Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: KatherineFreebatch    06/05/2018    3 recensioni
“Smettila tu di essere ridicolo.” Lo rimproverò gentilmente il medico."E cerca di aprire gli occhi, signor detective. Visto che ti piacciono tanto i fatti, guardami, esamina quello che il mio corpo sta cercando di dirti e dimmi cosa vedi."
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: Perfect (tonight)
Fandom: Sherlock BBC
Pairing: Sherlock HolmesJohn Watson
Genere: triste, romantico, fluff
Tag vari ed eventuali: slash, fix it, insecure!Sherlock, clueless!Sherlock, pining!Sherlock, pining!John, dancing
Info: Ambientata post s4, in un universo dove John e Rosie si sono trasferiti al 221B
 
Perfect (tonight)


A pensarci bene, la situazione non era poi così strana, né inaspettata.

Da quando John e Rosie si erano trasferiti a Baker Street, da quando John era tornato a quella che era (e sarebbe per sempre stata) casa sua, le cose erano andate sorprendentemente bene. Sherlock, benché rimasto il solito pigro e disordinato detective di sempre, aveva fatto spazio nella sua vita e nel suo appartamento per la piccola Rosie. Come se rendere il 221B a prova di infante (e John ancora a stento riusciva a guardare il tavolino senza spigoli nel salotto e non avvertire qualcosa di caldo e pesante nello stomaco) o limitare gli esperimenti esplosivi al minimo fosse la cosa più naturale di questo mondo per un Holmes.

In breve, Sherlock aveva preso il suo ruolo di padrino molto più seriamente di quanto chiunque si sarebbe mai immaginato. Il bagnetto del venerdì sera (e quello del lunedì, del mercoledì) era una sua esclusiva, la preparazione del biberon pure (nessuno avrebbe mai avuto la pazienza di scoprire la formula perfetta per il palato di Rosie), per non parlare dell'ora quotidiana dedicata all'apprendimento (“Davvero, John. Non vogliamo un altro idiota in questa casa!”).

Ad essere onesti, Sherlock Holmes era una figura paterna molto più attenta e coinvolta di John Watson, tanto che il povero medico, troppe volte, si sentiva a disagio testimoniando la complicità tra sua figlia e il suo migliore amico, fino quasi ad essere geloso di entrambi.

Nonostante la gelosia irrazionale, però, John non si risentiva mai quando,al primo pianto della bambina in piena notte, Sherlock saliva le scale e portava Rosie con sé al piano di sotto.

E questo era quello che era successo anche quella notte, realizzò John adocchiando il lettino vuoto di sua figlia. Volse gli occhi verso la radiosveglia e, dopo i secondi necessari per mettere a fuoco i numeri rossi, si accorse di quanto fosse ancora relativamente presto: l'una di notte ed una manciata di minuti. Sospirò, se proprio si sentiva così geloso della complicità tra i due, l'unica soluzione era quella di scendere in salotto, recuperare Rosie e concedere a Sherlock una notte di riposo.

Sospirando, John scostò le coperte, si infilò la vestaglia e, ancora a piedi nudi, scese le scale. Fece attenzione ad evitare il terzo scalino, quello che scricchiolava ogni singola volta, e si fermò per qualche secondo proprio fuori dalla porta socchiusa del salotto: era curioso di sapere cosa stessero combinando i due insieme e così, forse, avrebbe anche scoperto qual era il segreto di Sherlock per essere adorato tanto intensamente da Rosie.

La scena che lo accolse lo sorprese e al contempo non lo fece affatto: il divano, le poltrone e il tavolino (quel maledetto tavolino tondo senza angoli) erano tutti stati accatastati in un angolo e Sherlock, la vestaglia di seta blu svolazzante intorno alle sue caviglie, stringeva al petto Rosie, oscillando delicatamente al ritmo della musica un po' distorta e robotica emanata dagli altoparlanti del suo computer.

Quel qualcosa caldo e pesante che si palesava sulla stomaco di John ogni volta che Sherlock lasciava cadere la sua maschera mostrandosi umano, fece capolino prepotentemente. All'improvviso, con il cuore in gola e il respiro affannato, John non aveva più dubbi, sapeva qual era la cosa più importante di tutte: unirsi a Sherlock, ballare insieme alla sua famiglia, e lasciare che le cose si sviluppassero da sole.

Avere chiaro il piano d'azione, però, non lo rendeva facile da seguire e, aprire quella porta, ed interrompere il detective fu uno degli atti più coraggiosi di tutta la vita di John. Con una mano spinse la porta e i cardini stridettero, facendo sobbalzare Sherlock. Il detective si girò immediatamente verso il rumore, avvolgendo la vestaglia attorno a Rosie, come a volerla proteggere dall'intruso. I suoi occhi si ammorbidirono istantaneamente non appena scorse John e un piccolo sospiro sfuggì dalle sue labbra.

“John."

Ed il medico non fece altro che sorridere.

“Avevo pensato di sollevarti dall'incarico di babysitter stasera vista la mia improvvisa insonnia,” ammise passandosi una mano tra i capelli “ma a quanto pare vi state divertendo e mi sembrerebbe crudele interrompervi. Ti va del tè?“

Sherlock si strinse nelle spalle e John sapeva che quel gesto voleva dire che il suo migliore amico avrebbe potuto anche bere metà tazza, se solo John avesse preparato il tè esattamente secondo i suoi gusti.

“State ascoltando la radio?“ chiese John qualche istante più tardi mentre si affaccendava con il bollitore e le tazze.

“Uhm…” rispose Sherlock distrattamente “Una playlist su Spotify."

John non poté far a meno di sorridere: regalare un anno di abbonamento di musica in streaming al detective era stato decisamente il miglior regalo di sempre, l'unico lato negativo era stato l'ossessione di Sherlock per le playlist. Ne aveva creata una per ogni occasione a partire dalle celebrazioni post caso, per finire con quella dedicata al bagnetto di Rosie e, a quanto pare, ne esisteva una anche per le sessioni di ballo nel pieno della notte. Quando si trattava di ossessioni Sherlockiane, quella delle playlist era fin troppo innocua e John preferiva di gran lunga esplorare gli orizzonti musicali del suo migliore amico alle esplosioni nel bel mezzo della cucina.

Le note di Love of My Life dei Queen pervasero l'aria mentre John versava l'acqua bollente nelle tazze. Bee Culture per Sherlock (e non era divertente pensare che Sherlock fosse così tanto parte della borghesia medio alta britannica da addirittura avere un te creato appositamente solo per lui?) e il buon caro vecchio PG Tips per John.

Mentre aspettava il tempo necessario di infusione, il medico si girò verso il salotto, appoggiandosi con una spalla allo stipite della porta e seguendo con gli occhi Sherlock e Rosie che oscillavano nella penombra del salotto. Alla vista dei due, quella sensazione strana che gli pesava sulla bocca dello stomaco si fece ancora più insistente. Mesi prima Sherlock aveva letto su qualche giornale medico un articolo che parlava della tecnica del marsupio usata con i neonati prematuri, nella quale si prendeva il neonato coperto dal solo pannolino e si adagiava sul petto nudo del genitore per favorire la crescita del legame tra i due. Anche se Rosie era nata a termine, Sherlock aveva mostrato un particolare interesse per questa tecnica, utilizzandola il più possibile giustificandosi dicendo:
“Sai quanto sia difficile per me creare dei legami con le persone, John. Se questa tecnica può facilitarmi nel ruolo di padrino con Rosie, non vedo perché non dovrei provarla.” e così era diventato normale trovare Sherlock senza maglietta e Rosie, con indosso solo il pannolino, appesa al suo petto grazie ad un'apposita fasciatura elastica. Il contatto pelle su pelle era fondamentale per creare un legame tra le due parti e, sia Sherlock che Rosie, sembravano beneficiare enormemente della cosa.

John non poté far a meno di trattenere l'ennesimo sospiro. Aveva visto milioni di versioni di Sherlock: il detective fasciato da abiti perfettamente disegnati sulla sua figura, Shezza il tossico con i suoi vestiti trasandati e più grandi di almeno un paio di taglie, ma la sua versione preferita era decisamente papà Sherlock, con i suoi pantaloni del pigiama calati quasi indecentemente sui fianchi, addominali e pettorali parzialmente nascosti dalla fasciatura che gli permetteva di avere Rosie stretta a se, la vestaglia spiegazzata e svolazzante, i ricci in disordine che facevano da cornice al suo viso spigoloso e impolverato dalla barba appena spuntata.

Il tè completamente dimenticato, John avanzò verso Sherlock, una mano protesa verso il detective e un mezzo sorriso ad increspargli le labbra.

“John?“ mormorò Sherlock, confuso.

“Posso ballare con voi?“ chiese John.

L'espressione morbida e confusa scivolò quasi all'istante dal viso di Sherlock, solo per essere sostituita da una di completa chiusura. Il detective si strinse nelle spalle.

“Se vuoi..." disse volgendo lo sguardo a terra. "Ma cambia playlist, non è il caso di rovinare i tuoi piani.”

Fu la volta di John di essere confuso, ma Sherlock all'improvviso sembrò estremamente interessato ai dieci centimetri di pavimento tra i suoi due piedi ed il medico decise di assecondare il detective e, forse, formulare le sue domande in un secondo momento. Si avvicinò al computer, toccò il trackpad per attivare lo schermo e diede una scorsa veloce alle canzoni in coda. Erano tutti titoli conosciuti ed un'occhiata al titolo della playlist ne svelò il motivo: First Date campeggiava al centro dello schermo.

John si sentì il sangue raggelare, solo per poi avvertire il viso riscaldarsi dal leggero rossore provocato dall'improvviso imbarazzo.

“Mi hai scoperto, eh..." mormorò passandosi una mano fra i capelli ed alcune ciocche biondo-argento gli finirono sugli occhi. “Non volevo che tu lo scoprissi così” aggiunse infine, distogliendo lo sguardo da quello del suo migliore amico.

Sherlock si strinse nelle spalle.

“Era inevitabile” rispose lui con tono piatto “Lo sapevamo tutti che questo giorno sarebbe arrivato, speravo solo che ci avresti impiegato molto più tempo. Pensavo di avere ancora qualche anno." Scosse il capo mentre si dondolava da un piede all'altro.

“Sapevi che sarebbe successo?” chiese John, spiazzato. Era stanco, un po' confuso e le parole di Sherlock gli parvero un rifiuto. Gentile e velato, ma pur sempre un rifiuto."Mi stai consigliando di lasciar perdere, quindi?”

Sherlock alzò le spalle appena, ma si prese qualche istante prima di rispondere, come a voler soppesare bene le parole. John si sentì stringere il cuore davanti a quella cautela. Da quando Sherlock era diventato così titubante? Da quando si fermava a riflettere prima di parlare? E soprattutto: perché? Aveva davvero paura di dire la cosa sbagliata e scatenare l'ira di John?

A quel pensiero, il medico avvertì l'ormai troppo familiare senso di colpa soffocarlo per un istante. Troppe volte aveva reagito con ira immotivata alle parole avventate del detective e, peggio ancora, troppe volte aveva completamente perso il controllo delle sue azioni di fronte all'impulsività di Sherlock. Frammenti di scene in cui aveva alzato le mani contro il suo migliore amico gli si palesarono di fronte agli occhi e si rivide spingere Sherlock contro il pavimento del Landmark quando Sherlock aveva trasformato il suo ritorno in una buffonata, gli parve di esser tornato nella camera mortuaria del St. Caedwalla's Hospital mentre prendeva a calci uno Sherlock strafatto e delirante solo per poi esser fermato da un serial killer. Realizzò che non aveva senso chiedersi se Sherlock avesse davvero paura di lui, della sua reazione a qualche parola sbagliata. Certo, si era scusato con Sherlock, più di una volta, ma alcune ferite, certi strappi, richiedevano tempo per essere riparati ed in fondo, erano passati solo pochi mesi.

Come al solito, fu Sherlock il suo riparo, la sua voce l'ancora di salvezza che gli impedì di colare a picco nel mare di amarezza, colpa e tristezza che stava ribollendo nel suo cuore.

“Non sta a me dirti cosa fare, John” rispose Sherlock con un sospiro “Sei in grado di prendere da solo le tue decisioni. L'unico consiglio che mi sento in dovere di darti è quello di riflettere bene prima di fare qualsiasi cosa che possa in qualche modo turbare la serenità di Rosie. Hai voluto che io fossi il suo padrino, e comunque le ho fatto la promessa di proteggerla ancora prima che nascesse. Questo consiglio credo che rientri nei miei doveri."

John non poté far a meno di trattenere un sorriso, Sherlock era davvero cresciuto.

“E' una cosa su cui ho riflettuto a lungo. Ho passato molto, molto tempo a pensarci e ne sono sicuro.” Si lasciò scappare una risata nervosa. Era chiaramente giunto il momento di scoprire le sue carte e prepararsi ad una clamorosa e scontata sconfitta. “Ne ero sicuro finché non è sorta la possibilità di un rifiuto." Azzardò uno sguardo al viso di Sherlock, la penombra della stanza mise in forte rilievo l'espressione corrucciata del detective.

“Non essere idiota, John." sbottò lui. Si prese una pausa, un'altra stramaledettissima pausa, poi inspirò profondamente, raddrizzò le spalle e strinse un poco le braccia intorno a Rosie “Nessuna donna rifiuterebbe mai te e Rosie.”

John fece un passo indietro.

“Nessuna donna?“ Chiese sorpreso, un po' confuso.

“Nessuna donna." confermò Sherlock. Chiuse gli occhi, li serrò come se un forte dolore l'avesse appena colpito e nascose la sua espressione affranta fra i riccioli biondi di Rosie."Ti chiedo solo una cortesia: non farlo qui, non nel nostro salotto. Ho trovato le candele, la bottiglia di vino, ho ascoltato la musica, e sono sicuro che la serata che hai pianificato sarà romantica e stucchevole, perciò ti chiedo di cercare un altro luogo, uno più appropriato. Lo sai che non desidero che i miei spazi abitativi vengano contaminati da sentimenti, dal profumo e le chiacchiere delle tue donne.”

Il piccolo lumicino di una speranza quasi abbandonata si riaccese nel petto di John.

“Quali donne, Sherlock?” chiese con un accenno di sorriso “ Non hai notato che non sono più uscito con una donna da che sono tornato a casa?”

Un piccolo e tremante “Oh” sfuggì alle labbra del detective e John subito aggiunse:
“Non avevo alcuna intenzione di chiedere un appuntamento ad una donna.”

“Ho capito" rispose Sherlock con un cenno secco del capo. "La mia richiesta rimane valida. Niente appuntamenti, non dentro casa nostra, indipendentemente dal genere delle tue conquiste." La voce di Sherlock, generalmente ferma e decisa, si trasformò in un sussurro tremolante.

“Sherlock!” esclamò John, e l'altro gli rispose con un “Ti prego.”
strozzato.

John si sentì sollevato. La reazione così malinconica, così triste e affranta di Sherlock al pensiero che lui potesse riprendere ad uscire con qualche donna, magari fidanzarsi e trasferirsi di nuovo lontano dal 221B, lontano da Sherlock, era un chiaro indizio sulla volontà e sui desideri del detective. Le attenzioni rivolte a John, le amorevoli cure prestate a Rosie giorno dopo giorno, l'aver reso l'appartamento sicuro per lei, il suo comportamento in linea di massima civile (troppo civile sussurrò una vocina nella testa di John) all'improvviso sembrarono assumere tutte un nuovo, esilarante significato.

Le parole di qualche giorno prima di Mrs Hudson tornarono alla mente del medico:
“Quel povero ragazzo è innamorato di te da anni, John. Dal giorno in cui ti sei trasferito in questa casa." Aveva detto lei, con tono gentile. "Ed ogni giorno che tu ignori i suoi sentimenti, lo ferisci sempre di più. E' giunto il momento di dimostrare di essere un uomo, di avere coraggio e fare qualcosa.”

John, all'inizio aveva ignorato le parole della padrona di casa, erano troppo vicine ai suoi desideri e poi, Sherlock era stato chiaro sin dal primo giorno: non era interessato a nessun tipo di relazione, soprattutto non con John.

Eppure... Eppure adesso tutto puntava verso la direzione suggerita da Mrs Hudson. Possibile che lei avesse ragione e John fosse stato cieco per tutto questo tempo? C'era un solo modo per scoprirlo.

“Sherlock, guardami.” Ma il detective scosse il capo e John fu costretto ad insistere. "Sherlock, guardami. Ti prego.”

Con quello che parve essere uno sforzo sovrumano, Sherlock sollevò il capo, e puntò i suoi bellissimi occhi azzurri su John.

“Non ho intenzione di chiedere un appuntamento ad alcuna donna, né ad alcun uomo, ok?” Affermò con voce ferma, mostrando un coraggio che in realtà in quel momento non possedeva. “ Anzi, in realtà volevo chiedere un appuntamento ad un uomo..." Una pausa, un respiro profondo: era arrivato il fatidico momento. "Volevo chiedere un appuntamento a te.”

La reazione di Sherlock fu immediata. Il suo viso sembrò sgretolarsi sotto un'ondata di dolore, gli occhi si illuminarono di lacrime non versate.

“No. Non farmi questo. Non prendermi in giro" lo implorò, e la voce spezzata di Sherlock fu come una pugnalata al cuore di John. "Hai detto di essere mio amico, perché mi prendi in giro?” strinse convulsamente le braccia attorno a Rosie, e la bambina si svegliò di soprassalto con un leggero pianto, ma quando i suoi occhi ancora appannati dal sonno incontrarono il viso di Sherlock, si calmò all'istante. Allungò la manina verso la guancia del detective e batté il suo piccolo palmo sulla guancia dell'uomo.

“Pà." sospirò accoccolandosi nuovamente sul suo petto

Una lacrima solcò il viso di Sherlock.

“Oh mio Dio!” mormorò John sorpreso.

“Scusa." gli rispose automaticamente l'altro con una leggera venatura di panico nella voce, ma John lo interruppe prima che potesse aggiungere altro.

“No, Sherlock. Questo è... è fantastico!” Asserì con veemenza. "Oddio, ma non capisci? E' un segno, è -”

“Non essere ridicolo." ribatté il detective velocemente, troppo velocemente. "Non esistono cose assurde come segni, esistono solo fatti. Ed i fatti indicano che tua figlia passa troppo tempo con me, tanto da essere confusa e non riconoscere chi sia il suo vero padre. In sua discolpa posso, però, affermare, che da settimane sto cerando di insegnarle la parola papà usando la tua fotografia. Doveva essere un regalo per il tuo compleanno, ma evidentemente qualcosa dev'essere andato storto, qualche neurone deve aver mal funzionato ed averla confusa così che -” si interruppe con un mezzo singhiozzo quando una mano di John si posò sulla sua spalla.

 
“Smettila tu di essere ridicolo.” Lo rimproverò gentilmente il medico."E cerca di aprire gli occhi, signor detective. Visto che ti piacciono tanto i fatti, guardami, esamina quello che il mio corpo sta cercando di dirti e dimmi cosa vedi."


E, oh, ma Sherlock in questo frangente era qualcosa di straordinario da vedere. Straordinario e bellissimo. Gli occhi del colore del verdigris si mossero veloci sul viso di John, le labbra quasi tremarono e John avrebbe giurato di poter sentire il rumore del cervello di Sherlock che quasi andava su di giri mentre cercava di immagazzinare ed interpretare tutte le informazioni raccolte.

L'ex soldato ben sapeva cosa avrebbe visto il suo amico: delle pupille estremamente dilatate anche contando la semi penombra della stanza, un'espressione sul viso aperta, quasi come a volerlo invitare ad avvicinarsi, il cuore che visibilmente batteva all'impazzata tanto da far tremare la stoffa della camicia sul suo petto. E sapeva anche a che conclusione sarebbe arrivato l'amico, ovvero che John non stava mentendo, che realmente il suo intento era quello di accogliere Sherlock tra le sue braccia e iniziare insieme un nuovo capitolo della loro vita.

Il detective non impiegò molto tempo nella raccolta di informazioni, ma quando finalmente parlò, a John parve fossero passati secoli.

“Quindi... in realtà...” Iniziò, titubante. “Tu vorresti crescere tua figlia insieme a me.”

John sorrise annuendo.

“Tra le tante cose, sì, questa è la più importante. Tu stesso hai detto che faccio parte della tua famiglia. Vorrei che estendessi questa cortesia anche a Rosie, vorrei che Rosie facesse parte di una famiglia tutta nostra, se capisci quello che intendo."

Come al solito, parlare dei suoi pensieri, e peggio ancora dei suoi sentimenti, risultava difficile per John. Avrebbe dato la sua vita per Sherlock e per Rosie, ma dire apertamente al suo migliore amico qual era il posto che lui occupava nel suo cuore era così terrificante che il medico si ritrovò a sperare che mezze ammissioni e parole vaghe fossero sufficienti per far capire a Sherlock i suoi pensieri.

“Tu non sei gay." rispose il detective.

“Neanche tu." disse John con una certa confidenza. "Non proprio."

La sessualità di Sherlock era stata da sempre oggetto di curiosità da parte di tutti, specialmente di John. E quando, alla mancanza di fidanzate o fidanzati si sommò la mancanza di sguardi di apprezzamento rivolti a membri di qualsiasi genere, la conclusione era stata una sola: asessualità. Certo, la sessualità di nessuno era una cosa ben definita, ma quella di Sherlock sembrava essere particolarmente nebulosa. Quando, però, John tenne conto anche della sensualità innata che scaturiva dal detective, dal suo modo di vestirsi, di prendersi cura di certi aspetti del suo corpo e dal suo modo di muoversi , fece un mezzo dietrofront considerando il suo un triage malamente abbozzato senza tutte le informazioni necessarie più che una diagnosi conclusiva. Forse, questo era uno dei misteri che si sarebbero risolti quella notte.

“Non sono attratto dal genere di qualcuno. Generalmente non sono attratto da nessuno, in nessun senso." disse Sherlock stringendosi nelle spalle “Però a volte, in casi rarissimi, capita che io sia attratto da qualcuno, dalla persona interiore, dal suo carattere e modo d'essere. Mi interessa l'essenza di una persona, non i suoi genitali."

“Non posso dire la stessa cosa di me stesso." rise John con fare deprecativo “Tu sai quando un bel seno mi faccia girare la testa, ma a volte capita di incontrare una persona con cui... funzioni. All'istante, senza neanche provarci, senza se e senza ma. E quando questo succede, credo che chiudere un occhio sulla mancanza di un bel seno prosperoso in cui affondare la faccia durante il sesso sia la cosa giusta da fare, tu non credi?”

Sherlock parve scettico. Scosse appena il capo e distolse lo sguardo.

“Non lo so." Mormorò. "Questo lo devi decidere tu. Non c'è fretta.” e in quanti pezzi ancora doveva rompersi il cuore di John quella sera prima di porre fine al martirio di Sherlock?

“No, non c'è più tempo." Decise di rispondere il medico. "Non abbiamo più tempo. Rosie sta crescendo, ed io non sto di certo ringiovanendo. E' una cosa che dobbiamo decidere ora, e dobbiamo farlo una volta per tutte.”

John fece un passo in avanti, prese la mano destra di Sherlock e la strinse forte tra le sue. Inspirò profondamente e si costrinse a parlare.

“Io dico che tu sei la cosa giusta per me, Sherlock. Lo sei sempre stato, ed ora lo sei più che mai."

Il viso del detective sembrò crollare sotto il peso delle emozioni per la seconda volta.

“John." Mormorò. “John, pensaci bene. Ti prego, John. Pensaci bene. Se... Se davvero credi in quello che mi hai appena detto, non ti permetterò di cambiare idea tra qualche giorno."

John si chiese come. Come aveva mai potuto accusare Sherlock di essere gelido e non provare sentimenti? Tutto, dai suoi occhi illuminati all'inverosimile dalle lacrime, al suo corpo tremante, per finire con le labbra tremanti, tutto era come un grande pannello luminoso su cui chiunque avrebbe potuto leggere: Sherlock Holmes prova emozioni, ne prova così tante e con così tanta passione da non essere in grado di gestirle.

John usò la mano dell'amico per tirarlo a sé e stringerlo tra le sue braccia.

“Sei un idiota, Sherlock Holmes." lo prese in giro senza cattiveria. "Come al solito guardi, ma non osservi. Ancora non l'hai capito che se mi sto torturando, e credimi quando ti dico che parlare di quello che c'è nel mio cuore equivale a tortura, se mi sto auto infliggendo queste pene è solo perché sono certo di essere completamente incapace di cambiare idea su di te?”

“John...“ bisbigliò Sherlock, le labbra tremanti e gli occhi sempre più spalancati per impedire alle lacrime di cadere.

“Shhh, shhh...” lo rassicurò John. Gli pose una mano sul collo, incoraggiandolo a posare la fronte sulla sua spalla."Balla con me, ti prego.”

E mentre ondeggiavano insieme sulle note di una canzone pop un po' troppo recente per i gusti di entrambi, nessuno dei due pensò fosse necessario discutere dei singhiozzi di Sherlock, o delle mani di John che audaci scendevano sempre di più lungo la schiena del detective.

Poi sarebbe arrivato il momento di parlare, il momento delle carezze e dei baci, ma dopo qualche attimo. Quello che importava era che la loro nuova vita fosse appena iniziata, Rosie fosse al sicuro in mezzo a loro, e che la loro famiglia già sembrava solida e perfetta.
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: KatherineFreebatch