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Autore: Lamy_    26/05/2018    1 recensioni
Thomas le ha fatto una promessa: dove morirà lui morirà anche lei.
Il legame parabatai che si credeva ormai spezzato sembra essere più forte che mai. Astrea scoprirà che non tutti i morti sono sotto terra, anzi scoprirà che camminano tra i vivi. Ritroverà la famiglia che riteneva perduta. Vedrà la felicità con Raphael crollare. Vedrà i suoi amici soffrire. La vera natura del Fuoco Rosso sarà svelata. Imparerà a sue spese quanto sia letale la fiducia. I demoni del passato sono tornati, adesso non resta che affrontarli.
Questa battaglia conclusiva porrà fine alla guerra. Chi vincerà?
L’ultima parte della storia ci chiama a gran voce: Ascoltate!
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Raphael Santiago, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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EPILOGO.
 
 
“Ciò che diciamo principio spesso è la fine, e finire è cominciare.”
(T. S. Eliot)
 
 
Due mesi dopo: 20 Agosto.
La vita, bambina mia, dovrà pur continuare.
Erano quelle le parole che suo padre le ripeteva quando qualcosa non andava nel verso giusto. Le stesse che stava mormorando a se stessa davanti allo specchio. Avvolta in un morbido accappatoio bianco, aspettava l’arrivo di Glenys e Sally. Sorseggiava un caffè freddo, era piena estate e voleva rinfrescarsi, mentre stava appollaiata sul divano a osservare le nuvole bianche che striavano il cielo azzurro. Era il giorno del suo matrimonio. Arrivare a questa data era stato faticoso, un tragitto di lacrime e notti insonni, di litigi e riappacificazioni. In quei due mesi la sua vita, piuttosto che continuare, come le suggeriva suo padre, aveva subìto battute di arresto. La superficie vetrata attraverso cui si stava specchiando le restituiva l’immagine di una donna plasmata dalle esperienze della propria vita, segnata dal dolore quanto dalla speranza. Doveva ammettere che la vita era cambiata per tutti: Sylvie e il piccolo Vincent si erano trasferiti a Vienna, dove lei in poche settimane aveva aperto un atelier di alta moda francese e italiana; Glenys e Sally avevano investito le ricchezze accumulate negli anni dalla vampira per aprire un’erboristeria per Nephilim e Nascosti; Alec e Magnus avevano finalmente deciso di sposarsi e lo avrebbero fatto l’anno successivo con una cerimonia indonesiana (considerate le origini dello stregone); Max stava completando i suoi studi sulla magia guaritrice e Rafe aveva da poco concluso il suo anno all’Estero; Nikolai e Odette avevano cominciato a frequentarsi e stavano pensando di andare a vivere insieme in un quartiere di Lisbona, entrambi erano affascinati dalla capitale portoghese; Haru aveva fatto ritorno dal Labirinto a Spirale con nuove conoscenze magiche che era disposto a mettere al servizio dei bisognosi; Kara Ravenscar era stata nominata Console al posto di sua sorella Gabriella, che si era ritirata a vita privata insieme a suo marito Linus; Alma, Beatriz e Luìs avevano venduto l’azienda vinicola e si erano trasferiti a Lisbona dopo che Astrea aveva nominato sua madre e Brian Capi dell’Istituto; Tanisha era stata consegnata alla Guardia e condannata a cinque anni di reclusione per tradimento; Raphael aveva ripreso il suo posto da avvocato e aveva messo in piedi uno studio tutto suo; Astrea, invece, si era presa del tempo per concentrarsi su se stessa, per metabolizzare le morti a cui aveva assistito, per dare un nuovo senso a tutto quello che un senso lo aveva perso, per scavare dentro la propria anima e ritrovarsi. Era stata in infermeria per due settimane a causa delle percosse e delle numerose ferite che aveva riportato e, dopo essersi risvegliata, era caduta in un periodo di depressione causato dalla morte del suo parabatai. Perdere Thomas, nonostante tutte le orribili azioni che aveva commesso, era stato come perdere una parte di sé. Per giorni aveva pianto fino a vomitare, fino ad addormentarsi, fino alla disperazione più totale nel tentativo di espellere il dolore, invece era rimasto lì, incastrato tra le ossa, e faceva terribilmente male. Solo quando Magnus aveva fatto irruzione una mattina e aveva annunciato che stava organizzando il matrimonio per lei, Astrea si era fatta coraggio e aveva abbandonato il letto per uscire a godersi il sole e il cielo. Raphael era rimasto sorpreso quando gli avevano riferito che si sarebbe sposato entro due mesi, allora anche per lui era iniziata la frenesia per i preparativi. Era stato disposto tutto nei minimi dettagli, benché i tempi fossero brevi: il matrimonio avrebbe avuto luogo a Santillana del Mar, di sera, il rito si sarebbe svolto nel cortile verdeggiante della Collegiata di Santa Juliana (dove Raphael aveva lavorato dopo essere tornato umano)  e la si sarebbe tenuta cerimonia presso gli incantevoli giardini dell’Hotel Señorio De Altamira, situato nella parte medievale della cittadina spagnola. Magnus e Sally avevano preso le redini dei preparativi e avevano promesso ad Astrea si stupirla, al che lei si era completamente affidata a loro. Rise al pensiero di quello che avevano potuto combinare i suoi migliori amici. Quando suonò il campanello, si precipitò ad aprire e fu accolta dal sorriso gentile di Glenys e l’espressione seccata di Sally.
“Buongiorno, sposina!” esclamò la fata, quindi l’abbracciò per salutarla. La vampira si fiondò sul divano e si tolse la scarpe per poi gettarle sul pavimento.
“Ti sei svegliata con la luna storta, amica mia?” fece Astrea sedendosi accanto a Sally, che sbuffò e si accese una sigaretta.
“Sono stanca. Ho corso veloce per impedire che i primi raggi del sole mi friggessero come una patatina!”
“Oggi non abbiamo tempo per mettere il broncio, suvvia! E’ una giornata di festa!”
Astrea e Sally si guardarono confuse per via dell’eccessivo entusiasmo di Glenys. Sebbene fosse la sposa, Astrea non era affatto in vena di festeggiamenti, ma l’anello di fidanzamento emanò un bagliore rossastro come a infonderle coraggio. Era la giusta cosa da fare.
“Allora diamo il via alla trasformazione della racchia in una bellissima sposa!”
Glenys la prese a braccetto e insieme si diressero in bagno con Sally, scalza e irritata, al seguito.
“Resti una racchia comunque, Monteverde!”
“Sei una spina nel fianco, Parker!”
 
 
Raphael non era mai stato tanto teso come quel venti agosto. Aveva dormito a Santillana del Mar per rispettare la tradizione secondo cui i futuri sposi non devono stare insieme la sera prima della cerimonia. A fargli compagnia c’erano stati suo fratello Armando, una birra e una partita della Spagna in TV. Uscito dal bagno con un asciugamano in vita e i capelli bagnati, si soffermò sulla foto posta sul comò che ritraeva lui da bambino in compagnia di sua madre e dei suoi fratelli. Il cuore di Guadalupe sarebbe stato colmo di gioia nel vederlo sposarsi. Però, doveva ammetterlo, quanto era stato difficoltoso arrivare al matrimonio! Astrea aveva passato momenti bui che li avevano portati alla decisione sofferta di sospendere le nozze, lei stava troppo male sia fisicamente sia psicologicamente, per giorni non si era alzata dal letto e le sue attività si erano limitate a mangiare poco e a piangere. Fondamentale era stato l’aiuto di Alec, che faceva compagnia ad Astrea quando lui era al lavoro, la soluzione decisiva. Era stata dura mettersi in proprio, aprire uno studio privato, e con lei in quelle condizioni sembrava un sogno destinato a fallire, ma grazie al supporto di Armando e di Magnus ce l’aveva fatta alla fine. Quando poi Astrea gli aveva comunicato di sentirsi di nuovo bene tanto da riprendere l’organizzazione del matrimonio, lui non aveva esitato ad assecondarla perché non vedeva l’ora di sposarla. Distolse lo sguardo da quella foto, si sedette sul letto e diede una rapida occhiata al cellulare.
“Hermano, tienes la cara de un muerto!”
Fratellone, hai la faccia di un morto!
Armando gli sorrideva divertito dallo stipite della porta mentre si gustava il suo caffè mischiato alla vodka, una brutta abitudine coltivata negli anni.
“Estoy agitado, es diferente.”
Sono agitato, è diverso.
“Ohi, ohi, Raphael, qué cosa tan mal es el matrimonio! Arruinas tu vida!”
Ohi, ohi, Raphael, che brutta cosa è il matrimonio! Ti rovina la vita!”
“Il fatto che tu sia divorziato non vuol dire che finirà così anche per me per Astrea.”
“Ricorda, fratello, che l’amore è breve come la vita. Tutto inizia e finisce in un battito di ciglia.”
Raphael alzò gli occhi cielo, infastidito dall’influenza negativa di Armando.
“Astrea e io sappiamo quanto sia breve la vita, proprio per questo vogliamo passare insieme il tempo che ci resta.”
Ormai stavano insieme da sei anni e la prospettiva di un futuro insieme non li spaventava, avevano affrontato situazioni che avrebbero diviso chiunque e, invece, loro si erano uniti sempre di più. Armando fece spallucce, bevve ancora e gli diede le spalle.
“La mamma lo diceva sempre che sei un inguaribile romantico. Sarebbe fiera di te.”
 
Erano le otto di sera quando Astrea raggiunse il cortile della Collegiata di Santa Juliana. Era una splendida serata estiva, abbastanza calda, il mare su cui si affacciava a strapiombo la chiesa era una lunga distesa su cui si riflettevano i primi raggi di luna, e i fiori del giardino inondavano l’aria di svariati profumi. Beatriz, Rafe e Max l’aspettavano sulle scale. I fratelli Lightwood l’avrebbero accompagnata all’altare (poiché non aveva suo padre accanto) e sua sorella sarebbe stata la damigella d’onore.
“Eccoti! Siamo in ritardo, forza!” la rimproverò Beatriz, avvolta in un meraviglioso abitino di tulle color pesca. Per un attimo Astrea si volse a guardare la spiaggia, l’acqua, il cielo, e inalò un profondo respiro. Voleva ricordare quel momento come la sua rinascita, come la chiave che chiudeva il passato in un baule e lo gettava nel fuoco.
“Sono pronta.”
Rafe si disposte alla destra e Max alla sua sinistra, la presero a braccetto e Beatriz fece cenno al violinista di intonare la marcia nuziale. Alle prime note, gli invitati si misero in piedi con gli occhi rivolti all’entrata. I presenti erano tutti gli abitanti dell’Istituto di Lisbona e di New York, Shadowhunters e Nascosti mescolati come caffè e latte. Beatriz trottò a passo cadenzato davanti alla sposa e, mentre procedeva, faceva cadere sul tappeto bianchi petali di rose bianche e rosse, la purezza e la passione che si contaminavano a vicenda. Le panche erano state allestite tra l’erba, di forma semplice e di colore bianco, mentre l’altare era di marmo bianco (Magnus lo aveva fatto magicamente comparire) ricoperto da un velo di seta rossa. Quando Sally vide la sua migliore amica, sentì gli occhi inumidirsi e il respiro, che non aveva, mozzarsi. Anche Magnus e Alec si commossero a quella vista, era come assistere al matrimonio della propria figlia. Astrea vide Raphael all’altare e si meravigliò notando il suo abbigliamento: indossava un semplice completo nero, camicia bianca sbottonata di poco e senza cravatta. Anziché pettinarsi i capelli con il gel, aveva lasciato i ricci neri liberi di scendergli sulla fronte, come piacevano a lei. Mentre camminava, ai suoi fianchi sfilavano numerosi visi familiari che le sorridevano e le mimavano complimenti: Clary e Jace, Izzy e Simon, Odette e Nikolai, Maryse, Kara, Elizabeth, Luìs e Alma. Non avevano fatto pace lei e sua madre, avevano stipulato una tregua in favore dell’Istituto e dei suoi fratelli ma Astrea non l’avrebbe mai perdonata per averla abbandonata. Il loro più che essere un rapporto madre-figlia era un rapporto tra colleghe di lavoro. Vide Sally sorriderle con indosso un lungo abito bordeaux; Magnus, poco sobrio nel suo completo azzurro e blu, le fece un breve inchino per allentare l’agitazione; Alec, austero in un paio di pantaloni neri e una giacca grigia, le regalò un’occhiata colma di fierezza.
Quando ebbe il coraggio di girarsi verso l’entrata, Raphael temette che il cuore smettesse di battere. Astrea incedeva con fare stranamente elegante e disinvolto, sorrideva in maniera cordiale e non staccava gli occhi da lui. Aveva visto il suo corpo vestito in tanti modi, però quella volta fu qualcosa di diverso: calzava un semplice paio di sandali bianchi col tacco, una morbida gonna a doppio velo le fasciava le gambe, un corpetto a cuore di pizzo e velo con le bretelle sottili le abbracciava il busto; il trucco che le ornava il viso toccava le tinte del rosa e dell’argento, i capelli castani erano raccolti in una treccia costellata di perline bianche. Era una visione angelica. Suo fratello Armando gli diede una pacca sulla spalla per segnalargli la fine della marcia nuziale e l’arrivo della sposa. Astrea ridacchiò alla sua espressione sbigottita. La postazione del celebrante fu ben presto occupata da Haru, le spalle coperte da uno scialle color oro, che aveva un libricino di pelle marrone tra le mani. Gli invitati presero posto, così come i testimoni, eccetto gli sposi. Avevano rifiutato sia il rito cattolico sia quello dei nephilim, optando per il Rito della Sabbia.
“Siamo qui riuniti per celebrare uno dei momenti dell’esistenza, che richiede attenzioni costanti, sacrifico, e amore. Astrea e Raphael mi hanno chiesto un rito speciale per l’occasione e nella mia lunga vita ho avuto il piacere di assistere allo sposalizio di una coppia dell’Africa: il Rito della Sabbia. Dunque, davanti a me vedete un contenitore di vetro, una fiala di sabbia nera e una fiala di sabbia bianca. L’una indica l’uomo e l’altra indica la donna. Ora gli sposi verseranno il contenuto delle loro fiale nel grande contenitore affinché le sabbie entrino in contatto.”
Astrea esitò a prendere la sua fiala perché all’improvviso le tornò in mente la cerimonia parabatai, la runa che le marchiava la pelle, il calore della mano di Thomas. Sally, accortasi della trance della sua amica, le cacciò in mano la fiala con la forza.
“Astrea, per favore!” le sussurrò all’orecchio, poi le scosse il braccio per riportarla alla realtà. Astrea si guardò attorno, frastornata, smarrita, come se non ricordasse il motivo della sua presenza in quella chiesa. Raphael le prese la mano e ne baciò dolcemente il dorso, al che lei sgranò ancora di più gli occhi.
“Astrea, guardami. Va tutto bene.”
“Sì, va tutto bene. Sto bene. Scusami. Procediamo.”
Fingendo un sorriso, afferrò la boccetta di sabbia bianca e la rovesciò nel contenitore posto sull’altare. Raphael fece lo stesso rovesciando la sua sabbia nera. Haru scosse il recipiente e le sabbie confluirono in un’unica sostanza, granelli bianchi e neri si intrecciavano come due corpi.
“Adesso portate le fedi.”
Luìs scattò in piedi e si diresse verso di loro con un cuscino su cui erano poggiate due fedi d’oro giallo, al cui interno vi erano incisi i loro nomi. Astrea scompigliò i capelli di suo fratello, vestito di tutto punto, e gli fece l’occhiolino mentre tornavano ai propri posti. Haru depose le fedi nel contenitore grande e le nascose sotto la sabbia, era così che prevedeva il rito.
“Adesso gli sposi prenderanno le fedi, forgiate dall’unione delle sabbie, e sanciranno il legame matrimoniale.”
Astrea e Raphael, guardandosi negli occhi e ridacchiando, tastarono la sabbia in cerca degli anelli e, quando li trovarono, li tirarono fuori. Fu Raphael che per primo le fece scivolare la fede all’anulare sinistro con un sorriso che andava da orecchio a orecchio. Poi fu il turno di Astrea, prima gli accarezzò la guancia come a dirgli tacitamente che lo amava, e gli mise la fede al dito. Haru allungò le mani sulle loro teste e recitò il suggellamento finale.
"L'amore è la forza eterna della vita. L'amore è la forza che ci permette di affrontare la paura e l'incertezza con coraggio. Ma anche se condividerete la vita, non dimenticate di essere due persone distinte. Coltivate e affermare le vostre differenze. Amatevi l'un l'altro. Mantenetevi fedeli al vostro impegno. Insieme potrete ridere e piangere, essere in salute e in malattia, felici e arrabbiati, condividere e crescere. Crescere a volte insieme, a volte separatamente.”
“Direi che puoi baciare la sposa!” esclamò Magnus, anticipando Haru e beccandosi un’occhiataccia da Alec.
“Non vedevo l’ora.”
Il sorriso di Astrea morì sulle labbra di Raphael, si abbandonarono ad un bacio appassionato, pieno d’amore, di sogni, e di coraggio. Lei gli circondò il collo con le braccia e lo attirò di più verso di sé senza mai staccare le labbra.
“Evviva gli sposi!” gridò Sally, e invitò tutti i presenti a lanciare in aria i petali di rose bianche e rosse affidate loro appena erano arrivati in chiesa.
 
Magnus e Sally si erano davvero superati quella volta. Al centro del giardino dell’Hotel Señorio De Altamira torreggiava un enorme tendone bianco alla cui struttura di ferro si attorcigliavano fiori, ghirlande di foglie e luci. Le tende bianche del tendone svolazzano alla frizzante brezza estiva. Su ciascun tavolo era stata disposta una lanterna, le sedie erano rivestite da panneggi color ocra e tutto attorno erano sparsi petali bianchi di rose. Sulla destra era stata posizionata una piccola orchestra, violino, chitarra, pianoforte e flauto. L’erba era puntellata di petali di rose e di luci, il ruscello mormorava illuminato da faretti a luce gialla, e una piccola fontana a forma di delfino era stata decorata con una fascia rossa e bianca. Erano giunti a metà serata quando Astrea, pensierosa e stanca, si congedò con cortesia propinando la scusa di incipriarsi il naso. Alec, avendo notando il cambio repentino di umore della ragazza, consigliò a Raphael di seguirla.
“Spettacolare, vero?”
Astrea non si voltò, conosceva bene quella voce suadente e calda. La luna piena splendeva in compagnia delle stelle, un incendio di diamanti in cielo, e lei non riusciva a distogliere gli occhi da quello spettacolo.
“Sì, è meravigliosa.”
Raphael l’affiancò, mani in tasca, mento rivolto all’insù, e si appoggiò al parapetto di legno sotto cui scorreva un ruscello artificiale. Non osò guardarla, era troppo bella e troppo triste perché i suoi occhi comuni si posassero su di lei.
“Cosa c’è che non va? Non provare a mentire, Astrea, ti conosco bene.”
“La verità è che credo di aver sbagliato tutto sin dall’inizio. Ho preso decisioni che mi hanno condotto sulla strada sbagliata. Avrei dovuto capire tante cose tempo fa, e invece le ho capite in ritardo, quando tornare indietro era ormai impossibile. Avrei dovuto mettere le toppe ai buchi causati dalle circostanze. Avrei, avrei, avrei … ma non ho. Non si vive con i ‘se’ e con i ‘ma’, eppure sono le uniche parole a cui riesco a pensare. Se avessi capito, non sarebbe andato tutto in malora. Potevo fare determinate scelte ma ho fatto quelle sbagliate. Ho sbagliato tutto, sempre, ad ogni passo che ho compiuto.”
“Hai sbagliato anche ad ogni passo che hai compiuto per arrivare ad oggi, alle nostre nozze, alla nostra vita insieme?”
Astrea sbuffò, infastidita dal fatto che suo marito ancora una volta avesse centrato il punto.
“No, certo che no. Niente di quello che mi ha portata a te è sbagliato.”
“Allora non hai sbagliato tutto. Astrea, non è colpa tua. Niente di quello che è successo è stata colpa tua. Hai fatto tutto ciò che era in tuo potere per risolvere le cose. Fino alla fine hai provato a salvare Thomas, ma lo sai meglio di me che non lui non voleva essere salvato. Era irrecuperabile. Non sempre le crepe posso essere sanate. A soli diciotto anni, sola e impaurita, sei entrata nel mio Hotel a testa alta e mi hai chiesto aiuto senza tentennare. Eri disposta a tutto per il tuo parabatai, lo avevo capito subito. Si sono tutti lasciati coinvolgere in un gioco pericoloso: Katia, Thomas, Remus, Sylvie, Stan, Adam Miller. Sono stati ingannati dalla promessa di una vita migliore, fatta di potere e controllo, e invece hanno perso tutto. E mentre loro perdevano, tu conquistavi forza e diventavi la donna straordinaria che sei oggi. Myra ha voluto sempre farti credere che fossi tu a sbagliare ma era lei che, passo dopo passo, si annodava al collo un cappio intessuto di congiure e bugie. Lo ha detto anche tua madre: Thomas era marcio sin dall’inizio. Adesso, però, basta. Smettila. E’ davvero finito tutto. Lascia che i fantasmi di questa storia trovino pace al di fuori di te. Ricava da questa terribile esperienza soltanto ciò che ti può essere utile. Da oggi le cose cambiano, la nostra vita cambia, e dobbiamo staccarci dal passato altrimenti siamo ciechi dinnanzi al futuro che ci aspetta. Io ho bisogno di te disperatamente. Io ti amo, Astrea.”
Astrea spostò lo sguardo da Raphael agli invitati che ballavano a suon di violino e pianoforte, e avvertì un peso opprimente al cuore. Si rese conto di non aver vissuto bene sino ad allora, di aver sprecato il tempo, di aver messo tutto da parte per qualcosa che non poteva essere aggiustato. La voce di suo padre, soffice e allegra, riecheggiò nelle sue orecchie: la vita, bambina mia, dovrà pur continuare. Sì, la vita doveva continuare. Aveva fatto il possibile per recuperare Thomas ma aveva fallito, pertanto era necessario farsene una ragione e andare avanti. Abbracciò Raphael come non faceva un po’, come se all’improvviso si fosse ritrovata nel deserto e lui fosse l’unica fonte d’acqua, come se volesse mischiare il loro sangue e le loro ossa.
“Ti amo anche io.”
“Davvero? A momenti sembrava che tu stessi per lasciarmi!” raphael rise contro la sua spalla nuda, più per stemperare la malinconia che per altro. Astrea ridacchiò e gli diede un pugno giocoso sul petto.
“Mi correggo, ti odio.”
“Ah, ecco, adesso riconosco la vera Astrea Monteverde!”
Prima che Astrea potesse rispondere per le rime, Raphael si chinò a baciarla con estrema passione, riversando tutti i sentimenti positivi e allontanando quelli negativi. Lei, ormai sfinita di pensare al passato, si lasciò blandire da quelle braccia che la conducevano verso un nuovo futuro. Il loro futuro insieme.
 
 
Cinque mesi dopo.
Raphael salutò in gran fretta i suoi colleghi perché non vedeva l’ora di tornare a casa. Erano state due settimane di intenso lavoro, usciva la mattina presto e tornava la sera tardi, e quel venerdì pomeriggio fu liberatorio lasciare l’ufficio per godersi il weekend. Doveva anche ammettere che Astrea non lo rimprovera per i ritardi continui, né litigavano perché lui stava sempre chino su un nuovo caso, e né tantomeno tra loro le cose erano cambiate. Restavano gli stessi di sempre, due ragazzini che comunicavano a suon di sarcasmo e occhiate maliziose. Avevano deciso di allontanarsi dal Mondo delle Ombre per vivere come una coppia mondana almeno per il momento, giusto il tempo di riprendersi del tutto da quello che avevano dovuto affrontare. Erano circa le sette e mezza di sera quando rientrò a casa e fu stranamente accolto dal succulento odore della carne. Si insospettì perché Astrea, sebbene fosse migliorata nelle faccende di casa, restava estranea alla cucina e perlopiù chiedeva a Magnus di far apparire in tavola il cibo.
“Astrea?”
“Sono in soggiorno, Santiago!”
Raphael abbandonò all’ingresso la valigetta, si tolse la giacca e si allentò la cravatta. Raggiunto il soggiorno, corrugò le sopracciglia. Il tavolino dinanzi al divano era colmo di libri e di briciole di biscotti. Sua moglie lo salutò con un sorriso esageratamente allegro.
“Perché stai sorridendo il quel modo inquietante? Sembra che tu stia sul punto di trafiggere qualcuno con la tua balestra.”
Astrea alzò gli occhi al cielo e gli cacciò in mano una rivista, picchiettando il titolo di un articolo.
“Stando a questo articolo, i bambini provano gli stessi sentimenti della mamma e se ne fanno influenzare, perciò è bene mostrarsi sempre felici e sorridere tanto.”
Sì, Astrea era incinta di cinque mesi. Durante il viaggio di nozze a Santorini aveva più volte accusato nausee e giramenti di testa, così avevano fatto il test ed era risultato positivo. Tornati a New York, Catarina Loss aveva dato loro conferma che aspettavano un figlio. Magnus e Sally avevano fatto a gara per accompagnarla alle visite, però lei aveva optato per Alec, la figura che le trasmetteva più sicurezza. Dopo aver scoperto che si trattava di una femminuccia, Raphael aveva fatto i salti di gioia. Non solo era tornato mondano e si era sposato, ma stava anche per diventare padre e la sua felicità era immensa. Al contrario, Astrea era terrorizzata di non essere una buona madre dal momento che Alma non aveva fatto un gran lavoro con lei. Aveva paura di comportarsi come aveva fatto sua madre e agli inizi non era convinta di voler portare avanti la gravidanza, poi si era detta che non poteva lasciare  la sua bambina  soffrire come aveva sofferto lei e aveva deciso di tenerla.
“Puoi sorridere quanto vuoi, ma la bambina lo sente che non sei davvero contenta. Voglio dire, tu sei sempre imbronciata, nervosa, isterica e corrosiva!”
“Grazie, Santiago, adesso mi sento decisamente meglio!” gli disse lei, colpendolo al petto con un libro su come rilassarsi in gravidanza. Raphael le si sedette accanto mentre sfogliava la rivista.
“Non ti serve leggere mille articoli. Sarai una madre fantastica a prescindere da quanta cultura materna impari in questi mesi.”
Astrea sospirò e, come del resto faceva da cinque mesi, addentò un biscotto al cioccolato per consolarsi.
“Sarai tu quello eccezionale come padre. Ti sei preso cura di un clan intero e poi di me, hai la genitorialità nel sangue. E non potevo chiedere padre migliore per mia figlia.”
“Questo era una specie di complimento? La maternità ti sta ammorbidendo, Monteverde!”
Astrea incrociò le braccia al petto e si finse offesa, al che Raphael rise di più.
“Aspetta altri quattro mesi e, te lo giuro, ti sotterro vivo!”
“Non eri tu che poco fa hai sostenuto che sorridere ed essere serena fa bene alla bambina?!”
“Tu mi stai facendo infuriare.” Gli disse Astrea lanciandogli un’occhiata truce, poi si alzò per andare in cucina.
Fuego, dai, sto scherzando! Torna qui!”
La testa di Astrea sbucò dall’altra stanza e sollevò il sopracciglio.
“Non rompere le palle, per favore! Datti una mossa e vieni ad aiutarmi ché ho fame!”
“Hai mangiato tutti i biscotti, dovresti essere sazia. Catarina dice che non devi ingrassare più del dovuto.”
“Ti detesto!” gli gridò contro Astrea, allora gli riservò il dito medio. Raphael, anziché prendersela, se la rideva come un bambino dispettoso. Si divertiva a farla arrabbiare. L’abbracciò da dietro mentre lei apparecchiava la tavola e le stampò un bacio sulla guancia.
Tu, mi amor, eres una maravilla.
Astrea non si lasciò scalfire, storse le labbra in una smorfia di fastidio e lo scansò.
“Non ci provare, Santiago. Ti occupi tu della cena per tutto il weekend, e puoi cominciare da ora!”
“Sei crudele! E nostra figlia si sta sicuramente ribellando alle vessazioni che sua madre compie nei confronti di suo padre!”
“Oh, sono sicura che la nostra bambina sia d’accordo con sua madre. Sbrigati, sto morendo di fame!”
Astrea gli passò il grembiule (per evitare che i pantaloni costosi si danneggiassero), gli baciò a stampo le labbra e tornò in salotto a leggere le riviste-guida per mamme alle prime armi. Raphael sorrise tra sé e sé, amava alla follia quella donna e si sarebbe gettato anche tra le fiamme per lei, ma intanto si mise all’opera per preparare la cena.
 
 
Tre anni dopo.
Glenys e  Astrea terminarono di addobbare l’erboristeria in tempo per l’ora di cena. Era dicembre inoltrato e mancava una settimana a Natale, perciò si erano munite di pazienza e avevano impiegato un pomeriggio intero per le decorazioni verdi e rosse. Alla fine Astrea, stanca di starsene in casa senza far nulla, aveva accettato la proposta di Glenys di aiutarla in erboristeria poiché Sally non poteva lavorare a causa della luce del sole.
“Manca solo il puntale sull’albero!” trillò la fata, occhi adoranti e sorriso infantile. L’erboristeria non serviva solo Nascosti, ma anche Nephilim e mondani (i quali, ovviamente, erano estranei al resto della clientela). Glenys, infatti, oltre ad essere pratica di erbe e rimedi magici, si era specializzata anche in quelle adatte agli umani.
“Ci penso io.” Disse Astrea, prendendo il puntale argentato dallo scatolone sul bancone. L’amica glielo strappò di mano e glielo sventolò davanti agli occhi come a impedirle di fare un altro passo.
“Non puoi salire sulla scala nelle tue condizioni, potrebbe essere pericoloso!”
“Aspetto un figlio, non ho mica fatto richiesta di andare in guerra! Non essere apprensiva come Raphael, te ne prego!”
Astrea si sedette sullo sgabello e si accarezzò la pancia, era al nono mese e due settimane la separavano dall’evento tanto atteso. Anche questa volta sarebbe stata una femminuccia e sia lei che Raphael ne erano contenti. Doveva ammettere, però, che tra le continue chiamate di Magnus e Alec, le visite di Sally e di Alma e le attenzioni asfissianti di Raphael, non vedeva l’ora che la piccola nascesse per essere lasciata in pace.
“Non si discute, lo faccio io.”
Il sonaglio a forma di luna della porta suonò annunciando l’ingresso di un cliente. Quando Astrea si sporse, vide Nina scendere dalle braccia di Raphael e correre verso di lei. Nina Santiago Monteverde era una bambina di tre anni, capelli e occhi neri come il papà, l’intuito e la grinta della sua mamma, ed era molto dolce e affettuosa. Il cognome di Astrea seguiva quello di Raphael perché Nina venisse riconosciuta come nephilim legittima ed erede di una delle famiglie di Shadowhunters più antiche.
Minha querida!”
Tesoro mio.
La bambina si strinse al petto della madre e si lasciò ristorare dal calore familiare. Raphael depose lo zainetto azzurro di Nina sullo sgabello e si appoggiò al bancone. Astrea alzò gli occhi su di lui e sorrise, era bello come sempre: i ricci neri che gli ricadevano sulla fronte, i vispi occhi scuri e la solita eleganza che emanava ad ogni movimento. Era un padre straordinario, dolce, scherzoso, attento all’alimentazione di Nina, sempre pronto a giocare e a disegnare con lei, e, malgrado fosse stremato dal lavoro, riservava almeno una decina di minuti di coccole per farla addormentare.
“Hai finito di fissarmi o vuoi una foto?” Raphael le fece l’occhiolino quando lei si ridestò e gli fece la linguaccia. Tornò poi a guardare sua figlia e le lisciò i capelli con l’indice.
“Allora, che cosa hai fatto oggi all’asilo?”
“Abbiamo disegnato i delfini e li abbiamo colorati, mi sono divertita tantissimo! Vuoi vedere il disegno?”
“Certo!”
Nina sgambettò dall’altra parte del bancone per afferrare lo zainetto, cercò tra i peluche e i colori il suo disegno. Si arrampicò sullo sgabello e si allungò sul bancone per mostrare il foglio alla mamma.
“L’ho chiamato Orso!”
“Hai chiamato un delfino Orso?!” domandò Raphael a sua figlia con un certo scetticismo nella voce. Nina alzò gli occhi al cielo e corrugò le sopracciglia proprio come sua madre.
“Che c’entra? Perché un delfino non può chiamarsi Orso? La maestra dice che dobbiamo usare la fantasia.”
Astrea ghignò per il primo confronto tra padre-figlia e non osò immaginare come sarebbero cambiate le cose col passare del tempo.
“E’ davvero un bellissimo disegno, tesoro. Sei bravissima!”
“Grazie. Adesso lo faccio vedere a Glenys!”
Nina scese dallo sgabello con qualche difficoltà e corse dalla fata per far ammirare l’opera di cui andava tanto fiera. Raphael sorrise spostando lo sguardo dalla piccola ad Astrea.
“E tu come stai?”
“Sto bene, tranquillo. Sono solo stanca.”
“Dovresti restare a casa in questi giorni. Catarina dice che potresti partorire da un momento all’altro.”
Astrea sospirò al pensiero del parto perché era stata un’esperienza faticosa e dolorosa, era stata in grado di farcela solo grazie al sostegno di Raphael, che l’aveva assistita per tutto il tempo senza mai lasciarle la mano.
“Dovremmo seriamente smetterla di fare figli. Basta, non ne posso più!”
“E tu smettila di essere così dannatamente attraente!”
Astrea gli tirò uno schiaffo sulla mano facendolo ridere.
“Sei un cretino.”
“Sono tutto quello che vuoi fino a quando il tuo corpo si fonde con il mio.”
“E’ così che sedurrai le giovani ragazze quando sarò vecchia e non mi amerai più?”
“Questa idea da dove salta fuori? E’ così che ho intenzione di sedurre te fino all’ultimo respiro.”
“Sei romantico da farmi venire il voltastomaco, Santiago!” replicò lei con un sorriso, poi gli si avvicinò e gli circondò il collo con le braccia.
“Oh, a te piaccio così.” Mormorò lui sulle sue labbra prima di intrappolarla in un bacio ricolmo di passione. Astrea sorrise mentre si baciavano e si stringevano.
“Mi piaci sempre.”
 
Due anni dopo.
Astrea attese qualche minuto prima di controllare il risultato: positivo. Nascose la confezione nel tiretto e si guardò allo specchio, si passò le mani sul viso e sospirò. Udì risate stridule e gridolini di gioia provenire dal corridoio. Uscì dal bagno, si accasciò contro la porta e si prese un momento per tornare in se stessa. Erano le dieci di una fredda sera domenicale, avevano da poco finito di riordinare la cucina e Raphael si era dedicato alle bambine come suo solito. Quando raggiunse la cameretta, vide le figlie accoccolate al suo petto mentre giocavano e ridevano.
“Mammina!” esclamò Victoria schizzando in piedi sul letto. Astrea la prese in braccio e le baciò la guancia paffuta. Victoria Santiago Monteverde era la loro secondogenita, aveva due anni, i capelli ricci di colore castano e due occhi grandi come quelli della mamma, ed era davvero vivace e difficile da contenere. Nina, invece, rimase abbracciata a Raphael e si limitò a mandarle un bacio volante cui Astrea rispose con un sorriso. Victoria sgusciò dalla sua presa per tornare a posare la testolina riccia sulla spalla del papà, e Raphael era letteralmente beato tra le donne.
“Che cos’è?” domandò Victoria con voce sottile indicando l’anello d’oro che Raphael indossava all’anulare sinistro. Nina gli prese la mano e la sventolò sotto il naso della sorellina.
“Questa è una fede, me lo ha detto zio Magnus. Mi ha anche detto che questa fede vuol dire che mamma e papà stanno insieme. Io lo so perché ho cinque anni e capisco le cose dei grandi.”
Astrea rivide in lei tutta la sicurezza e la presunzione di suo marito e non rimase stupita dall’espressione furba di Victoria, che aveva preso da lei la sfacciataggine.
“E perché mamma e papà stanno insieme?”
“Perché si amano, è ovvio!” replicò la più grande facendo spallucce. Raphael le sistemò una ciocca nera dietro all’orecchio e la guardò di traverso.
“A te chi le dice queste cose?”
“Mamma mi dice sempre che state insieme perché vi amate, però non capisco cosa voglia dire che vi amate.”
Victoria scoppiò a ridere senza alcun apparente motivo, ma lei era una che faceva le cose con assoluta spensieratezza e nei momenti meno opportuni. Astrea si strinse nella felpa grigia come a proteggersi dall’occhiata divertita di Raphael, che di certo le avrebbe fatto pesare tutta la dolcezza con cui aveva spiegato a loro figlia che si amavano.
“Fiaba!” gridò Victoria battendo le manine. Nina annuì energicamente per supportare la proposta della sorella.
“Io ho esaurito le idee, tocca a te.” Le disse Raphael, poi si mise più comodo per ascoltare la fiaba della buonanotte. Astrea lo trucidò con lo sguardo, sapeva che era una scusa ma accettò la sfida. Le bambine si accucciarono ai fianchi del padre e si fecero serie e attente.
“D’accordo. Anni orsono una guerriera lasciò la sua casa per andare alla ricerca del suo fedele amico, giunse in terra straniera e conobbe il re di un magico palazzo. Insieme affrontarono terribili mostri, superarono montagne e attraversarono oceani, e nel frattempo si rese conto dei forti sentimenti che li legavano. Quando la guerriera ritrovò il suo fedele amico, combatté contro una strega malvagia fianco a fianco con il re. Alla fine della battaglia, la strega fu sconfitta. La guerriera e il re, innamorati, si sposarono e a loro si unì tutto il regno.”
“E il suo amico fedele?” domandò Nina quasi in un sussurro. Astrea si toccò l’addome, nel punto dove mancava la runa parabatai da molto tempo. Un velo di tristezza le coprì gli occhi e una sensazione di angoscia l’afflisse.
“Il fedele amico ha deciso di proseguire da solo il suo viaggio.”
“La guerriera e il re hanno avuto il loro lieto fine?”
Fu colpita dalla domanda di Raphael, che le scrutava il viso in cerca di qualche incertezza. Era palese che la favola celasse la loro storia, le loro avventure, e la fine del dolore.
“Sì, hanno decisamente avuto il loro lieto fine.”
Quando lui provò a muoversi, notò che le bambine si erano addormentate. Le misero a letto, spensero la luce e andarono nella loro camera. Raphael si chiuse per primo in bagno, frugò nel mobile degli asciugamani e dei profumi, ma trovò l’oggetto della sua ricerca nel cassetto alla destra del lavandino. Lesse il risultato positivo ed esultò a bassa voce. Ripose tutto e tornò da sua moglie come se niente fosse. Astrea si insospettì all’espressione contenta dipinta sul volto dell’uomo.
“Perché hai il sorriso stampato sulla faccia?”
“Cosa? Non posso semplicemente sorridere?”
Astrea si portò le mani sui fianchi e lo scrutò, poi realizzò e spalancò gli occhi.
“Che bastardo! L’hai visto!”
Raphael alzò le mani in segno di resa ma non riuscì a trattenere una risatina.
“Credevi davvero che non me ne rendessi conto? E’ vero che il mio tempo si prosciuga tra il lavoro e le bambine, però io tengo sempre gli occhi puntati su di te. Ti conosco troppo bene, fuego. Hai un ritardo di due settimane, lo so perché il pacco di assorbenti nel mobiletto del bagno è ancora sigillato. Prova a contraddirmi, Monteverde!”
Astrea doveva ammettere che Raphael riusciva a catturare ogni dettaglio, ogni sfumatura, e che era troppo perspicace per nascondergli qualcosa.
“Hai ragione. Ho fatto quattro test oggi e il risultato è sempre lo stesso.”
“Aspetti un figlio! Ah, diventeremo genitori per la terza volta!”
La felicità di Raphael non contagiò anche lei, che era ancora spaventata dalla maternità, nonostante fosse madre già per due volte. Sorrise quando lui l’abbracciò forte, si sentiva sempre protetta in quella stretta.
“Sì, aspetto un figlio. Di nuovo.”
“Non sembri contenta.” Costatò Raphael con un certo disappunto.
“Ovvio che sono contenta, è solo il timore che tutto stia andando troppo in fretta. Fino a cinque anni fa ero implicata in crimini, combattimenti e folli piani, invece adesso sono una comune ventinovenne con tre figli, un marito avvocato e una bella casa! Non mi sento me stessa!”
“Capisco che per te sia difficile condurre una vita normale dopo anni trascorsi a rifugiarti, a rubare per mangiare e a difenderti dai nemici, però ora le cose sono diverse. Sono stato un vampiro per oltre settanta anni, ho vissuto guerre, ho risollevato il DuMort, ma non era quello che volevo. Ho sempre desiderato essere un mondano, lavorare, sposarmi e diventare padre, e tu mi hai dato tutto quello che volevo entrando come un uragano nella mia vita, e mi ferisce sapere che per te non è lo stesso. Quello che ti chiedo è di goderti questa nuova vita perché da un momento all’altro il Mondo delle Ombre ci chiamerà e noi dovremo rispondere senza esitare. Non durerà per sempre la calma, i nostri figli andranno a combattere perché è nella loro natura di nephilim e noi dovremo seguirli. E’ colpa mia. Dopo il matrimonio avrei dovuto capire che non eri pronta, che era necessario muoversi in punta di piedi per evitare che tu ti spaventassi.”
Astrea gli diede le spalle perché lui non vedesse che stava piangendo. La gravidanza la rendeva estremamente sensibile tanto da sembrare che sfogasse tutte le lacrime che sino ad allora aveva tenuto per sé.
“Non ero pronta per cosa? Per diventare genitore? Beh, non lo eri neanche tu!”
“Lo sai a che cosa mi riferisco.” Replicò Raphael in tono severo, la stava sgridando come faceva con Nina quando non voleva andare a nanna. Astrea si voltò verso lui con la rabbia che le infuocava le ossa.
“Avanti, dillo! Dillo che non avresti mai dovuto mettermi incinta!”
“La vuoi sapere l’ultima novità? I figli si concepiscono in due, quindi non dare la colpa solo a me!”
“Ah, allora è una colpa avermi messa incinta?!”
Raphael si zittì, era la rabbia a parlare per loro.
“La fai sembrare una cosa meccanica e ripugnante quando non lo è affatto. Non andiamo a letto insieme per avere figli, Astrea, però a me pare che tu la pensi così. Non lo accetto.”
Astrea si rese conto di essersi comportata male e di aver parlato a sproposito, si sentì in colpa per il viso stravolto di Raphael.
“Scusami. E’ stata una giornata difficile. Non intendevo dire quelle cose, tendo a strafare quando sono arrabbiata e triste.”
“Tu sei arrabbiata, mi attacchi e io come uno stupido rispondo di riflesso. E’ colpa mia, non so stare zitto quando ti senti ferita. Avrei dovuto capirti anziché urlarti contro.”
L’atmosfera di tensione si era sciolta in un silenzio tombale. Astrea non ebbe la forza di resistere e proruppe in un pianto singhiozzato. Raphael la strinse a sé e le baciò la testa.
“E’ passato, dai. Non è successo niente.”
“E’ successo di tutto.”
“Guardami. Astrea, guardami.”
Raphael, benché conoscesse bene le sue lacrime, non reagiva bene quando vedeva i suoi occhi rossi e gonfi. Lei restava la bambina terrorizzata e sola che era entrata nel suo Hotel fingendosi una donna adulta.
“E’ tutto finito, tesoro. Lui non può farti più del male.”
“Mi gira la testa.” Mormorò lei toccandosi la tempia sinistra. Raphael con delicatezza la fece sedere sul letto e l’affiancò, prendendole le mani tra le sue.
“Ti amo, lo sai?”
Astrea sorrise e annuì piano. Il magone che le attanagliava lo stomaco dal nervosismo si allentò e lei tornò più tranquilla.
“Lo so. Ti amo anche io.”
“Il corpo è il tuo, perciò se non vuoi …”
“No. Voglio questo figlio. Si è trattato soltanto di un momento di tensione, adesso è tutto passato. Tu lo vuoi ancora?”
“Ovvio. Lo sai che hai ragione, sono un bastardo.”
“E te ne accorgi solo adesso?” disse lei ridendo. Anche Raphael rise, incapace di restare indifferente.
“Voglio baciarti.”
“Fallo.”
Raphael le si avvicinò con cautela, le accarezzò la guancia e le baciò la bocca con immensa dolcezza mista ad una passione irrefrenabile. Astrea gli morse il labbro e approfondì il contatto per dimostrargli che, malgrado tutto, i suoi sentimenti non sarebbero mai mutati.
Dios, ucciderei per questi baci.” Le sussurrò Raphael in modo tale da farla rabbrividire come se fosse la prima volta.
 
Un anno dopo.
Astrea rimaneva sempre impressionata dalla bellezza di Santillana del Mar. Era il tramonto, il cielo si tingeva di rosso e di blu, il sole calante lasciava il passo alla luna. Raphael infilò le chiavi nella toppa e si spostò di lato per farla entrare per prima da vero gentiluomo. Avevano da poco salutato i bambini, che erano sotto la custodia di Magnus e Alec dal momento che Armando aveva chiesto a suo fratello di riparare il lavandino della piccola casa spagnola. I deboli raggi di luce filtravano attraverso le persiane schiuse e il salotto era immerso in un silenzio pacifico. Si chiusero la porta alle spalle e la bloccarono col chiavistello. Astrea sentiva già la mancanza dei figli, però al tempo stesso era contenta di potersi concedere una serata di relax. L’ultimo arrivato della famiglia era Leandro Santiago Monteverde, paffuto bimbo di un anno, dai capelli castani e gli occhi color nocciola, ed era pacato e giocoso. Nina, di ormai sei anni, lo trattava come se fosse un bambino di cui doversi prendere cura, mentre Victoria, quattro anni, lo considerava un compagno di giochi spericolati. Era soddisfatta della sua famiglia, erano tre magnifici bambini e lei li amava più di se stessa.
“Non ci credo!” sentì dire a Raphael dal piano superiore, allora salì di corsa le scale e lo raggiunse. Capito di cosa si lamentasse, rise di gusto. Il letto della camera padronale era sfatto e tra le lenzuola vi era un babydoll di pizzo perlopiù strappato.
“Armando si dà parecchio da fare!” commentò Astrea senza smettere di ridere. Raphael, dal canto suo, gettò il completo nel cestino collocato in bagno.
“Farò finta che tutto questo non sia mai accaduto. Io non dormirò mai più in questo letto!”
“Tranquillo, Santiago, possiamo sempre dormire nell’altra stanza.”
Si sorrisero complici perché l’altra stanza in cui era possibile dormire era quella dove avevano consumato il loro amore per la prima volta. Mentre tornavano di sotto, Astrea diede una rapida occhiata al cellulare onde evitare di perdere messaggi o chiamate dai coniugi Lightwood-Bane. Raphael mise mano al frigo e tirò fuori due birre. Astrea accettò la sua e la sorseggio con calma. Era inusuale quel silenzio e quell’ordine per loro che erano avvezzi a schiamazzi continui, a giochi disseminati ovunque e a tre forze della natura a cui badare. Si stese sul divano sistemando le gambe sulle ginocchia di Raphael e cercò di godersi quella tranquillità. Sorrise ad occhi chiusi quando avvertì le dita calde di lui accarezzarle la pelle nuda delle cosce. Nell’ultimo anno Astrea era riuscita a raccogliere tutti i pezzi e li aveva ricuciti, era tornata quella ragazza sarcastica e combattiva che era quando aveva messo piede a New York. Giorno dopo giorno il vuoto causato dalla morte di Thomas si riempiva di cose nuove e belle, le ferite che si era trascinata per anni si stavano rimarginando grazie alla nuova vita che aveva deciso di intraprendere. Dedicava due minuti al giorno a Thomas, nella sua mente gli urlava contro, poi lo perdonava, poi piangeva e infine sorrideva, dopodiché colmava le crepe impegnandosi nel lavoro all’erboristeria e nel badare ai bambini. Doveva anche ammettere che, da quando aveva tagliato fuori la sua vita passata, le cose con Raphael andavano decisamente meglio. Il peso di Thomas era sempre stato una costante nella loro relazione ma adesso erano liberi da tutti i fantasmi.
“Ah, Santiago, quanto amo le tue mani.”
Quando riaprì gli occhi, suo marito le regalò uno sguardo farcito di malizia.
“Vieni con me.”
La tirò su e la guidò di sopra, sapevano entrambi come sarebbe finita quella visita a Santillana. Avevano messo in conto di tornare e New York entro le dieci ma non ne sarebbero stati capaci, così la nephilim avvisò Alec con un breve messaggio e abbandonò il cellulare su una mensola in corridoio. Anziché dirigersi in camera, Raphael la fece entrare in bagno e la spinse nella vasca. Astrea stava per liberarsi dalla sua presa quando il getto dell’acqua fredda la colpì in pieno volto.
“Sei un farabutto!”
Raphael si unì a lei sotto l’acqua che batteva sui loro corpi e la schiacciò contro la parete di piastrelle bianche. Si guardarono intensamente come un leone osserva la sua preda. Astrea non resistette e lo attirò a sé per baciarlo. Ansimarono uno sulla bocca dell’altro mentre si stringevano alla disperata ricerca di maggiore contatto. Si allontanarono soltanto quando le campane della chiesa suonarono per annunciare l’ora. Fu lui a interrompere l’erogazione della doccia e l’aiuto ad uscire. Erano completamente bagnanti ma continuavano a ridacchiare come se nulla fosse.
“Dobbiamo asciugarci. Credo che ci siano dei vestiti nell’armadio.” Disse Raphael.
Astrea, però, aveva voglia di giocare. Si sfilò la maglietta e gliela lanciò, poi gli fece segno di seguirla. Lui era totalmente ammaliato da quella visione, da come il reggiseno bianco metteva in evidenza il seno, da come le gocce scorrevano sull’addome e sulle spalle quasi fosse rugiada sui fiori. Si avvicinò a lui con fasulla innocenza e lo spogliò della camicia. Ripresero a baciarsi con la stessa forza famelica di poco prima, le mani si inseguivano e i respiri si confondevano. Astrea lo spinse sul letto e si sedette sul bacino, dunque gli baciò il collo e il petto. Lo sentì emettere un gemito gutturale e si beò di quel suono. Era un travolgente abbraccio che non lasciava spazio ad altro se non alla voglia di sfogare i sentimenti anche carnalmente. Capovolgendo le posizioni, si ritrovò con la schiena premuta contro il materasso e la bocca di lui sulle spalle, sulle clavicole e giù verso l’orlo dei pantaloncini. Rapita da una marea di sensazioni e brividi, Astrea affondò le dita nelle sue spalle.
 “Posso?” le domandò con una certa esitazione mescolata ad un infinito rispetto nei suoi confronti. Ed era questo il bello di Raphael: il rispetto che nutriva nei confronti delle donne, che non considerava come oggetti ma come esseri umani al pari degli uomini (e talvolta anche al di sopra).
“Assolutamente.”
Dopo aver dimenticato tutti i vestiti sul pavimento, si concessero una nottata intera di vivo desiderio, di bramosia sfrenata che si infuocò di gemiti e parole sussurrate. Quando Raphael si svegliò, rimase deluso dal letto vuoto al suo fianco. Astrea stava seduta alla finestra e guardava le prime timide luci del giorno risalire per sostituirsi alle tenebre. Con addosso gli slip e la maglietta, aveva l’aria serena. Era bella da togliere il fiato, e non solo perché fosse ancora in subbuglio dato che da poco avevano finito di fare l’amore, ma perché irradiava una forza tale da far impallidire chiunque. Ne aveva conosciute di donne forti, come sua madre, Sylvie e Sally, però Astrea era anche determinata, autonoma, ribelle e non aveva bisogno di nessuno per splendere. Era straordinariamente donna nell’accezione più positiva del termine. Bella dentro e fuori. La venerazione che provava per lei si accresceva di giorno in giorno, l’adorava come se fosse l’opera d’arte più sensazionale del mondo.
Hermosa.
Stupenda. La nephilim sorrise senza girarsi, si portò le ginocchia al petto e vi appoggio sopra il mento. Raphael si mise seduto con la schiena contro la testata del letto, il lenzuolo che a malapena lo copriva, e si accertò che fosse ancora presto per tornare a casa. Astrea all’improvviso tornò a letto e constatò che il materasso era ancora caldo. Cominciò a tracciare disegni immaginari con la punta delle dita sul petto tonico di Raphael e lui compiaceva di quelle attenzioni.
“Ho capito perché lo pseudonimo usato per mia madre era Madame Bovary, perché lei come Emma aveva un marito ma lo tradiva.”
“Si dice che, quando uno Shadowhunter si innamora, l’amore dura per sempre. Non ci ho mai creduto perché la vita è imprevedibile, persino per i nephilim che sono austeri e intransigenti su certe questioni. I sentimenti vanno e vengono. Io avrei voluto stare con Sylvie e invece sono sposato con te.”
“Ed è stata una saggia decisione.” Scherzò lei con un ghigno a decorarle le labbra.
“Ah, sì?”
Astrea gli riservò un’occhiata languida, poi si curvò a baciargli i muscoli tesi dell’addome e scese sempre di più. Raphael sgranò gli occhi quando la sua bocca toccò un punto delicato e si professò in un gemito rauco. Chiuse gli occhi e stritolò le lenzuola tra le dita.
“Astrea …”
“Guardati, Santiago, sei un disastro. Come sei sensibile!”
Lo scherno nella sua voce contribuì alla vertigine che stava provocando il lui, il quale ormai stava annaspando.
“Sì, è stata senza dubbio la scelta migliore della mia vita.”
La risata di Astrea si accompagnò al suo respiro affaticato. Dopo qualche minuto riuscì a tornare lucido, eppure si sentiva ancora scombussolato.   
“Mai sfidare un Monteverde.”
“Ti sfido tutte le volte che vuoi se il risultato è questo. Dios, ho voglia di fare l’amore di nuovo!”
“Allora che aspettiamo? Abbiamo un’ora prima di rientrare a New York.”
Raphael non se lo fece ripetere due volte, delicatamente la svestì e la fece stendere sotto di sé. Iniziò a baciarla sul collo, poi sul seno e proseguì verso il segno biancastro che un tempo aveva rappresentato il legame parabatai. Baciò e blandì con la lingua tutte le piccole cicatrici che le costellavano il corpo, in primis quella causata dal pugnale intriso di magia nera. Astrea sembrava sciogliersi come neve al sole sotto il suo tocco dolce e deciso al tempo stesso. Nella piccola camera da letto ben presto riecheggiarono altri ansiti mentre i loro corpi si intrecciavano.
“Raphael.” sussurrò Astrea con un filo di voce, e lui sorrise contro la sua pelle dal momento che raramente lo chiamava per nome.
“Come bruci in fretta, fuego.
E proprio come la fiammella di una candela divampa nell’oscurità, loro esplosero in un appagante incendio.
 
 
Un mese dopo, Luglio.
Astrea bevve il flute di champagne come se potesse bere anche l’amarezza.
“Hai l’aria di una che potrebbe compiere un omicidio di massa.” Esordì alle sue spalle un Alec vestito di tutto punto. L’occasione che li aveva radunati tutti in un raffinato ristorante newyorkese era il matrimonio di Sally e Glenys, la prima che indossava un tailleur giacca-pantalone bianco e la seconda che vestiva un lungo abito bianco di tulle. Leandro, che si era appisolato tra le sue braccia, spostò la testa dalla sua spalla al suo petto. Astrea stava morendo di caldo ma non poteva rischiare di svegliare il bambino.
“Guardalo, sembra un angioletto. Bah, è soltanto una maschera.”
Il soggetto verso cui stava incanalando gli insulti era il fidanzato ufficiale di sua sorella Beatriz: Francisco Martinez, il cugino di Thomas da parte del padre. Una notte si era presentato presso l’Istituto di Lisbona in cerca di un posto dove stare dopo il suo ritorno da Tokyo. Alma lo aveva accolto in quanto nephilim, però non si sarebbe mai aspettata che fosse un Martinez. Dopo aver indagato meglio su di lui, si era rivolta ad Astrea per aiutarla a mandarlo via, ma nel frattempo tra Francisco e Beatriz era scoccata la scintilla. Astrea aveva più volte tentato di convincere sua sorella a lasciarlo e i tentativi erano stati vani. Adesso lo inceneriva con lo sguardo mentre, allegro ed educato, si presentava agli ospiti come futuro marito di Beatriz.
“Non fare così, non rovinare tutto. Francisco sarà pure un Martinez ma non è come Thomas. Anche Valentine e Sebastian erano malvagi, invece Clary è buona.” Le suggerì Alec.
“Mi trattengo dal bruciarlo vivo solo per il bene di Beatriz.”
Nella loro direzione stava camminando Magnus, in un completo fucsia e glitter argentati tra i capelli, a passi di danza. Tutti gli invitati, infatti, si erano fiondati in pista per scatenarsi nel ballo.
“Ecco qua i due musoni della festa. Rovinate ogni evento con le vostre facce serie!”
“Astrea è troppo impegnata ad odiare Francisco ed io evito che lo ammazzi davanti a tutti.” Rispose Alec facendo spallucce. Lo stregone roteò gli occhi verso Astrea e arricciò il naso.
“Ti ricordo che ai tuoi tempi hai frequentato il capo dei vampiri di New York, dunque non dire una parola sull’amicizia di tua sorella.”
“Non paragonare Raphael a un Martinez. Francisco resta il cugino di Thomas e questo basta per mettermi in allerta. Terrò gli occhi fissi su di lui in attesa di una mossa sbagliata.”
Magnus cercò sostegno in Alec, il quale non amava particolarmente immischiarsi nelle questioni di famiglia altrui.
“Va bene, fai quello che ti pare. Adesso, però, renditi partecipe della festa poiché sei la testimone di Sally.”
“Okay, okay!” borbottò Astrea, poi lasciò Leandro, ancora nel pieno del sonno, a Magnus e si fece largo in pista per ballare con le spose.
Dall’altra parte della sala, Nina trascinava sua sorella Victoria verso il tavolo cui stava seduto il padre. Raphael stava chiacchierando con Maia quando una mano gli tirò la giacca.
“Papà, a Victoria si è sciolta la treccia.” Disse la più grande mentre gli mostrava i capelli spettinati della più piccola. La sollevò da terra per metterla seduta sul tavolo, aprì la borsa di Astrea e raccattò un elastico nero.
“Ci pensa papà, tranquilla.”
Raphael con molta pazienza raccolse i capelli di Victoria e li legò in uno chignon abbastanza duraturo, dopodiché le applicò qua e là diversi ferrettini per fermare le ciocche. Era avvezzo a sistemare i capelli alle sue bambine da quando erano nate ed era diventato piuttosto pratico, di certo più capace di sua moglie.
Mon amour!
Ghiacciò al suono di quella voce che avrebbe riconosciuto tra mille. Voltandosi, corrugò le sopraciglia. Nina, spaventata, si nascose dietro di lui. Sylvie Blanc si parò davanti a lui in un succinto abito nero e con un sorriso felino stampato in viso.
“Tu che cosa ci fai qui?”
“Beh, Glenys ha voluto che io fossi qui visto che l’abito che indossa è una creazione del mio atelier di moda. E queste due bambine?”
“Noi siamo le sue principesse!” ribatté Nina con una certa altezzosità.
“Sì!” aggiunse Victoria per rafforzare la risposta della sorella. Raphael si inginocchiò al loro livello per accarezzarle, erano talmente belle nei loro vestitini color verde acqua e arancio. Sylvie sbarrò gli occhi quando collegò la somiglia tra i tre.
Mon Dieu! Sono le tue figlie!”
“Esatto, sono le mie figlie. Anzi, loro due e il bambino in braccio a Magnus sono miei e di Astrea.”
La vampira francese sembrò essere delusa da quella scoperta, come se fosse l’ultima cosa che si aspettava. Raphael da lontano vide Astrea ballare come una scatenata con Nikolai, sorridente e spensierata come accadeva di rado. Un lungo vestito azzurro con uno spacco vertiginoso alla gamba sinistra abbracciava il suo esile corpo, i capelli castani erano stati piegati in morbide onde e un trucco leggero le illuminava il volto. Anche Odette si unì alle danze portandosi dietro Maia, Izzy e Haru. Al contrario, Jace, Alec e Simon parlottavano in disparte da occhi indiscreti.
“Com’è strana la vita, vero? Io sarei dovuta essere la madre dei tuoi figli.”
“La vita ci concede quello che meritiamo, e io merito la famiglia fantastica che ho.” Disse Raphael, e un po’ gli piacque la frecciatina scagliata a sfavore di Sylvie.
Astrea, i cui talloni avevano iniziato a sanguinare a causa dei tacchi alti, si diresse verso Raphael con Leandro tra le braccia, poiché Magnus aveva deciso di scolarsi il bar intero, e si accigliò nel costatare la presenza di una chioma rossa. Sebbene fossero trascorsi anni, provava sempre una certa gelosia quando suo marito si trovava in compagnia di Sylvie.
“Chi non muore si rivede.”
Sylvie rise nell’udire la voce di Astrea, sarcastica e corrosiva come sempre.
“Come può un morto morire?”
Victoria e Nina corsero ad attaccarsi alla gonna di Astrea e lei scompigliò loro i capelli.
“Come sta Vincent?”
“Lui sta bene, cresce come un bambino mondano e sta addirittura imparando lo spagnolo.”
“Ah, è un bene.”
Notando lo sdegno di Astrea, Raphael le circondò la vita con il braccio e l’attirò a sé in una morsa maliziosa. Sylvie fu colpita da una gelosia accecante e, nonostante avessero unito le forze per liberarsi di Myra e Thomas, era palese che non fossero amiche.
“Allora io vi lascio ai vostri bambini. E’ stato un piacere. Tante care cose!”
Dopo che la vampira si fu allontanata, sembrò che anche i bambini si rilassassero.
“Noi andiamo a giocare!” disse Nina, allora prese la mano di Victoria e scorrazzò da Max, Rafe e Luìs che stava giocando a carte. Astrea avvertì un bacio sulla spalla nuda e sorrise. Alma la salutò da un divanetto del salone e lei ricambiò con un cenno del capo, anche perché tra di loro continuava a persistere un rapporto amichevole e non materno. Sally e Glenys stavano ballando un lento, strette in un abbraccio, e si scambiavano occhiate colme d’amore. Odette ridacchiava per qualcosa di buffo che le stava sussurrando Nikolai.
“Mamma.” Disse Leandro e affondò la testa nell’incavo del collo della mamma per trovare conforto. Astrea gli baciò la guancia e lo abbracciò forte. Le mani di Raphael si posarono sui suoi fianchi con i palmi aperti e fu attraversata dal familiare calore che essere trasmettevano.
“Sei straordinaria.”
“Smettila di adularmi, Santiago. So qual è il tuo fine.”
“E sarebbe?”
“Togliermi questo vestito di dosso.”
Gli occhi di lui vagarono sul suo corpo, sullo spacco che evidenziava la coscia, sullo scollo che risaltava la forma del seno, sulle spalle scoperte, e si morse di istinto il labbro. Stando attento che nessuno lo guardasse, fece slittare le mani dai fianchi ai glutei, al che la nephilim lo rimproverò con lo sguardo.
“Per quanto io abbia sempre voglia di toglierti i vestiti, ritengo davvero che tu sia straordinaria a prescindere da tutto.”
Astrea lo afferrò per il colletto con una mano e lo baciò, incurante della stanza gremita di gente. Leandro fece un versetto gioioso e loro sorrisero nel bacio.
“Sei speciale, Raphael.”
 
Cinque mesi dopo, Dicembre.
Raphael posizionò l’ultimo regalo sotto l’albero e si disse soddisfatto del lavoro che aveva fatto. Stando alla letterina di Nina a Babbo Natale, lei chiedeva una tavolozza di colori e una tela per dipingere, Victoria desiderava un monopattino, e per Leandro era stato richiesto un camion dei pompieri. Erano le sette di mattina e ci avrebbe scommesso che a momenti si sarebbero svegliati per la troppa curiosità di scartare i regali.
“Che Babbo Natale sexy abbiamo qui!”
Astrea lo raggiunse dietro al bancone della cucina e gli diede un bacio sulla guancia.
“Sempre così diretta, Monteverde.” disse lui mentre si accingeva a preparare la colazione.
“Sempre. Lo sai che sono sfacciata. Allora, è tutto pronto per quando le bestioline si sveglieranno?”
“Tutto pronto. Babbo Natale ha in serbo una cosuccia anche per te.”
La nephilim batté le mani in preda all’eccitazione, ricordava l’espressione estasiata che assumeva Leandro quando mangiava i biscotti inzuppati nel latte.
“Vediamo, vediamo, vediamo!”
Raphael le indicò un pacchettino rosso sul tavolino ai piedi del divano e si affrettò per aprirlo, senza curarsi di rovinare la preziosa carta che lo avvolgeva. Al suo interno vi era conservato uno stilo dalle fattezze pregiate con una ‘A’ incisa in oro sul dorso. Malgrado si fosse allontanata dal mondo degli Shadowhunters, un senso di completezza le riempì il cuore quando lo prese in mano e lo studiò nei dettagli.
“Ti piace?”
“E’ semplicemente perfetto. Grazie, tesoro.”
Lo abbracciò con una tenerezza insolita e lui seppe di aver azzeccato la sorpresa.
“Sono contento che ti piaccia.”
“Anche io ti ho fatto un regalo. Aspetta, vado a prenderlo.”
Tornò un paio di minuti dopo con un sacchetto di velluto verde e Raphael non ebbe bisogno di tirare ad indovinare: aveva fatto rimettere in funzione l’orologio di suo padre, quello stesso che Guadalupe gli aveva affidato prima di morire. Astrea, capendo la sua commozione, glielo allacciò al polso.
“Ti sarà costato una cifra farlo riparare. Sei una matta, fuego.”
“Te lo meriti. Sei un marito e un padre eccezionale. Tu non te ne rendi conto, ma fai davvero tanto per la nostra famiglia. Di solito gli uomini sono pessimi in tutto, dopo il matrimonio perdono attenzione, invece tu, nonostante un lavoro massacrante e orario assurdi, riesci ad occuparti dei bambini, della casa e a riservarmi le giuste attenzioni. Non sei come gli altri uomini, sei speciale.”
Ogni singola parola era vera. Raphael non urlava, non si lamentava, aiutava in casa e talvolta faceva tutto da solo, si ritagliava sempre del tempo per i figli, non faceva sentire a nessuno la sua assenza, era gentile, sempre presente, e dolce.
“Astrea Monteverde, io sono follemente innamorato di te.”
Astrea, senza perdere tempo, gli premette le dita sulla nuca e lo baciò. Lui la sospinse lievemente contro l’isola della cucina e approfondì il bacio, con le mani le tracciò il profilo delle spalle, dei seni, per afferrarle infine i fianchi.
“Mamma!”
Si separarono subito quando udirono i piedini di Nina correre sul parquet del salotto.
“Dobbiamo andare.” Gli disse Astrea senza staccare le mani dal suo petto. Raphael le dedicò ancora alcuni baci veloci sul collo.
“Riprendiamo questo discorsetto stasera, quando i bambini si addormentano.”
Rientrando in soggiorno, non li stupì che i tre bambini fossero già attorno all’abete addobbato. Leandro gattonò verso Astrea e lei lo prese in braccio, quindi gli baciò la fronte.
“Possiamo aprire i regali?” domandò Victoria, gli occhioni da cerbiatto e le manine giunte in segno di supplica. Astrea, che stava dando il biberon di latte a Leandro, annuì non essendo capace di resistere. Le bambine in pochi attimi scartarono i regali, lanciando la carta dappertutto ed esultando in preda alla felicità.
“Che bello! Grazie!” esclamò Nina, la quale prima abbracciò il papà e poi la mamma.
Victoria stava già gironzolando per tutta la casa sul monopattino e rideva di vero cuore.
“Mi diverto tantissimo! E’ il regalo più bello del mondo!”
Raphael e Astrea si scambiarono un’occhiata di sollievo, almeno avevano fatto centro per quel Natale. Poi anche Leandro, scoperto il suo regale, si mise a giocare insieme alle sue sorelle.
“Che ne dite di fare colazione adesso?” domandò Astrea alzandosi in piedi per richiamare l’attenzione. Raphael prese in braccio Victoria e Nina, mentre lei recuperò Leandro e si sedettero tutti a tavola. Si prospettava una giornata ricca di emozioni.
 
 
Un anno dopo, Luglio. Oggi.
Caro papà,
questa è l’ultima lettera che ti scrivo per raccontarti la mia vita sino ad oggi. Per sommi capi ti ho riassunto quello che ho vissuto negli ultimi tredici anni e sono giunta all’epilogo, la parte che concerne la conclusione. In questo momento ti scrivo dalla bellissima spiaggia di Santillana del Mar, mentre ogni tanto alzo lo sguardo verso la riva e sorrido: Raphael sta costruendo, o almeno sta tentano, insieme a Leandro un castello di sabbia mentre Victoria e Nina raccolgo l’acqua salata nei loro secchielli. Sono tre bambini diversi, meravigliosi e io li amo più di qualsiasi altra cosa al mondo. La vita sta andando avanti, proprio come mi ripetevi sempre tu. La mamma, che è il Capo effettivo, mi ha chiesto di allenare i nuovi nephilim che ospita e io ho accettato perché, volente e nolente, quel mondo mi appartiene. Beatriz sposerà Francisco il mese prossimo, anche se non sono ancora d’accordo, ma in fondo Raphael mi ricorda che è la sua vita e deve decidere da sola. Luìs ha intenzione di intraprendere gli studi di medicina il semestre prossimo e io appoggio la sua scelta. Max ha finito l’apprendistato e Magnus ha confermato che ora è uno stregone a tutti gli effetti. Rafe e Theodor sono entrati a far parte dei Centurioni, e Alec ne è molto orgoglioso. Haru è lo stregone di riferimento di Lisbona e credo che tra lui ed Elizabeth, l’ex compagna di Remus, stia nascendo del tenero. Nikolai e Odette hanno intenzione di ricostruire il Praetor Lupus dalle fondamenta e il Console, Kara Ravenscar, ha positivamente accolto la proposta. Sally e Glenys vivono felici il loro matrimonio e mandavano avanti l’attività dell’erboristeria con entusiasmo. Sylvie è la più celebre stilista del momento e suo figlio Vincent ha intrapreso la sua stessa strada. Tanisha è uscita di prigione e il Clave l’ha costretta ad unirsi al clan di Lily Chan per tenerla sotto controllo. Quanto a Raphael, il suo studio legale è il più rinomato della città e, come sempre, ribadisce ogni giorno di essere un uomo fantastico. Nina ha sette anni, parla in modo fluente sia lo spagnolo sia il portoghese e da poco ha cominciato a suonare il violino. Victoria, invece, di cinque anni, sembra essere più portata per l’attività fisica e sta imparando le arti marziali. Leandro, tre anni, comincerà l’asilo a settembre e lui è certamente propenso all’arte, infatti, i muri di casa nostra ne sanno qualcosa! Sento la mancanza di Thomas come se morisse ogni giorno e mi sviscerasse l’anima, ma chiudo gli occhi e m’impongo di non pensarci. Ogni mattina accetta la nuova condizione, mi adatto a essa e vado avanti. Saresti davvero fiero di me. Sai, parlo sempre di te ai miei figli, racconto loro delle nottate che trascorrevamo sul tetto a fissare le stelle e a immaginare la vita sugli altri pianti, di quelle volte che mi portavi al mare e mangiavamo il gelato con i piedi immersi nella sabbia calda, e di tutte le volte in cui mi hai consolato e mi hai regalato un sorriso quando di sorridere, non mi andava proprio. Mi manchi papà. Non riesco ancora a metabolizzare la tua assenza. Certo, siamo Shadowhunters e la morte è un concetto col quale dobbiamo imparare a convivere, ma non accetto che tu sia morto per colpa di una vendetta che con la nostra famiglia non aveva nulla a che fare. Eri una brava persona, gentile, sempre pronto ad aiutare il prossimo, e in cambio hai ricevuto una moglie che ti tradiva, una figlia dal potere incomprensibile, e un nemico in casa. Un giorno ci rivedremo e colmeremo tutte le mancanze.
Adesso vedo Raphael camminare verso di me, dalla sua espressione deduco che abbia capito il mio momento di solitudine e lo rispetta lasciandomi il tempo per finire questa lettera. I miei figli mi chiamano, m’invitano a giocare con loro, a ridere, a vivere. Finisco con la speranza che la vita continui in questo modo, ricca di amore e di felicità.
Ti voglio bene.
Con tutto l’affetto possibile,
Tua Astrea.
Astrea chiude la lettera in una bustina bianca che finirà nel suo comodino e si avvicina a Raphael con gli occhi lucidi.
“Tutto bene, fuego?”
“Più che bene. Dovevo salutare mio padre per l’ultima volta.”
“Mamma, papà, venite a giocare!”
Nina li sta incitando con un gesto della mano, mentre al suo fianco Victoria riversa l’acqua sulla sabbia e Leandro scava con la paletta. Raphael le tende la mano e inclina la testa per regalarle uno sguardo contento.
“Vieni con me?”
Astrea gli bacia a stampo le labbra, sorride come un adolescente alla prima cotta, poi gli afferra la mano.
“Sempre con te.”
Eccola lì, la famiglia Santiago - Monteverde che finalmente, dopo tante fatiche, si gode la tanta meritata serenità.
 
 
Salve a tutti!
Siamo davvero arrivati al capolinea, alla fine di tutto.
Vi confesso che ho scritto le ultime righe con le lacrime agli occhi e un nodo in gola perché ho amato sin dall’inizio Astrea, dal momento in cui mi è balzata in mente. E poi ho voluto dare una seconda chance al personaggio di Raphael perché è troppo marginale nella saga e secondo me meritava di essere trattato meglio, così gli ho concesso quella vita da mondano che ha sempre voluto (come si evince dalla saga).
‘Troublehunter’ è il ciclo di storie a cui sono più legata in assoluto. Ho costruito ogni personaggio con passione e sudore, li ho amati e odiati al tempo stesso, ho sorriso e sofferto con loro. Alla fine di questa avventura posso ritenermi soddisfatta del percorso.
Un GRAZIE SPECIALE A TUTTI VOI, A CHI HA LETTO, RECENSITO, MESSO LA STORIA TRA I PREFERITI, ETC. GRAZIE DEL SOSTEGNO, GRAZIE DI AVER FATTO QUESTO VIAGGIO CON ME, GRAZIE DI AVER LETTO UNA PARTE DEL MIO MONDO INTERIORE.
E adesso, prima che la tastiera si inondi delle mie lacrime, è meglio che io concluda.
Ricordate sempre: quello che credete essere la fine non è altro che un nuovo inizio.
Con immensa gratitudine,
La vostra Lamy_
 
Ps. N1: qual è il vostro personaggio preferito?
 
Ps. N2: perdonate eventuali errori di battitura (non posso crederci che lo sto scrivendo per l’ultima volta!)
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
  
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