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Autore: lady lina 77    20/05/2018    1 recensioni
"Hai ragione, non puoi più essere la mia serva" - disse Ross, decidendo quasi senza pensarci di sposarla.
E poi, cosa succede fra quella scena e il matrimonio fra Ross e Demelza nella Chiesetta di Sawle? Con un pò di fantasia ho cercato di riempire quel buco di trama che racconta i giorni che hanno portato, da una notte d'amore inaspettata, a un matrimonio riparatore che col tempo si rivelerà la miglior scelta della loro vita, dando inizio a un grande e travagliato amore.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I giorni erano passati veloci e dopo le pubblicazioni nessuno aveva più parlato del matrimonio.

La vita a Nampara era proseguita tranquilla e scandita dalla solita routine e Ross, ma probabilmente anche Demelza, in certi momenti faticava a credere che il matrimonio fosse tanto imminente e ormai certo. C'erano istanti in cui tutto sembrava uno strano sogno...

A volte, quando guardava Demelza rassettare la casa canticchiando, faticava a credere di averla amata appassionatamente e di averla chiesta in moglie. Era solo una ragazzina vestita con abiti umili, poco istruita e dotata di una bellezzaa ancora acerba, come poteva aver generato in lui una tale passione?

Eppure lei era diversa da quello che sembrava all'apparenza e qualcosa era indubbiamente cambiato... Perché in certi istanti i loro sguardi si incrociavano e allora smettevano di essere serva e padrone ma diventavano altro... Era come se la tensione salisse, era come sentirsi addosso una strana ansia e impazienza, era come avere una febbre improvvisa...

I loro occhi parlavano di desiderio, di aspettative, di passione che difficilmente riuscivano a controllare, in certi momenti. E allora Ross si chiedeva cosa provasse lei, se avesse paura, se fosse contenta, se...

E lui? Lui era contento?

Forse sì, forse lo era perché pian piano si era abituato all'idea che quella fosse la cosa giusta da fare e si era scoperto impaziente di sposarla e di averla più vicina.

Il giorno prima delle nozze era passato in maniera apparentemente normale: lui aveva lavorato alla miniera, Demelza si era occupata della casa e Prudie e Jud avevano oziato come sempre, all'oscuro di tutto. Avrebbero saputo del loro ruolo di testimoni solo il mattino dopo, all'ora di andare in Chiesa.

Tornato dalla miniera aveva fatto un bagno caldo e aveva cenato come sempre, sentendo però addosso a se una tensione che andava aumentando. Anche Demelza sembrava nervosa, pur non osando dirgli cosa provasse. Aveva lavorato come sempre, gli aveva servito la cena con mani tremanti e lui non era stato capace di domandarle come si sentisse. Beh, non era mai stato bravo a parlare e a fare discorsi profondi e forse, pensò, nemmeno ce n'era bisogno. Demelza era una giovane sposa e come tutte le ragazze aveva paura di fare quel passo, tutto quì! Era solo emozione e l'avrebbe superata, era in gamba e piena di risorse, sarebbe andato tutto bene.

E l'avrebbe superata anche lui, aveva solo bisogno di una cavalcata per riordinare le idee e sfogare il nervosismo.

Senza dire nulla, appena finito di mangiare, si diresse alla stalla. Prese il cavallo, montò in sella e poi partì al galoppo spingendo il cavallo a correre a una velocità molto sostenuta. Aveva bisogno di sentire il vento fresco sul viso, di rilasciare la tensione che aveva in corpo e di guardare al suo passato incompiuto, iniziando a immaginare un futuro inaspettato.

Il matrimonio con Demelza metteva un punto sui suoi desideri di ragazzo. Metteva fine a ogni piccola ed effimera speranza di avere Elizabeth, gli imponeva di ponderare le sue scelte e anche di diventare più accorto e saggio. Sarebbe stato un marito, di lì a poche ore! E forse, a breve, anche un padre. Doveva smetterla di fare a botte, di cacciarsi nei guai, di rischiare la vita e cercare la rissa. Doveva farlo, doveva crescere ed era ora!

Galoppò a lungo, costeggiando le bianche scogliere della zona. Chiunque, vedendolo galoppare come un forsennato, avrebbe pensato che era pazzo. Invece era solo un giovane uomo che stava per sposarsi e aveva una fottuta paura di farlo...

Ecco, lo aveva ammesso...

Aveva paura...

Sarebbe stato meglio, forse, essere come suo padre, vivere i rapporti con leggerezza e senza pensare al domani, amare solo e soltanto una donna e considerare le altre dei passatempi che non lasciano strascichi. Ma lui non era suo padre, lui amava Elizabeth ma teneva anche a Demelza e mai, MAI le avrebbe fatto del male. Non era stata un gioco, un passatempo o altro ma una presenza preziosa nella sua vita. Non si aspettava molto dal suo matrimonio, le aspettative erano basse ma sapeva che lui e lei sarebbero andati d'accordo e sapeva anche di fare la cosa giusta. Una cosa che lo spaventava, che gli altri non avrebbero di certo capito, una cosa che gli riusciva quasi a togliere il fiato per lo stupore di aver preso una decisione simile.

Sarebbe stato difficile forse, ma se Demelza riusciva ad avere il coraggio di affrontare tutto questo a diciassette anni, di certo lui non sarebbe stato da meno!

Prese un lungo respiro, rallentando il cavallo ormai sfinito. E a pochi minuti dalla mezzanotte decise che era ora di tornare a casa e di smetterla di scorazzare come un'idiota nel buio della brughiera.

Non aveva idea di che marito sarebbe stato dal giorno dopo ma sapeva che doveva tornare e che essere uscito così, senza dire nulla a Demelza, era sbagliato anche se ancora non era sua moglie.

Arrivò alla stalla per mettere il cavallo a riposo e si accorse che da essa proveniva la fioca luce di una lanterna.

Incuriosito si avvicinò, credendo di trovarci Jud abbracciato a uno dei suoi barili di rum, felice e completamente ubriaco. Invece, con suo sommo stupore, ci trovò Demelza che sistemava nervosamente il fieno per gli animali.

Ross si accigliò, che ci faceva lì a quell'ora? I suoi movimenti erano concitati e tradivano ansia, che pure lei avesse bisogno di fare qualcosa per stemperare la tensione? "Che stai facendo?" - le chiese, con tono più duro di quanto avrebbe voluto, con lei che gli dava le spalle e gli impediva di vederla in viso.

Demelza sussultò, lasciando cadere un pò della paglia che aveva fra le mani. Era evidente che non si fosse accorta del suo arrivo. "Sir, io...".

Le si avvicinò, legando il cavallo alla staccionata. E quando le fu davanti, si accorse che aveva gli occhi gonfi e arrossati. "E' tardi, è mezzanotte passata e dovresti dormire. Domani sarà una lunga giornata" – disse, stavolta in tono più gentile.

Lei distolse lo sguardo. "C'era la paglia da sistemare. Per i vitelli...".

"I vitelli stanno benissimo". Le sfiorò la guancia, accarezzandola piano. "Stai bene?".

"Mi fa male un pò lo stomaco".

Ross sorrise. "Anche a me. Credo sia la tensione... Forse è normale". Le prese il fieno dalle braccia, lanciandolo nella mangiatoia, poi le strinse la mano, attirandola a se e costringendola a sedersi sulla paglia. "Hai pianto?" - chiese, sedendosi accanto a lei.

Demelza arrossì. "Un pò, sì. E non so perché".

"Forse lo sai, dovresti semplicemente dire cosa ti passa per la testa".

"E' stupido quello che mi passa per la testa" – sussurrò lei, piegando le ginocchia ed appoggiandoci sopra il capo.

Ross alzò gli occhi al cielo. "Cioé?".

Demelza prese delle pagliuzze di fieno in mano, giocandoci innervosita. "Non lo so perché ho pianto, credo riguardi il matrimonio ma non so perché mi senta così strana. Io sono felice di sposarvi, Sir... E' che...".

"Cosa, Demelza?".

La ragazzina scosse la testa, quasi stupita dai suoi stessi pensieri. "Vorrei che mia madre fosse quì... Ed è stupido, quasi non me la ricordo ed è morta da talmente tanto tempo che ormai dovrei essere divenata brava a far tutto da sola. E invece la voglio" – concluse, mascherando un singhiozzo e strofinandosi gli occhi nuovamene lucidi con gesti infantili.

Ross non se ne stupì, non molto almeno. Non se ne intendeva di psicologia femminile ma sapeva che le madri avevano dalla notte dei tempi un ruolo importante nei matrimoni delle figlie. Ne diventavano le confidenti, le maestre, le guide a quell'importante passo e ogni figlia trovava in loro rifugio alle loro paure e risposte alle loro domande. Certo, Demelza non aveva più la mamma da molto ed era cresciuta da sola e da sola aveva trovato le risposte alle sue domande, forse non sapeva nemmeno perché la volesse in quel momento ma non giudicava quel suo desiderio tanto strano, soprattutto viste le premesse del loro matrimonio. "Non credo che sia stupido volerla quì".

"La volete anche voi, Sir?".

Ross ridacchiò. "Chi? Mia madre? No, non ci ho nemmeno pensato a dire il vero, ma io sono un uomo e per noi è diverso. Mia madre è morta che ero piccolo, mi ha cresciuto mio padre assieme a Jud e Prudie e non credo di sentirne troppo la mancanza. Mi farebbe piacere se ci fosse, certo, ma sono un uomo adulto e indipendente e posso affrontare il matrimonio senza di lei" – disse, con convinzione ma anche con un piccolo dubbio che, grazie a Demelza, stava sorgendo in lui. In fondo, pensò, sarebbe stato bello avere accanto i suoi genitori e chiedere loro consiglio. Cosa avrebbero pensato della sua decisione di sposare la sua sguattera, che nemmeno amava? Cosa avrebbero pensato di Demelza? Suo padre gli avrebbe dato del folle? Lui era un uomo che aveva amato immensamente sua madre e dopo la sua morte si era lanciato in una infinita serie di storie senza sentimento per non soffocare nel dolore di averla persa. Aveva rifiutato ogni impegno e ogni coinvolgimento emotivo, aveva vissuto sempre al limite per sopportare quella vita senza la sua Grace ma nonostante questo, avrebbe approvato il suo sposare una donna per affievolire il dolore di averne persa un'altra che ancora amava?

Sospirando, decise che era meglio non pensarci. "Credo che tu ti senta così perché voi donne amate confrontarvi su cose come il matrimonio o roba simile. Sì insomma, madri e figlie parlano molto di queste cose, fra loro".

Lei spalancò gli occhi. "Davvero? E che si dicono?".

Ross alzò le spalle. "Non ne ho idea, purtroppo tua madre non c'è e nemmeno la mia e quindi dovremo tenerci questo dubbio e sposarci senza scoprirlo. Ma se vuoi proprio avere vicina una donna... o una che si avvicina ad essere una donna... se vuoi sveglio Prudie. Chissà che ci torni utile per qualcosa".

A quella proposta, Demelza sorrise. "Prudie nemmeno sa che ci sposiamo domani!".

"Glielo diremo prima di colazione. O adesso, se vuoi!".

Demelza ci pensò su, incrociando le gambe. "No, non credo che mi possa aiutare. Però ora sto un pò meglio".

Lui sospirò. Già, Prudie che avrebbe potuto fare? Però era felice che almeno, parlando fra loro, gli animi di entrambi si fossero fatti più leggeri. Forse non era come avere accanto i genitori ma erano stati capaci di farsi forza a vicenda e questo era bello, pensando che sarebbero stati marito e moglie nel giro di poche ore.

"Sir?".

La guardò, rapito da quei lunghi capelli rossi ribelli tenuti a bada dalla fascia che teneva in testa. "Ross, chiamami Ross! Ora devi farlo, da domani DOVRAI farlo di sicuro".

"Va bene, Ross... Posso chiedere una cosa?".

"Certo".

Lei lo guardò con uno sguardo stranamente serio che la faceva sembrare più grande della sua età. "Noi avremo figli?".

Ross deglutì, non si aspettava minimanente una domanda del genere. In realtà non avevano mai parlato di nulla riguardo al matrimonio, di cosa sarebbe successo, di come sarebbero cambiate le cose e di certo lui non aveva mai voluto affrontare la questione-figli. Ed ora lei lo aveva preceduto, lasciandolo a corto di parole. "Beh... Di solito è quello che succede nei matrimoni, a un certo punto nascono i bambini" – disse impacciato, in imbarazzo nel parlare con lei di queste cose. Aveva taciuto su una possibile gravidanza in corso in quelle settimane, per non turbarla, ma a quanto sembrava lei era più che pronta ad affrontare la questione. "Perché me lo chiedi?" - ebbe infine il coraggio di domandare. Era inutile scappare, se lei voleva affrontare questioni importanti di cui dopo tutto avrebbero dovuto discutere prima o poi.

"Prima, mentre pensavo a mia madre, ho avuto paura di morire presto come lei. E se avrò dei figli o delle figlie, allora saranno come me al loro matrimonio, soli a piangere in una stalla. Se avrò dei figli, spero di non morire giovane e di esserci per quando si sposeranno così non si sentiranno come mi sento io ora e magari saprò cosa dirgli per farli stare meglio".

Rimase spiazzato, non si aspettava quel genere di discorso ma tutt'altro. Era spaventata in quel momento, era chiaro e palese. Aveva paura del matrimonio, del ruolo che avrebbe ricoperto, del diventare donna assieme a lui e di tutte le responsabilità che le sarebbero cadute sulle spalle. Provò infinita tenerezza per lei, non era che una ragazzina di diciassette anni che non aveva mai avuto nulla dalla vita e decise che lui voleva essere un buon marito e farla stare bene. Demelza se lo meritava ed era piuttosto sicuro che sarebbe diventata una buona moglie e un'ottima madre, col tempo. Si rese conto che ora i sentimenti per Elizabeth contavano poco, che doveva concentrarsi su di lei e che ora doveva guardare avanti e non più indietro. Era ora di crescere con lei e per lei. "Tu starai bene e vivrai a lungo, non permetterò che accada nulla di diverso. E quando i nostri figli cresceranno e si sposeranno, tu sarai accanto a loro".

Demelza sorrise dolcemente, anche se non sembrava tanto certa di quelle rassicurazioni. "Come fai a saperlo, Ross?".

Le sorrise di rimando, finalmente aveva usato il suo nome. "Lo so perché voglio che sia così! E sarà così! Sei più tranquilla ora, o devo davvero andare a chiamare Prudie?".

E stavolta lei rise, di gusto, alzandosi in piedi. "Non la voglio Prudie!".

Si alzò in piedi a sua volta, accarezzandole i capelli. "E allora vai a letto, è tardi!".

Come se non lo avesse sentito, Demelza si appoggiò a lui, cingendogli la vita, facendogli capire che non voleva rimanere sola. "Ross, domani a quest'ora saremo sposati".

"Sì e voglio sperare di non essere in questa stalla ma a letto, al caldo, nella nostra stanza".

"La nostra stanza..." - sussurrò lei, quasi intimorita.

Si chinò sulla ragazza, sollevandole il mento con una mano. E poi la baciò con passione sulle labbra, sentendo crescere in lui il desiderio di fare l'amore subito, con lei, senza aspettare quel dannato sì che ormai era una mera formalità. "La nostra stanza, il nostro letto, sì Demelza...".

Si baciarono ancora, con una passione crescente difficilmente controllabile. Le mani di Ross sfiorarono la sua vita, la sua schiena e poi si insinuarono sotto il suo vestito, prendendo ad accarezzarle le cosce.

E lei lo lasciò fare, come se non desiderasse altro. "Perché dobbiamo aspettare?" - chiese, contro le sue labbra. "Cosa c'è di sbagliato in questo? Cosa c'è di brutto?".

Ross concordò sul fatto che non vedeva il male in loro, in quel momento, ma un bisogno disperato di non essere soli e di amore. "Nulla, io non ci vedo niente di sbagliato" – disse, sbottonando i bottoni del suo vestito, pensando che in fondo a nessuno dei due interessava cosa dicessero la gente e le convenzioni. In questo erano uguali e in lei avrebbe sempre trovato una sincera alleata.

Crollarono nel fieno, di nuovo. E anche se la tradizione li voleva separati per quella notte, non furono separati affatto. Fecero l'amore con più passione della prima volta, illuminati dalla luce della luna che baciava i loro corpi, cercando l'uno nell'altra il coraggio di affrontare una nuova vita piena di incognite.

E Ross in lei, quella notte, smise di vedere una ragazzina. Ritrovò l'amante tenera ed appassionata, una donna che stava sbocciando e che presto sarebbe stata sua per legge e per scelta. Sarebbe diventata sua moglie e la madre dei suoi figli e si scoprì felice ad immaginare quell'imminente realtà.

  
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