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Autore: ROW99    02/05/2018    0 recensioni
-Dio… Shindou, chi avrebbe pensato una cosa del genere… ieri. Come ci siamo ridotti, maledizione.
Kirino, le mani nelle tasche di una felpa strappata in più punti, si puntellò sui gomiti alzandosi dal tavolo dove fino a poco prima aveva riposato. Si guardò intorno. -Dannata cantina puzzolente! Odio questo posto…
Shindou scosse la testa, sistemandosi i capelli con la mano. Anche lui era sporco e la sua camicia era strappata e macchiata.
-Kirino… nessuno poteva pensare a una cosa del genere. Nessuno. Io non credo che ne usciremo, ma se lo facessimo niente sarà più come prima.
Genere: Avventura, Azione, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Manabe Jinichirou, Matsukaze Tenma, Minaho Kazuto, Tsurugi Kyousuke, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando era iniziato il Risveglio, Shindou e Kirino erano più vicini al gruppo di ragazzi di quanto immaginassero Tsurugi e gli altri.

Il loro pranzo da piccioncini era saltato malamente. All’ultimo avevano ricevuto una telefonata da Matatagi che gli chiedeva aiuto. Era assurdo… diceva di sentire rumori strani fuori dalla porta di casa sua! Sua madre stava peggio del solito e non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto, e i suoi fratellini erano all’asilo.
Shindou e Kirino, senza la più pallida idea di cosa stesse succedendo e molto dubbiosi, visto che tra tutti proprio una richiesta di aiuto da quel lupo solitario di Matatagi non se la sarebbero aspettata, si sbrigarono a mettersi in moto verso casa del blu.
Durante il breve tragitto, solo un paio di isolati, avevano notato subito che qualcosa non andava… c’era poca gente in strada, e molte macchine della polizia vuote e speso con le sirene accese erano ferme agli incroci.

-Shin… che diavolo succede?
Il castano, che aveva appena avuto l’impressione di sentire un urlo provenire dal giardino di una casa, rabbrividì. -Non lo so… e non mi piace affatto. Perché la gente non è in strada? È mezzogiorno… e poi… non senti odore di fumo? Come se… come se ci fossero incendi, qui vicino.
Il rosa sospirò. -Shin… io ho un po’ di paura… grazie a Dio siamo arrivati.


La Casa di Matatagi era una semplice villetta bifamiliare in centro. Il loro amico e la sua piccola famiglia la dividevano con una coppietta sposata da poco, che occupava il lato sinistro della struttura. Davanti a loro un grosso condominio degli anni cinquanta, costruito per porre rimedio alle distruzioni dei bombardamenti, faceva ombra sulla strada.
Il cancelletto era aperto… Shindou e Kirino capirono subito che qualcosa non andava. Percorsero il vialetto con il cuore in gola… l’aria era strana. Bussarono alla porta… nessuna risposta.
-Ran… qualcosa non va. Guardiamoci intorno.
Non ci volle molto per capire che qualcosa fosse successo. La porta a vetri che dava sulla cucina del blu era sfondata. I due ragazzi vennero colti dalla paura.

-Guarda Shin! La signora Makoto! Grazie a dio… ma che ha?
Dalla parte opposta del cortile era apparsa la vicina di Matatagi. Indossava un grembiule da cucina sporco e macchiato e caracollava come ubriaca. Immediatamente i ragazzi corsero verso di lei.
-Signora! Signora Makoto! Che cosa è successo qui? La città è strana… sembra che ci sia una rivolta, o qualcosa di simile. Sono entrati dei ladri?
La donna non rispose. Quando sentì le voci, raddrizzò il collo e apri leggermente la bocca.
-Ehm… signora? È ferita? Shin… guarda… quello sul grembiule è… è…
Shindou si sentì mancare. -O mio Dio… è sangue.


Da quel momento tutto era stato rapidissimo. La signora Makoto si era scagliata verso di loro ondeggiando e tendendo le braccia spasmodicamente. Era ovvio che non fosse in sé. I ragazzi si voltarono e provarono a scappare per cercare aiuto ma… il cancelletto che dava sulla strada era bloccato dal marito della signora Makoto, che sembrava impazzito proprio come la moglie.
-Ran… che facciamo!! Che facciamo!!
Fu un secondo. Qualcosa li afferrò e li trascinò sul retro, dove un buco nella recinzione gli permise di uscire in strada. Quel qualcosa era Matatagi.
-M…Matatagi…
-Silenzio! Non fiatate e correte!

La strada era piena di persone, ora. Tutti ondeggiavano in quel modo strano e quando li vedevano iniziavano a barcollare verso di loro emettendo strani versi gutturali. Matatagi li aveva praticamente spinti verso il grande condominio che aveva il portone spalancato. Li trascinò dentro, quindi chiuse il portone. In pochi minuti erano nella cantina dello stabile, un locale poco illuminato da finestrelle impolverate e puzzolente.
Inutile dire che il castano e il rosa erano nel panico più totale e nella confusione più completa.
-Ma…Matatagi… perché la tua vicina ci ha aggredito? -Shindou non voleva ammettere di iniziare ad intuire qualcosa. Le voci che aveva sentito… il loro ritorno dallo spazio… il giorno prima, uscendo in macchina con il padre per andare a fare una visita sportiva, aveva addirittura visto una di quelle…cose. Era vicino al campo al fiume… lo aveva scambiato per un ubriaco. La polizia lo aveva gettato a terra… nulla di strano, aveva pensato.

-Quella non era più Makoto, Shindou. -La voce di Matatagi non era aggressiva. Da quando avevano imparato a conoscersi meglio, era diventato più sarcastico e sfrontato, ma anche più amichevole verso i suoi amici, ora che si era liberato di quella finta patina di cortesia che aveva quando si erano conosciuti. -Quella… cosa che hai visto… quella cosa era un risvegliato.
-Un… risvegliato? -Kirino non capiva.
Il blu sorrise sornione. -Esatto! È così che li ho chiamati! Prima che la TV smettesse di trasmettere, stamattina, hanno dato un Tg… parlavano di una malattia, credo. Dicevano “attenti! Non cercate di rivolgere la parola agli infetti… segnalatene la presenza agli agenti più vicini. Hanno detto che alcuni malati erano evasi dell’ospedale… che erano contagiosi. Avevano promesso che si sarebbe risolto tutto subito… hanno detto che è un virus nuovo, molto aggressivo. Ovviamente non ci ho creduto… è… è qualcosa di molto diverso, ragazzi. Makoto è… la signora Makoto… -Il blu aveva calcato la parola come ubbidendo a un ordine, in un residuo di rispetto che di sicuro gli aveva inculcato in testa la madre a suon di rimproveri. -Lei… lei è stata uccisa dal marito. Credo che… che lui fosse infetto. Le ha morso un braccio… e… e un minuto dopo era così! Assurdo… sembra un film. Penso che… che siano morti… almeno il loro cervello lo è. È il virus che li muove… che li usa per riprodursi.

Shindou era crollato su una sedia mezza rotta, la testa tra le mani. -Non può essere vero…
-Lo è. -Il blu sospirò. -Lo è…
Kirino iniziò solo allora a realizzare molte cose.-Ma… ma quindi… Matatagi… e… e tua madre? I tuoi fratelli?
Il blu si oscurò immediatamente. -Mia… mia madre non c’è più. Tranquilli… non è una di loro. -Alcune lacrime iniziarono a scendere lungo le guance del ragazzo. -È… è stato due giorni fa… io… io non ne avevo parlato con nessuno perché… perché… -Scoppiò a piangere.
-Ehi… mi… mi dispiace così tanto! -Kirino abbracciò il blu che si ritrasse un poco, prima di rilassarsi con un sospiro. -Se… se avessimo saputo…
-Non avreste potuto comunque farci niente. Mamma… mamma aveva pochi mesi, lo sapevate. -In tempo da record il blu si era tranquillizzato, e ora si sforzava di ostentare sicurezza. -Meglio che… che se ne sia andata prima di vedere… di vedere questo. Per quanto riguarda i miei fratellini… quando ho iniziato a sentire i rumori in strada, ho immediatamente telefonato all’asilo.  Le linee non erano ancora bloccate… sono riuscito a parlare per pochi secondi. La loro maestra e le altre hanno barricato il palazzo. Hanno un ampio cortile davanti e dovrebbero vedere se qualcuna di quelle cose si avvicina. Io… io voglio andare a salvarli!
-Anche… anche i miei genitori… spero siano chiusi in casa… -Shindou singhiozzò. -I tuoi, Ran? E… e i nostri amici…
Ranmaru si mise le mani tra i capelli. -I… i miei abitano al decimo piano di un grattacielo in centro, lo sai… dovrebbero… dovrebbero aver visto la TV… si… si saranno chiusi dentro. V… vero, Shin?
Il castano sorrise debolmente. -Certo… certo, Ran. Speriamo che Tenma….che Tenma e gli altri stiano bene… erano in centro a pranzo, dannazione! E Ryoma… Kariya… Tetsukado… dove diavolo saranno ora… speriamo siano tutti sani e salvi!
Il rosa annuì debolmente. -Speriamo… Matatagi! Che hai alla gamba?

Il blu si stava tamponando un rivolo di sangue con una pezzuola. Quando vide gli occhi terrorizzati dei suoi amici sussultò.
-Ehi… tranquilli! È un taglio… sono caduto su un gradino. Guardate!
Il ragazzo scoprì la gamba. Effettivamente la ferita era lunga e regolare, nessun segno di morso.
-Grazie a dio… aspetta, fammi vedere. -Shindou prese dal suo zainetto una bottiglietta d’acqua e ripulì la ferita. -Non è grave… premici sopra finché non smette di sanguinare.
-Ragazzi… che… che cos’è questo rumore? -Kirino si era allontanato di colpo dalle pareti. Matatagi si avvicinò ad una finestrella e scrutò fuori.
-O mio Dio… quanti cazzo sono!


La strada era quasi vuota.
Il gruppetto di ragazzi capitanati da Tsurugi era sbucano dal vicolo come un fiume in piena, trattenendo il fiato e pronto a difendersi con le unghie e con i denti, ma non era stato necessario. Le poche ombre ondeggianti in vista erano ben lontane da loro, apparentemente intente a sbattere la testa contro una saracinesca a una cinquantina di metri di distanza.
In compenso la strada era un disastro. Alcune automobili si erano scontrate ed erano ancora in fiamme, ed i cassonetti della spazzatura erano ribaltati. Tenma ebbe un conato di vomito quando vide una pozza di sangue sull’asfalto. Qualcuno aveva pasteggiato a carne umana, lì.
-Ssst… cento metri e siamo nel parco… non fate rumore, state tutti uniti e correte!
Il moro fece cenno ai ragazzi di seguirlo. In pochi secondi erano in marcia, il più silenziosamente possibile, tra le automobili in fiamme. Si erano resi conto che i mostri erano molto più vicini di quanto avessero pensato, ingannati dal fumo e dalla paura. Un rumore di media intensità e li avrebbero fiutati.

Il parco non era molto distante. Sessanta, forse settanta metri e avrebbero raggiunto il cancello dietro al quale si vedeva l’azzurro del fiume. Il piccolo polmone verde costeggiava un laghetto circondato di ciliegi, quindi seguiva il fiume attraverso la città restringendosi sempre più fino ad arrivare al quartiere scolastico e al campo al fiume, dove si interrompeva in prossimità del grande ponte. Buona parte del percorso era composto da vialetti e prati… non troppo pericoloso e ricco di nascondigli. Sarebbe stato perfetto per fermarsi e preparare un piano sul da farsi.

Manabe tremava come una foglia, sostenuto da Minaho. A cosa serviva essere un genio della matematica di fronte a quella situazione? Si sentiva male…odiava essere debole, soprattutto di fronte a Minaho, con il quale era in perenne competizione.
-Ehi… Man, sono qui con te, ok?
Ecco. Bastava una semplice frase per spiazzarlo. A volte la scorza sarcastica dell’arancione lasciava uscire parole di tenerezza estrema. Lo amava anche per quei piccoli momenti segreti che dedicava solo a lui.

-Ragazzi! -Tsurugi sussurrò con veemenza all’insegna degli amici. -State attenti… questi maledetti incendi… la strada è coperta di ferro e gomma fusi…
Troppo tardi. Un grido risuonò lungo la strada. Tenma aveva appena preso in pieno un cerchione, che rotolò per dieci metri provocando un rumore infernale. Il castano rimase come paralizzato, quindi urlò.
Immediatamente le creature, attratte dal rumore, lasciarono perdere la saracinesca ed iniziarono a guardarsi intorno. Il fumo sembrava confonderli, ma se Il rumore fosse continuato li avrebbero di certo avvistati.
Tsurugi si lanciò verso il fidanzato e gli tappò la bocca con la mano. -Ten!! Ti prego stai zitto… non voglio che ti prendano! Ti prego!!
Il castano soffocò le grida nella mano del moro. Piangeva.
-Ragazzi, aiutatemi! Prendiamolo in braccio e corriamo! Fanculo alle precauzioni! -Tsurugi fece girare il braccio sinistro di Tenma intorno alle spalle. Immediatamente Minaho fece lo stesso con il braccio destro. Si lanciarono verso il parco, mentre per fortuna le creature erano ancora confuse.
Manabe e Shinsuke chiudevano il gruppo mentre Tenma, stretto tra i due amici, riprendeva il controllo di sè. In meno di un minuto erano nel parco, e in due minuti si erano riparati in una piccola radura. Non gli sembrava vero che fosse andato tutto bene! Nessuno in vista intorno a loro… il parco in quella zona sembrava sgombro. Si sedettero sull’erba cercando di rallentare i battiti, mentre Tsurugi toglieva la mano dalla bocca del fidanzato.
-Dannazione! Scusate, ragazzi...


Dopo essersi assicurati che il stesse bene, il problema principale era quello di decidere il da farsi.
-Forse… forse dovremmo cercare di raggiungere la caserma della polizia…
-La polizia, Shinsuke? -Minaho aveva portato la mano al mento. -Io non credo che esista ancora una polizia, in città. In effetti non sappiamo nemmeno fin dove è arrivata l’infezione… tutto il Giappone potrebbe essere coinvolto.
-Ma… Ma se così fosse… -Tenma tremava di paura. -Se così fosse, dovremmo cercare un modo di sopravvivere finché qualcuno non verrà a prenderci, oppure finché il governo, o l’esercito, o chi per loro non riusciranno a riprendere il controllo della situazione. -Manabe era intervenuto come suo solito, con voce calma e intellettuale, come se risolvesse un problema di matematica e non stesse lottando per sopravvivere insieme ai suoi amici.
-Allora… ragioniamo. -Tsurugi prese la parola. -Prima di sera dobbiamo trovare un posto sicuro per la notte, nonché qualcosa da mangiare… e poi dobbiamo andare a cercare i nostri cari e i nostri amici. Io… io sento che stanno bene. Mio… mio fratello… la zia di Tenma… la madre di Minaho… non possiamo lasciarli soli.
Tutti annuirono angosciati. Il pensiero dei loro cari e dei loro amici li riempiva di preoccupazione.

-Ma… Ma sono già le due! Prima di sera non avremo mai fatto tutto, contando che dobbiamo essere cauti nei movimenti! -Shinsuke era confuso.
-È per questo che ci divideremo! -Tsurugi strinse i pugni deciso. -Minaho… tu e Manabe andrete a cercare tua madre. Tenma e Shinsuke andranno a cercare sua zia ed io… io andrò in ospedale da mio fratello.
-Ma… Ma Tsu! È troppo pericoloso! -Tenma era scattato in piedi. -L’ospedale… è stato il primo focolaio di infezione! Sarà pieno… pieno di quelle cose! Ascolta… vieni con noi… poi andremo tutti insieme!

Il moro strinse i pugni ancora più forte. -Io… io… -Sapeva che il castano aveva ragione, ma non riusciva ad accettarlo. -Io… va bene. Allora vengo con voi. Appuntamento tra un’ora in questo stesso punto… poi tutti e cinque insieme andremo all’ospedale. Sia chiaro… al primo pericolo che vi possa minacciare, andrò avanti da solo. La mia priorità è salvare mio fratello, ma anche salvare voi… siete i miei amici.
Un sospiro generale scosse i cinque ragazzi. Erano pronti alla loro missione, ma allo stesso tempo completamente impreparati ad affrontare una realtà così assurda e nuova rispetto a quella che conoscevano.

-Ok… mi raccomando. State nascosti, evitate assolutamente i luoghi chiusi e non perdetevi mai di vista. Al primo pericolo tornate di corsa qui e aspettate gli altri. Se non riuscite a completare il compito in un’ora tornate comunque indietro, oppure verremo a cercarvi. -Tsurugi stava finendo di istruire Minaho e Manabe, mentre a sua volta si preparava per andare con Tenma e Shinsuke. -Vedrete… andrà tutto bene!
Si sorrisero debolmente a vicenda e si diedero il cinque, quindi i due gruppi si allontanarono in direzioni opposte, camminando in silenzio e con attenzione. Ogni albero, ogni ombra poteva nascondere un pericolo. Avrebbero fatto qualunque cosa per proteggere coloro a cui volevano bene.


-Maledizione! Non possiamo uscire! Sono qui fuori!
Matatagi ora sembrava spaventato. Si era precipitato a spingere una pesante scaffalatura davanti alla porta aiutato da Shindou, ma il rumore ne aveva attirati ancora di più. Sembrava che tutta la strada si fosse concentrata fuori dal condominio.
-Bastardi… quando mamma non aveva soldi per pagarvi manco un pugno di riso ci avreste dato, e ora invece siete tutti qui! -Il blu aveva visto un gruppo di negozianti a lui familiari barcollare nel cortile.
-S…Shin? E adesso che si fa? -Kirino aveva ripreso il controllo di sé.
-Non lo so, Ran. Speriamo che se ne vadano in tempi brevi… non dobbiamo fare rumore. Ora è tutto chiuso… non riusciranno ad entrare. Per ogni evenienza…
Il castano prese un vecchio assale da pompa, un lungo oggetto di ferro vagamente appuntito. Sarebbe stato un’ottima arma adatta a tenere a distanza una di quelle cose, ma se fossero state in gruppo… rabbrividì al solo pensiero. -Guarda Ran… lì c’è un’accetta da legno! È leggera… se stai attento a non tagliarti direi che puoi tenertela vicina… non si sa mai.

Il rosa sorrise debolmente. -Ok… io e un’accetta? Giochiamo a barbie falegname…
Nonostante la situazione Shindou scoppiò a ridere. Trovava dolcissimo quando Kirino si prendeva in giro da solo per i suoi capelli e i suoi tratti delicati. Sapeva che era un ragazzo molto forte.
Il blu sospirò sforzando un sorriso.
-Va bene… ora cerchiamo di fare silenzio. Vedrete che se ne andranno… basterebbe un rumore forte dalla parte opposta della strada. Speriamo che succeda qualcosa…



-Sei certo che sia sicuro passare per la strada principale? È tutta allo scoperto…
Manabe correva dietro al suo migliore amico, nonché ragazzo, sbuffando affannato. Certo, ora che giocava a calcio aveva fiato e muscoli, ma Minaho andava come un fulmine e silenzioso come un gatto.
-Certo! Vuoi infilarti in un vicolo per diventare la cena di una di quelle cose? Tu facevo più sveglio, genio!
Manabe arrossì. -Scusa se non sono sveglio come te, Indiana Jones! Sono un matematico, non un agente segreto, e la matematica dice che la retta è il tragitto più veloce tra due punti!
-Ma se nel bel mezzo della retta c’è uno zombie che ti vuole assaggiare? Grazie a Dio esiste la curva, Manabe! Dai… lascia stare la tua logica per un po’! Io non…

-Non? -Il lilla sembrava nervoso.
-Niente… niente, lascia stare.
-E no che non lascio stare! Se mi tratti come una pezza da piedi ho tutto il diritto di sapere almeno il perché. NON??
-Non… non… non voglio perderti, ecco! All’inizio eri il mio unico amico, e adesso sei non solo il mio migliore amico ma anche il mio ragazzo… sei l’unica persona al mio livello intellettivo, e non lascerò che ti facciano del male, se proprio vuoi saperlo.
Minaho aveva parlato con tono di voce tranquillo, un po’ imbarazzato, e le sue guance pallide si erano imporporate. Manabe scosse la testa sorridendo.
-Anche io ti amo.


Appena uscirono dal parco, all’altezza del quartiere dove aveva casa l’arancione, notarono subito qualcosa di strano. Innanzitutto niente risvegliati in vista.
-Curioso… quando siamo passati vicino al ponticello, poco fa, la strada oltre gli alberi ne brulicava… qui è tutto troppo tranquillo… non mi piace affatto. -Manabe tremava leggermente, ma era risoluto.
-Stai vicino a me, insopportabile genietto. Non voglio cercarti per tutta la città! -Minaho prese saldamente la mano del lilla, facendolo arrossire. -E… dimenticavo. Tranquillo, se anche non dovessimo… non dovessimo trovare mamma, io rimango con te.
Manabe spalancò gli occhi. -Ma… Ma come…
-Devi imparare a nascondere meglio i tuoi sentimenti, se vuoi impedirmi di leggerli. Sono un detective, ricordi? È tutto prima che tremi… e calcoli nella testa. Lo fai sempre quando vuoi rilassarti, e parlotti a bassa voce. Tranquillo, non voglio certo diventare la cena di quelle cose, e non permetterò che lo diventi nemmeno tu. Ora però stai tranquillo, ok? Vieni qua…
L’arancione abbracciò il suo ragazzo. Un abbraccio rapido, casto. Un solo istante, eppure… Manabe ora era molto più tranquillo.


-M…Manabe! Guarda laggiù!
Minaho aveva spalancato gli occhi indicando qualcosa a metà della strada, poco lontano dal cortile di casa sua. Manabe si pulì in tutta fretta gli occhiali nella maglietta e seguì con gli occhi il dito indice del suo amico.
-Ma… Ma quelli sono…
-Sono carri armati! O mio Dio… l’esercito!
I ragazzi non sapevano se ridere o piangere. Corsero verso i mezzi incuranti del pericolo, e per fortuna la strada sembrava deserta, altrimenti qualcosa avrebbe potuto aggredirli!

-Ehi! Ehi dentro il carro! C’è nessuno?
Minaho batteva i pugni sulle pesanti lamiere del mezzo. Da dentro nessuna risposta. Si fermò solo quando Manabe gli mise una mano tremante sulla spalla. -M…Min… guarda…
L’arancione guardò a terra, dove Manabe stava indicando. Rabbrividì. L’asfalto era coperto di bossoli e una lunga striscia di sangue rosso partiva dal portellone del carro amato per poi dirigersi attraverso le macchine bruciate verso un cortile lì vicino. I ragazzi iniziarono a sudare freddo.
-Minaho… qui non mi piace affatto. Andiamo a prendere tua madre e andiamo subito via di qua…
L’arancione annuì. Prese la mano del lilla e insieme raggiunsero il vialetto della piccola villetta dove risiedeva… tutto sembrava tranquillo ma… la porta era aperta.

-No… -Minaho si morse le labbra e corse dentro casa come un fulmine. Manabe, sconvolto, lo seguì di corsa. Entrò a sua volta in casa, ma non riuscì a trovare l’amico. Si sentì morire.
-Min!! Min!! Dove diavolo ti sei cacciato!! Dove sei fin…
Una mano gli chiuse la bocca. Manabe soffocò un grido. -Ssst!! Sono io… in… in cucina c’è uno di loro!
Manabe ansimava. -Mi… mi hai fatto prendere un colpo, dannazione!
-Man… ho… ho paura che abbia preso mamma!!
L’arancione scoppiò in lacrime, disperato. Manabe era completamente spiazzato. -Aspetta… aspetta… non è lei, no? Fammi vedere…

Il lilla percorse il corridoio circospetto e si affacciò alla porta della cucina. Il mostro era in piedi, barcollante, di fronte al frigorifero. Doveva essere stato un operaio, a giudicare dal giubbotto catarinfrangente inzuppato di sangue. Manabe trattenne un conato di vomito. Stava per retrocedere quando lo vide. Un foglietto di carta attaccato al frigorifero, proprio davanti alla creatura,  e sembrava scritto!
Non ci pensò due volte.  Ripensandoci a mente fredda, quella sera, al fianco di Minaho, rabbrividì del suo gesto sconsiderato… e se lo avesse sentito? E se ce ne fossero stati altri nascosti? Cosa gli era preso? Ragionare sempre, dannazione!
Forse fu il dispiacere per il suo ragazzo che aveva appena perso la madre, o almeno così temeva… sta di fatto che si scagliò sulla creatura come una furia. Manabe Jinichirou, il ragazzo più tranquillo e pacato del mondo, anche se a volte un filino presuntuoso, si ritrovò a rigirare un coltello da cucina nel cranio di quello che una volta era stato un uomo.

Il mostro non fece nemmeno in tempo a percepire il rumore. Crollò al suolo gorgogliando proprio mentre Minaho entrava nella stanza allibito.
-Che… che diavolo…
Il lilla era terrorizzato. Quando sentì la voce del suo migliore amico nonché ragazzo fece uno scatto clamoroso, finendo per rovesciare tutto ciò che era sul ripiano della cucina. Minaho scattò indietro, ma non riuscì ad evitare che un pesante pentolone gli finisse dritto sul piede destro. L’arancione urlò di dolore, afferrandosi il piede.
-Oddio Min! Che ho combinato! Min!
-Il… il mio povero piede! Manabe, mi hai azzoppato!  Ahia! Ahia!! -L’arancione saltellava per la stanza tenendosi il piede in preda al dolore.
-Min! Ti fa molto male? Mi dispiace così tanto…aspetta… che… che sta succedendo…
Rumori sul retro. Il caos aveva attirato alcune di quelle cose! Il lilla gemette di terrore. Afferrò il foglietto dal frigo strappandone un angolo, quindi corse come un matto verso il suo migliore amico. -Fuori di qui!! Fuori di qui subito!!

Corsero verso la porta. Ci misero un attimo, quindi si ritrovarono fuori a correre come matti verso il parco. Manabe sosteneva l’amico che zoppicava vistosamente. Si fermarono solo quando furono al sicuro, in una radura aperta e vuota.


-M…Manabe… che diavolo ti è preso! -L’arancione, gli occhi ancora lucidi, diede un ceffone al suo ragazzo che arrossì. -Potevi morire!!
Il lilla strinse i denti. -Io…io… perdonami, ti prego! Volevo… volevo prendere questo….
Così dicendo passò all’arancione il foglietto. Minaho lo afferrò e lo lesse avidamente.
-M… Man… g…guarda….
Il foglietto sembrava scritto in tutta fretta. La calligrafia era quella della madre del ragazzo.

“Arrivato esercito, evacuano la città per qualche strano motivo… Minaho ti prego appena leggi questo corri con Manabe verso i primi soldati che vedi! Non so che succede, ma sapere che siete lì fuori in pericolo mi terrorizza. Dicono che ci portano all’aeroporto. Chiedi che vi riportino da me, ti prego.
La mamma.”


Manabe non si sarebbe mai aspettato di dover consolare il suo migliore amico nonché ragazzo in mezzo ad un prato. -Almeno, -pensò -è un pianto di gioia…
L’arancione non ne voleva sapere di lasciare la maglietta di Manabe. -M…Man… grazie!! Grazie!!!
-E di cosa? Guarda che mi hai anche dato un ceffone…
-S…scusa!! Non volevo che tu succedesse qualcosa… ma… ma tu mi… mi…
Il lilla sorrise, scuotendo la testa. -Perdonato! Piuttosto… anche tu sei sparito in camera tua! Che diavolo ci facevi? Ti sei messo in pericolo! Se ci fosse stata una di quelle cose?
Minaho si asciugò le lacrime e sorrise a sua volta. -Guarda…

Aprì il palmo della mano. All’interno del suo pugno teneva nascosta una catenina d’argento.
-È quella che mi hai regalato quando ci siamo fidanzati, la settimana scorsa… dicevi che un anello  era troppo poco adatto alla mia carnagione… e che l’argento era vivo e allegro come me…
Manabe era allibito. -Tu… tu ti sei messo in pericolo per… per prendere il mio regalo…
L’arancione sorrise ancora. -Scusa…
Manabe avrebbe voluto proprio dargli un pugno… e invece lo abbracciò!
   
 
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