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Autore: Mary Rosemary    17/05/2018    3 recensioni
Le colline oltre la palude di Melmamora erano sempre molto popolate agli inizi di maggio, a discrezione delle condizioni atmosferiche.
L'erba piegava leggermente la sua testa al temperato vento dai mille profumi, portatore dei fiori ultimi a sbocciare e del primo accenno di caldo estivo: il periodo delle improvvise piogge sui sottili petali dei denti di leone, sui bollenti tetti dei palazzi della lontana metropoli; il periodo delle danze e dei nuovi amori.
Le prime sere, in particolare, risuonavano di voci e profumavano della dolce resina, mentre molte creature magiche si accingevano a preparare la festa da loro preferita per le danze, per l'ardore del fuoco nell'aria non troppo calda; per la felicità intrinseca nella trepidante attesa dell'estate.
Così la natura, ogni anno ed in quello stesso lasso di tempo, non restava quieta a causa di Beltane.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Trix, Winx
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Wheel of the Year'
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Beltane







Di tutte le cose, non avrebbe mai creduto d'esser stata tradita dall'oscurità della quale usava circondarsi: la stessa che ora inghiottiva la sedia sulla quale stava, le gambe disperse nell'eterna notte di tale luogo.
Alzò le ciglia alla fioca luce sopra la propria testa, gli occhi ambrati leggermente feriti dai raggi della lampadina: oltre di essa, la stanza galleggiava nel nulla portandola con sé.
Quanto tempo era passato da quand'era lì? Un mese? Due?
Il suo potere scemava ad ogni respiro, ad ogni sussulto della sua chiara pelle che emergeva dallo spazio circostante per contrasto: affondava nelle carni, annegava nel sangue.
Sigillato dal freddo che le cingeva i polsi decadeva, irrecuperabile, nel profondo.
Aveva già provato a liberarsene, ma il metallo era stato stretto a dovere, legandosi indissolubilmente alle sue vene: solamente un incantesimo avrebbe potuto romperne la composizione, magia che non era in grado di compiere in simili condizioni.
Mentre il suo capo dondolava fra le braccia di un uomo – la sua visuale era troppo annebbiata per permetterle di collegarne il volto nella sua mente – aveva erroneamente creduto che una sola misura di precauzione non sarebbe bastata a contenerla.
Quante volte era uscita da situazioni peggiori?
Roccaluce era sempre stata l'alternativa più sicura quando si trattava del discutere sulla prigionia di lei e delle sorelle: le garanzie che forniva erano molteplici, la massima sicurezza della quale vantava era la sua più grande qualità. Peccato nascondesse una buona dose di corruzione, manipolabile nel pianificare una perfetta evasione.
Aveva creduto, nel tempo in cui le sue zeppe avevano sfiorato il suolo, che l'avrebbero condotta ai prati illuminati costantemente dalla disgustosa ed intensa luce solare, data l'immensa fantasia che i suoi nemici, in più occasioni, non si erano fatti mancare di mostrarle.
In verità ci aveva quasi sperato: anche senza le sorelle, sarebbe riuscita a cavarsela con il proprio intelletto. Era spesso stata in grado di attendere e sfruttare, senza la necessità di un aiuto, il momento opportuno e in tale occasione non sarebbe stato differente.
Ovunque lei fosse, la sicurezza non sarebbe stata abbastanza attrezzata da non permetterle di scappare.
A tal proposito rivolse il suo attento sguardo, le scure pupille in grado di analizzare il buio, intorno a sé, spingendolo sempre più lontano dal proprio corpo, obbligandolo con un considerevole sforzo a superare i propri limiti: perché riteneva impossibile non ci fosse veramente nulla attorno a lei.
Non potevano esistere tenebre tanto fitte da sfuggire alle attente analisi delle sue iridi, esprimere un simile concetto avrebbe significato incappare in un paradosso: chi era stato in grado di ingannare la Regina dell'Oscurità con le sue stesse illusioni?
Più la frase fece eco di sé nella sua scatola cranica, più la trovava inconcepibile.
Nessuno era in grado di illuderla, come di superare le barriere del suo intelletto.

Sei ancora lì a farti le seghe mentali?”
Il tagliente e sprezzante suono le arrivò all'udito come un sibilo, distraendola momentaneamente dalle riflessioni e provocando un visibile irrigidimento dei nervi: esso aveva lacerato l'aria alla sua destra fino a farsi estremamente vicino a lei, tanto da farla voltare di scatto in tale direzione.
Seppur prima era stata certa di non aver scorto nulla negli immediati dintorni, ora gli occhi avevano colto un lungo specchio, dove la figura di una ragazza mora dal bell'aspetto fissava senza posa la propria condizione. Aveva appena aggrottato le sopracciglia nell'allungare il collo verso il nuovo arredo – era comparso da poco, non le sarebbe sfuggito un dettaglio simile – quando la voce si fece sentire ancora con un rumoroso sbuffo.

Non credevo sarebbe stato così noioso guardare la scena a parti invertite. Tu sembravi molto più divertita quattro anni fa.” aggiunse, le gravi parole rimbombarono per qualche attimo nella stanza vuota.
Esternandosi per un attimo dalla situazione nella quale si trovava, riuscì ad affibbiare un'etichetta ad un tono così dannatamente famigliare da sfuggirle nell'immediato: la sua mente viaggiò alla velocità della luce, raggiungendo gli sfocati ricordi del mese precedente e collegandoli con la massima precisione.
Collegando il locale a lontani – ed estremamente importanti per i suoi secondi fini – attimi che lei stessa aveva volontariamente smarrito nel tempo; era necessario giungesse ad una sola conclusione, per quanto non le piacesse.
In fondo chi poteva esser riuscito a fregarla, se non chi aveva una discreta conoscenza della sua persona?

Divertita dici, Riven – Darcy si lasciò scappare l'accenno di un aspra risata, il viso teso rimaneva rivolto verso il vetro – Non sei mai stato abbastanza importante per suscitare del divertimento in me.”
L'affermazione così diretta le ferì la bocca nell'uscire, nel dirigersi al di là della barriera che sostava fra di loro: doleva nel profondo, doleva dove aveva imparato a relegare e sopprimere tutto ciò che aveva riguardato il periodo nel quale si erano frequentati; per motivi diversi, poteva aver quasi la certezza che lo stesso fosse per lui.
Il meccanismo di difesa da entrambi attuato era stato spinto, nel caso dello Specialista, dalla forza distruttiva del tradimento, che ogni esperienza aveva spazzato dalla sua mente e lasciato il solo eco di una raccapricciante risata; nel caso della strega era stato indotto per necessità.
La distrazione che la sua mente, in un caso simile, rappresentava poteva risultare dannosa per l'obiettivo: era stata avanzata l'ipotesi di eliminare totalmente il problema, ma lei si era opposta con determinazione.
Ovviamente aveva giocato bene le sue carte con le sorelle, prediligendo per Riven una lenta e dolorosa dipartita, talmente lenta che non sarebbe mai arrivata: se l'era giocata così bene da riuscire ad ingannare pure sé stessa per qualche tempo, fino a quando il doppio taglio delle sue scelte non si era presentato con un retrogusto di rimorso.
Ed allora era stata costretta a disilludersi di nuovo e fasciare le sanguinanti ferite.

Il tono della tua voce mentre parlavi alle tue sorelle non diceva lo stesso. Comunque, sono qui solo perché mi hanno ordinato di dirti una cosa.” tenne in sospeso la frase, per suscitare l'interesse della sua interlocutrice: era qualcosa che aveva fatto spesso in passato, nonostante non avesse avuto alcun bisogno di mostrarsi una persona interessante ai suoi occhi.
Del resto, lo stava solo usando.

Ti hanno ordinato anche di fare delle irritanti pause ad effetto?” lo provocò, senza togliere il penetrante sguardo da dove le pareva di figurare il suo corpo.
Il basso ringhio che lo Specialista emise, esternando la propria frustrazione, le fece piegare leggermente all'insù gli angoli delle labbra.

Non è niente di piacevole per te – cominciò, riacquistando man mano la propria autorità con la quale aveva incalzato inizialmente la nemica – Presto ti vedrò vuotare il sacco e nel giro di questa giornata sarà tutto finito. Ci dirai dove si trovano esattamente le tue sorelle e la vostra fuga giungerà finalmente ad un termine: vedremo di agire in modo da non considerarvi più un problema per la Dimensione Magica.”
Ah davvero? Tu per primo dovresti sapere che non sono così fragile da cedere ad un semplice interrogatorio.”
Non era in grado di vederlo, ma giurò di riuscire ad immaginare il suo sorrisetto strafottente.

Crederci degli sprovveduti non ti porterà da nessuna parte, strega. Sappiamo come agire per ottenere ciò che vogliamo. – fece una pausa, compiacendosi del fatto di non aver pronunciato per errore il suo nome – E poi voi tre festeggiate Calendimaggio, giusto?”
Beltane. Non vorrai continuare a chiamarlo con quel nome da plebei.”
Lo chiamo come mi pare.” rispose secco, lasciando per un attimo il posto al silenzio: la poteva liberamente osservare, mentre teneva lo sguardo fisso davanti a sé nel tentativo di individuarlo attraverso l'impenetrabile finestra. Era in grado di fermarsi, senza rischio alcuno, sui lineamenti del viso di colei che un tempo l'aveva attratto in modo così naturale da fargli escludere d'esser stato vittima di un incantesimo durante le loro uscite; colse la sua espressione leggermente perplessa protetto dal vetro e dal fatto che nessuna ipnosi avrebbe oscurato i suoi pensieri.
Gli era apparso chiaro, subito dopo la sua fuga da Torrenuvola, che un bell'aspetto come il suo gli aveva celato terribili conseguenze; era stato evidente, nella rabbia del tradimento, come lei stessa avesse forzato il suo infimo potere nella loro relazione, logorandola poco a poco dall'interno.
Così le aveva voltato le spalle in modo definitivo, volgendo tutto l'odio al quale si fosse aggrappato verso di lei: del resto, dal principio, era stata completamente colpa sua. Neanche la sua vulnerabile immagine, nascosta per metà nella penombra della stanza, avrebbe suscitato un minimo di pena in lui.

Cosa c'entra Beltane, in ogni caso?”
Sapeva Darcy fosse il tipo da non cascare in certi giochetti, ma aveva avuto modo di conoscerla abbastanza da esser conscio di quanto autodistruttivi i suoi ragionamenti potessero risultare: esordire con qualcosa di totalmente fuori dal contesto, senza darle la possibilità di collegarlo ad un qualsiasi ricordo oppure ad una strategia che il nemico avesse potuto attuare contro di lei, era una delle poche armi in grado di metterla in scacco.
In fondo non sperava non avesse scoperto il tranello che le aveva posto: in una situazione simile la strega non avrebbe avuto alternative che fare il suo gioco, confidando nella stupidità dell'ex compagno.

E' una festa famosa per i suoi fuochi, no?” le disse, mantenendo i violacei occhi sul volto di lei; quel viso che l'aveva osservato durante qualche inquieta notte, attraverso lo scuro e possente portone in ferro che lo costringeva nelle segrete di Torrenuvola.
Colse la sua espressione contrarsi appena, gli occhi più aperti della norma contenevano un'indefinita emozione improvvisa, suscitata dalle parole dello Specialista; le labbra si strinsero, prima di aprirsi nel permettere alle parole di uscire.

Deficiente. Come se potessi credere ad un'idiozia simile.” fece, ricomponendosi in fretta: alzare particolarmente il tono non sarebbe mai stato efficace quanto imprecare, cosa che la strega raramente faceva.
Non serve che tu ci creda. C'è chi ha già deciso che fine dovrai fare.” tagliò corto lui, compiendo un passo verso la porta: entrambi avevano sfoderato le proprie armi e, com'era sempre accaduto, era stata la mora sorprenderlo: l'espressione di quest'ultima, infatti, non mutò.
Ne sono consapevole: tu stesso l'hai deciso anni fa o sbaglio?”
Subire un'altra sconfitta verbale ad un punto simile gli bruciò particolarmente: come gli era venuto in mente di provare a spaventarla, quando sapeva non ci sarebbe riuscito?
Spalancò la porta con un brusco gesto del braccio, facendo abbastanza rumore per farsi udire dalla vulnerabile – ed allo stesso tempo, da lui, intoccabile – strega dell'oscurità: prima fosse uscito da quel tugurio meglio si sarebbe sentito.
Del resto era certo non gli fosse permesso di sfondare il vetro che li separava per prenderla a pugni fino a farla smettere di parlare: forse, non ne sarebbe nemmeno stato in grado.



Le colline oltre la palude di Melmamora erano sempre molto popolate agli inizi di maggio, a discrezione delle condizioni atmosferiche.
L'erba piegava leggermente la sua testa al temperato vento dai mille profumi, portatore dei fiori ultimi a sbocciare e del primo accenno di caldo estivo: il periodo delle improvvise piogge sui sottili petali dei denti di leone, sui bollenti tetti dei palazzi della lontana metropoli; il periodo delle danze e dei nuovi amori.
La vita era esplosa e si era diffusa con la primavera, mostrando il proprio aspetto migliore negli ambienti verdeggianti e ricchi di colore: le pause nel verde attiravano, per ovvi motivi, una gran parte di popolazione. In pochi, in fondo, non traevano giovamento da cinque minuti alla luce di un sole ancora un poco debole ed incapace di scottare le pelli che vi si esponevano.
Non era il solo giorno ad attrarre chi, in cerca di un attimo di pace, si immergeva nella sgargiante bella stagione: la notte, dalla mite atmosfera e temperatura, perdeva la propria solitudine davanti a gruppi di persone che ne esploravano le ombre, che ne ammiravano le meravigliose e numerosissime stelle.
Lontano dall'inquinamento luminoso, la grandiosità della volta celeste su mari colorati dalla fioritura, risultava all'occhio evidente. Osservandola, comune era figurarsi come misere gocce nell'oceano dinanzi a tale immensità, ma la speciale vista che offriva spazzava da ogni esistenza la negatività della realizzazione della propria universale impotenza, colmando la vita di meraviglia.
Le prime sere, in particolare, risuonavano di voci e profumavano della dolce resina, mentre molte creature magiche si accingevano a preparare la festa da loro preferita per le danze, per l'ardore del fuoco nell'aria non troppo calda; per la felicità intrinseca nella trepidante attesa dell'estate.
Così la natura, ogni anno ed in quello stesso lasso di tempo, non restava quieta a causa di Beltane.
I falò ardevano più di mille soli nell'oscurità, proiettando le ombre di sensuali corpi in movimento anche la sera del cinque maggio: i festeggiamenti erano iniziati da appena un ora e, secondo tradizione, sarebbero andati avanti per la notte intera.

Vuoi spiegarmi cosa cazzo ci facciamo qua?”
Una bassa giovane dai lisci capelli castani, lunghi fino alle spalle, piegò appena la schiena verso la compagna per tendere l'orecchio: i canti intonati dai presenti l'avrebbero spinta ad urlare per far udire la sua voce, ma il buonsenso in lei era stato abbastanza da farla desistere.
L'altra non fece nemmeno lo sforzo di guardarla, contraendo il suo chiaro e tondo viso in un'espressione appena scocciata.

Te l'ho spiegato tre volte prima di venire qui. Come può non esserti ancora chiaro, idiota.” sbottò con il tono grave che solitamente contraddistingueva il suo parlato. Il volto, nascosto in parte dai corvini capelli, era l'unica parte di lei che la ragazza accanto era in grado di delineare nitidamente dal buio che circondava i numerosi fuochi.
Non ho capito come facciano a non vedere i Vacuum, in ogni caso. Quei fottuti cosi risplendono e lo sai anche tu, di sicuro si faranno qualche domanda vedendoli.”
La risposta non è così difficile, sorella. Se ti sforzassi ad usare il cervello di tanto in tanto, ci arriveresti tu stessa senza il bisogno di una mia ennesima spiegazione.”
La diretta interessata sbuffò, distogliendo lo sguardo dall'irritante espressione saccente della sorella: anche senza i suoi originali lineamenti era in grado di innervosirla notevolmente.
Evidentemente aveva un talento naturale nel farsi odiare da chiunque avesse a che fare con lei.

Senti, non fare la stronza che sa tutto e dimmelo, così la facciamo finita in fretta e possiamo muoverci.”
Un amuleto. – le disse, facendo comparire fra le mani la fine boccetta di cristallo blu che, talvolta, emetteva un debole bagliore – Per la fertilità o per l'amore, contenente gli ingredienti atti ad amplificare tale intento. Con una spiegazione simile non chiederanno ulteriori informazioni.”
La serietà del suo tono venne mandata in frantumi dalla fragorosa risata della minore: le era uscita in modo talmente naturale, quando ella aveva aperto bocca per rispondere, da non permetterle di trattenersi. La sua voce, solitamente sgraziata, si unì in modo quasi armonioso con i gioiosi canti degli altri esseri magici presenti, danzando con loro fra le venerate lingue di fuoco.

Cosa cazzo hai appena detto! – biascicò fra una risata e l'altra, cercando di porsi un contegno più per non prenderle che per altro – Avrei dovuto registrarti!”
Non eri tu che mi stavi mettendo fretta? Smettila di fare la stupida e fa' come me: oppure preferisci lasciare nostra sorella nelle mani di quelle fatine?”
L'ultima frase pronunciata dalla maggiore la fece smettere quasi nell'immediato. Non credeva che qualcosa di diverso dalla minaccia di arrivare alle mani sarebbe stato in grado di troncare un attimo di ilarità in tal modo: tuttavia non era falso affermare che, data la situazione riguardante la loro assente sorella, non avrebbe dovuto stupirsene.

No, no.” e dopo aver soffocato fra i denti una colorita imprecazione, fra i piccoli palmi della strega delle tempeste comparve una seconda boccetta, dello stesso materiale della prima ma di forma e colore diversi.
Ora concentrati sulla sua energia magica e figurala nella tua mente. I Vacuum reagiranno ad essa e ci indicheranno il luogo in cui l'hanno portata.”
E se non dovesse funzionare?”
Finalmente, Icy la degnò di uno sguardo: nonostante i suoi occhi non avessero la solita e glaciale colorazione, sortirono lo stesso effetto.

Funzionerà. Sicuramente le avranno soppresso i poteri con un incantesimo, ma saremo in grado di individuarla comunque. Adesso taci e concentrati.” e detto ciò lasciò che le palpebre calassero sulle sue nere iridi.
Anche Stormy chiuse gli occhi, cercando di svuotare la propria mente per dedicarsi all'incantesimo: solitamente le veniva facile, ma non pensare alle condizioni della strega delle illusioni in un attimo simile pareva impossibile.

Chissà perché per te è più facile non riflettere su nulla.” le avrebbe detto, con un fastidioso sorrisetto stampato sul fine volto.
Già, glielo avrebbe detto, se fosse stata lì.
Cercando di localizzare la traccia lasciata dalla sua magia, fu in grado di scorgere la sua figura davanti a sé, voltata di spalle verso le più alte fiamme: immobile, permetteva alla vitalità di danzarle intorno senza farsi sfiorare. Le distese dita accarezzavano la cenere portata dalla brezza, i petali dei fiori ed il profumo d'estate; i lunghi capelli ondeggiavano nella notte.
La strega delle tempeste avrebbe voluto che si voltasse ad osservarla ancora una volta, conscia che la sua pazienza era già sparita da tempo: sperò lo facesse, altrimenti non le rimaneva che partire la sera stessa, con l'intento di friggere chiunque si fosse posto fra loro due.
Invece Darcy restò immobile, preda delle luci e delle ombre di Beltane.

Non ti stai concentrando abbastanza.”
Vaffanculo, Icy.”



Non è possibile, quelle arpie mi stanno rovinando un'altra festa! Questa proprio non me la dovevano fare!” strillò per l'ennesima volta Stella, mentre a grandi passi si accingeva a raggiungere la grandiosa scuola per maghi. Il suo dorato vestito, che le cadeva meravigliosamente sui fianchi e scivolava lungo le sue abbronzate gambe con molta leggerezza, aveva rischiato più volte di sporcarsi o di rimanere impigliato; i suoi tacchi erano affondati un po' troppo nel terreno per almeno sette volte e l'insieme delle cose l'aveva mandata su tutte le furie.
Sforzati di comprendere le loro difficoltà, Stella.” cominciò Tecna, con la calma che le era rimasta: la gran parte era stata perduta durante il cammino.
Dovevano farlo proprio questa notte? Non potevano farglielo prima il lavaggio del cervello?!”
Forzare ed oltrepassare le barriere psichiche di Darcy non è esattamente un'impresa facile. Anche noi avremmo impiegato lo stesso tempo, se non di più: personalmente avrei categorizzato il 'trovare le informazioni necessarie senza allarmare le difese del soggetto' una missione pressoché impossibile, trattandosi di qualcuno esperto nel campo.
Inoltre non dovresti sottovalutare il potere di Saladin: il fatto che abbia impiegato parecchio tempo a raggiungere il compimento mi porta a pensare che abbia agito con particolare cautela, per evitare di ripetere interamente la procedura. Un semplice errore e la strega avrebbe espulso l'incantesimo dalla sua mente.”
spiegò con precisione la fata della tecnologia, mantenendo il passo della compagna per potersi far sentire al di sopra dei borbottii e delle lamentele di quest'ultima.

Allora potevano aspettare fino a domani, invece di mandare all'aria i miei piani per la serata.” rispose con un accenno di broncio, senza farsi mancare d'incrociare le braccia per enfatizzare maggiormente il proprio disappunto.
Oh, certo, ora contatto Icy e Stormy dicendo loro di non attaccare per sta sera, dato che la nostra principessa deve uscire con il fidanzatino.” fece Musa, che, a differenza della compagna di stanza, la pazienza doveva averla persa una volta varcati i cancelli di Alfea. Era stata lei a proporre di raggiungere Fonterossa a piedi, in un giusto compromesso fra dovere e piacere: così facendo avrebbero svolto il loro compito, ma si sarebbero anche godute una parte della festa alla quale avevano dovuto rinunciare.
Nonostante i fuochi fossero visibili solo in lontananza, l'aria di gaiezza era giunta fino alla foresta, sfiorando loro le pelli, muovendo dei ciuffi di capelli lasciati liberi dalle acconciature che, per l'occasione, si erano fatte: e ciò per la fata della musica era stato abbastanza, ma evidentemente
qualcuno si trovava in disaccordo.

Sappiamo entrambe che non attaccheranno oggi, quindi sì, questa resta una gran perdita di tempo.” disse a tono Stella, allungando ulteriormente il passo come a chiudere definitivamente la discussione, sottintendendo il fatto che avesse avuto ragione su tutto fin dall'inizio: ovviamente l'asiatica non era disposta in alcun modo a cedere.
Se lo facessero proprio perché non ce l'aspettiamo come reagiresti?”
In effetti Musa ha ragione. Potrebbero batterci sul tempo ed arrivare a Fonterossa prima di noi.” fu Bloom ad intervenire in favore dell'amica, notando come nel gioco di strategie e contro-strategie le streghe le avevano, quasi sempre, colte impreparate: non sarebbe stato insolito vedere la scuola per maghi sotto attacco al loro arrivo; né lo sarebbe stato trovare la quiete, qualche stanza distrutta ed il vuoto nella scura cella dove Darcy era relegata.
E' ragionevole. Non sarebbe la prima volta, nonostante al momento le Trix non potrebbero permettersi rischi: tuttavia, le abbiamo già viste adottare un simile modo d'agire ed, in una situazione come questa, sarebbe totalmente inaspettato.” precisò la zenithiana, facendo in modo da far sbollire la rabbia che la bionda, altrimenti, avrebbe scaricato sulla fata della Fiamma del Drago per aver sostenuto la teoria della sua opponente.
Continuo a pensare che sia una gran perdita di tempo. Dovrò aspettare un anno intero per festeggiare Calendimaggio in santa pace e la cosa mi fa dare di matto!”
Dispiace anche a me, Stella – intervenne a tal punto Flora, addolcendo le parole con il suo tono delicato – Però questo imprevisto è più importante, ne va della Dimensione Magica.”
Non era del tutto vero e la fata della natura lo sapeva: tuttavia era la frase migliore da dire in una simile situazione.
Sin da bambina, negli anni trascorsi sul suo pianeta natale, aveva festeggiato Beltane in grande stile: era uso di Linphea celebrare come meglio poteva la fertilità e l'inneggio alla vita che la foresta ed i fiori fornivano ad ogni essere magico.
I fuochi magici sulle rive del profondo fiume risplendevano dei colori primaverili, così come i vestiti portati dai danzatori che, fino all'alba, cantavano a bassa voce poesie in favore di Madre Natura. Flora adorava perdersi nella quieta e delicata magia che la sera di festa le offriva: ogni stress spariva nelle fiamme, permettendole di rilassarsi, cullata dall'erba e dai vari profumi che l'aria portava con sé.
Le voci degli steli, dei fili d'erba le arrivavano all'orecchio come docili sussurri nell'armonia della sera: non era l'unica avvolta da una simile atmosfera e la consapevolezza di ciò la rendeva ancora più in pace con sé stessa.
Numerosi corpi si univano indissolubilmente con la terra, ne sentivano il calore e l'energia; scambiavano emozioni con essa sotto il variopinto bagliore delle fiamme che nessuna legna bruciavano.
Sentirsi negare una tradizione di tale importanza non aveva di certo influito positivamente sui suoi pensieri, tuttavia la fata era conscia di non aver avuto a disposizione una qualsiasi alternativa e si era presa le proprie responsabilità.

In ogni caso quelle tre le disfo quando le trovo.” la interruppe Stella, sbuffando sonoramente. Se non avesse voluto aver l'ultima parola, le sue cinque amiche si sarebbero preoccupate non poco.
Lascia qualcosa anche a noi.” disse Musa, riprendendo un po' del suo buon umore e precedendo le altre, dove la foresta lasciava lo spazio alla grande prateria: sopra di essa, maestosa nella sera, Fonterossa fluttuava a qualche metro da terra, slanciata verso il cielo a sfiorare le nuvole con la cupola della sua arena.
Avrebbe atteso silente il loro arrivo, come di consueto: se solo una tremenda esplosione non avesse scosso i piani più bassi, arrivando quasi a colpirle con la conseguente onda d'urto.


Una fitta nebbia oscura copriva l'erba del cortile al loro arrivo: rampicava sulle pareti della barriera innalzata con considerevole fretta da Saladin; divorava la materia sul proprio cammino.
Pesante e soffocante, s'innalzava e ricadeva al suolo innumerevoli volte in un inquieto muoversi che impediva alle fate di concentrarsi, di udire: il suo movimento nascondeva ciò che, in vero, fluttuava indisturbato fra di esso.
Nel mezzo fra sogno e realtà, le nubi velavano i loro occhi con una coltre di desideri ed illusioni: chi scorgeva due figure lontane tornare ad avvicinarsi fino a ricongiungersi, chi l'apertura della propria mente alle sconosciute emozioni; chi pareva toccar con mano il sottile confine fra vita e morte, sfiorando l'evanescente figura di una fine e gentile donna che l'aveva oltrepassato anni addietro.
Musa si accorse a malapena di star avanzando, i piedi producevano un sordo ed appena udibile rumore nell'affondare leggermente nell'oscurità: la dolce e famigliare melodia riempiva l'inerte aria dandole la parvenza che, al suono della voce di lei, essa si muovesse e la invitasse a sé; la affiancava, spingendola verso la direzione dalla quale proveniva.
Con meravigliose parole delle quali aveva una vaga memoria, le mostrava la via: ed in fondo, nell'innaturale ambientazione, era sicura di poter scorgere un lucido pianoforte a coda produrre il brano che aveva cercato di ricordare, senza successo, per anni.
La nebbia vibrava ad ogni suo passo, infiniti volti, con i medesimi lineamenti, impressi in essa osservavano con lieve disappunto il suo cammino verso ciò ch'era impossibile; scorgevano muti la sua fine, all'estremità del sentiero che lei stessa considerava come la sua salvezza.
Lucidamente avrebbe rinunciato ad accogliere i propri sogni: l'aveva fatto in precedenza, quando il confine era stato reso nullo da Arcadia; invece proseguì, vittima di un incantesimo in grado di ghermirle il cuore.
La musica si faceva progressivamente più forte con il suo avanzare, così vicina come, normalmente, non sarebbe mai stata: poteva quasi figurarsi ad afferrare quelle dita intente a fare una delicata pressione sui tasti; e quella voce che infinite notti aveva sconfitto, portando la luce nell'animo della fata che l'aveva udita.
L'asiatica affrettò inconsciamente il passo non appena il ritmo si fece incalzante, coprendo in pochissimo tempo la distanza che la separava da Wa Nin: i suoi scuri occhi si alzarono ad incontrarla e, con essi, ogni cosa parve incastrarsi perfettamente e tornare al proprio posto.
In un attimo di stallo, entrambe rimasero immobili ad osservarsi, a rivivere l'una nello sguardo dell'altra.
Il profumo dei fiori di ciliegio le pervase, riportandole con lo spirito su quella collina dagli stupendi colori dove usavano passare il tempo prima della malattia della donna: l'immaginazione fece nascere un timido sorriso sul volto di entrambe, così simile ed allo stesso tempo così unico.
Troppo tempo era trascorso dal loro ultimo incontro, s'era fatto pesare quasi quanto la distanza incolmabile che con gli anni si era fra loro creata. Musa era cresciuta più viva, più lontana dal confine, nella prospettiva di una lunga esistenza che era stata a sua madre negata: e tutte e due potevano essere felici di ciò, insieme, per un momento.
Con la mente totalmente libera compì per prima un passo verso colei che aveva ricercato invano in ogni aspetto del mondo, protendendosi a sfiorare la sua candida e calda pelle: sperò, sperò vivamente che fosse esattamente come spesso la rimembrava.
Wa Nin non parlò ed attese il secondo in cui le delicate mani avrebbero sfiorato la sua evanescente carne. Le sue dita si mossero nuovamente, mentre senza distogliere lo sguardo dalla figlia aveva ricominciato a suonare la tenera melodia.
Non era l'unica a non poter osservare altro: persa nelle sue iridi, la fata della musica coprì quasi completamente la distanza che le separava; il suo corpo trasportato dalla musica in crescendo desiderava ricongiungersi con quello della propria progenitrice più di ogni altra cosa.
E Darcy ne era ben conscia: del resto era l'unico modo con il quale poteva ottenere una vittoria, l'ultima spiaggia tramite la quale non avrebbe pagato la propria disattenzione.
Nel lanciare un'occhiata alla nemica, mentre si apprestava a sporgersi ulteriormente oltre alle sbarre poste a protezione del cortile di Fonterossa, si lasciò scappare un mezzo sorrisetto: unire l'utile al dilettevole le aveva sempre fatto piacere, soprattutto quando si trattava di togliere di mezzo una delle fate. Avrebbe facilitato il compito alle proprie sorelle nel momento dell'attacco, nessuna delle due avrebbe di certo protestato.
Così la lasciò al proprio destino, concentrandosi sulla barriera per individuarne un punto debole: il grande apporto di potere che stava consumando per mantenere l'incantesimo e la ferita abbastanza profonda – provocatale da uno studente del primo anno abbastanza abile da colpirla con la sua spada – non le lasciavano esattamente tutto il tempo che le serviva; tuttavia, in qualche modo se la sarebbe cavata.
In fondo l'aveva sempre fatto.
Non osservò Musa sbilanciarsi per raggiungere un'inesistente proiezione: e se fosse successo, non l'avrebbe guardata cadere nel vuoto, perdendo attimi preziosi.
Tuttavia, le braccia che si erano avvolte attorno alla sua vita, erano state più veloci dell'epilogo a lei designato.

Cosa accidenti ti salta in mente, Musa!”
Stella puntò i piedi a terra, tirando verso di sé il corpo della compagna: l'altra, ancora protesa verso un'indefinita parte di oscurità, non si accorse minimamente della resistenza che la presa della bionda le faceva; apparve perfino immune alle sue stridule urla di protesta.

E' sotto l'effetto di un illusione, Stella, come tu stessa poco fa. Si sveglierà solamente con l'ausilio del tuo potere, in grado di indebolire l'oscurità creata da Darcy.” Tecna si avvicinò, sciogliendosi leggermente nel scorgere l'amica ancora in vita e dietro le recinzioni: l'aveva scorta per prima e non aveva esitato neppure un attimo a credere all'eventualità che fosse stata un'illusione. Fortunatamente aveva agito nel modo migliore.
Però tu dammi una mano a tenerla, altrimenti questa si lancia.” scandì ad alto volume la principessa, mentre afferrava più saldamente il minuto corpo di Musa. Le mani della zenithiana si aggiunsero in fretta alle sue, permettendole di sfilarsi l'anello.
Un forte lampo di luce rischiarò per un secondo la scura notte, rivelando uno spiraglio di cielo stellato sopra alle loro teste: i raggi scaturiti dallo scettro della fata perforarono con immediatezza le ombre nascoste, illuminando di calda lucentezza le loro corporee e vive pelli.
Gli occhi dell'asiatica, davanti a tanta magia, accolsero la forza del sole e si rischiararono alla realtà: la sua mente recuperò velocemente la lucidità necessaria per farla desistere dal superare le barriere che la separavano da una morte certa. Boccheggiando leggermente, indietreggiò di qualche passo: sua madre era ancora là ad attenderla, eppure le appariva ora chiara l'impossibilità di ricongiungersi a lei.
L'avrebbe per una terza volta lasciata andare, relegando la sua silhouette nella protezione della sua mente: per quanto fosse stato doloroso ripetere un'azione simile, la situazione ne necessitava.
Con una solitaria lacrima rimase ad osservare il ritorno della nebbia, mentre la brezza s'apprestava a dissolvere la bella ed elegante immagine di Wa Nin.
Nel farsi meno tangibile, meno visibile, i suoi occhi si serrarono lentamente: la sua figura sarebbe tornata a perdersi nelle trame dei sogni di colei che avrebbe sempre tenuto vicina la sua memoria; e quando le nubi si richiusero su loro stesse la giovane fata sentì che la visione, generata per distruggerla, aveva invece lasciato in lei qualcosa di fertile che un giorno, se preso in considerazione, l'avrebbe portata alla sua piena maturazione.


Al suo faticoso risveglio, la situazione in cui si trovava non le fu immediatamente chiara: aveva ripreso a respirare affannosamente, liberando il proprio caldo fiato in eteree nuvole di fumo bianco. Ad ogni espirazione esse sfuggivano alle sue piene labbra, disperdendosi in un tempo misero nei dintorni privi di colore.
La sua fronte era ancora chinata sul capo di Bloom, appena appoggiata ai suoi fulvi capelli: le tempie pulsavano, bagnate da qualcosa di tiepido e momentaneamente irriconoscibile; le ci volle qualche attimo a ricordare il proprio nome ed il motivo per cui si trovava in un luogo simile.
Sollevando il capo, lanciando uno sguardo, con gli occhi appena dischiusi, alla desolata quiete della stanza, Flora permise ai ricordi di prendere possesso della propria, debole e confusa, mente.
Quando si era guardata intorno al suo ingresso, del resto, aveva potuto constatare di non aver mai assistito ad una situazione di tale criticità: la sala comandi della scuola per maghi era tinta di rosso dal preoccupante colore del grande schermo, riflesso sulla vetrata.
La stessa che ora giaceva al suolo, mandata in frantumi da un incantesimo che non era stata in grado di scorgere: la stessa sulla quale poggiavano alcuni immobili corpi, i loro impercettibili respiri scomparivano nel chiarore del visibile cielo.
Il collasso delle condizioni aveva immediatamente seguito il forte boato proveniente dall'esterno, che aveva attirato parecchie forze armate verso dove un tempo, potente e robusta, si ergeva la barriera protettiva.
Ricordava di essersi presa un attimo per riflettere su quanto fosse stato prevedibile come, per Fonterossa, le tenebre non sarebbero terminate con l'arrivo del giorno: perpetuate da un'inarrestabile e violenta tempesta, avevano soffocato la luce che avrebbe decretato la vittoria del bene sul potere della strega.
Darcy, in tale arco di tempo, era sul punto di cedere ed abbandonarsi nella sua stessa oscura coltre di illusioni: i suoi incantesimi l'avevano quasi del tutto prosciugata della sua magia ed, a causa di eccessivi sforzi, il sangue non aveva mai arrestato il suo scivolarle lungo il fianco destro, il bagnarle l'attaccatura della coscia. La vista s'era fatta sfocata, incapace di distinguere i dettagli che coglieva, incapace di localizzare un qualsiasi attacco diretto al suo corpo.
Senza l'arrivo dei “rinforzi” sarebbe stata matematicamente sconfitta, così come conseguentemente lo sarebbero state le sorelle.
Invece, preannunciandosi con l'improvviso fulmine che aveva perforato le ultime difese della scuola, distruggendole nella loro interezza, era giunta la minore, portatrice di una terribile rabbia, rinnovata dalla presa di coscienza delle condizioni della sorella.
Non che avesse avuto bisogno di un entrata così teatrale, l'innaturale pioggia era bastata ad insinuare non pochi sospetti in chi conosceva profondamente i suoi poteri.
Con le sue note capacità, alimentate dalle forti sensazioni di odio e rancore verso i propri nemici, avrebbe potuto radere al suolo Fonterossa in ben poco tempo.
L'ira e la sete di distruzione erano sempre parse alla fata della natura infinite, nonostante fossero contenute in quel piccolo corpo: l'elettricità che senza controllo scaturiva dalla sua pelle ne era stata una parziale dimostrazione.
Flora serrò gli occhi, lasciando che la testa si chinasse nuovamente per l'insopportabile fitta che colpì violentemente le sue tempie: il forte respiro della compagna ruppe momentaneamente il forzato silenzio, producendo qualche piccolo eco nel vuoto della stanza.
Il dolore fisico portato dal ricordare la fece quasi desistere, facendole desiderare di potersi abbandonare al riposo come la fata della Fiamma del Drago che, scomposta, le dormiva in grembo: le sensazioni si sarebbero attenuate nel sonno, mentre i raggi del sole l'avrebbero a breve raggiunta e riscaldata, nell'attesa dell'arrivo di chi l'avrebbe portata in salvo.
Eppure decise di non demordere: qualcosa di irrecuperabile, d'inarrivabile, gridava dentro di lei per dar voce ai suoi dubbi, gridava per darle la sensazione che qualcosa, ben celato nelle sue memorie, avrebbe assunto una vitale importanza qualora l'avrebbe rimembrato.
La fata di Linphea riaprì lentamente le verdi iridi, dando loro il tempo di abituarsi a delineare i contorni della figura a lei più vicina: esitante, portò una mano a spostarle leggermente i capelli nel tentativo di assicurarsi della sua incolumità. La rossa chioma scivolò lungo la schiena della fata con un lento e dolce movimento, rivelandone il rilassato viso: le chiare ciglia si mossero appena, inquiete.
Nel vederla prendere forma davanti al suo sguardo, Flora ricordò la sua presenza nel momento in cui ogni cosa, schermo compreso, si fece buia: le aveva detto qualcosa con tono risoluto, ma le parole dovevano esserle sfuggite nel momento in cui era crollata sotto una sconosciuta forza.
Chiedendosi se avesse avuto importanza recuperarle, le scostò ancora qualche ciuffo di capelli, lasciando che la fioca luce baciasse le celate parti della sua pelle; e se non le avesse rivolto nuovamente lo sguardo, nell'inconscio modo di prendersi cura della compagna di stanza, non avrebbe mai notato i sagomati lividi sul chiaro collo.
Illuminati, spiccavano nel loro freddo colore fra le delicate lentiggini.
Le sottili dita che avevano stretto la gola di Bloom, sollevandone il corpo da terra, ricomparvero in un'immagine talmente nitida da mettere in allarme la fata della natura: velocemente le sue iridi guizzarono al resto della stanza, dove nessuno pareva aver mosso un muscolo.
Aveva a malapena scorto gli azzurri occhi dell'amica scomparire velocemente nella rinnovata oscurità insieme a quelle candide braccia. Le urla si erano smorzate in fretta, lasciando mozzati respiri e qualche singhiozzo a sento trattenuto: il panico aveva colto la sua psiche, impedendole di pensare lucidamente ad un modo per riprendersi la vita di colei che l'aveva sempre spronata a dare il meglio di sé.
Il petto si alzava ed abbassava a ritmo irregolare, le lacrime rigavano le guance fino a scendere al terreno in piccoli rumori sordi, troppo silenziosi per coprire i rantoli provenienti da una sconosciuta direzione: fosse stato per lei, la fata della Fiamma del Drago sarebbe morta.
Si era questionata su come non potesse esser stata pronta ad un attacco simile: con il senno di poi, osservando la sua stessa condizione qualora si fosse trovata nei suoi panni, avrebbe reagito nella medesima maniera.
In fondo non era stata in grado di muoversi nemmeno per fermare l'aggressore; era stato qualcuno alla sua sinistra, dalle simili emozioni, a premere il grilletto dell'arma alla quale si teneva saldamente aggrappato. Avrebbe potuto urlare di non sparare, con la scarsa visibilità Bloom avrebbe finito per rimanere ferita al posto del vero nemico: anche riuscendo a pensarlo lucidamente, tuttavia, non avrebbe avuto abbastanza tempo.
L'improvviso sparo era stato abbastanza per scuoterla, permettendole di lasciarsi andare ad un impulso di coraggio: le sue mani avevano raggiunto l'amica, fortunatamente ancora viva seppur con poche forze, ma non avevano sfiorato null'altro.
Le rinnovate emozioni le arrivarono alla testa con la stessa violenza della prima volta che le aveva provate, togliendole per qualche attimo il già incerto fiato: era accaduto tutto con una tale fretta da mandarla completamente in confusione.
Nel distrarsi, si perse un attimo nel ricordo di quello sparo che qualcosa aveva colpito, qualcosa che ancora le stava impedendo di ricordare completamente il resto della vicenda: aveva forse fatto ritorno, aveva forse ridotto ad una struttura pericolante la sala comandi di Fonterossa; le aveva provocato le ferite alla testa dalle quali il sangue, ora secco, era sgorgato bagnandole il viso.
Ragionare sul colpevole in tale situazione le risultava quasi impossibile, nonostante avesse avuto le sospettate sotto gli occhi per l'intera durata della notte: permise alla sua testa di appoggiarsi alla parete alle sue spalle, dandole un attimo di tregua.
Ora era certa che lei, come Bloom, erano al sicuro ed in salvo: a nulla sarebbe servito allarmarsi oltre, fare da guardia a dei pacifici dintorni.
Le altre le avrebbero raggiunte in fretta, tanto valeva attenderle e riposarsi.
Beltane non aveva aspettato nessuno durante quell'anno: gli ultimi fuochi morirono lenti, levando le ormai insignificanti fiamme verso il cielo rischiarato dai caldi colori dell'alba.
Il buio aveva lasciato il posto alle prime luci, in attesa del nuovo giorno.
I canti erano scemati in sussurri, gli incantesimi in misere tracce di magia: perfino le danze, in poco tempo, s'erano ridotte a mere camminate verso la civiltà.
Beltane non aveva atteso ed era passato come ogni volta, annunciando l'arrivo del sole di un'ordinaria giornata: eppure v'era stato chi l'avrebbe rimpianto, chi avrebbe desiderato fosse durato più di una sola notte.
In molti avevano dovuto rinunciare ai suoi gioiosi festeggiamenti, alle nuove speranze che le numerose voci promettevano: alcuni avrebbero solamente desiderato più tempo.
L'avvento di una meravigliosa alba era ormai previsto in ogni angolo della Dimensione Magica, l'avvenimento che avrebbe segnato la definitiva chiusura della felice festività: eccezion fatta per quelle fate, che ai raggi del sole avrebbero distolto lo sguardo.
Vedere la propria sconfitta alla luce dell'ennesima giornata non avrebbe giovato a nessuna, tuttavia la più che legittima promessa di riscatto era alle porte.
In fondo, la loro contro-strategia aveva finito per funzionare ed avrebbe presto dato i suoi frutti.















Avvertenze e condizioni per l'uso:
* inserire serie di belle paroline qui *
Questo capitolo è più lungo del solito, in ritardo e boh, non so che altro aggiungere: almeno non mi schifa profondamente, forse sto migliorando da questo punto di vista (autostima ovviamente, chissà se si trova nella pentola d'oro alla fine dell'arcobaleno).
Eccoci a Beltane! La festività dei balli, dei fuochi, degli inni alla fertilità e all'amore: ho avuto difficoltà soprattutto con i temi, i sopracitati non vanno molto d'accordo con il carattere delle nostre tre streghe preferite, quindi diciamo che ho fatto qualcosa abbastanza a metà, aggiungendo qualche accenno di combattimento siccome siamo alla fine del ciclo.
Anche la prossima storia sarà più lunga, in quanto sarà quella conclusiva della serie dove finalmente (speriamo, perché io con i combattimenti faccio schifo) ci sarà una specie di battaglia finale.
Speriamo in bene ed in tanta ispirazione.
Mi scuso ancora per il ritardo e non vi tedio oltre.
Ringrazio le solite ed onnipresenti Ghillyam ed Applepagly: grazie mille ragazze, non sapete quanto mi fa felice sapere che ciò che scrivo può piacervi a tal punto da farvi trovare il tempo per dirmi cosa ne pensate. Siete fantastiche e non smetterò mai di dirlo, anche per il meraviglioso supporto che siete disposte a darmi al di fuori del sito; anche perché mi ascoltate e mi sopportate nella mia complessità e nelle mie paranoie. Grazie grazie grazie!
Un ringraziamento speciale va anche a
LadyNabla che, attendendo pazientemente questa storia, ha deciso di spammarmi tutto il suo amore anche nelle altre storie. Sono felice che ti siano piaciute e non hai idea quanto mi abbia fatto felice cominciare a parlare con te di una cosa o dell'altra, anche solo nel risponderci reciprocamente alle recensioni.
Inoltre ringrazio tutti i lettori silenziosi che stanno ancora seguendo questa serie ed anche tu, che stai leggendo queste note senza senso!
Grazie mille per aver letto ed alla prossima missione!


Mary

   
 
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