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Autore: Yoshiko    17/05/2018    7 recensioni
È trascorso molto tempo dal viaggio dei ragazzi a Kyoto. Era autunno, la città li aveva accolti nella sua splendida cornice di aceri rossi, promettendo un soggiorno piacevole tra visite ai giardini e ai templi, colloqui per nuovi ingaggi e prove per uno spot televisivo. La spensieratezza di quei giorni si era infranta di colpo e gli strascichi di quei tragici avvenimenti continuano tuttora a segnare le loro vite.
Holly e Patty sono a Barcellona, Benji ad Amburgo, Mark è atterrato in Italia inaspettatamente accompagnato, e il resto del gruppo si trova in Giappone finché un’amichevole contro l’Italia di Salvatore Gentile e Dario Belli li riunisce tutti, ancora una volta.
Rain è il sequel di Leaves che a sua volta è il continuo di Snow. Per capire la storia e seguirne l’andamento è consigliabile avere un po’ di pazienza e cominciare dall’inizio, anche per la presenza di personaggi out of character, già presentati nelle precedenti fanfiction.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Kojiro Hyuga/Mark, Salvatore Gentile, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Time'
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rain 15
Quindicesimo capitolo



Holly si mosse nel letto, si girò a pancia in giù e infilò la testa sotto il cuscino. Ci mise un po’ ad emergere dal sonno e a individuare cosa l’avesse svegliato. Quando lo capì si concentrò su quel leggero grattare che proveniva dalla stanza accanto. Si tolse il cuscino dalla testa e diede un’occhiata all’orologio sul comodino. Mancava poco alle cinque e il grattare non cessava. Anzi sembrava farsi sempre più insistente. Si volse verso Tom e lo vide seduto sul letto.
-Cos’è?-
-Non lo so. Viene da fuori.-
Si accostarono alla porta e la socchiusero piano. Il corridoio era tinto di una luce color arancio. In giro non c’era nessuno, ma la porta della camera accanto alla loro era appena accostata. Holly uscì guardingo dalla stanza e Tom gli andò dietro.
Fecero quei passi allo scoperto con cautela, silenziosissimi. Se Gamo li avesse beccati a zonzo a quell’ora sarebbero stati guai. Holly posò una mano sulla porta socchiusa, che si aprì senza emettere alcun rumore. Al centro della stanza, rischiarata dalla luce di un cellulare, Jason Derrick, in pigiama, illuminava Bruce accucciato a terra ai piedi di uno dei due letti.  
-Cosa state facendo?-
La voce di Holly li fece sobbalzare di spavento.

Philip si trovava da un tempo che gli sembrava infinito davanti a quella tenda nera. Non aveva idea di come fosse arrivato lì, e neppure dove fosse quel “lì”, ma non riusciva a trovare la forza di scostarla per andare oltre. Al di là di quel drappo inspiegabilmente sapeva esserci Jenny e che non era sola, e quella consapevolezza aveva annullato ogni sua intenzione. Eppure non poteva restare “lì” in eterno, in quel vuoto di transizione che non aveva senso.
Sollevò una mano e scostò la tenda appena un poco, giusto per dare una sbirciata, qualche scarso centimetro giusto per consentirgli di scorgere per un attimo cosa ci fosse al di là. Era la camera di Amy, la riconobbe immediatamente. Jenny sedeva sul letto matrimoniale e Gentile era al suo fianco. Non erano soli, Evelyn si trovava su una delle poltroncine del tavolino tondo e scriveva qualcosa al computer con la schiena dritta e tesa e un’espressione di gongolante soddisfazione sul viso. I suoi occhi brillavano di concentrazione e le sue dita correvano rapide sui tasti. La presenza di quest’ultima gli trasmise il coraggio di scostare la tenda del tutto. Nessuno si accorse di lui, nessuno si volse a guardarlo. Qualcosa di invisibile separava Philip da loro, come se si trovassero in due luoghi diversi, come se lui li vedesse attraverso un vetro o attraverso lo schermo di una tv.
Gentile cingeva la schiena di Jenny stringendola a sé e le diceva qualcosa, ma Philip non capiva. Non parlavano in giapponese e neppure in inglese e oltretutto le loro voci avevano un tono così basso che quelle parole sconosciute gli arrivavano solo a tratti. Il ticchettio della tastiera del computer di Evelyn l’unico altro rumore che udiva. Forse la ragazza era riuscita a coinvolgere Gentile nella tanto desiderata intervista. 
-Ho finito.- disse d’un tratto. Spense il portatile, lo chiuse e si alzò -Grazie mille, grazie davvero!-
Si diresse verso la porta dall’altro lato della camera, soddisfatta, trionfante, praticamente al settimo cielo. Voleva quell’intervista ed era riuscita ad ottenerla.
Rimasti soli Salvatore e Jenny presero a baciarsi sotto lo sguardo incredulo del ragazzo, che non avrebbe dovuto essere lì e non riusciva a spiegarsi perché invece ci fosse. Philip distolse gli occhi e strinse i pugni, scosso da un terribile senso di impotenza. Sapeva perfettamente che quella sera in camera di Amy le cose non erano andate affatto così. Gentile non c’entrava niente, erano rimasti soltanto lui e Jenny. Lui e lei e basta, a dormire nello stesso letto. Ciò che era successo non era ciò che stava accadendo ora davanti ai suoi occhi. Quella notte Jenny aveva continuato a dormire ininterrottamente anche quando Philip si era svegliato perché aveva sentito freddo. La luce sopra la testiera del letto era accesa e gli era bastato aprire gli occhi per vederla giacere al suo fianco, vicinissima. Così vicina che le loro braccia si sfioravano. Erano rimasti da soli, gli amici se n’erano andati. Gli era parso incredibile che fossero riusciti a regalargli una simile occasione. Si era tirato su seduto e aveva continuato ad osservare Jenny per un tempo che gli era sembrato lunghissimo. Il suo sguardo l’aveva accarezzata come se lo facesse per la prima volta. Addormentata, l’aveva finalmente ritrovata. Nel suo sonno quieto, nell’espressione tranquilla, aveva potuto vedere la Jenny che conosceva fin dalle medie e non quell’estranea che aveva incontrato in Italia, che abitava con Landers, che usciva con Gentile, che evitava di guardarlo, non gli rivolgeva la parola e gli sfuggiva. I minuti erano passati, il sonno sembrava completamente svanito. Le aveva sfiorato un braccio con una carezza così leggera che lei non si era accorta di nulla. Allora le aveva scostato i capelli dal volto ed era rimasto a fissare per parecchi minuti la sua espressione serena, le labbra leggermente socchiuse. Si era chiesto come gli era saltato in mente di lasciarla. E come era saltato in mente a lei di venire in Italia da Landers.
Quando s’era riempito a sufficienza gli occhi della sua presenza, aveva spento la luce. Era tornato a sdraiarsi accanto a lei ed era rimasto immobile ad ascoltare il suo respiro. Poi si era girato su un fianco, si era avvicinato, l’aveva cinta con un braccio e si era accostato, sprofondando il viso tra i suoi capelli. Jenny si era mossa appena e a conti fatti Philip non aveva neppure capito se ad un certo punto si fosse svegliata e si fosse resa conto della sua presenza o avesse continuato a dormire, confondendo i sogni con la realtà e la realtà con i sogni. Quella notte, per la prima volta, aveva odiato Gentile con tutte le sue forze per essere riuscito a sedurla. Adesso lo odiava di nuovo, l’italiano, perché si stava esibendo in ciò che lui quella sera non aveva fatto.
Salvatore e Jenny erano scivolati distesi sul letto di Amy. Gentile la sovrastava, poggiato sui gomiti per non pesarle addosso. Si guardavano negli occhi e Jenny gli sorrideva. Dovevano aver spento la luce centrale senza che lui se ne accorgesse perché adesso riusciva soltanto a scorgere il bagliore della pelle nuda di Jenny che l’italiano stava scoprendo, e quello dei capelli biondi del ragazzo che brillavano come fili d’oro al chiarore di una lampada.
Gentile slacciò uno a uno i bottoni della camicetta di Jenny. Le scostò il reggiseno e sprofondò il viso tra la carne morbida, baciandola sulla pelle calda. Philip era lontano ma riusciva lo stesso a scorgere l’espressione rapita di lei, una mano sulla testa del ragazzo, le dita affondate tra i capelli biondi, l’altra sulla schiena a sollevargli la maglietta e attirarlo contro di sé. Era lontano ma riusciva a udire i suoi sospiri mentre Gentile la spogliava a poco a poco, mentre lei lo aiutava a fare lo stesso.
Philip non riuscì a capire perché più sentiva il bisogno di non guardare, più era incapace di distogliere gli occhi. Più sentiva l’impulso di fuggir via, più non riusciva a muoversi. Ripensò al bacio che aveva dato a Jenny durante la partita della Juventus nei corridoi dello stadio. Il ricordo era così intenso che gli sembrò persino di percepire le labbra della ragazza sulle proprie. E se lui lo ricordava con tale chiarezza, era probabile che lo ricordasse anche lei. E allora come poteva lasciarsi andare tra le braccia di Gentile con lo stesso trasporto con cui aveva ricambiato i suoi baci la sera precedente nei corridoi dello stadio?
-Philip? Philip, dormi?-
Il ragazzo spalancò gli occhi e gli ci volle un istante per raccapezzarsi. Julian aveva acceso la luce del suo comodino, era in piedi accanto al letto e lo guardava.
-Sei sveglio?-
-Sì, se continui a chiamarmi.-
-Non senti questo rumore?-
-Quale rumore?-
-Ora ha smesso.-
-Allora buona notte.-
-Buongiorno, semmai. È mattina e tra due ore dovremo alzarci.-
-Motivo in più per rimettersi a dormire.-
Mentre Philip si voltava dall’altra parte e sprofondava sotto le coperte, Julian attraversò la stanza, aprì la porta e si affacciò nel corridoio. Philip se ne infastidì.
-Cosa ti ho appena detto? È ora di dormire!-
Ross finse di non udirlo e il suo ottimo consiglio da capitano ancora per poco, venne del tutto ignorato. Si innervosì e sbuffò forte, a ripetizione. Prima pretendevano che portasse la fascetta, poi non gli davano retta.
-Dove vai?-
-A vedere cosa sta succedendo.-
-Che vuoi che succeda a quest’ora?-
-La porta della stanza di Clifford è spalancata.-
La prima cosa che si parò davanti a Julian, quando mise piede nella camera di Yuma, fu la schiena di Tom.
-Cosa state facendo?-
-Io niente, sono loro.- indicò Bruce e uno dei Derrick che si affaccendavano misteriosamente intorno al letto di Clifford che russava.
-I soliti scherzi idioti?-
-Così sembra.-
Philip arrivò tra loro, spinto soprattutto dal turbamento causato dall’incubo da cui Julian lo aveva fortunatamente svegliato.
-Dov’è Sandy?-
Jason lo indicò nel letto, illuminandolo con la torcia del telefono. Sotto le coperte, intravidero la forma del suo corpo.
-Sta facendo finta di dormire. Ha detto che non vuole essere coinvolto.-
-E chi ve l’ha aperta la porta?-
Winter scalciò le lenzuola e si tirò seduto. Era furioso e riuscì a stento a modulare la propria voce in un sussurro.
-Voi fate gli scherzi cretini e poi Clifford mi massacra!-
-Dormi Sandy, non ci pensare.- mormorò Bruce di rimando. Poi si tirò su, si spazzolò con le mani i pantaloni del pigiama e spinse i compagni fuori della stanza, sogghignando divertito e soddisfatto.
-Cos’avete combinato?- chiese Julian.
-Abbiamo legato i quattro angoli del lenzuolo alle gambe del letto. Domani mattina quando Cifford cercherà di alzarsi rimarrà incastrato. Grosso com’è gli ci vorrà non poco a liberarsi!-
-è già mattina.- precisò Philip piatto, ma visto che tutti lo sapevano già, nessuno gli badò.
-Io non vi capisco. Non è sufficiente quanto ci fa sgobbare Gamo durante il giorno? Che bisogno c’è di tenersi occupati persino a quest’ora di notte?-
-è mattina, Tom.- ribadì Philip. Soffocò uno sbadiglio e s’imbucò in camera per raggiungere in fretta il letto. Gli erano rimaste meno di due ore di sonno ed era deciso a sfruttarle tutte.
-A me la vostra stanza sembra più grande della mia. Cos’è quest’ingiustizia?-
Philip si volse sgomento. Bruce, Tom e Holly avevano seguito lui e Julian.
-Che ci fate qui?-
Lo ignorarono.
-Le camere sono tutte uguali, Bruce.- rispose Ross paziente -Cambia solo la disposizione degli arredi.-
-Che accidenti ci fate qui?- ripeté Philip.
-Ho un’altra idea fantastica!- Harper si fregò le mani sghignazzando. Girò intorno al letto di Julian e s’impossessò del telefono -Chiamo Mark.-
-A quest’ora? Sei impazzito?-
-Non mi pare per niente un’idea fantastica, Bruce.- cercò di dissuaderlo anche Holly -Se svegli Mark così presto, domani te la farà pagare.-
-Oggi e domani sono la stessa cosa…-
-Ti si è incantato il disco, Philip?-
-Perché non ti entra nella zucca, Harper. Se vuoi chiamare Landers fallo dalla tua stanza.-
-Ci metto un secondo. Faccio squillare il telefono e poi riaggancio così non saprà che sono stato io. Julian dammi il numero…-
-Non mi pare proprio il caso.-
-Ho capito, faccio da solo.-
E lo fece davvero. In tre secondi prese il cellulare dal comodino di Ross, trovò nella rubrica ciò che cercava e nel giro di altri pochi secondi, la linea stava già squillando. Bruce s’era premurato persino di accendere il vivavoce. Con due falcate Julian lo raggiunse, si riappropriò del cellulare, in cui tra l’altro c’erano dei messaggi privatissimi, e cercò di interrompere la chiamata. Non fece in tempo. Jenny rispose.
-Hai fatto il numero di casa, idiota?-
Bruce guardò Holly e fece spallucce.
-Ho fatto il primo numero che ho trovato.-
“Holly? Bruce?” chiese la ragazza. Il suo tono trasudò preoccupazione “È successo qualcosa?”
-No, niente. Bruce ha sbagliato numero. Mi dispiace se ti abbiamo svegliata.-
“Non mi avete svegliata, sono appena rientrata.” e in effetti la sua voce era ben desta.
-Mark? È lì con te?-
“Mark sta dormendo.”
“Non sto dormendo proprio per niente!”
Landers le comparve improvvisamente davanti, emergendo dal buio della cucina silenzioso come un ladro. In hotel la udirono gridare di spavento. Mark era furibondo e la sua figura, che si stagliava nell’ombra, emanava tensione. Jenny non lo sapeva, ma lui si era svegliato alle tre, era andato in bagno e aveva trovato la porta della sua camera spalancata, il letto vuoto. Era sceso al piano di sotto e non aveva visto né le sue scarpe né la sua giacca. Jenny si era dileguata senza dirgli niente e dopo averne preso atto, gli era venuto un mezzo infarto. Dopodiché aveva deciso di aspettarla, per rinfacciarle la sua incoscienza e la propria preoccupazione, sicuro che presto o tardi sarebbe rientrata. Ed era rientrata veramente tardi.
“Ti sembra questa l’ora di tornare?”
Lei si volse, le mani sul cuore che batteva all’impazzata.
“Mark, mi hai fatto paura!”
“Sai che ore sono?”
“In effetti è un po’ tardi ma…”
“Non è un po’ tardi! Sono le cinque del mattino!”
“Lo so! Cosa ci fai in piedi?”
“Ti stavo aspettando! Dove sei andata?”
“C’è Bruce al telefono che vuole parlarti, quindi è meglio se…”
“Jenny! Quella non era la macchina di Gentile! Con chi eri?”
Holly sentì Bruce sogghignare e s’innervosì.
-Che hai da ridere?-
-Abbiamo fatto proprio bene a telefonare, sai Holly? Sembra di essere al cinema!-
“Possiamo parlarne domani, Mark? C’è Bruce al telefono!”
“Non me ne frega un cazzo di Harper e poi è già domani, porca miseria!”
A Philip che anche Landers lo ribadisse, stavolta non fu per niente consolatorio.
“Bruce può aspettare, tanto paga lui la telefonata.”
-Ma tu sentilo il bastardo…-
Le labbra di Callaghan si incurvarono di un sorriso amaro.
-Anche al cinema lo spettacolo è a pagamento, Harper.-
-Ti ricordo che sto chiamando dalla tua stanza, se lo hai dimenticato.-
Philip provò un improvviso e intenso formicolio alle dita e un impellente bisogno di farle aderire alla faccia del compagno.
“Ero insieme a Carol!”
“La macchina da cui sei scesa non era neppure quella di Carol!”
“è di suo fratello. Carol ha un fratello, lo sapevi? È venuto a prenderla e ha riaccompagnato anche me.” si frugò nella borsa stizzita e gli porse il telefonino “Chiamala e chiediglielo, se non mi credi.”
“E dov’è che è venuto a prendervi? Si può sapere dove siete state fino a quest’ora?” scostò da sé il cellulare che lei gli porgeva e afferrò la cornetta per scaricare su altri tutta la sua collera.
“Che vuoi Harper?”
-Sai che se Gamo scopre che ancora non dormi ti spella vivo?-
“Perché scassi i coglioni già a quest’ora?”
-Sentirti litigare con Jenny è una figata. Non dirmi che lo spettacolo è già finito!-
Mark era troppo stanco e assonnato per avere la forza e la voglia di mettere a tacere la maledetta lingua di Bruce. E poi, se anche il suo cervello non fosse stato inceppato dal sonno e dalla collera che insieme non formavano un buon mix, non aveva nessuna voglia di intrattenersi al telefono con il compagno a quell’ora del mattino.
“Vai a dormire.” disse a Jenny mentre respirava per calmarsi “Sono le solite stronzate di quel demente di Harper.”
Lei gli ubbidì senza discutere per non peggiorare il suo umore già nero. Tom approfittò di quel momento di silenzio da entrambe le parti per avvicinarsi a Bruce, togliere il vivavoce, salutare Mark e riagganciare.
I nervi tesi di Philip si rilassarono di botto, il suo corpo sembrò quasi afflosciarsi. Ma prima di tornare a letto, sotto le coperte, doveva buttar fuori quei fastidiosi intrusi. Afferrò Bruce per la collottola e lo sbatté nel corridoio. Tom e Holly lo seguirono all’istante, timorosi di subire lo stesso trattamento.

*

-Sei uno stronzo bastardo! Sandy! Puoi anche scappare ma prima o poi mi ricapiterai a portata di mano e allora ti gonfierò di botte!-
-Perché te la prendi con me, Clifford?- gridò di rimando Winter, fermandosi solo quando ebbe raggiunto una certa distanza di sicurezza -Io non ho fatto niente! Ti giuro che non ho fatto niente!-
-Vorresti dire che mi sono incastrato nel letto da solo?-
-Voglio dire che non ti farei mai degli scherzi così stupidi! Lo sai, no? Te ne ho mai fatti? Da quant’è che ci conosciamo?-
Clifford avanzava lungo il marciapiede con un diavolo per capello. Se avesse potuto mettere le mani addosso a Sandy lo avrebbe strozzato.
-Allora vieni qui a spiegarmi chi è stato! Vieni qui a dirmi come ha fatto il colpevole ad aprire la porta!-
Sandy si guardò bene dall’avvicinarsi. Mentre Clifford camminava, lui indietreggiava con l’identico numero di passi, anzi qualcuno in più, curandosi di mantenere tra loro la stessa distanza.
-Non lo so! Mi hanno fregato la card della camera! Io dormivo! Non mi sono accorto di nulla! Non so neppure chi è stato!-
Sandy mentiva spudoratamente, sperando di riuscire a convincere il compagno della propria innocenza. Dietro a Clifford, lui li vedeva, Bruce e i Derrick sogghignavano. Colpa loro! Ma anche di Holly, di Philip, di Tom. Nessuno aveva mosso un dito per fermarli. Eppure lo sapevano che poi Clifford se la sarebbe presa con lui! Che amici! Che egoisti!
-Smettila di agitarti, Yuma.- lo zittì Benji che non ne poteva più di quel teatrino. Stavano percorrendo la strada che dall’hotel portava ai campi e le grida attiravano gli sguardi incuriositi dei passanti.
-Solo quando lo avrò tra le mani!-
-Ci serve per la partita, lo ucciderai in Giappone.- il portiere si prese il tempo di scrutarlo -Cos’è che ti avrebbe fatto, poi?-
-Non gli ho fatto niente!- gridò Sandy che non sapeva più come calmare Yuma -Non gli ho fatto proprio niente! Non sono stato io!-
-Ma a fare cosa, insomma?-
-Niente! Non gli ho fatto niente!-
Evelyn, Amy e Patty camminavano per ultime, dietro ai ragazzi. Evelyn era emozionata perché aveva finito di scrivere le domande per l’intervista a Gentile e ora non le restava che organizzare il tutto. Così non si impicciava e la curiosità di sapere cosa stesse succedendo tra suo cugino e Winter non la sfiorava.
-Jenny mi ha detto che glielo avrebbe chiesto ma poi non mi ha fatto sapere niente! E se lui non è d’accordo? Se non gli va di perdere tempo con me?-
-Non puoi inventarti le risposte?- replicò candidamente Patty -Tanto lui non leggerà mai l’articolo e nessuno di noi farà la spia. Puoi scrivere ciò che vuoi.-
Evelyn spalancò gli occhi.
-Assolutamente no! Non è eticamente corretto!-
-I giornalisti inventano un sacco di fandonie, una più, una meno…-
-No, non lo fanno. Semplicemente interpretano le notizie e speculano sulle informazioni. Un fondo di verità in ciò che scrivono c’è sempre.-
Amy e Patty la guardarono poco convinte.
-Secondo me puoi stare tranquilla. Gentile si lascerà intervistare senza problemi.-
-Allora mi conviene coinvolgere Aoi? O provare con il mio scarsissimo inglese? Non voglio fare una figura del cavolo!- sbuffò -Accidenti! Avrei dovuto applicarmi di più a scuola!-
-Eve, cerca di calmarti. Sei troppo eccitata!-
La ragazza si fermò di botto, costringendo le amiche che l’affiancavano a fare altrettanto per non lasciarla indietro.
-Hai ragione Patty. Lo vedi che effetto mi fa? E se non riuscissi a controllarmi e gli saltassi addosso? Credi che se la prenderebbe?-
-Lui non so. Bruce sicuramente sì.-
-Bruce è abituato. Non sai quante volte ci siamo traditi!-
Amy spalancò gli occhi, i piedi di Patty si incollarono sul marciapiede.
-Stai scherzando?-
-Eve, stai dicendo sul serio? Hai tradito Bruce?-
Le amiche si guardarono incredule ed Evelyn capì che certe informazioni private sarebbe stato meglio lasciarle tali.
-Sì, be’… è successo un paio di volte… Lui  s’è fatto beccare e io l’ho ripagato con la stessa moneta. Tanto perché si dia una regolata.-
-Bruce ti tradisce e tu lo tradisci…- Patty scosse la testa -Cosa ci state a fare insieme?-
-Ci amiamo, Patty. A modo nostro.-
Evelyn era serissima e loro non riuscivano a credere a ciò che avevano appena scoperto.
-E poi…- proseguì lei senza vergogna -Vi posso assicurare che il sesso che facciamo dopo i reciproci tradimenti ha una marcia in più. È fantastico! Per questo sono sicura che quando Philip e Jenny torneranno insieme si divertiranno un sacco. Se sapessero cosa li aspetta forse eviterebbero di perdere tutto questo tempo.- guardò le amiche pensierosa -Secondo voi è il caso che lo dica a Jenny? O almeno a Philip? Si sa che i maschi sono molto più interessati alla fisicità di noi… Oddio, quanto a fisicità io non mi tiro mai indietro e poi Philip non è male, anzi…-
-Eve, cosa stai blaterando?-
Lei rise.
-Niente, niente, Patty. La mia mente è eccitata dall’intervista a Gentile. Sto sragionando, non fatemi caso.- allungò il passo e le lasciò indietro.
Patty e Amy si guardarono.
-Tu cosa hai capito?-
-Lei e Bruce stanno davvero insieme?-
-A quanto pare…-
-E lui l’ha tradita.-
-A quanto pare...- ripeté Patty -Chissà con chi!-
-Piuttosto non è che Evelyn ha un debole per Philip?- Amy si grattò un braccio perplessa -Eve sta addosso a Philip da quando siamo arrivati. Sembra che abbiano un segreto da condividere. Cerca di capire quale, Patty. Evelyn con te si confida molto più che con me.-
-Sarà sicuramente qualcosa legato al suo lavoro.-
-Non lo so. Hai sentito cosa ha appena detto di lui?-
-Le stesse identiche cose che direbbe di Mark, di Gentile e di qualsiasi maschio appena decente. Non devi darle retta, vedrai che dopo l’intervista si darà una calmata.-
-Speriamo.-
Raggiunsero le panchine mentre i ragazzi sparivano negli spogliatoi.
-Sto morendo di fame. Nessuno ha niente da mangiare?- domandò Sandy con una voragine nello stomaco che si faceva più profonda ogni minuto che passava. Il terrore di Clifford lo aveva tenuto lontano dal tavolo della colazione.
-Una gomma da masticare ti va bene?- domandò Paul Diamond frugando nella borsa -Anzi no, le ho finite ieri…-
Winter aspettò ancora qualche istante speranzoso, ma nessuno tirò fuori niente di commestibile.
-Vai dalle ragazze e fatti comprare qualcosa al bar.- suggerì Philip -Non puoi allenarti a stomaco vuoto.-
-L’esperienza insegna.- commentò Benji quasi per caso.
-Ho già il promemoria del cellulare a ricordarmi le cose.- replicò l’altro -Non c’è bisogno che lo fai anche tu.- spostò gli occhi su Winter -Se devi andare, datti una mossa.-
Sandy annuì e si diresse verso la porta, passando rasente al muro per non finire a portata di Clifford.
-Avresti dovuto lasciarlo mangiare.- lo rimproverò Philip.
-Non gli ho mai detto di non fare colazione.-
-Ma gli sei stato con gli occhi addosso tutto il tempo. Sarebbe passata la fame anche a me.-
-Problemi suoi.-
-No!- lo corresse Philip -Problemi nostri!-
-Tuoi meno di tutti!- replicò il compagno polemico.
-Clifford, vuoi litigare?-
Yuma colse l’occhiata di disapprovazione di Holly, borbottò qualcosa e chinò la testa nella borsa per tirare fuori gli scarpini.
-Che avete tutti? Siete nervosi per la partita? Avete paura di perdere?-
-Taci Price. Non mi serve il tuo sarcasmo. Sono già abbastanza incazzato per lo stupido scherzo di stanotte.-
Gamo e Marshall entrarono negli spogliatoi euforici, così felici ed eccitati che non notarono l’atmosfera bellicosa che impregnava l’ambiente. I ragazzi ebbero tutto il tempo di riacquistare una parvenza di civiltà, rendendo impossibile ai due intuire le discussioni che, senza saperlo, avevano appena interrotto.
-Finalmente è arrivato il nullaosta di Holly!-
Tra tutti il più entusiasta, più entusiasta persino del neocapitano, fu Philip. Il peso della squadra, che portava sulle spalle ormai da troppo, svanì in un istante. Si sentì più leggero, più sollevato e persino più felice.
-E abbiamo anche un’altra ottima notizia.- Gamo agitò in aria un foglio -Questa è la formazione che schiererà l’Italia durante la partita di domani.-
Julian cadde dalle nuvole.
-Non l’hanno ancora ufficializzata! Come fa ad averla?-
-Abbiamo un’informatrice sulla panchina italiana, se non ve n’eravate accorti.-
Holly ci rimase male.
-Per vincere l’Italia non abbiamo bisogno di conoscere in anticipo la formazione.-
-Certo che no.- si trovò d’accordo Gamo -Ma io ne ho bisogno per sapere chi far scendere in campo.-
Benji si rivolse al mister ma fissò Warner.
-Si sa già chi scende in campo: i soliti, ovviamente. Squadra che vince non si cambia.-
Il secondo portiere della nazionale giapponese colse al volo il messaggio. Quello era il giorno decisivo, l’ultimo, per pretendere da Gamo ciò che gli aveva promesso in Giappone. Aveva aspettato anche troppo. Se ne sbatteva altamente che Price fosse il cocco di Marshall. La partita del giorno successivo era una stupida amichevole e se non l’avessero fatto entrare in campo neppure contro l’Italia, era deciso a mollare tutto. Si accorse che Marshall lo guardava e notò anche che gli occhi dell’allenatore rimasero fissi su di lui finché non lasciò gli spogliatoi insieme a Gamo, molto più pensieroso e molto meno entusiasta di come vi era entrato.
-Caro collega, urge una riunione.- camminando accanto a Gabriel, Freddie raggiunse le panchine.
-Per parlare di cosa?-
-Di quello che hai appena detto ai ragazzi.-
-Ne ho usate parecchie, di parole. A cosa ti riferisci in particolare?-
-Alla formazione che faremo scendere in campo.-
-La solita, come ha detto Benji. Dov’è il problema?-
-Non credi sia il caso di far giocare anche qualcuna delle riserve? Del resto si tratta solo di un’amichevole.-
Gamo si bloccò e lo fissò con uno sguardo spiritato.
-Anche se è solo un’amichevole dobbiamo vincere, ne va della nostra reputazione.-
-Warner si aspetta di giocare. Glielo abbiamo promesso.-
-Soltanto perché ci ha minacciati di non venire in Italia. E se Benji in questi giorni si fosse infortunato? Chi avremmo messo in porta?-
-Benji non si è infortunato e noi la promessa l’abbiamo fatta.-
-Se la pensi in questo modo spiegami cosa abbiamo chiesto a fare il nullaosta di Price.-
-Ce lo hanno concesso prima ancora che lo chiedessimo.- cosa che Freddie si era ben guardato dal rivelare al ragazzo.
-Fatica risparmiata. Quello di Holly lo abbiamo preso pelo pelo…-
-Già. Mi viene da pensare che per svincolarlo, Van Saal aspettasse la partita della Liga. Forse voleva essere sicuro che rientrasse a Barcellona per l’incontro. Ma non divaghiamo. Warner deve scendere in campo per uno dei due tempi. Mi sembra equo.-
-Questa partita voglio vincerla.-
-L’Italia non ha grandi attaccanti, Warner può difendere la porta per quarantacinque minuti e se anche prendesse un goal, ci sarebbe tutto il secondo tempo per rimontare.-
Gamo tacque, come per riflettere.
-Fammi capire perché stento a seguirti, Freddie. Preferisci tenere in panchina il tuo pupillo e mettere in porta Ed Warner?-
-A tutti bisogna dare l’opportunità di giocare e a Benji un po’ di umiltà non può fare che bene.-
-Non sarò io a dirglielo.-
-Per questo dobbiamo fare una riunione con Holly e Philip.-
-Già, Philip. Fortuna che almeno i valori delle sue analisi sono risultati regolari.-
-Li hai già?-
-Ce li ha portati poco fa il medico della nazionale italiana.-
-Glielo hai detto?-
-A chi?-
-A Philip. Lo hai avvertito?-
-No, glielo dirà Hills durante la pausa.- Gamo riavvolse il nastro del suo ragionamento e tornò al problema precedente -Quello che volevo dirti, caro collega, è che non credo abbia senso una riunione con Holly e Philip. A Callaghan importa molto poco della squadra, soprattutto ora che la fascia è passata a Holly.-
-Non essere cinico. Philip ha ricominciato a darsi da fare, l’hai visto da te. E poi è sempre il vicecapitano e può essere un appoggio per Holly, se Warner e Price fanno storie.-
-Nel senso che lo diranno loro a Warner e Price?-
-Era esattamente questo che avevo in mente. Tra di loro sanno gestirsela meglio.-
Gamo osservò i ragazzi che in gruppi sparsi uscivano dagli spogliatoi pronti a iniziare gli allenamenti.
-Va bene, facciamo come dici tu.-
Bruce si scolò mezza bottiglietta d’acqua mentre percorreva il bordocampo.
-Se bevi adesso, tra mezz’ora rompi le palle che devi andare in bagno.-
-Non posso farci niente, Julian, se il caffè mi fa venire sete.- rimise il tappo e agitò l’acqua fino a farla schiumare -A Jenny la formazione l’avrà data Gentile?-
-Stai zitto Bruce!- lo mise a tacere la voce di Holly da dietro -Non voglio saperne nulla, non voglio neppure sentirne parlare…-
-Se non gliel’ha data Gentile chi gliel’ha data?-
-Certo che è stato Gentile. Chi altri avrebbe potuto farlo?-
Bruce spostò gli occhi su Clifford e scosse la testa.
-Allora deve avergliela data sbagliata.-
Tom, che procedeva dietro di loro insieme a Holly, borbottò qualcosa d’incomprensibile. Si volsero.
-Che hai detto?-
-Ho detto che se è così gli italiani ci hanno fregati due volte perché state sicuri che Gamo si farà condizionare dai maledetti undici nomi che sono scritti su quel foglio.-
-Io dico che la formazione è giusta.- s’intromise Benji giocherellando pensieroso con il cappellino.
-Purtroppo ha ragione Price.- fu costretto a trovarsi d’accordo Mark -Nella mente di quel tronfio di Gentile, il fatto che conosciamo la formazione ufficiale è del tutto ininfluente. Sono così convinti di batterci che i nomi che Gamo ha tra le mani sono sicuramente quelli giusti.-
-Così se tante volte dovessimo perdere, abbiamo anche l’aggravante.-
-Non dirlo neanche per scherzo, Ralph.- Holly si sentì rabbrividire -Noi non perderemo contro l’Italia.-

*

-Jenny, devi assolutamente farmi un favore.-
Il tono di Evelyn risuonò così accorato da spingere l’amica a posare gli occhi su di lei attraverso lo specchietto retrovisore. Guidava la Giulietta rossa di Salvatore che lui le aveva prestato per andare a visitare una reggia ad alcuni chilometri dalla città.
-Che favore?-
-Devi convincere Gentile a rilasciarmi l’intervista.-
-Ti ha detto di no?-
-Veramente non gliel’ho ancora chiesto.-
-E cosa aspetti?-
-Che lo faccia tu per me.-
-Devo dire a Gentile che vuoi intervistarlo?-
-Il mio inglese fa schifo, se mi sentisse parlarlo morirebbe dalle risate.-
-E in che lingua pensi di fargli le domande?-
-In italiano, con Rob a farmi da interprete.-
-E allora chiedi a Rob di dire a Gentile che vuoi intervistarlo.-
-Perché non lo fai tu?-
Patty intervenne.
-Eve, mi spieghi perché alla rivista per cui lavori interessa proprio Gentile?-
-Veramente all’inizio mi avevano detto di scegliere un giocatore qualsiasi e che avrebbero inserito il mio articolo nel solito buco risicato nelle ultime pagine.- le sfuggì una smorfia di amarezza -Per loro non faceva differenza, un giocatore valeva l’altro. Sono stata io a scegliere Gentile e ci ho visto giusto. Grazie a Steiner, in redazione hanno scoperto che un giocatore dell’Italia ha una ragazza giapponese e adesso non solo la mia intervista è stata spostata nelle primissime pagine, ma muoiono dalla curiosità di sapere che tipo è.-
Jenny le lanciò un’occhiata contrariata.
-Quindi hai intenzione di fargli domande su di me?-
-Il minimo indispensabile. Magari solo la conferma che state insieme…- intercettò l’espressione non proprio gioiosa dell’amica -Ti sto facendo un favore, Jenny. Almeno Steiner la finirà con le sue insinuazioni.-
Lei trasalì e si chiese se Evelyn avesse letto l’articolo che tanto aveva cercato di nascondere. Abbassò gli occhi e le sue guance si arrossarono.
-Non mi fido.-
-Jenny! Ti ho mai delusa?-
-No.- fu costretta ad ammettere. Evelyn ne aveva avuto a bizzeffe di materiale su di lei in quegli ultimi due anni. Eppure non aveva mai scritto nulla, lasciando che altri colleghi le soffiassero scoop e notizie, rispettando non solo la sua privacy ma anche quella di tutti gli altri. -Quando torniamo glielo dico. Vuoi intervistarlo prima o dopo la partita?-
-Meglio prima. Se risulta una persona interessante e se la mia intervista piace, forse troveranno spazio anche per un articolo dopo la partita.- rifletté un istante -Non devi lasciarlo parlare con Steiner. L’esclusiva voglio averla io.- per quel pezzo il suo giornale le aveva promesso un compenso superiore al solito e non voleva lasciarselo sfuggire.
Jenny scoppiò a ridere.
-Se anche Steiner ci provasse, sono sicura che Salvatore non gli risponderebbe. Al massimo lo prenderebbe a pugni.- aspettò che le amiche smettessero di ridere, poi proseguì -A proposito di interviste, una rivista italiana vorrebbe farmi qualche domanda… e qualche foto.-
-Davvero?- Patty si volse a guardarla -Qualche domanda su cosa?-
-E che tipo di foto?- rincarò Amy.
Evelyn rispose per Jenny.
-Sicuramente su Gentile. Se a me chiedono di intervistarlo perché ha una ragazza giapponese, a lei chiederanno un’intervista visto che è la sua fidanzata.-
-Non siamo fidanzati, Eve.-
-Era soltanto un sinonimo.-
-Cerca di non usarlo per i tuoi articoli.-
-Se vuoi un consiglio, Jenny…- riprese Patty -Lascia perdere l’intervista. Se la fai una volta, poi non ti mollano più.-
Jenny arrossì di vergogna.
-Mi hanno offerto tremila euro. Non sono proprio da buttare, in questo momento.-
-Accidenti! Che domande sono? Hai idea?-
-Le foto, Jenny.- s’impuntò Amy.
-Non ne so nulla. Me lo ha detto Dario Belli. Qualcuno deve avergli passato la richiesta.-
-Allora parlane con Gentile e senti cosa ti consiglia. Di interviste se ne intende più di tutte noi.- -Gliene ho già parlato e mi ha detto di accettare.- ammise Jenny.
-E allora dov’è il problema?-
-E se poi ad alcune domande non voglio o non posso rispondere?-
-Mica sei obbligata a farlo. Le accantoneranno e te ne faranno altre. Perché secondo te io per Gentile ne sto preparando così tante?-
-Prima di accettare fatti dire che tipo di foto vogliono.- si fece sentire di nuovo Amy -Non si sa mai.-

Tom era di umore tetro e non gli andava di parlare né con Amélie né con nessun altro. La ragazza il giorno prima lo aveva chiamato due volte ma lui aveva lasciato che il telefonino squillasse a vuoto. Dopodiché non era riuscito neppure a trovare la voglia di richiamarla. Lei, quella mattina, gli aveva scritto un messaggio di scuse, convinta che Tom non le avesse risposto perché era arrabbiato. Non era così, o non soltanto questo. Aveva cose più importanti nella testa e il litigio con la ragazza era passato in secondo piano.
Però doveva risponderle e per farlo poteva approfittare della breve pausa tra una tranche di allenamento e l’altra, se solo fosse riuscito a farsi venire in mente qualcosa da scriverle. Mentre ci pensava, quasi per un collegamento misterioso con la sua mente, il cellulare prese a squillargli in mano. Abbassò gli occhi sul display. Non era Amélie, era sua madre. Non seppe se esserne contento, comunque le rispose rifugiandosi dall’altro lato del campo. 
Benji lo vide sgusciare via silenzioso, cercando di passare il più possibile inosservato.
-Ormai è assodato che quella di Tom è una relazione telefonica.-
-Tipo quelle ragazze da contattare a pagamento?- buttò lì Patrick ingenuamente -Quelle delle telefonate erotiche?-
-Non mi pare un buon momento questo, per una telefonata erotica.-
-Se è una cosa rapida, può anche andar bene.-
-Ma quando si chiamano quei numeri, si può parlare sempre con la stessa ragazza? Oppure ogni volta risponde una diversa?-
-Provaci Sandy, così lo scoprirai.- lo schernì Yuma facendolo arrossire. Aveva smesso di minacciarlo ma nei suoi confronti continuava a tenere un atteggiamento ostile.
-A me per esempio non piacerebbe un rapporto con una persona che non posso guardare in faccia.-
Clifford fissò James Derrick dall’alto in basso.
-Però se ci pensi bene, per te e per tuo fratello è l’unica soluzione. A voi una donna o ve la dà a pagamento o per altruismo.-
Benji li ascoltava divertito. Era successo di nuovo. Lui lanciava una battuta idiota e quei caproni dei compagni tutti dietro a ricamarci su. Oltretutto Tom, che aveva ripreso a scaldarsi e a gesticolare né più né meno come aveva fatto durante la festa di alcuni giorni prima, aggiungeva altro materiale alle loro idiotissime speculazioni.
-Deve essere sicuramente la sua ragazza, ci sta di nuovo litigando.-
-Quindi la ragazza di Tom è una di quelle delle telefonate erotiche?-
-Che senso ha pagare una telefonata solo per litigare?-
-Se dovessi avere un rapporto di questo tipo con la mia fidanzata, preferirei lasciarla.- decretò Jason Derrick.
-Nella rara eventualità che trovassi una ragazza e che lei decidesse di frequentarti, ti converrebbe tenertela pure solo per litigarci.- lo schernì Benji.
-Fanculo!-
Tom tornò verso di loro passandosi una mano sul viso e tra i capelli. Si accorse che lo fissavano tutti, soprattutto Benji, con il cappellino sbilenco, un sopracciglio alzato e tutte le intenzioni di lanciarsi in qualche sua sgradevole riflessione. Si difese andando all’attacco. Tese un braccio e puntò il cellulare contro di lui.
-Non ci provare! Non provare a dirmi quello che stai per dirmi!-
La reazione del portiere fu quella di fissarlo come se fosse pazzo, la reazione di Tom, quella di allontanarsi. Gli amici lo seguirono con gli occhi pieni di curiosità e di domande.
-Cos’è che stavi per dirgli, Benji?-
-Non stavo per dirgli proprio niente. Mi sono assolutamente censurato, non te ne sei accorto Holly?-
Il capitano lasciò perdere tutti per inseguire l’amico. Ci mancava solo che Tom desse di matto e poi erano a posto.
-Che ti prende?-
-Niente mi prende!-
Gli si affiancò.
-Stavi litigando di nuovo con la tua ragazza?-
-Certo che no! Era mia madre!-
La preoccupazione di Tom trovò finalmente uno sbocco nel rispettoso silenzio di Holly. Non era la prima volta che gli confidava i suoi problemi di famiglia e forse fu proprio per questo che gli risultò più facile parlare.
-Mio padre sta invecchiando.- incrociò il suo sguardo e sospirò -Sì, lo so che è normale. Che i genitori invecchino, intendo. Ma quando succede non siamo mai pronti. Tu l’hai conosciuto, mio padre. Lui è sempre stato uno spirito libero, le necessità domestiche e quotidiane di mia madre non sono riuscite a ingabbiarlo. Lei cercava tutta la stabilità che mio padre non avrebbe mai potuto darle.- Tom era un fiume in piena. Non interruppe il suo sfogo neppure per riprendere fiato -A lui è sempre piaciuto dipingere e viaggiare, viaggiare e dipingere. Ma più va avanti con gli anni e più viaggiare diventa logorante. E quando un fisico è logorato, cede più facilmente…-
Holly lo fissò.
-Tuo padre sta male?-
-È in ospedale.-
-Tom, mi dispiace.-
-Il problema è che vorrei essere lì e invece sono qui e temo che mia madre minimizzi solo per non farmi preoccupare.-
-Quindi è per questo che sei nervoso…- Holly si ficcò le mani nelle tasche -Pensavamo tutti che fosse per colpa della tua ragazza che ti ha dato buca.-
-In realtà non mi ha dato buca.- si guardò la punta degli scarpini -Non mi ha mai promesso che sarebbe venuta. Non è più tanto la mia ragazza, visto che non ci vediamo mai. Ma mi avrebbe fatto piacere vederla. Evidentemente a lei no.-
-Quindi cos’è successo a tuo padre?- chiese una terza voce.
I due si volsero.
-Philip! Stai origliando?-
-Io? Ero qui prima di voi e siete voi a non avermi visto! Anzi, grazie per la considerazione!- sbuffò innervosito -Ultimamente sono stato poco presente, lo ammetto, ma da qui a diventare invisibile!-
A Holly venne da ridere ma non lo fece per rispettare i problemi di Tom. 
-Mio padre è svenuto mentre dipingeva sotto il sole e mia madre l’ha saputo soltanto perché lei è stata l’ultima persona che mio padre ha sentito. Quando l’hanno soccorso hanno chiamato il primo numero che hanno trovato memorizzato sul cellulare.-
-Ci hai parlato?-
Tom annuì.
-Un attimo fa. Mia madre era da lui in ospedale e me lo ha passato. Ha detto che sta meglio, anzi si sente benissimo e non vede l’ora di uscire. Lo terranno sotto osservazione ancora un giorno poi lo rimanderanno a casa. Il problema è che mia madre ha la sua famiglia mentre mio padre deve cavarsela da solo finché non torno. Dopo, chissà…-
-Vedrai che le cose si aggiusteranno.- gli sorrise Holly fiducioso -Comunque Benji non voleva dirti niente.-
-Davvero? Strano. Ha sempre la lingua che gli prude e in questo periodo che le cose gli stanno andando male, anche più del solito.-
-Come tanti altri.- sospirò Philip, decidendo di lasciare il suo eremo di riflessiva solitudine per riunirsi con loro al resto della squadra -Secondo me è meglio se dici che il problema non è la tua ragazza ma tuo padre, così la smettono di costruirsi fantasie inutili e di romperti le scatole.-
-I problemi della mia famiglia non devono riguardarli.-
-Neppure i miei con Jenny e invece stanno sempre a metterci bocca.-
Le occhiate curiose con cui la squadra riaccolse Tom caddero nel vuoto. Lui ignorò il loro interesse, posò il cellulare sul tavolino e si sedette sull’erba accanto a Benji, tanto per mettere in chiaro che non aveva niente contro di lui. Il portiere gli lanciò un’occhiata disinteressata e tornò a fissare Warner, seduto ai tavolini esterni del bar insieme a Freddie e Gamo.
-Perché li stai guardando?-
-Sto aspettando che Warner passi loro la busta.-
-Che busta?-
-Quella con cui li corrompe per giocare contro l’Italia. Quanto sgancerà secondo te?-
Holly scosse la testa. Tom aveva ragione, Benji era sempre strapronto a polemizzare.
-Tra poco te lo farò sapere.-
Benji lo vide raggiungere con Philip lo stesso tavolino rotondo e prendere posto ai due lati di Warner. Gli sfuggì un fischio di sorpresa.
-È davvero una riunione in grande stile!-
-Se sono tutti contro di te non hai speranze.- lo mise in guardia Bruce.
La preoccupazione non lo sfiorò.
-Se vogliono perdere l’amichevole, facciano pure.-
Amy era di tutt’altro avviso e anche molto preoccupata. Che Benji non scendesse in campo non sarebbe stato un buon messaggio da indirizzare al mister dell’Amburgo. Possibile che lui non lo capisse? Oppure era così sicuro di sé che quel pensiero non lo sfiorava? Non fremeva per tornare a giocare nella sua squadra tedesca? Da quante settimane riscaldava la panchina? E per quante altre settimane sarebbe stato costretto a farlo? Sospirò piano e quando alzò gli occhi si accorse che Julian la fissava. Lei accennò un sorriso, poi il suo sguardo tornò a posarsi su Benji, che aveva ripreso a parlare.
-Gamo vuole vincere e Freddie è dalla mia parte. Warner non ha speranze.-
Lo stomaco di Bruce brontolò per la fame.
-È quasi mezzogiorno.-
Jason Derrick occhieggiò i cellulari posati sul tavolo tra le bottiglie vuote e gli asciugamani e rise di gusto.
-Come al solito hai ragione! Con te si può regolare l’orologio!-
-Stasera Amy vuole andare a pattinare.- li informò Julian -Secondo voi ci fanno uscire?-
Tom scosse la testa.
-Scherzi? Domani c’è la partita. Questa volta neppure Jenny riuscirebbe a convincere Gamo.-
-Forse prima di dargli la formazione sì, avrebbe potuto ricattarlo.- Benji rise -è incredibile quanto vada d’accordo col mister! Ci avete fatto caso?-
-Oh per favore!- sbottò Julian -Non inventarti un’altra storia!-
-Una storia su Jenny? C’è già qualcuno che viene pagato per farlo e ci riesce molto meglio di me.- con un cenno del capo indicò Bill Steiner, appoggiato alla recinzione del terreno di gioco degli italiani, in una mano la macchinetta fotografica, gli occhi puntati sull’ingresso ai campi. Mark non lo aveva neppure notato.
-Come diamine fa ad entrare sempre?-
-Landers, perché non mandi via quel giornalista?- Gentile era in piedi oltre la recinzione, a scolarsi una bottiglietta d’acqua -Io ci ho provato e non ha funzionato. Provaci tu in giapponese.-
Mark gli si avvicinò scuotendo la testa.
-Jenny non c’è e preferisco ignorarlo.-
-Si sta rammollendo, vero Matteo?-
-Se lo dici tu…- a Solari poco interessava provocare Mark. Incrociò le braccia e annusò l’aria. L’inconfondibile aroma che gli giunse alle narici lo fece voltare di scatto. Sgomitò Dario che teneva gli occhi bassi, sul display del cellulare.
-Qualcuno sta fumando!-
Belli sollevò la testa di scatto.
-Chi può essere tanto deficiente da farlo proprio qui, adesso?-
-Deve essere quell’idiota di Alex. Ha sempre le tasche piene di fumo.-
Dario lasciò a metà il messaggio che stava scrivendo. 
-Vado a vedere. Se lo beccano ci ripassano tutti.-
-Fatti una tirata, piuttosto.- gli gridò dietro Salvatore -In questi giorni mi pari esageratamente teso.-
Dietro l’edificio degli spogliatoi, accoccolati sui talloni, Francesco Boni e Alex Marchesi s’erano appena fumati una sigaretta a testa e adesso erano pronti a dividersi una  canna.
-Guarda un po’ qua.- disse Alex, ficcandosi ciò che restava della sigaretta tra le labbra per tastarsi i fianchi -Dove l’ho messa? Ah, eccola!- tirò fuori una busta di carta e l’aprì, per mostrare al compagno cosa c’era dentro. Palline marroni, piccole come chicchi di riso, mescolate a steli essiccati.
-Cos’è?-
-Marijuana non fecondata.-
-E che differenza c’è tra questa e quella normale?-
-Niente. È tanto per tirare una cosa diversa.- rispose Alex spegnendo la sigaretta in mezzo all’erba. Prese dalla tasca un pacchetto di cartine di cui si era anticipatamente premunito, insieme a tutto il resto, facendo un salto negli spogliatoi. Ne sfilò tre e le incollò insieme.
-Dove l’hai rimediata?- volle sapere Francesco, tastando e annusando il contenuto della busta.
-Si dice il peccato ma non il peccatore. Da uno che può procurarti qualsiasi cosa, anche l’ero se la vuoi.-
-No, grazie.-
-Infatti.- Alex rollò la canna, leccò il bordo delle cartine per sigillarlo, sistemò meglio il filtro e arrotolò la punta. Poi tese la mano per farsi passare da Francesco l’accendino, fece un bel tiro e soffiò una lunga scia di fumo -Una favola!- fu preso da un giramento di testa fortissimo, che lo fece vacillare sulle gambe piegate. Esalò il fumo ridendo e porse il bastoncino al compagno. 
Francesco inalò a sua volta e sorrise. Poi fece un altro tiro, passò di nuovo la canna nelle dita di Alex e assaporò quella sensazione di benessere. 
-Mitico.-
-Mitico un cazzo!-
-Ciao Dario.- Francesco alzò gli occhi e rispose, molto più pacato di quanto fosse opportuno.
-Ciao cosa? Che accidenti state combinando?- era una domanda retorica perché lo vide da solo, anzi lo annusò. Li punì ciascuno con un ceffone ben piazzato sulla nuca, augurandosi di schiarire così le idee a quei due beoti.
-Non solo le sigarette, pure le canne! Dove credete di essere? In Colombia?-
Il bastoncino finì tra l’erba e Alex gemette.
-No! Che spreco!- allungò una mano per recuperarlo ma Dario lo schiacciò con lo scarpino, afferrò il compagno per un orecchio e tirò forte.
-Se ci provi ti scotenno!- tenendolo stretto, agguantò la divisa di Francesco e li trascinò insieme verso le panchine, continuando a minacciarli -Se vi ripesco a fare una cosa del genere vi metto a centrocampo e vi prendo a calci in culo al posto della palla finché non finite nella rete!- diede uno strattone all’orecchio di Alex che ululò di dolore.

*

-Bruce, ti sei bevuto il cervello? Che diavolo stai facendo?
Lui sobbalzò di spavento, Holly lo fissava con gli occhi di fuori e una tale disapprovazione che rinunciò all’istante, senza protestare. Del resto non avrebbe potuto dirgli che non stava facendo ciò che lo aveva beccato a fare perché stringeva i soldi in una mano ed era quasi il suo turno per pagare l’affitto dei pattini. 
-Domani c’è la partita o te ne sei dimenticato?- lo trascinò via -Se ti fai male chi glielo dice a Gamo?-
-Perché io no e Philip sì?-
-Philip?-
-Sì, Philip! Philip Callaghan, hai presente?- scimmiottò -Lui può farlo perché è il vicecapitano?-
-Io non l’ho visto Philip! Dov’è? Dov’è?-
-In pista da almeno dieci minuti!-
Holly mollò Bruce e si aggrappò alle transenne, fendendo la folla con lo sguardo in cerca del compagno. Se Philip si trovava là dentro, ed era sicuro che ci fosse, era davvero un irresponsabile. Il fatto che sapesse pattinare non era una scusa. Un incidente poteva capitare a chiunque, anche ad un campione olimpionico, cosa che Philip di certo non era.
Lo vide attraversare la pista di ghiaccio sintetico ad una velocità che gli fece prendere un mezzo colpo. Fendette la gente, superò un paio di ragazzine che si tenevano per mano, fece la curva piegandosi di lato e pattinando per un tratto all’indietro, poi puntò senza saperlo proprio verso di lui. Gli si avvicinò ignaro e quando fu a pochi metri, si sentì chiamare.
Philip lo individuò ma non si fermò, anzi aumentò di velocità. Holly sentì lo spostamento d’aria, lo vide sogghignare ironico e sventolare una mano a schernirlo. Poi si confuse tra gli altri pattinatori e per un attimo non lo vide più. Quando lo ritrovò faceva la spola tra una sponda e quella opposta dall’altro lato della pista, così lontano da lui che era inutile, con la musica sparata dagli altoparlanti, tentare ancora una volta di richiamarlo.
Benji si accostò a Holly con fare annoiato. Invece di andare lì a vedere la gente esibirsi in piroette, non sarebbe stato meglio infilarsi in qualche accogliente locale e gustarsi tipiche specialità italiane? Posò i gomiti sulle transenne e appoggiò il viso sul palmo di una mano.
-Io continuo a non trovarlo divertente.-
-Perché non sei capace.-
Il portiere gli lanciò un’occhiata storta che lampeggiò sotto la visiera del cappellino.
-Pure tu sui pattini non splendi.-
Era il dopocena di un giorno feriale ma c’era comunque molta gente. Soprattutto ragazzi e ragazze che passeggiavano in gruppi e coppie sotto i portici, tenendosi per mano o scherzando tra loro. Ben vestite e truccate, alcune italiane erano veramente carine. Benji le osservava e dava un voto a ciascuna di loro. Parecchie avevano una sufficienza piena. Passò ad esaminare le pattinatrici, più vicine e meglio illuminate dalle luci della pista, ma prima di dare un giudizio doveva aspettare almeno due giri.
Scorse anche Philip andare di qua e di là senza pace, irrequieto e scontento tale e quale era stato in quegli ultimi giorni. Benji si chiese se persino la pista di pattinaggio lo facesse pensare a Jenny. Per lui era impossibile non collegarla al loro ritiro invernale di qualche anno prima. Ricordava benissimo soprattutto la notte in cui si era ritrovato in compagnia di Landers sulla superficie gelata di quel maledetto lago. Era stata una notte insonne, gelida e faticosa che gli aveva procurato più lividi e ammaccature che altro. Una nottata in bianco che avrebbe potuto risparmiarsi visto che tenersi in equilibrio sui pattini non si era dimostrato poi così difficile.
-Saresti dovuto rimanere in hotel con la tua ragazza, Harper, visto che non si sentiva bene.-
Quello alzò le spalle.
-Stava benissimo, le serviva solo una scusa per sganciarsi e lavorare. Non sta facendo altro, da quando è arrivata. Sempre attaccata a quel pc.-
-E tu? Tu non sei qui per lavorare?-
Philip vide Amy e Patty scendere in pista sostenendosi a vicenda e avanzando malferme sui pattini. Le raggiunse con una curva spericolata e deviò dalla loro traiettoria solo all’ultimo istante. Si fermò ad un passo, le braccia incrociate sul petto, e le fissò serio.
-Mi sembrava che foste capaci.-
Amy arrossì di vergogna.
-Dobbiamo solo riprenderci la mano.-
Philip gliela tese, una mano.
-Se vuoi ti faccio fare un giro come si deve.-
La giovane lo guardò indecisa, poi accolse l’invito e si aggrappò al suo braccio. Lui non le diede neppure il tempo di prepararsi. Si spinse sui pattini con forza e trascinò Amy in una folle corsa tra la gente. Fecero il giro largo della pista in un secondo e quando furono di nuovo davanti a Patty,  Amy, con il cuore che le martellava nel petto e nelle orecchie, alzò su Philip uno sguardo lucido di divertimento.
-Fantastico! Lo rifacciamo?-

Salvatore Gentile quel giorno non riusciva a togliersi dalla testa la sua ex. Clarissa non avrebbe dovuto presentarsi al centro sportivo, non avrebbe dovuto farsi vedere. Si erano già incontrati alla festa di beneficenza e per lui quello scambio fugace di sguardi era stato più che sufficiente. Se il giorno prima non avesse avuto la pessima idea di presentarsi al campo, lui avrebbe potuto risparmiarsi di parlarle in quel modo odioso. Non avevano più niente a che fare l’uno con l’altra ed era inconcepibile che Clarissa fosse andata a cercarlo dopo ciò che gli aveva fatto. Non voleva più vederla, non voleva rivolgerle la parola e non voleva più neanche sentire parlare di lei. Gentile poteva dimenticare tutto tranne un tradimento e, in particolare quello di lei, gli era rimasto impresso a fuoco. Essere tradito dalla persona che amava, nella quale aveva riposto la massima fiducia, l’unica che gli aveva smosso qualcosa dentro, l’unica che gli era mancata in ogni istante quando non avevano potuto vedersi. L’unica che aveva dato un senso ai suoi divertimenti, perché condividevano lo stesso tipo di svaghi. L’unica con cui a volte non c’era stato bisogno di parlare, perché avevano in testa gli stessi identici pensieri e la loro intesa era risultata perfetta. Essere tradito da Clarissa era stato, in una parola, devastante.
Quella sera Salvatore era particolarmente silenzioso. Da quando erano in macchina aveva detto pochissime parole. Mark si era convinto che ce l’avesse con lui ancora per la foto, anzi, per il bacio, mentre Jenny aveva trovato nel suo silenzio un qualcosa di malinconico e aveva preferito rimanere zitta. 
Gentile parcheggiò nelle strisce blu. Spense la macchina, scese e si frugò nelle tasche in cerca di qualche spiccio da inserire nel parchimetro.
-Non dirmi che hai intenzione di pagare il parcheggio. Sarebbe la prima volta che lo fai da quando ti conosco!-
Salvatore lanciò a Landers appena uno sguardo.
-Sono meno incivile di quanto pensi.-
-Lascialo in pace, Mark.-
Lo guardarono infilare i soldi nel parchimetro, ritirare la ricevuta e tornare verso la macchina per posare il biglietto sul cruscotto. Landers si stancò di aspettarlo e attraversò la piazza per raggiungere i compagni che aveva visto sparpagliati lungo i bordi della pista di pattinaggio.
Jenny invece preferì attendere Salvatore. Quando lui la raggiunse, le circondò le spalle con un braccio.  
-Sai pattinare, Jenny?-
-Mi piace un sacco. Tu?-
-Sì, ma stasera non ne ho voglia.-
-E allora cosa siamo venuti a fare?-
-Ho accompagnato te.-
Mescolato alla folla Philip percorreva avanti e indietro la pista. L’adrenalina era in circolo e un sacco di cose gli frullavano nella mente senza dargli modo di concentrarsi su niente di preciso. Eppure lui avrebbe tanto voluto mettere ordine in quella moltitudine di pensieri che gli svolazzavano incessantemente nella testa. Era un groviglio di buoni propositi, intenzioni, ricordi antichi e recenti che si incastravano gli uni agli altri in modo completamente casuale, senza un ordine, creando ancor più confusione. La sua testa era un puzzle da montare i cui pezzi erano così mescolati che non riusciva a trovarne neppure due che combaciassero. Non si accorse del momento preciso in cui Mark e Gentile comparvero sul bordo della pista. Quando si volse per assicurarsi che gli amici fossero tutti ancora lì, li vide e basta. Trovarsi davanti l’italiano lo spinse di riflesso a cercare Jenny al suo fianco. Non la vide, né accanto a lui, né vicino a Mark. Eppure era impossibile che non ci fosse, sull’autobus aveva sentito Amy e Patty dire che sarebbe venuta. Forse all’ultimo aveva cambiato idea. La delusione fu fortissima.
Fece un altro giro, in preda ad una voglia matta di vederla. In fondo aveva deciso di uscire insieme agli amici proprio sperando di incontrarla, perché pattinare su una pista sintetica era l’ultimo dei suoi desideri, visto che di ghiaccio vero in Hokkaido ne aveva a bizzeffe.
Poi la vide. Fu grazie a Mark che la chiamò per dirle qualcosa. Era seduta sulle panchine esterne e stava indossando i pattini. Alzò la testa per rispondergli, dando modo a Philip di individuarla. Il sollievo fu immenso. Fece il giro della pista e le passò davanti senza che lei, china com’era a legare i lacci, lo vedesse.
-Jenny datti una mossa!- la chiamò Patty -Siamo dentro da quasi un’ora!-
-Sto arrivando!- si mise in piedi, oltrepassò il cancelletto e raggiunse le amiche.
Gentile la osservava e osservava Philip che le girava intorno come un satellite, stringendo sempre più la sua orbita. La ragazza non sembrava essersi accorta della presenza del suo ex, intenta com’era a ridere e scherzare con le amiche.
-Callaghan se la cava bene.-
Mark si volse.
-Callaghan?-
-Non l’hai visto?-
-Holly! Che ci fa Philip lì dentro? Se si fa male chi lo dice a Gamo?-
-Se pensi di riuscire a tirarlo fuori, accomodati. Io c’ho già provato e mi ha ignorato.-
-Maledetto! Vuole metterci nei guai!- fissò Philip così intensamente che l’amico lo percepì e incrociò il suo sguardo. Sollevò un braccio in un saluto beffardo, rivolto forse più a Gentile che a lui.
Fu quando Amy e Patty, finito il tempo, lasciarono la pista che Philip si decise ad avvicinare Jenny. Non aveva in mente un piano preciso, non aveva più neppure pensato a cosa dirle. Tanto, dopo l’esperienza dei giorni precedenti prima al bar e poi nello stadio, aveva capito che qualsiasi frase sarebbe stata sbagliata. Si sarebbe accostato e poi avrebbe lasciato che le cose andassero per il verso loro. L’importante era allontanarla da quella parte della pista su cui erano affacciati i compagni. I loro problemi erano già abbastanza sotto gli occhi di tutti.
Sapeva con certezza che se avesse detto a Jenny di seguirlo, lei non l’avrebbe fatto. Così decise di rapirla. Le tagliò la strada ad una tale velocità che per non andargli addosso lei dovette frenare e svicolare di lato. Si sbilanciò in avanti, fece mezzo giro su se stessa e ritrovò per un pelo l’equilibrio. Dopodiché si guardò intorno sorpresa, neppure così sicura di averlo riconosciuto. Forse era Philip, forse no ma anche solo il sospetto che lui fosse in pista era un motivo per uscirne. Si volse per tornare indietro ma il ragazzo le arrivò alle spalle e agì rapidissimo. Le passò un braccio dietro la schiena, si spinse sul ghiaccio e la trascinò lontano dagli amici e dall’uscita.
La sorpresa di quell’assalto bloccò in lei ogni reazione. La velocità e il cambio di direzione le fecero finire alcune ciocche di capelli sulla faccia. Li scostò dal viso ed erano già dalla parte opposta della pista. Il risentimento si impadronì di lei. L’insistenza e la prepotenza di Philip fecero montare la collera. Calcò un pattino sulla superficie sintetica e arrestò bruscamente la loro corsa lasciando un solco profondo. Sbandarono bruscamente, Jenny brancolò in avanti e, temendo di cadere, tese una mano verso terra. Sfiorò il suolo con la punta delle dita ma Philip, che non l’avrebbe mai fatta finire a terra, la sostenne. Sbandarono ancora una volta quando la ragazza si volse per fronteggiarlo. Alla fine si fermarono addosso alle transenne, che Jenny urtò con la schiena e Philip con un fianco. Si guardarono negli occhi e lei lo fissò furiosa, le guance arrossate.
-Cosa vuoi ancora?-
Lui le era vicinissimo, così vicino che per un secondo si sentì in trappola. Lo spintonò indietro per aprirsi una via di fuga ma Philip non si scostò che di pochi centimetri, come se i suoi pattini si fossero improvvisamente ancorati sulla superficie della pista. Allora fu lei a indietreggiare, schiacciandosi contro la balaustra. La sincerità e l’ansia che Jenny vedeva nei suoi occhi non erano sufficienti a penetrare la nube di detriti e rottami che le colmava il cuore. Il suo dolore era ancora troppo fresco, la sua ferita troppo profonda.
-Jenny…-
La giovane scosse la testa con forza, da lui non voleva sentire più nulla. Chiuse gli occhi per tener fuori il suo volto, le sue parole, l’amore che rifiutava di morire. 
-Jenny, ti prego…-
-Lasciami in pace! Vattene! Vattene e lasciami in pace!- raddrizzò le spalle, sollevò la testa e mandò giù la devastazione che le riempiva la voce. Lo superò senza vederlo, perché le lacrime premevano e lei non era sicura di riuscire a fermarle. Aggrappata alla balaustra arrancò verso l’uscita. D’improvviso i pattini le risultarono odiosi, avrebbe voluto strapparseli via. Avrebbe voluto non essere mai entrata in quella pista, circondata dalle transenne che le impedivano di fuggire.
Ma poi delle dita si chiusero sulle sue braccia e la costrinsero a fermarsi. Philip la fece voltare, la obbligò a guardarlo. Sotto la luce bianca dei fari che facevano risplendere il ghiaccio sintetico, Jenny vide la tensione divampare nei suoi occhi.
-È questo che vuoi davvero? Restare con lui?-
-Da quando ti interessa ciò che voglio?- Jenny si tirò indietro -Lasciami!-
Le mani di Philip le ubbidirono, lui mollò la stretta.
-Allora devi dirmelo. Devi dirmi in faccia che non provi nulla per me. Che vuoi che ti lasci in pace per sempre. E poi lo farò. Me ne andrò, se è quello che vuoi davvero.-
Lei pronunciò con un filo di voce parole pesanti come macigni.
-Te ne sei già andato, Philip. Te ne sei già andato mesi fa.-
Philip, di fronte a quell’accusa, s’impietrì. Jenny aveva ragione e lui aveva torto. Aveva sempre avuto torto, fin dall’inizio. Si scostò da un lato per lasciarla passare e lei lo superò. Restò imbambolato in mezzo alla gente che gli pattinava intorno, la sgradevole sensazione che non sarebbe mai più riuscito a mettere le cose a posto. Tanto valeva rinunciare.
Per Jenny fu una fatica immensa percorrere tutta la pista per raggiungerne l’uscita. Arrancò fino al cancelletto, sprofondò con i pattini nella moquette rossa che circondava le panche e si lasciò cadere seduta per sciogliere i lacci, gli occhi velati dalle lacrime che le scorrevano sulle guance e le gocciavano sulle mani. Si liberò dai pattini e indossò le scarpe. Un’ombra offuscata dal pianto prese posto accanto a lei. Con un tuffo al cuore temette che si trattasse di Philip. Invece era Salvatore, che le circondò le spalle con un braccio e l’accostò a sé, rassicurante e consolatorio.
-È dura quando ci si innamora della persona sbagliata.-
-Come si fa a capire qual è la persona sbagliata e qual è la persona giusta?-
-Forse il tempo? O quello che accade quando si sta insieme?-
Lei scosse la testa e si asciugò il volto con il dorso di una mano.
-Certe cose succedono anche quando non vorresti che accadessero e una volta che sono successe non ti resta altro da fare che accettarle e andare avanti.-
Philip raggiunse l’uscita della pista arrancando sui pattini afflitto e depresso. Tutta la destrezza e la nonchalance che aveva dimostrato fino a poco prima erano scomparse. Ora pattinava soltanto perché non poteva fare altro, per potersene andare doveva rimettersi le scarpe. Niente da fare, non c’era più niente da fare. Jenny era diventata irrecuperabile.
Si accasciò sulla panca con i pattini ai piedi e rimase immobile, una mano sull’altra, gli occhi sui lacci annodati, incapace di scuotersi di dosso dolore e afflizione. 
-Philip, stiamo andando via.-
La voce di Benji gli arrivò lontana ma la mano che lui gli mise sulla spalla lo fece sussultare. Si volse a guardarlo.
-è andata male anche stavolta.-
-Sì, Jenny è più testarda del previsto. Ma lei ti ama quindi non ti resta che insistere.-
-Mi ama?- un sorriso amaro gli incurvò le labbra -Ha uno strano modo di dimostrarlo.-
-Strano tanto quanto il tuo, te l’assicuro. Ma il problema non è questo, sai? Il problema è capire come diavolo avete fatto ad arrivare a questo punto.-
Philip lo fissò stralunato.
-Lo sai come! Da quel maledetto giorno è andato tutto a puttane!-
-Quando siamo andati via da Furano la situazione stava migliorando. Me lo ricordo bene!-
-Non lo so, può darsi.- alzò le spalle e proseguì -Io ricordo solo alti e bassi, non miglioramenti. E comunque il problema è riuscire ad accettare il perché.-
-Il perché di cosa?-
Nel momento in cui cominciò a parlare, Philip si rese conto che aspettava da mesi di poter esternare tutto il suo dolore. Finora non lo aveva mai fatto, con nessuno. Ma adesso qualcosa si era smosso e non riusciva più a tenersi tutto dentro.
-Perché è successo. Perché non sono riuscito ad impedire che quel bastardo le facesse del male, perché non sono riuscito a proteggerla. Perché non sono riuscito neppure a intuire cosa stesse per accadere.-
Benji si sedette sulla panca di fronte, poggiò i gomiti sulle ginocchia e si chinò verso di lui. Lo fissò negli occhi, ascoltandolo in silenzio.
-Nonostante quello che crede Amy, che crede tua madre, che credete tutti…- un nodo gli serrò la gola e dovette deglutire per riuscire a continuare -Se non l’avessi portata con me a Kyoto non sarebbe successo. Se fossi stato capace di proteggerla, di capire cosa stava accadendo fin da quando eravamo a Shintoku, nessuno avrebbe alzato un dito su di lei. Non sono stato capace di vedere le sue paure e le sue preoccupazioni, neppure l’effetto che le faceva la presenza di McFay. Se non sono stato in grado di proteggerla, che senso aveva restare al suo fianco? Jenny era la cosa più preziosa che mi fosse mai capitata e ho lasciato che qualcuno le facesse del male. E lei? Cosa se ne poteva fare lei di me? Che senso aveva per lei avere accanto chi non era riuscito a proteggerla?-
Benji gli posò una mano sul ginocchio.
-Ti stai addossando una colpa che non è tua. O almeno non soltanto tua. Magari se non mi fossi divertito con Karen…-
-Stronzate, Price! Non riuscirai a prenderti neppure una piccola parte della colpa, quindi è inutile che ci provi. Tu non c’entri niente, McFay l’ha adocchiata da subito. L’ha portata in giardino per restare solo con lei tre secondi dopo che si sono conosciuti.- lo ricordava perfettamente. Gli bastava concentrarsi un istante per vederli di nuovo passeggiare insieme nel giardino del ryokan illuminato dalla luna, come se da quei giorni maledetti fossero passate solo alcune ore e non un anno.
-Se la pensi in questo modo, perché adesso stai cercando di riavvicinarla?-
Philip abbassò gli occhi a terra e parlò con un filo di voce, pieno di imbarazzo.
-Perché nonostante tutto mi sono accorto che non posso vivere senza di lei.-
-Allora proprio per questo, non dovevi arrogarti il diritto di decidere per Jenny, Philip.- la voce di Patty li indusse a voltarsi. La ragazza era lì con Amy chissà da quanto tempo -Soltanto lei può sapere se sei la persona con cui desidera stare. Non puoi stabilirlo tu e poi imporle il tuo punto di vista. Non è giusto. Nei suoi confronti sei stato arrogante, egoista e profondamente scorretto. E se non ti fossi rifiutato di parlare con Nicole, lo avresti compreso da tempo.-
-Cosa avrei capito? Che è stata tutta colpa mia?- insistette lui caparbio.
Fu Amy a rispondergli.
-Il contrario, Philip. La colpa è tutta di David.-
-Amy, non ricominciare. Ci ho già pensato abbastanza, ho rigirato la cosa da tutte le prospettive e la conclusione è soltanto una. Anche se è stato McFay a farle del male, io avrei dovuto capire quanto la sua presenza fosse un problema per Jenny.-
-E come? Come avresti potuto capire? Jenny non ne ha mai parlato con nessuno e David è stato furbo e non ha mai dimostrato apertamente il suo interesse per lei.-
-Ma vedi Amy, se Jenny non ha avuto fiducia in me forse è perché non me lo meritavo.-
-Non è così. Non c’è stata mancanza di fiducia, Philip, ma un'ansia troppo grande da gestire e che Jenny non ha voluto affrontare, né a Shintoku, né tanto meno a Kyoto. Un’ansia resa più intensa dal fatto di trovarsi sperduta nella villa di Miller, nel territorio di David. Un’ansia che l’ha spinta a tenersi tutto dentro. Si è convinta che sarebbe bastato resistere un po’, il tempo di firmare i contratti, andarsene da Kyoto e allontanarsi da David. A quel punto le sue paure sarebbero svanite e sarebbe potuta tornare a respirare tranquilla, dimenticandosi di tutto. Il fatto di non avertene parlato le ha fatto credere che, una volta lontana da lui, avrebbe potuto dimenticare tutto come se non fosse successo niente, perché soltanto lei sapeva.-
Il dolore aveva ripreso a tormentare lo sguardo di Philip come era successo a Furano l’anno prima o forse ancora più intensamente. Amy se ne accorse ma riprese lo stesso a parlare.
-Jenny non ha voluto accettare il pericolo e la sua scelta non è stata colpa tua. Si è impuntata convincendosi che fosse una sua fantasia. Ha deciso di rifiutare la realtà, di tirarsi indietro e di non fidarsi del suo istinto. Certo, David le faceva paura, la sua presenza la terrorizzava, quindi cercava di stargli lontana, ma si rifiutava anche di pensare a lui, voleva dimenticarsi della sua esistenza.-
-Ma non ci è riuscita…-
Amy annuì.
-Nessuna precauzione alla fine è servita perché a David si è presentata la possibilità di agire indisturbato. David ha mandato Jenny totalmente in confusione, giocando con lei come il gatto col topo. Lui non le avrebbe fatto nulla finché non l’avesse trovata sola e indifesa. David quando era con noi non la guardava neppure. Per questo non ci siamo accorti di niente.-
Philip ascoltava e cercava di far sue le parole di Amy. Il suo discorso era terribile, il suo punto di vista discutibile, ma quella versione era un lenimento alla sua sofferenza e desiderava crederle con tutto se stesso. Fu Benji a dissentire.
-Io li ho visti, avrei dovuto capire. McFay me lo aveva persino detto, bastava fare due più due…-
Amy gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
-Benji, Jenny era già perduta nel momento in cui ha messo piede a Kyoto. David l’ha privata delle sue consapevolezze, lasciandola sola con le sue paranoie e giocando con le sue paure. Jenny era terrorizzata da lui e nonostante abbia cercato di tenersi alla larga, David l’ha avuta vinta perché l’ha fatta crollare. Jenny non ha saputo più cosa credere e da che parte voltarsi per scappare. Lui l’ha spinta in uno stato di tale confusione da non lasciarle neppure la possibilità di agire per evitare quello che stava per succedere. La colpa di ciò che è accaduto non è di nessuno se non di David. Indipendentemente da ciò che sapevamo o abbiamo visto, nessuno di noi poteva farci molto, tanto meno Jenny, perché la situazione che si è trovata ad affrontare era troppo grande per lei, troppo spaventosa e destabilizzante. David l’ha sviata completamente nonostante il suo istinto ci avesse visto giusto. Un istinto a cui non ha dato retta perché non ha proprio potuto farlo.-
Patty prese la parola.
-La tua fortuna Philip è che Jenny ti ama.-
Lui la guardò scettico. Era già la seconda volta che qualcuno glielo faceva presente e lui ci credeva sempre meno.
-Mi ama? Sta con Gentile e ama me?-
La giovane assunse un’espressione così terrificante che nella testa di Benji squillò un mezzo campanello d’allarme. Forse adesso gli sarebbe saltata al collo e lo avrebbe strozzato. Così sarebbero rimasti davvero senza di lui in campo.
-Ti sei mai chiesto che effetto abbia avuto su Jenny vedere la foto di te che baci Julie Pilar spiattellata su un giornale? Te lo sei mai chiesto, Philip? Ti sei mai chiesto cosa abbia significato per lei sfogliare una rivista e trovarti avvinghiato a quella fotomodella, sotto gli occhi di tutto il mondo? Quando Amy mi ha mandato la foto sono stata male per lei. E non provare a dirmi che con quell’oca vi siete limitati ai baci perché non ci credo!- abbassò la voce che divenne, se possibile, ancora più minacciosa, tanto che pure Philip si tirò istintivamente indietro -Pensi che Jenny sia venuta qui in vacanza? Ti sei domandato perché abbia deciso di attraversare mezzo mondo e scroccare a Mark una stanza? Hai mai pensato che potrebbe essersi rifugiata in Italia solo perché non aveva un altro posto dove andare? Ricordi, vero, che il ryokan dei suoi nonni adesso è di David? Ricordi, vero, che con i suoi genitori non va d’accordo? Non dirmi che pensi che si sia messa con Gentile per divertirsi, per provare qualcosa di diverso o perché si è innamorata di lui! Ti è mai passato per la testa che forse il suo cuore è talmente vuoto da doverlo per forza riempire con qualcosa che non sia sofferenza e solitudine? Come puoi permetterti di giudicare quello che sta facendo Jenny?- riprese fiato, sull’orlo delle lacrime -Tanto più che lei e Gentile non sono…- si morse la lingua, si volse e corse via, rifugiandosi da Holly.
-Patty!-
Amy le andò dietro lasciando i due ragazzi da soli.
-Tanto più cosa?- fece eco Philip, per il quale concludere la frase che Patty aveva lasciato a metà era diventato d’un tratto di vitale importanza.
-Peccato, se n’è andata sul più bello!- Benji afferrò il compagno per un braccio e lo trascinò via.
   
 
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