Promesse
Erano
passati due giorni dalla fine della guerra, ed erano due giorni che Arlin non
usciva dalla sua tenda. Le avevano portato da mangiare, ma lei non aveva
toccato cibo. Le avevano persino mandato Eragon e poi Angela, una volta anche Nasuada
stessa. Nessuno era riuscito a concludere qualcosa, Arlin aveva lo stomaco
chiuso.
Sentiva
che se avesse mangiato qualcosa sarebbe stata male.
Era
pallida come un cadavere, gli occhi gonfi e arrossati con profonde occhiaie
scure.
Non
dormiva, non mangiava e non parlava.
Arlin
osservò con sguardo spento il cielo coperto dalla solita nebbiolina delle
Pianure Ardenti. Eragon sarebbe partito quel giorno.
La
ragazza avanzò nell’accampamento fino a raggiungere l’arena. Si sentiva un
fantasma fuori posto.
Roran
era già nel punto di ritrovo impaziente. Presto la sua Katrina sarebbe tornata
fra le sue braccia, in salvo.
Roran
alzò la testa e la vide. Le fece cenno di avvicinarsi con un’evidente
espressione sollevata nel vedere Arlin all’aria aperta. Dopo un attimo la
ragazza gli andò incontro.
-Arlin!-
Roran l’abbracciò. –Sono contento di vederti.- aggiunse separandosi.
Lei non
sorrise, non ci riuscì. Non parlò nemmeno, e lo sguardo del ragazzo si
rattristò. –Ti ricordi quella volta che Eragon ti aveva rubato il ciondolo che
ti aveva regalato Brom?-
Arlin
si limitò a fissarlo. Il ciondolo di cui parlava era quello che indossava
sempre, una mezzaluna d’argento.
“Quando sei arrivata a Carvahall nel
cielo c’era una mezzaluna”, le
aveva detto Brom.
Arlin
aveva nostalgia di quei tempi, quando le sue uniche preoccupazioni erano la
spada e le erbe. Ora doveva fare i conti con la guerra, il suo obiettivo era
restare in vita.
-Non
gli hai parlato per due giorni. Poi appena te lo ha ridato è tornato tutto come
prima.-
-Eravamo
bambini.-
Erano
le prime parole che diceva. La sua voce era bassa, roca dal troppo pianto.
Secondo la teoria di Roran, Eragon avrebbe dovuto riportargli Murtagh…
Sono fratelli.
Arlin
rabbrividì.
-Lo so.
Ma lo sai lui quanto ci era rimasto male quella volta?-
-Non mi
ha mai chiesto scusa.-
-Però
te lo ha ridato.-
La
ragazza sospirò, trattenendo le lacrime. Credeva di averle terminate. –Io…-
-Quello
che voglio dirti è che Eragon è disposto a fare tutto pur di vederti sorridere.
E lo voglio anche io. Concedigli un po’ della tua fiducia, e vedrai che
riuscirà a sistemare ogni cosa.-
-Sono
innamorata di suo fratello, colui che ha tradito i Varden e me. Sono un
completo fallimento.-
-Smettila
di commiserarti! Nasuada conta su di te per molte cose, e da quello che ho
capito dagli elfi sei diventata molto più forte. Sono sicuro che Murtagh si
ricrederà, prima o poi.-
Arlin lo
guardò con gratitudine.
-Arlin.-
La
ragazza si voltò, vedendo Eragon e Saphira alle sue spalle. Abbozzò un sorriso che assomigliava tanto ad una smorfia.
Il
Cavaliere le andò vicino. –Come ti senti?-
-Tu come
mi vedi?-
Lui non
rispose.
-Ho
avuto il mio attimo di debolezza, Eragon, ma credo di essere giunta ad una
conclusione.- lo guardò negli occhi. –Non m’importa un accidente se sei figlio
di Morzan, io ti conosco come Eragon figlio di Garrow e tale resterai. Solo…-
la sua voce s’incrinò. –Devo farti promettere una cosa.-
-Dimmi.-
-Non
dovrai mai uccidere Murtagh. Promettilo.-
-Arlin,
lo so cosa provi e anche io non sono allegro all’idea di affrontarlo, ma se…-
-So che
anche lui la pensa così e non avrà mai la forza di volontà sufficiente per
eliminare suo fratello. Ti prego, promettimelo.-
Eragon
la osservò. Nella sua fragilità, Arlin sapeva come essere convincente
sfruttando il suo aspetto trasandato che faceva una gran pena. Il Cavaliere
sospirò. –D’accordo, Arlin. Ma ricorda, se mi dovessi trovare in una situazione
critica e non avessi altra scelta, dovrò farlo.-
-Non lo
faresti comunque.-
-Perché?-
-Perché
sai cosa provo per lui.-
Eragon
tacque.
E’ ora di andare, disse Saphira.
-Fate
attenzione.- raccomandò Arlin mentre la dragonessa permetteva al Cavaliere e
suo cugino di salirle in groppa. Roran era terrorizzato all’idea di volare,
Eragon gli lanciava delle occhiate ridendo sotto i baffi. Una volta che si
furono sistemati in sella, Eragon la salutò con una mano, Roran si limitò ad un
cenno del capo avendo le mani allacciate alla vita del cugino.
Non lasciare che il passato
s’impadronisca della tua mente. Guarda al futuro.
Grazie, Saphira. Sii cauta.
Lo farò.
La
dragonessa fece leva sulle zampe posteriori e si lanciò verso l’alto, alzando
una nube di terra che si mischiò a quella dell’umidità.
Dopo già
qualche minuto, la sua sagoma era un vago puntino nero nell’immensità, l’urlo
di Roran che rompeva la quiete dell’accampamento.
Bene, gentili lettori e lettrici,
innanzitutto chiedo per l’ennesima volta scusa per l’enorme ritardo e per la
brevità di questo capitolo…
Dal prossimo inizierà Brisingr, che non
ha quasi niente a che vedere con quello scritto da Paolini, visto che avevo
pensato a come sviluppare il mio racconto prima che lo pubblicasse ^.^”
Vi prego di recensire, anche se i
capitoli non sono di vostro gradimento.. (ci penserò poi io muhaha..scherzo,
ovviamente ^.^)
Grazie per la pazienza.