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Autore: Nalawagel    17/05/2018    2 recensioni
[...] La guerra è finita. Gli Almogaveri sono stati sconfitti. Di fronte a tutte le avversità, e di fronte alla più grande minaccia che questa galassia abbia mai conosciuto, siamo sopravvissuti.
Ora, mentre percorriamo i primi passi verso il ripristino di ciò che abbiamo perso, dobbiamo ricordare che cosa ci ha permesso di vincere. Non è stata una vittoria di una singola flotta, di un singolo esercito, o di una sola specie. Se questa guerra ci ha insegnato qualcosa, è che siamo più forti quando lavoriamo insieme. E se possiamo abbattere le nostre divergenze per fermare qualcosa di potente come gli Almogàveri, immaginate cosa possiamo ottenere ora che sono stati sconfitti. Ci vorrà tempo, ma possiamo ricreare tutto ciò che è stato distrutto. Le nostre case, i nostri mondi, le nostre navi. Tutto questo e altro ancora. Insieme possiamo costruire un futuro più grande di chiunque di noi possa mai immaginare. Un futuro pagato dai sacrifici di coloro che hanno combattuto accanto a noi. Un futuro che molti non vedranno mai. Nonostante abbiamo ancora molte sfide davanti a noi... possiamo affrontarle insieme. E onoreremo quelli che sono morti per darci quel futuro. [...]
Amadeus IV - Cronache di una guerra infinita.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II – La regina di ghiaccio


“Yoyo! Sei tornato!”
Oyi si voltò verso la porta appena spalancata, ma la proprietaria della voce squillante lo aveva già raggiunto. “Buongiorno, Winter!”
“Ehi, ti sei ingrassato ancora!”
Non poté trattenere un sorriso mentre le esili braccia della bambina cercarono, senza successo, di percorrere tutta la sua pancia per abbracciarlo. “Modestamente faccio del mio meglio”.
La piccola prese a battere prima le dita e poi entrambi i palmi sul suo ventre, ascoltandone il rumore cavo ed i rotolini che si muovevano sotto il suo sforzo; le sue mani, come quelle di ogni abitante del locus Adamantis, erano fredde e pungenti. “Sei venuto per vedere la mamma?”
“Anche”.
Dalla sacca conservante sulla sua schiena estrasse il pacchetto che tanto si era sforzato di non aprire di nascosto durante il viaggio in hovercraft; il profumo di miele e natka appena sfornato si spanse tutt’intorno a loro e Oyi fece dondolare l’oggetto agognato con la coda su e giù, invitando la bambina a saltellare come un Kappa per afferrarlo. Dopo qualche minuto di risate e salti mal riusciti si decise ad abbassare il carico e farla vincere, osservando con un certo appetito la carta che veniva rimossa con rapidità ed i minuscoli dolci apparire alla loro vista in tutto il loro profumo. Vi erano dei momenti –tanti momenti, a dire il vero. In effetti si trattava di buona parte della giornata- in cui Oyi era orgoglioso di aver sposato la migliore pasticcera di Nalawagel: a conti fatti nessuno sapeva lavorare il miele jai come una Magus, ed in quei biscotti a forma di fiocco di neve c’era l’assoluta perfezione alimentare. La piccola Winter si sbrigò a metterne uno tra i denti poi, quasi riflettendoci su, ne scelse un secondo e glielo porse. “Ne vuoi uno anche tu?”
Un piccolo atto di educazione, forse nato non esattamente dalla generosità disinteressata, ma di certo Oyi non poteva rifiutare una tale offerta dalle mani di una signorina.
Mentre addentava l’agognato premio si prese del tempo per guardarsi intorno, rendendosi conto che, sebbene mancasse dai quartieri privati della Valagara Nives da oltre tre mesi, ogni cosa era rimasta immutata.
Le finestre diffondevano una luce chiara e azzurra grazie a dei filtri di produzione Basilisk: il sole pomeridiano riusciva ad entrare in quegli alloggi soltanto come un umile ospite, per di più sgradito, consentendo ai propri raggi di illuminare senza scaldare. La sala d’attesa, dove già si stava formando una consistente coda di diplomatici ed attendenti, era illuminata per lo più da minuscoli fari artificiali la cui luce si rifletteva sui cristalli di ghiaccio incastonati nel soffitto; le sedie, pensate per ospitare praticamente qualsiasi abitante dei Loci, erano state ricavate da un legno di un blu intenso rinvenibile soltanto nel Locus Adamantis e si distendevano in delle nicchie nella parete bianca che rendevano praticamente impossibile l’ascoltare le comunicazioni altrui. Un paio di assistenti della Valagara passeggiavano silenziose da una loggia all’altra con bevande di ogni tipo; un’altra coppia scivolava elegante sulla superficie fredda dello specchio di ghiaccio che costituiva il pavimento dando delle occhiate nervose ai propri pad. Nessuno dei diplomatici mostrava alcuna fretta, sebbene una Sylph non fosse chiaramente a proprio agio in quel luogo così immobile da sembrare artificiale. Molti di loro erano lì da ben prima del suo arrivo, e nel vederlo chiacchierare in maniera familiare con la figlia della padrona di casa alcuni gli schioccarono delle occhiate di disapprovazione.
“La mamma ha fatto arrivare una cosa bellissima! Vuoi vederla?” esclamò Winter alzandosi sulle punte per prendergli la mano. Per Oyi fu la via di fuga migliore per andarsene da quella situazione imbarazzante “Ma certo. Purché non ci siano troppe scale …”
Trotterellarono fuori da quel posto, Oyi sempre attento a non rompere quel pavimento glaciale che aveva l’aria di frantumarsi al suo primo passo disattento.
Il percorso fu breve e senza scale. Winter lo accompagnò verso gli alloggi di sua madre e del corpo diplomatico shivanide, una parte dove quasi nessun altro abitante del mondo avrebbe potuto far entrare nemmeno la coda. La temperatura si abbassò di oltre venti gradi nel momento in cui entrarono nel giardino interno: Oyi pensò alla giovane Sylph già quasi congelata nell’ingresso e non poté trattenere il piccolo moto di orgoglio nel pensare che il proprio grasso protettivo, quello che gli altri membri della Y.U.N.A. guardavano con palese disgusto, fosse l’unica cosa che gli permettesse di ritrovarsi lì dentro e godere di quello spettacolo.
La fontana riluceva, resa quasi viva dalle sfere di Materia Crio. Le schegge di ghiaccio si muovevano quasi fossero acqua pura, spinte dall’energia motrice che permeava l’intero oggetto, tintinnando l’una contro l’altra dando l’idea di minuscoli campanelli in grado di muoversi, scorrere, congelare e poi tornare di nuovo nell’aria. La sottile luce azzurra che aveva notato all’ingresso era anche lì, illuminando i volti scolpiti nel ghiaccio che immortalavano la Creazione.
Le circa centocinque figure si stagliavano nella loro assoluta perfezione: le ali della dea Phenex sembravano abbracciare la composizione intera, le fiamme che emanavano la vita create ad arte con sottili fiocchi di neve intrecciati a mimare il fuoco creatore delle fenici. Fenrir con la sua cucciolata ed Exodus nell’atto di pesare i propri figli. Sette raggi di luce erano stati realizzati per unirsi sulla gemma bianca sulla fronte di Carbuncle e sulla base, un po’ nascosto alla vista, vi era Cactuar nell’atto di spargere nel deserto i propri aghi pronti a fiorire.
Oyi, guidato da Winter, dovette fare il giro della fontana per portare un saluto all’immagine di Cúchulainn: il suo signore era stato scolpito con il viso rivolto verso l’angolo meno frequentato del giardino in modo da non risultare sgradito alla vista di tutte le creature leggiadre di quel posto. Lo avevano realizzato con della neve fresca e morbida in grado di riproporne il ventre enorme con dovizia di pieghe mentre nella bocca spalancata i denti erano stati costruiti in piccolissimi cristalli. Mancava in lui la precisione dei dettagli che caratterizzava quasi tutti gli altri dèi, ma per Oyi questo era un segno molto positivo: Cúchulainn non aveva mai dato peso alle chiacchiere frivole degli altri Celesti. Stava spinto in avanti, con la coda sollevata, chiaramente perché la notte della Creazione aveva mangiato pesante ed aveva plasmato la sua stirpe, i primissimi Cúchul, con ciò che rimaneva della propria digestione. Nonostante il freddo, Oyi trovò la scena incredibilmente toccante.
Lo sguardo di Winter, però, era molto più in alto: sopra di loro, oltre ogni Celeste, la dea Shiva regnava sovrana, intenta a modellare le proprie figlie nella neve. A Brurwelry parve di riconoscere, nei lineamenti della sacra madre shivanide, i tratti marcati della Valagara Nives, ma per fortuna non aprì bocca.
“Io voglio diventare bellissima come Shiva!”
“Beh, io credo che tu già lo sia. Devi solo crescere un pochino e vedrai che …”
“La mamma dice di no. Ma non è giusto!”
Oyi sospirò, cercando di trovare la risposta giusta. Non che si intendesse dei canoni di bellezza shivanide –non avrebbe mai messo la propria coda in delle femmine così esili e gelide, la sola idea lo faceva rabbrividire- ma Winter non gli sembrava troppo diversa dalle altre bambine del suo mondo. Era leggermente più grande, con la pelle più vicina al bianco che all’azzurro, ma in compenso aveva un accenno di pancia davvero grazioso. Non aveva idea di quale Amor fosse stato selezionato dalla Valagara per l’accoppiamento, ma da quello che poteva capirne la bambina ricordava la nobile Nives in molti aspetti.
“E poi dice che non devo mangiare tanti dolci. Mi vengono i buchi ai denti!”
“Che esagerazione! Chi non mangia zuccheri diventa magro, debole e triste. E tu non vuoi essere triste, giusto?”
“Dubito fortemente che la felicità di Winter possa essere rinvenuta nel cibo” disse una voce alle loro spalle. Oyi sobbalzò come se gli avessero schiacciato la coda. “Non dovevi dirmi qualcosa, Oyi?”

Nives Ta’firi Krjesta Rug era entrata nel Valagar da circa dieci anni. Oyi l’aveva conosciuta sei anni più tardi e da sempre l’aveva trovata una figura di grande livello, un senso di saggezza che traspariva persino dagli ologrammi delle comunicazioni ufficiali.
C’era da dire che gli ologrammi non erano del tutto fedeli, perché anche se i capelli della shivanide erano di un blu intenso sia nell’immagine che nella realtà, allo sferogiornale apparivano più folti ed irradiati da luci argentate. Nella realtà, poi, sul lato destro del viso vi era una patina di ghiaccio fredda e dura che andava dall’orecchio fino allo zigomo di cui Oyi non comprendeva la funzione, e questo particolare negli ologrammi non si notava. E se Nives si fosse messa accanto alle suddette immagini qualcuno avrebbe potuto notare che alla Valagara mancavano almeno tre dita per raggiungere l’altezza “ufficiale” … e senza dubbio i suoi seni erano molto meno accentuati.
Nonostante le ricostruzioni fossero il ritratto della fermezza e del rigore Oyi sapeva che, quando non era presa dalle interviste, dalle udienze e dai discorsi, i lineamenti accentuati della donna sapevano assumere un’espressione di cordialità. Per lo standard shivanide, ovviamente.
Il che aveva più o meno lo stesso livello di espressività di una maschera di disgusto cúchul: se non fosse stato per la sottile increspatura all’angolo del labbro sinistro e per il lieve cenno del capo, l’ispettore Brurwelry avrebbe potuto pensare che la figura ritta davanti a lui, immobile come una statua, fosse sul punto di congelarlo sul posto solo perché aveva portato la sua flaccida e flatulenta presenza nei quartieri privati di una delle figure più famose di tutta Nalawagel.
Forse un tempo lo avrebbe fatto davvero, ma molte cose erano cambiate dal loro primo incontro.
“Vengo innanzitutto a porgerle il mio saluto, Valagara”.
La donna mosse il capo una seconda volta. “Siamo lontani dalle sferocamere, ed i miei attendenti riusciranno a tenere a bada gli ospiti per un altro po’. Possiamo passare a darci del tu, non trovi?”
“Preferisco sempre aspettare che sia tu ad iniziare, Nives, e lo sai”.
“E io?” chiese Winter speranzosa.
“Tu non dovresti essere in camera a terminare i compiti?” le rispose la madre. Oyi sorrise, ricordando se stesso e la grande fatica fatta per studiare, ma la bambina strusciò i piedi tra loro con fare contrito: doveva trattarsi di un rimprovero frequente, perché diventò subito mesta e prese le distanze da lui. Si girò per salutarlo con un cenno della mano, cosa che ricambiò, ma non disse nemmeno una parola e corse via. Nives la fissò andarsene “La sua assenza di disciplina mi preoccupa. Dovrebbe imparare a comportarsi in pubblico”.
“A me sembra fin troppo tranquilla” disse Oyi, ricevendo in cambio un’occhiata seria e scura. Le shivanidi mal tolleravano il contatto fisico con gli altri popoli, e sapeva che Nives trovava inconcepibile il fatto che la propria figlia si mostrasse così espansiva con tutti. Brulwelry era conscio che la donna facesse ogni giorno appello al proprio autocontrollo per non impedire a Winter di toccare un Cúchul come lui. Se non fosse stato per il loro incontro di tanti anni prima probabilmente lo avrebbe congelato per il solo fatto di aver insozzato le mani della sua preziosa progenie.
Alcune persone, come Tawanaa, trovavano questo aspetto shivanide assolutamente insopportabile. Per Oyi era un mero dato di fatto, considerato che in fondo nessun popolo provasse simpatia per la sua gente. Nives faceva uno sforzo, e per questo la apprezzava ancora di più.
Uscirono dal giardino, dirigendosi verso le balconate.
L’ambiente era coperto nonostante si protendesse all’esterno, e l’aria continuava ad essere gelida. La Valagara rimase in silenzio per tutto il percorso, ed aprì bocca soltanto quando le lastre passanti di cristallo furono chiuse alle loro spalle, lasciandoli nella solitudine più assoluta. “Dimmi”.
“Un’altra sparizione, stavolta nel Locus Magoi. Una bambina”.
“Immagino tu abbia escluso ogni altra possibilità”.
“Non sarebbe arrivato alla Y.U.N.A. se così fosse. I cronisti ci stanno già sguazzando. A quanto pare il comandante Yonne non è riuscito a mantenere il silenzio abbastanza a lungo”.
“Il comandante Yonne è un diabloide, ricordo bene?”
“Sì”.
“Che casualità …”
Nives troncò il discorso a metà, e senza dire nulla si ritirò all’interno, abbandonando il balcone. Oyi era abbastanza abituato a questo modo bizzarro di concludere un discorso e continuò come se nulla fosse, camminandole dietro senza mai sopravanzare la sua figura.
Oyi aveva visitato solo una volta il Locus Adamantis, la patria delle shivanidi, e sapeva che tra gli abitanti vi era la tendenza ad indossare vestiti semplici e marroni, fatti con pellicce di animali, e che praticamente nessuno facesse uso di scarpe. Trattandosi di creature in grado di ripristinare le proprie forze con il gelo, la cosa gli era sembrata del tutto naturale: trovava dunque difficile, anche dopo tanti anni, abituarsi al suono ritmato degli alti tacchi di Nives contro il pavimento ghiacciato, un rumore secco che avvisata i suoi dipendenti della presenza della signora delle nevi. Gli abiti che indossava erano sempre eleganti e perfetti, tagliati in tessuti sylph che su di lei cadevano sempre in modo strano, come dei vestiti di seta su una bambola di porcellana.
Raggiunsero una nuova balconata, stavolta scoperta, verosimilmente sul lato est dell’edificio. Da quella parte poteva vedere lo stadio immergersi nelle acque del mare e godere appieno del rumore degli hovercraft bloccati per gli spazi aerei di Nalawagel. Avrebbe osservato il panorama per ore, ma il dito della sua ospite si alzò, puntando un’area della città ben precisa. Oyi seguì il suo silenzioso comando, e quando si affacciò … capì.
Da quando si era immerso nel caso delle sparizioni misteriose non aveva più prestato attenzione alle elezioni per la carica di Primo Lettore. Sebbene ogni Locus inviasse un proprio rappresentante al Valagar, la principale struttura legislativa, ogni tredici anni si teneva la nomina del Primo Lettore, la più alta posizione all’interno dello stesso Valagar. Per Nives si trattava della sua primissima corsa alla carica, ma per Abraxas Maximus, il cui viso campeggiava su una decina di schermi pubblicitari di Nalawagel, era la quinta –se non la sesta- candidatura.
I lineamenti diabloidi, così simili a quelli del comandante Yonne quando lo guardava con disprezzo in sala mensa, sembravano trafiggere tutta la città. “Ne sarà felice, suppongo”
“Non ne hai idea. I sondaggi lo vedono in testa di almeno sette punti. Queste sparizioni sono la miglior campagna pubblicitaria che potesse chiedere. La gente di tutti i Loci è spaventata per questi ed altri problemi, la linea politica di Abraxas si nutre di questo”.
“Pensi che la sua proposta del corpo di Pretoriani verrà davvero presa in considerazione dal Valagar?”
“Molto peggio” mormorò lei, aggrottando le sopracciglia. “Molti si sono mostrati apertamente d’accordo”.
Brulwelry si accorse di non esserne poi così sorpreso. Gli Ifriti ed i Titani da sempre avevano espresso le loro lamentele sull’inefficienza della Y.U.N.A. nel risolvere casi di interesse comune –con la scarsità di membri, di fondi e di risorse Oyi trovava già una gran cosa il riuscire ancora ad esistere. Sapeva che, qualche anno prima, la mozione di un corpo speciale con maggior potere esecutivo proposta da un Valagara cerbero era stata respinta per pochissimi voti. Era un dato di fatto che i rappresentanti più aggressivi cercassero di conferire ordine e certezze attraverso un potenziamento delle strutture militari, e una proposta da parte di una figura stimata ed influente come il Valagara Maximus, unita alle ultime vicende, sarebbe stata appoggiata da molti. Nives, al contrario, si era opposta a questo tipo di soluzione e da sempre aveva riposto molte speranze nell’operato della Y.U.N.A. “Stiamo perdendo consensi, Oyi. Anche tra i miei alleati. Oggi devo parlare assolutamente con la delegata sylph, mi ha comunicato che dall’Alveare la loro regina sia propensa ad appoggiare la causa di Maximus” sospirò. “I Loci più deboli iniziano a richiedere protezione, quelli più aggressivi sono pronti ad offrirla alle loro condizioni. E questo mi terrorizza, Oyi. Sono convinta che non sia la strada migliore per nessuno di noi”.
“Lo sai che mi trovi d’accordo. Cosa posso fare per aiutarti?”
Un flebile alito di vento proveniente dal mare sollevò i capelli della shivanide, lasciandoli fluttuare in aria come un manto. Nives continuava a fissare lo schermo pubblicitario, lo sguardo fisso su quello di Abraxas, come una statua di ghiaccio in attesa che il resto del mondo congeli insieme a lei; l’ispettore era consapevole di quanto la donna si stesse battendo anima e corpo per impedire un simile cambiamento, specie sapendo le implicazioni di un corpo militare autorizzato ad usare la forza dove in maniera invariabile le figure più forti ed aggressive avrebbero trovato una scusa per prevalere. I cúchul, nonostante ciò che pensavano quelli dei piani alti e profumati, non erano affatto attaccabrighe come i diabloidi o i titani, e la sola idea di avere esseri del genere a zampa libera nel proprio Locus gli fece arrotolare la coda nella pancia. La maggioranza del suo popolo avrebbe abbracciato la causa diplomatica della Valagara Nives, ma purtroppo era chiaro che la linea moderata e pacifista avrebbe trovato nel pensiero di Abraxas Maximus un avversario molto più forte di prima.
La shivanide chinò il capo, mesta. “Scopri la causa di queste sparizioni prima delle elezioni. Mostreremo ancora una volta l’utilità di un organo come la Y.U.N.A. e dimostreremo che un corpo di Pretoriani non è affatto necessario né a Nalawagel né altrove. Posso contare su di te?”
 
   
 
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