dove sei, Vegeta? Aiutami a trovarti… Aiutami”.
Avrebbe voluto urlarlo, ma si era trattenuto. Non sapeva bene cosa si nascondesse in quel posto, e non voleva avere ulteriori sorprese. Sperava che Vegeta, ovunque si trovasse, si fosse accorto della sua presenza e si palesasse. Lo aveva visto, grazie a Vickas. Era vulnerabile, stanco, ma purtroppo non era solo. Oozaru era momentaneamente fuori gioco, con grandi probabilità, ma non con certezza, e questo era un problema. Era un autentico problema.
“Ti prego amico mio. Ti prego. Non abbiamo molto tempo… Dimmi, dove sei? Dimmelo, Vegeta. Dimmelo!”.
“Kaharot!”.
Era arrivato da lontano, da così lontano da essere quasi impercettibile. Goku aveva alzato gli occhi al cielo, sbuffando. Doveva essere una cosa di famiglia, a quanto sembrava! Per questo motivo, aveva preso un respiro profondo e lo aveva chiamato nuovamente, concentrandosi sulla sua aura e su quello che stava cercando di dirgli. Ma era così difficile… Quella stupida cosa molliccia lo rendeva intontito, incapace di controllare al meglio le sue abilità, lo faceva sentire impotente, quasi. Eppure, Vegeta era lì, ed era estremamente vicino.
“Vegeta, devi sforzarti un po’ di più se vuoi che ti aiuti Ti prego… Solo un pochino in più!”.
Ma non era arrivato nessun tipo di risposta, nessun tipo di segnale da quello zuccone di un re! Va bene, era stanco. Ok, era provato, ma…
“Insomma! Mi vuoi dire o no dove sei! Dobbiamo andar…!” – ma l’aver urlato a pieni polmoni la sua frustrazione aveva fatto sì che quella gelatina si infilasse a gran velocità nella gola, soffocandolo. Se Vegeta avesse potuto, se fosse stato lì, davanti a lui, gli avrebbe detto che era un idiota. E Goku si sentiva realmente tale. Con difficoltà, aveva ingoiato quella cosa orribile, cercando di non pensare al bruciore che sentiva in gola e all’orrido sapore rimasto nella sua bocca. Forse, se fosse stato lì con il suo corpo, quella cosa lo avrebbe ucciso. Ma lui non era fatto di corpo: lui era spirito. Puro, impalpabile spirito, e doveva assolutamente sfruttare quell’inaspettato vantaggio a suo favore.
Per questa ragione, aveva preso qualche secondo per calmarsi e aveva ricominciato a camminare, veloce, sempre più veloce, fino a trovarselo davanti, in tutta la sua fragilità, esattamente come glielo aveva mostrato Vickas.
Gli si era avvicinato rapidamente, esitando solo un istante prima di allungare il braccio e provare a sfiorargli la pelle. Era stato l’ennesimo colpo al cuore vederlo in quelle condizioni. Non aveva sofferto abbastanza? La trasformazione in Oozaru aveva ridotto in brandelli i suoi abiti da civile, e Vegeta se ne stava lì, nudo e fluttuante a mezz’aria, pieno di lividi e ferite, con le vaste ustioni in bella mostra e gli occhi cerchiati da profonde occhiaie. Sembrava che giacesse lì da secoli, in attesa che qualcuno lo risvegliasse da quel sonno mortale. Ma non era quello il momento di giocare al bell’addormentato. Vegeta doveva aprire gli occhi e doveva farlo subito se voleva salvarsi. Non poteva essere lui il guardiano di quel posto. Non poteva essere il carceriere di quel mostro. Assolutamente era fuori discussione.
E stava per dirglielo, Goku. Stava per scuoterlo, per dirgli di alzarsi e seguirlo quando una voce era giunta alle sue spalle e un dolore lancinante gli aveva mozzato il respiro.
“MUORI!”.
La voce era arrivata chiara, limpida alle sue orecchie, come se il figuro che lo aveva attaccato l’avesse urlato a squarciagola. Questo, però, non era avvenuto. Oozaru non aveva aperto bocca se non per mostrare i denti piccoli e candidi, se non per lasciare che un rivolo di sangue gli colasse lungo il mento, mostrando al mondo, a quello strano, imperscrutabile mondo, quali fossero le sue reali condizioni e quale fosse, nonostante tutto, la forza di cui ancora disponeva.
La mente di Goku era stata letteralmente invasa, ma il dolore fisico era stato insopportabile, e lo era stato al punto da annebbiargli la vista. L’immagine di Vegeta era sparita per un istante, e al suo posto c’era stato il buio, lo stesso buio che li circondava senza possibilità di appello.
“Non avreste dovuto farlo! NON AVRESTE DOVUTO METTERVI CONTRO DI ME! NON AVRESTE DOVUTO PORTARMI QUI DENTRO!”.
Goku aveva tentato di urlare dopo essere stato colpito una seconda volta, ma era stato nuovamente vittima della sostanza che lo circondava. Il panico lo aveva assalito. Lui era stato inviato lì per aiutare Vegeta, per riportarlo indietro, e invece stava per diventare l’ennesimo giocattolo di quella belva inferocita.
“Ve-Vegeta… S-svegliati” – lo aveva supplicato, cercando di non sembrare fin troppo disperato, fin troppo bisognoso della sua presenza. Non avrebbe mai smesso di prenderlo in giro, se mai fossero riusciti a uscire da quel maledetto posto dimenticato da tutti. E Goku si era meravigliato per l’ennesima volta, perché lui non era il tipo che pensava in negativo. Lui era ottimista, sempre. Perché cominciava a credere che non avrebbero avuto alcuna speranza?
“Vege-ta!”.
Un altro colpo, un altro e poi un altro ancora. Ormai, Goku era sdraiato a terra a pancia in giù, in preda al dolore e all’angoscia. Era come bloccato, pietrificato, non era più lui, e non riusciva a capire il perché.
Con grande fatica, aveva girato il capo quanto bastava per poter incontrare gli occhi di Oozaru e inorridire alla vista del corpo del piccolo Trunks orrendamente sfigurato. Era quasi impossibile pensare che stesse ancora in piedi. Gli mancava completamente il braccio destro sino all’altezza della spalla, non aveva più un occhio, era nudo, esattamente come Vegeta, e ricoperto da innumerevoli ustioni e ferite grondanti sangue. Eppure, il ghigno sul suo viso era spaventoso, famelico, desideroso di ottenere vendetta verso chi aveva osato imprigionarlo.
“Devo… Devo alzarmi… Dobbiamo farlo insieme… Dobbiamo farlo insieme, Vegeta!”.
E Goku ci aveva provato realmente, ma si era sentito morire non appena aveva provato ad alzarsi. E forse stava succedendo. Forse stava accadendo realmente, perché un malessere sconosciuto lo aveva pervaso e aveva cominciato a notare un fatto inspiegabile: stava lentamente diventando trasparente.
“DEVI SPARIRE! TU E QUEST’ALTRA NULLITA’ DOVETE SPARIRE! VOI SIETE CIO’ CHE SIETE ANCHE GRAZIE A ME E AVETE OSATO RIBELLARVI! DOVETE SPARIRE!”.
Lo aveva visto chiaramente: Goku aveva visto una sfera di energia violacea concentrarsi nella mano superstite di quel maledetto parassita. Tutto aveva cominciato a tremare. Se fosse stato investito da quel colpo non sarebbe sopravvissuto, Goku lo sapeva perfettamente. Ma sapeva anche che Oozaru non avrebbe più avuto energie a sufficienza per fare altro, dopo. Forse, era quello che avrebbero dovuto realmente fare? Avrebbero dovuto farsi uccidere e far sì che Oozaru scaricasse completamente le pile? Era questo che voleva da loro, Vickas?
Aveva deciso. Non sarebbe intervenuto. Avrebbe lasciato che Oozaru li uccidesse. Sì, era quella la strada giusta. Era ormai pronto a sparire per sempre da qualsiasi mondo o realtà conosciuti, anche se con qualche piccolo rimorso. Non avrebbe potuto tenere fede alla promessa che aveva fatto. Non avrebbe potuto riunire la sua famiglia e quella di Vegeta. Non avrebbe potuto permettere a Bulma e a Trunks di tornare a sorridere. Non avrebbe potuto permettere a Chichi di invecchiare al suo fianco e ai suoi figli di renderlo un nonno fiero e amorevole dei suoi nipotini. Ma era giusto così. Era giusto scrivere la parola fine e sacrificarsi per un bene superiore. Era giusto farlo accanto a Vegeta, che aveva dato così tanto per quella causa. Era giusto farlo e basta.
Per questo, Goku aveva sorriso e aveva chiuso gli occhi, attendendo l’arrivo della fine. Per questo, avrebbe rinunciato a tutto.
E l’esplosione di energia c’era stata, ma niente di quello che Goku aveva previsto era accaduto. Questo perché qualcuno l’aveva protetto, facendogli da scudo. Questo perché l’uomo che era venuto a salvare aveva appena salvato lui.

 
*
 
Era finita. Era davvero finita.
In silenzio, chi era rimasto in quella maledetta dimora aveva raccolto le spoglie dei propri cari o aiutato i feriti a rimettersi in piedi, per poi lasciarsi alle spalle quel luogo simbolo di sofferenza e morte, per lasciarsi dietro il giardino e la porta rossa che li aveva separati per sempre dal male ma anche dall’uomo che aveva ridato loro la libertà.
Chichi aveva preso tra le braccia Goten, lasciando l’onere a un Gohan ancora molto frastornato di portare con sé il corpo senza vita di un altro eroe che li aveva sorpresi con il suo zelo e il suo coraggio
Le donne, quelle valorose, impavide donne, avevano raccolto le sorelle cadute e avevano seguito senza esitazioni quel gruppo così eterogeneo eppure così compatto, quel gruppo che le aveva sconvolte con le sue abilità e il suo affiatamento, quel gruppo che aveva aiutato quell’enorme scimmione a sconfiggere l’altro mostro, quello ancora più grande e spaventoso, quello che tutti insieme avevano spinto dietro quell’enorme porta rossa.
Era finita. Era davvero finita, eppure non c’era gioia tra i presenti. Chi apparteneva al gruppo di amici che gravitavano attorno a Goku sapeva cosa e quanto avevano perso. Gli altri no. Eppure, nell’aria c’era una forte sensazione di sconforto, un forte senso di angoscia. Niente, dopo quei tragici eventi, sarebbe tornato più come prima. Niente avrebbe potuto far sì che si potesse dimenticare quello che avevano visto e vissuto. La stanchezza era tanta, la pena era ancora di più. Il loro avanzare era senza meta. Come degli automi, avevano messo un piede davanti all’altro ed erano usciti, cercando in ogni dove un segno, un segnale, un indizio. Cercando una ragione per non desiderare di morire, per non desiderare di sparire come avevano fatto Vegeta e Oozaru.
Chichi era stanca. Non credeva che le cose sarebbero andate in quel modo. Non credeva che avrebbero potuto perdere un altro membro del gruppo, uno così importante, poi. La perdita di Vegeta era stata troppo dolorosa. Ora, della famiglia Brief non c’era più nessun membro vivente. Non c’erano più i vecchi coniugi Brief, non c’era più Bulma, non c’era più Vegeta, non c’era più il piccolo Trunks. Un’intera famiglia era stata trucidata dalla follia di un pazzo criminale assassino con manie megalomani. E chissà quante altre avevano vissuto lo stesso dramma. Chissà quante vite innocenti erano state spezzate a causa sua.
Piangeva in silenzio, Chichi. Le lacrime le impedivano di vedere con chiarezza il visino del suo piccolo Goten, di quel piccolo eroe che aveva aiutato Vegeta a sconfiggere il nemico. Piangeva per il dispiacere di aver perso degli amici sinceri, e non solo. Piangeva perché, al contrario di quello che credeva il suo primogenito, era impossibile prenderla in giro. Piangeva perché le era stato impossibile non notare il grande assente. Piangeva perché sentiva di aver perso per sempre l’altra metà del suo cuore.
“Mamma…” – la voce di Gohan l’aveva raggiunta come un’eco lontana, distogliendola dai suoi pensieri. Era vedova, e lo era di nuovo, ma sarebbe stata comunque una mamma, e una madre non poteva permettersi di prendersi pause dai suoi figli. No: Goku non c’era più, Vegeta e i suoi cari neppure, ma lì c’erano i suoi figli. C’erano Gohan e Goten e c’era lei, la piccola, distrutta Videl, rimasta orfana dopo la morte di suo padre. Avrebbe dovuto essere forte e prendersi cura di loro come avrebbe fatto una leonessa con i suoi cuccioli, perché questo era agli occhi di tutti: una feroce e ruggente leonessa.
“Sì, Gohan?” – aveva risposto lei, tirando su col naso.
“Io… Ecco…” – era molto difficile. Era difficile aprirsi, essere sinceri, raccontarle quanto realmente era accaduto e quello che ancora doveva avvenire. Avere delle abilità straordinarie come quelle che aveva ereditato da Vickas comportava responsabilità immani. Sperava solo di avere spalle abbastanza larghe per poter sopportare quell’incombenza.
“Tesoro, non c’è bisogno che tu dica qualcosa”.
“Ma… Mamma… Io…” – possibile che sapesse già ogni cosa?
Certo che lo sapeva. Era stato un idiota a credere il contrario. Magari non era in possesso di abilità psichiche, ma sua madre non era una donna qualunque. Sua madre era Chichi, una guerriera e una donna fuori dal comune, e niente avrebbe mai potuto farla crollare.
“Ora, tesoro, dobbiamo ripartire dalle macerie lasciate da quel mostro e aiutare tutti a trovare un nuovo cammino. Se riuscissimo a trovare le sfere del drago potremmo facilitare le cose, ma se così non dovesse essere, dovremmo fare in modo di far andare lo stesso bene ogni cosa con i mezzi che abbiamo, per quanto siano esigui. Dobbiamo solo stare insieme e sforzarci di pensare che tutto andrà meglio. Non rendiamo il loro sacrificio vano… Non lasciamo che siano morti per nulla”.
Tutti si erano fermati per ascoltare le sue sagge parole. Era incredibile quanto fosse cresciuta quella donna in così poco tempo. Quella traumatica esperienza l’aveva profondamente cambiata, rendendola più matura e più forte di quanto non fosse mai stata. Eccola lì. Chichi. Con le sue fragilità e la sua tenacia. Eccola che avanzava verso un mondo che avrebbe aiutato a ricostruire.

 
*
 
Gli aveva fatto scudo col suo corpo. Era assurdo che ciò fosse capitato sul serio, eppure le cose erano andate proprio in quel modo. Vegeta si era svegliato e lo aveva protetto, impedendo al colpo di Oozaru di andare a segno. Goku, che credeva di essere ormai prossimo a sparire per sempre, aveva aperto gli occhi e se l’era trovato davanti, altezzoso, fiero, seppur ferito e stanco.
“Tsk! Si può sapere che ti è preso, razza di idiota?”.
Glielo aveva detto con il suo solito tono sprezzante, continuando a dargli le spalle. Era guardingo, ma era impensabile comprendere come facesse a stare ancora in piedi. Le sue ferite erano spaventose, proprio come quelle di Oozaru. Eppure, quelle due rocce erano lì. O meglio, Vegeta era lì, mentre Oozaru era crollato sulle ginocchia e aveva il capo chino, in una inquietante posizione che ricordava quella di un condannato a morte per decapitazione.
A fatica, Goku si era rimesso in piedi. Aveva dolori in tutto il corpo, e aveva notato di aver quasi perso la consistenza di un braccio.
“Non abbiamo molto tempo, prima che si riprenda… Quello è fatto di acciaio. Maledetto…”.
Vegeta non si era mosso di un centimetro. Continuava a stare lì, a proteggerlo, a vegliare su di lui. Ma questo non poteva durare in eterno. Goku doveva darsi una mossa, o lo squarcio si sarebbe richiuso e loro non sarebbero mai più potuti andare via da lì.
“Vegeta…”.
“Tsk! Lo so, razza di imbecille. Dimmi solo quando sei pronto a farlo”.
Si era girato leggermente e aveva sorriso, mostrando la sua stanchezza ma anche la sua tenacia. Eccolo, il Vegeta che aveva conosciuto. Ecco il re dei saiyan.
“Quando vuoi, mio re”.
“Che fai? Mi prendi in giro?”.
“Non lo farei per nessuna ragione al mondo”.
“Pensi che faccia male?”.
“Non lo so… Forse, può dare una strana sensazione… Ma non lo sapremo fino a quando non lo faremo”.
“Tsk! Temo che tu abbia ragione, anche se mi infastidisce ammetterlo”.
“Sei sempre lo stesso…”.
“Tsk! Se non lo fossi, non ci sarebbe più gusto”.
Ed era vero. Se Vegeta non fosse stato così pungente non ci sarebbe stato più gusto.
Oozaru aveva alzato di scatto il capo, mostrando due occhi rossi come il fuoco. Era irriducibile, ma Vegeta e Goku sapevano che insieme sarebbe stata un’altra cosa. Perché loro erano gli ultimi saiyan di razza pura. Perché loro erano il re e il suo più fidato guerriero.
Così, senza che nessuno dicesse loro niente, senza che nessuno fornisse loro delle istruzioni, lo avevano fatto. Era stata la cosa più naturale e istintiva del mondo. Ed era stato più di una fusione, più di un’unione tra corpi. All’anima di Goku, a quello spirito evanescente e stanco, era stato concesso un posto accanto all’anima di Vegeta. Due spiriti in un solo corpo. Due essenze con le stesse membra, con lo stesso cuore, con lo stesso desiderio di distruggere definitivamente chi aveva osato sfidarli.
Non era più una questione di profezie, o di risvegli, o di destino. Erano stati loro a dirigere i giochi, a scrivere a piacimento le pagine ancora in bianco delle loro vite. Il futuro era nelle loro mani. E loro lo avrebbero plasmato a piacimento.
Noi” – stavolta lo avevano detto a voce piena, mentre si alzavano in piedi in un turbinio di auree e scariche elettriche – “Noi, che siamo uno e due insieme, ti bandiamo da questo mondo e da altri mondi esistenti”.
“Sciocchi! Pensate davvero di potermi battere?”.
Noi abbiamo decretato la tua condanna a morte” – e quel nuovo essere i cui occhi si erano illuminati di rosso aveva alzato un braccio, aprendo il palmo davanti a sé.
STOLTI!”.
Elettricità si era addensata in quel palmo, elettricità che stava prendendo forma.
Noi siamo il boia che porrà fine alla tua vita”.

Continua…


Eccomi qui, anche se con un pochino di ritardo (come al solito).
La mia vita è parecchio avventurosa, negli ultimi tempi. Martedì ho soccorso il trovatello che abita sotto casa mia da quasi un anno, Nerino. Era stato azzannato da grossi cani e l’ho trovato in condizioni pietose. Fortuna vuole che il mio veterinario sia bravissimo e che lui abbia una tempra bella forte, altrimenti non sarei qui a dirvi che “siamo” in via di guarigione. =)
Ora cerca una mamma e un papà. Spero di poterli trovare al più presto. <3
Ma torniamo a noi. Dunque. Penultimo capitolo. Stavolta per davvero.
Sono emozionata e tesa allo stesso tempo. Spero tanto che vi sia piaciuto e che sia quello che aspettavate. Sono così in ansia!
Poi, voglio ringraziarvi per tutto il tempo che mi avete dedicato. Mi sembra il minimo. E vorrei scusarmi per i ritardi, gli errori/orrori e per tutto quello che avete fatto per me in questo lungo periodo trascorso insieme.
Bene, ora la smetto o inizio a piangere.
Al prossimo capitolo ne riparleremo!
A presto!
Un bacino
Cleo
   
 
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