Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: lightvmischief    01/05/2018    1 recensioni
Una ragazza.
Un gruppo.
La sopravvivenza e la libertà.
Le minacce e i pericoli della città, delle persone vive e dei morti.
Prova a sopravvivere.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 10

 

Ho questa brutta abitudine di scappare sempre dalle situazioni più difficili, che non mi piacciono. Non so perché, ma è la cosa che mi viene più facile da fare; non succede sempre, ogni tanto decido di affrontarle, ma questo è esattamente una situazione dalla quale vorrei scappare.

Non riesco a smettere di torturarmi le mani e le unghie, qui, seduta sull'ultima gradinata della palestra mentre guardo le persone camminare, parlare tra di loro sotto di me: alcune mi lanciano degli sguardi di tanto in tanto per vedere se sono ancora lì, altri mi lanciano delle occhiatacce.

Non so perché, alla fine, abbia deciso di rimanere qui per davvero. Sapevo che sarebbe stato difficile, sapevo a cosa andavo in contro. Sapevo che dovevo farlo.

Quando venni presa da Jordan non mi sarei aspettata di uscirne viva, da un lato ne ero anche sollevata: avrei smesso di combattere da sola questa guerra invisibile ed invincibile tra me e i morti. Poi, però, mi vennero a salvare proprio dalla morte e, non so, qualcosa è scattato dentro me, quel qualcosa che ogni volta che ne ero vicina mi dava la forza di reagire, di dire: non oggi.

Credo di essere restata perché da sola non riuscivo ad andare avanti o comunque sapevo che non sarebbe durata a lungo e il solo pensiero di trasformarmi in uno di quei mostri mi disgustava. Non volevo e non voglio essere il motivo per cui le persone lì fuori debbano morire.

Faccio passare con lo sguardo ogni persona all'interno del mio raggio visivo: mi sono appena accorta che ci sono molti più sopravvissuti di quanti me ne immaginassi e mi rendo conto che ne conosco pochissimi.

«Kayla, posso parlarti un attimo?» È Mali che interrompe il mio flusso di pensieri.

«Sì, certo.»

«Come stai?»

Rimango un attimo spiazzata alla sua domanda, mi aspettavo qualcosa di diverso.

«Io... Sto bene, credo.»

«Okay, allora ti ripeto la domanda: come stai?»

«Non lo so, non ci ho pensato molto ultimamente.»

«Okay, è già qualcosa.»

«Cosa vuoi dire?»

«Ti stai aprendo con qualcuno.»

«Io non mi sto aprendo. Sto solo dicendo quello che penso.» ribatto confusa.

Alza gli occhi al cielo con un sorrisetto sulla faccia.

«Va bene. Comunque, volevo dirti che anche Calum sta provando a conoscerti, solo che non so chi sia peggio tra voi due, sinceramente» si lascia scappare una risatina.

La guardo male e mi sposto i ciuffi di capelli caduti sul mio viso.

«Oh, avanti, non guardarmi così. Prova almeno a dargli una possibilità. So che avete iniziato con il piede sbagliato, ma magari-»

«Io mi chiedo solo perché continuo a trovarmi davanti persone che parlano per Calum anche se non sono lui.» Incrocio le braccia al petto scocciata.

«Queste cose me le ha dette lui e io gli sto solo dando una mano. Sono sua sorella, lo conosco bene com'è fatto.»

Rimango in silenzio.

«Dimmi almeno che ci proverai» dice, quasi pregandomi.

Annuisco riluttante.

Devo trovare un modo per andare d'accordo con queste persone e magari questo può essere un primo passo.

Mi lascio scappare un sorriso e lei mi abbraccia contenta.

***

È ora di cena quando finalmente mi muovo dalle scalinate.

Ci ho riflettuto a lungo su ciò che mi aveva detto Mali e sapevo che il primo passo avrei dovuto farlo io, questa volta.

Insomma, voglio andare d'accordo con questa gente, non voglio essere una minaccia per loro, non voglio far provar loro della paura inutile – ne provano già abbastanza -.

Ho capito che io mi sto comportando esattamente come loro: sono distaccata, li guardo come se da un momento all'altro dovessero farmi del male, non mi fido.

Ho capito che ci comportiamo così perché abbiamo paura l'uno dell'altro e non voglio andare avanti così.

Non mi fido ancora ciecamente di loro, ma sono loro riconoscente di tutto quello che hanno fatto e di quello che stanno facendo per me.

«Ehi, um... stasera facciamo una specie di gioco dopo cena, qui. Accendiamo un piccolo falò. Certo, sempre se vuoi unirti a noi» mi dice Blaine con un sorrisetto sulla faccia.

«Okay, grazie» ricambio il sorriso e lo raggiungo con una leggera corsetta.

All'inizio mi guarda sorpreso, non se lo aspettava, poi alza le spalle e mi sorride, di nuovo.

Alzo le spalle e alzo gli angoli delle labbra in un piccolo sorriso.

«Okay, grande!» Alza i pollici delle mani.

«Allora... Come va?» chiede incerto.

Lo imito alzando i pollici un po' incerta: non sono più abituata a questo genere di domande o a domande in generale, non so esattamente come rispondere e per evitare di suonare troppo scontrosa mi limito ai gesti.

Lui annuisce. Apprezzo che non abbia fatto commenti al riguardo, credo abbia capito che sto provando a comportarmi diversamente, comportarmi come avrei fatto una volta, tanto tempo fa.

Insieme entriamo nella mensa, lui mi saluta e va a sedersi a un tavolo assieme a Lynton e altri due ragazzi; io proseguo per la mia strada finché non raggiungo il tavolo di Olivia.

La saluto e poi mangiamo assieme. Oggi dividiamo una scatola di fagioli in due: credo che le scorte stiano diminuendo e presto so che dovremmo uscire ancora in cerca di cibo. Decido di lasciarle l'ultima forchettata di fagioli e, alla fine, accetta.

Ci sto provando.

***

«Okay, okay, allora, preferiresti usare collirio fatto di aceto oppure carta igienica fatta di sabbia?»

Poco dopo aver finito di cenare, si erano riuniti tutti attorno a un piccolo falò al centro della palestra e per la prima volta mi accorsi della quantità di persone che questo gruppo conteneva: erano veramente tantissimi, contando che non vedevo così tante persone vive da tantissimo tempo.

Attorno a questo fuoco, facendo questo gioco, si dimentica completamente di ciò che succede fuori dalla palestra. Si ritorna ai giochi del liceo o del college, si ritorna alla vita di prima.

«Uh, bella domanda. Non lo so, credo carta igienica di sabbia, mi fa schifo l'aceto»

Scoppia una risata di gruppo, io mi limito a sorridere e scuotere la testa.

«Tocca a me» interviene Mali, aggiustandosi sul posto e alzando la mano entusiasta.

«Blaine, preferiresti essere la persona più divertente nella stanza o quella più intelligente?» continua lei, indicandolo.

«Sono già entrambe, non c'è bisogno che io scelga» risponde Blaine, alzando le sopracciglia e allargando le braccia.

Alzo gli occhi al cielo e rido.

«Qualcosa in contrario, Kayla?» dice, dandomi delle gomitate nel fianco sinistro.

Alzo le mani in segno di resa, sorridendo.

«Tocca a te» mi ricorda Margaret alla mia destra. La domanda è per lei.

«Preferiresti... avere un drago o essere un drago?» chiedo incerta. È la prima cosa che mi è venuta in mente da chiedere ad una bambina.

«Essere un drago!» risponde, gli occhi che le si illuminano.

«Perché?» le chiede Calum, seduto alla sua destra.

Mi sporgo leggermente per riuscire a vederlo e, anche se per pochi secondi, i nostri sguardi si incrociano. Poi, decido di essere la prima a distogliere lo sguardo e posarlo di nuovo su Margaret.

«Perché così potrei volare! E poi potrei bruciare tutti i morti!» replica eccitata, quasi saltando sul posto e mimando con le braccia il volo del drago.

Blaine si aggiunge a lei, imitando un drago che sputa fuoco.

«Cal, preferiresti essere senza gomiti o senza ginocchia?» chiede lei a Calum, ignorando le regole del gioco perché troppo felice.

«Come ti è venuta in mente?» le domanda incuriosito.

«Ci stavo pensando prima.»

Lui scuote la testa divertito.

«Credo senza gomiti. Non chiedetemi perché, ma l'idea mi piace di più che essere senza ginocchia.»

Tutti abbiamo fatto il giro nel nostro cerchio, quindi ora – da quello che mi hanno spiegato – ognuno può decidere di fare una domanda a chi vuole.

«Kayla, ne ho una per te: preferiresti indossare una tuta da neve nel deserto o essere nuda in Antartide?» mi chiede Wayne.

«Tuta da neve nel deserto» rispondo veloce.

«Wow, non mi aspettavo una risposta così veloce» interviene Blaine, sorpreso.

«La tuta possa toglierla di giorno e metterla la notte, mentre se sono in Antartide non ho niente e morirei di freddo» spiego, alzando le spalle.

«Abilità di sopravvivenza!» canticchia Wayne, aprendo le mani e muovendole come se stesse presentando un programma tv.

«La cosa mi fa venire in mente: preferireste morire congelati o bruciati?» si collega Mali, incrociando le gambe e piegandosi col busto.

«Preferirei non morire, per ora» ribatte Calum, oscurandosi in volto e lanciando un'occhiataccia a sua sorella.

«Scusate, non volevo uccidere l'umore» riprende lei, facendo scomparire il sorriso.

«Io non voglio morire» dice Margaret con la sua vocina, rivolgendomi lo sguardo triste.

Non riesco a sostenerlo.

«Vado a dormire, scusate.» Mi alzo in fretta e cammino veloce verso le scalinate.

***

Mi sveglio di colpo: ho la fronte sudata e mi trema il corpo. Sono ancora scossa dall'incubo che ho appena fatto. C'era mia sorella, di nuovo.

Mi guardo per qualche attimo attorno: stanno ancora dormendo tutti, però non è completamente buia la palestra. Mi affaccio alla finestra e vedo i colori del cielo: azzurro, giallo, arancio e rosa. Dev'essere l'alba.

Provare a riprendere il sonno è inutile: ogni volta che ci provo mi risveglio pochi minuti dopo reduce da un incubo.

Decido di alzarmi. Prendo il coltello e me lo infilo nella cintura dei jeans. Attraverso la palestra, facendo attenzione a non fare rumore: non voglio svegliare nessuno. Vago un po' per un corridoio senza sapere esattamente dove sono o a dove portino le porte. Ne apro una di ferro: davanti a me ci sono delle scale, alla mia sinistra un'uscita d'emergenza.

Salgo le scale senza fretta. In cima alle scale c'è un'altra porta, sempre di ferro. La apro: davanti a me c'è il tetto della palestra. Il suolo è di cemento, è piano e ci sono dei parapetti di cemento che circondano i limiti del tetto.

Mi chiudo la porta alle spalle con delicatezza. Faccio un respiro profondo e percorro l'enorme spazio che c'è dalla porta al parapetto.

Lascio che la brezza fresca tipicamente mattutina mi travolga completamente.

Inspiro. Espiro.

Appoggio le mani al parapetto e guardo il sole spuntare dal basso: la sua luce dona alla città davanti a me un colore dorato, la accende, riflette sui vetri dei pochi grattacieli che si vedono in lontananza. Tutto questo mi tranquillizza e mi permette di non pensare agli incubi che mi inseguono ogni notte.

«Bello, vero?»

Mi volto di scatto e prendo il coltello dalla cintura, puntandolo contro la voce. Ho il cuore che batte a mille.

Calum si avvicina a me e si appoggia con i gomiti sul parapetto, affianco a me.

Rimetto via il coltello, aspettando qualche secondo prima di voltarmi di nuovo.

«Sì» rispondo, la voce che mi trema.

Mi guarda negli occhi: i suoi sono illuminati dalla luce del sole, facendoli brillare. La sua pelle risulta dorata.

«Non riesci a dormire?» mi chiede, alzandosi sulle mani e guardandomi dall'alto.

È più alto di me di dieci centimetri circa.

Annuisco, alzando il viso per guardarlo.

«Nemmeno io.»

Distolgo lo sguardo dal suo e torno ad ammirare la città. Non c'è alcun rumore, solo quello del mio e del suo respiro.

«Ho sognato mio papà» confessa.

Lo fisso per qualche attimo, incerta su cosa fare.

«L'ho rivisto morire. Ho rivisto ogni secondo. Ho rivisto ogni cosa» continua lui, lo sguardo perso davanti a sé.

Comincio a giocare con le mie dita.

«Non mi capita spesso, anzi. Ormai è passato molto tempo da quando è successo, è solo che ogni volta è sempre peggio. È come mettere del sale su una ferita aperta: brucia.»

«Lo so bene» intervengo.

«Chi?»

È una domanda semplicissima, ma faccio fatica a rispondergli.

Apro la bocca, ma non esce alcun suono. La richiudo.

Incrocio le braccia al petto e stringo le mani in due pugni. Le unghie premono forti sui palmi delle mie mani.

Deglutisco.

«Avevo una sorella e un fratello.»

Ho la bocca asciutta. Deglutisco di nuovo.

Calum è in silenzio, aspetta che io continui.

«Ho sognato mia sorella.»

Ora mi guarda negli occhi, però non capisco il suo sguardo.

Stacca le mani dal parapetto e le lascia per pochi secondi a mezz'aria, poi decide di incrociarle al petto.

«Da quanto non dormi?» mi chiede dopo alcuni secondi.

«Da quando sono da sola.»

«Cioè?»

«Due anni» ammetto a mezza voce.

È veramente tanto tempo, se ci penso.

Questa volta, colgo nel suo sguardo la sorpresa e mi sembra quasi di scorgere dolore, ma forse è solo la mia mente a farmelo credere.

Annuisce, si guarda intorno.

«Forse dovremmo rientrare» dice, guardando prima me e poi la porta.

«Ho bisogno di ancora un po' di tempo.»

«Ho capito.» Si gira e se ne va, lasciandomi sola con i miei pensieri per la testa.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: lightvmischief