Anime & Manga > Steins;Gate
Segui la storia  |       
Autore: Class Of 13    28/05/2018    1 recensioni
[Okakuri & Co. || Ambientata nel futuro dello Steins;Gate || Feels felici]
#1 - Operation Freyr - Uno scienziato pazzo alle prese con il suo ultimo, folle piano malvagio.
#2 - Quantum Entanglement - Una neuroscienziata comprende come particelle subatomiche ed esseri umani non siano poi così diversi.
#3 - Rivoluzione - Il personalissimo sistema solare di Okabe Rintarō viene sconvolto.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

«Poiché adesso ti ho incontrata, il mondo cambierà.

Riesco a sentire il canto del principio dentro di me.

L’inizio partirà proprio da te».

[Hajimari no uta - Kanako Itou]

 

Tap. Duemilatrecentoquattordici.

Tap. Duemilatrecentoquindici.

Tap. Duemilatrecentosedici.


Silenzio.
 

«Okarin, amico, stai consumando il pavimento».

Okabe si fermò bruscamente, volgendo lo sguardo verso la figura del suo migliore amico, adagiato su una delle sedie di plastica della sala d’attesa.

Hashida Itaru, in tutta risposta, gli rivolse un sorriso comprensivo, colpendo il posto accanto al proprio con una delle sue grosse mani. Okabe non poté fare a meno di notare come il suo comportamento somigliasse a quello di un padre pronto a rassicurare il proprio figlio. Il matrimonio con Yuki e la nascita di Suzuha lo avevano cambiato non solo fisicamente.

Okabe accolse l’invito, lasciandosi cadere sulla sedia con un sospiro esausto e un’espressione di scuse.

«Sai, credo di non essere mai stato tanto agitato quanto lo ero il giorno della nascita di Suzuha. Ero così nervoso che le infermiere mi avevano proposto di prendere un calmante», cominciò in un tono che nascondeva una risata.

Ricordava bene quel giorno. In quella tiepida notte di fine settembre lui e Kurisu erano rimasti svegli, chiusi nel Laboratorio ad analizzare i dati relativi ad una misteriosa immagine che pareva essere coinvolta nei misteriosi incidenti avvenuti a Shibuya nel 2015, quando il suo cellulare era squillato. La voce di un Daru terrorizzato gli aveva annunciato che a Yuki si erano rotte le acque: quando erano giunti in ospedale, la moglie del suo migliore amico era già entrata in sala parto e lui, pallido come un cencio, stava osservando la porta della stanza come se questa avesse potuto prendere improvvisamente vita ed attaccarlo.

«Eri comunque meno patetico di me in questo momento, puoi starne certo», commentò Okabe passandosi una mano tra i capelli scuri che ormai gli ricadevano sulla fronte. «In questo momento ho tanti di quei dubbi su me stesso che sento di essere sull’orlo della pazzia».

Daru si lasciò sfuggire una risatina, assestandogli una pacca amichevole sulla schiena. «E dire che fino a qualche anno fa andavi proclamando al mondo di essere un folle scienziato pazzo, Hōōin Kyōma».

Okabe sobbalzò, sentendo il calore propagarsi sulle sue guance. «N-non rivangare il mio oscuro passato!».

Crescendo, grazie anche a Kurisu che lo minacciava di chiedere il divorzio ogni qualvolta riportava alla luce il nome del suo alter ego, Okabe aveva abbandonato la parte “folle" di Hōōin Kyōma, accontentandosi, da vero normie, di essere uno scienziato tutto sommato rispettabile.

A quella figura tanto cara quanto improbabile, però, erano legati i suoi ricordi più belli, i ricordi della lunga estate in cui l’aveva conosciuta e dei giorni spensierati trascorsi assieme agli altri mentre, un mattone alla volta, iniziavano a costruire il loro futuro.


“Sei un caso perso ma, anche se mi costa ammetterlo… ti amo anche quando sei Hōōin Kyōma".


«Mi sentirei molto più tranquillo in questo momento, se fossi realmente Hōōin Kyōma. Ho una tale paura di sbagliare ogni cosa».

Daru chiuse gli occhi, scuotendo la testa con espressione seria. «Io penso che in questo momento sia giusto che tu sia soltanto Okabe Rintarō», disse osservandolo dietro le lenti dei suoi occhiali. «È un momento importante della tua storia, non di quella di Hōōin Kyōma».

Okabe sollevò la testa, rivolgendo un’espressione decisamente sorpresa al proprio migliore amico. Le sue parole gli riportavano alla mente i pensieri che avevano affollato la sua mente nel vederlo davanti all’altare assieme a Yuki.

Heh. Anche questa… è la scelta di Steins Gate.

L’espressione di Daru mutò in un sorriso carico di nostalgia mentre volgeva lo sguardo al bianco soffitto dell’ospedale con un sospiro. Per un istante il suo amico gli sembrò incredibilmente vecchio.

«Sai, Okarin. C’è una cosa che non ho mai detto a nessuno, nemmeno a Yuki-tan».

«Eh? Davvero?».

Daru, con aria grave, annuì appena. «Quando la Suzuha del futuro mi rivelò che di lì a sette anni sarei diventato padre confesso di aver preso alla cosa alla leggera. Avevo 19 anni e non conoscevo ancora Yuki-tan, perciò una simile affermazione sul mio futuro sembrava quantomeno irrealistica».

«Non ti biasimo. Dubito che avrei creduto ad una sola parola di Suzuha, se fossi stato al tuo posto», intervenne Okabe passando una mano dietro al collo con un sorriso comprensivo.

Dopo tutto quello che aveva vissuto difficilmente sarebbe potuto esistere qualcosa che lui avrebbe trovato “impossibile”, perché lui aveva sfidato il concetto stesso di impossibilità ed era riuscito ad ingannare l’universo.

D’altro canto, però, era certo che Daru all’epoca doveva essere stato in possesso di pochi e vaghi ricordi delle altre linee di universo.

«Quando Yuki-tan rimase incinta e diede poi alla luce Suzuha, mi ritrovai in una situazione molto simile alla tua».

«Eh? Ma sembravi così felice… Voglio dire, io in questo momento-».

Il volto del suo migliore amico si aprì in un sorriso disperato. «Certo che ero felice. Ma allo stesso tempo la mia mente mi proponeva domande utili come “può un inutile otaku come me essere un buon padre?”, “e se crescendo Suzuha finisse con l’odiarmi?”».

Le labbra di Okabe si schiusero appena per lo stupore.

Il giorno della nascita di quella che era il LabMem #008 aveva visto Daru cambiare radicalmente atteggiamento nel giro di poche ore: dalla figura terrorizzata che lui e Kurisu avevano trovato al loro arrivo in ospedale si era trasformato in un uomo dall’aria protettiva, che vegliava su sua moglie e sua figlia come se avesse vissuto la propria esistenza solo per prepararsi a quel momento. Era un padre modello e Suzuha lo aveva adorato sin dal primo istante.

«Ad alimentare i miei dubbi era qualcosa che tu conosci molto bene, Okarin».

Daru si interruppe per qualche istante, quasi a volergli dare il tempo di formulare un qualche tipo di ipotesi. Quando si rese conto del fatto che in quel momento il suo cervello non era probabilmente in grado di funzionare correttamente, il suo sorriso si allargò, dandogli un’aria palesemente divertita.

«Reading Steiner».

«Cosa? Ma tu non...».

«Ovviamente non è nemmeno lontanamente preciso come il tuo, ma tu e Makise-shi lo avete studiato, no?», spiegò con una calma peculiarmente diversa dalla flemma che era solito mostrare. «Tutti possiedono una minima percentuale di Reading Steiner, ma in noi che in un modo o nell’altro abbiamo avuto a che fare con quella cosa… appare con forza leggermente superiore al normale».

Okabe fissò il proprio migliore amico con aria palesemente sorpresa. Per un attimo la sua figura si sovrappose a quella di un uomo decisamente più adulto e dell’aria vagamente malinconica.
 

“È un piacere rivederti, amico mio".
 

«In qualunque mondo io mi trovassi… non sono mai stato un buon padre per Suzuha. Non sono mai riuscito a starle vicino come avrei dovuto, per questo avevo il terrore di ripetere i miei errori anche qui, in questo mondo che tu hai creato».

«Daru, io-».

Il suo fido braccio destro lo interruppe con un gesto della propria mano, non smettendo di sorridere nemmeno per un attimo. «Sono sicuro che la verità dietro questi fatti sia molto diversa dai miei pensieri, ma direi che questo non è il momento più appropriato per parlarne, no?».

Okabe si ritrovò, seppur a malincuore, a dover annuire. Lo shock di vedere Daru parlargli in maniera così matura sembrava averlo ammutolito.

«Okarin. Hai sempre messo tutti noi prima di te stesso e sei stato capace di cose umanamente impossibili pur di salvaguardare la nostra felicità. Se un inutile otaku come me riesce ad essere un padre tutto sommato decente di una splendida bambina, non vedo perché proprio tu non debba essere in grado di fare un lavoro anche migliore». Daru posò una mano sulla sua spalla, guardandolo negli occhi. «Noi LabMem abbiamo fiducia in te, Makise-shi più di tutti».

Okabe sentì improvvisamente il bisogno di piangere.

Nonostante tutti i suoi errori, nonostante la sofferenza che questi avevano causato alle persone a cui voleva bene, la vita gli aveva fatto dono di persone meravigliose. Lui non era che uno scienziato pazzo da quattro soldi ma, per motivi che proprio non riusciva ad immaginare, i suoi amici nutrivano una fiducia incondizionata nei suoi confronti.

Sospirò, scacciando via il bruciore che lo minacciava agli angoli dei suoi occhi e cercò un modo per esprimere tutta la gratitudine che provava in quel momento.

«Signor Okabe?»

La voce gentile dell’ostetrica lo obbligò a desistere dai propri intenti per concentrarsi su problematiche più imminenti.

«Può entrare, le sue signore la stanno aspettando».

Un'ondata di gelo invase il suo corpo, strisciando sinuosa sotto la sua pelle. Quando si alzò dalla sedia scoprì che le sue mani e le sue gambe tremavano visibilmente.

«Daru?», chiamò voltandosi un’ultima volta verso il proprio fido braccio destro.

«Mmmh?».

«Non mi hai detto come hai fatto a liberarti di quei dubbi».

Il suo migliore amico gli rivolse un ghigno beffardo, aggiustando gli occhiali sul proprio naso in una maniera che ricordava molto un personaggio di qualche anime.

«Lo scoprirai da solo prima di quanto pensi».

§

 

Il primo dato della stanza che percepì, oltre al bianco quasi abbagliante delle pareti, fu l’odore pungente del disinfettante.

Kurisu era seduta sul letto con gli occhi chiusi, le gambe distese sotto le lenzuola candide e la schiena inclinata contro il cuscino appoggiato alla testata del letto. Il suo volto era pallido, fatta eccezione per due graziose macchie rosee sulle sue guance e i capelli ramati le cadevano disordinatamente sulla fronte, leggermente umidi per il sudore. Tra le sue braccia giaceva un fagotto bianco, da cui spuntava un viso arrossato che aveva l’aria di dormire serenamente.

Un nodo sembrò insediarsi improvvisamente nella sua gola.

«Kurisu», chiamò piano, quasi temendo di essere di disturbo.

La donna aprì piano gli occhi azzurri, prendendosi qualche secondo per mettere a fuoco la sua figura che, con fare esitante, si inginocchiava accanto al letto.

«Ciao, Rintarō».

Il suo volto lasciava trasparire quanto fosse esausta ma, nonostante questo, si aprì in un gran sorriso.

Era bellissima.

Il nodo alla gola si fece più stretto. Una leggera sensazione di vertigine lo colse alla sprovvista.

 

Kurisu, affannata, gli sorrideva sulla soglia del Laboratorio. I suoi occhi lucidi erano fissi su di lui.

“Addio, Okabe. Anche io ti amo… con tutto il cuore!”
 

Quando la vertigine passò Kurisu era lì dove l’aveva lasciata, ancora sorridente. La sua mano sottile gli accarezzò i capelli scuri con tenerezza.

«Era da un po' che non succedeva, vero?», gli chiese con una nota di divertimento nella voce stanca.

Okabe si lasciò sfuggire una risatina. «Non ti smentisci mai, eh?».

«I premi Nobel non sono qualcosa che viene assegnato a caso, sai com’è». Il sorriso di Kurisu si addolcì. «Avvicinati».

Okabe obbedì, sollevandosi quel tanto che bastava per raggiungere il volto di sua moglie. Le sue labbra erano calde.


Le guance di Kurisu erano tinte di rosso. I suoi occhi lo guardavano timidamente attraverso le lunghe ciglia scure.

“S-soltanto un bacio. Sii… delicato.”

L’amore che provava nei suoi confronti sembrò traboccare dal suo cuore.
 

Un tocco delicato sulla sua guancia lo riportò al presente. Il volto di Kurisu sorrideva a pochi centimetri dal suo. Con un sospiro Okabe posò la propria fronte contro quella della donna a cui aveva devoluto la propria vita.

«Scusami».

Kurisu gli accarezzò la guancia con un pollice. «Non scusarti». La sua voce era incredibilmente gentile. «È successo anche a me, prima. Ne abbiamo passate tante, assieme».

Era senza parole. Aveva rischiato tutto per un futuro incerto, ma ciò che stava vivendo in quel momento andava oltre ogni sua più rosea aspettativa. Aveva davvero costruito tutto quello con le sue mani? No. Non sarebbe stato lo stesso senza Kurisu. Il merito di quel futuro così abbagliante era anche suo, della stessa donna che lo aveva guidato per mano nel suo viaggio attraverso il tempo.

«Ehi… Stai piangendo?». La voce e l’espressione di Kurisu si tinsero di una nota di preoccupazione. «Va tutto bene, sono qui. È tutto okay».

Kurisu lo stava abbracciando con delicatezza, sussurrandogli parole di conforto con quella dolcezza che nascondeva con tanta ostinazione. Aveva desiderato così tanto di poterla rivedere e quel suo desiderio era stato realizzato nel più crudele dei modi.

“L’Hōōin Kyōma che conosco e amo ha molta più fiducia in se stesso di così.”

Perché non poteva rimanere per sempre al suo fianco?

Un verso incomprensibile scandito da una voce che non apparteneva né a lui né a Kurisu interruppe il fluire dei suoi ricordi. Il piccolo fagotto tra le braccia di sua moglie si agitò appena.

«Sembra che qualcuno sia impaziente di fare la tua conoscenza… papà», disse Kurisu con un sorriso. «Penso di averti detto più volte che non è educato far attendere una signorina».

«…papà, eh?». Okabe rivolse uno sguardo esitante a Kurisu, la quale in tutta risposta annuì senza perdere il proprio sorriso.

«Puoi prenderla in braccio, se vuoi. Non vede l’ora di conoscerti».

Sì alzò in piedi, lottando per nascondere la debolezza che sembrava improvvisamente aver colto le sue gambe e si chinò verso la bambina, prendendola con cautela tra le proprie braccia così come aveva fatto con Suzuha il giorno in cui l'aveva incontrata per la prima volta.

La bambina, quasi si fosse resa conto del fatto che qualcosa nei suoi dintorni fosse cambiato, aprì gli occhietti, rivelando le sue stesse iridi dorate.

Il nodo alla gola tornò improvvisamente a farsi sentire. Le lacrime tornarono a scendere sulle sue guance. Doveva essere uno spettacolo a dir poco imbarazzante, un uomo adulto che singhiozzava con una neonata perfettamente calma tra le braccia.

«Ha i tuoi occhi», disse Kurisu con dolcezza. Nel suo sguardo c’era soltanto un profondo amore.

«… Benvenuta al mondo, Labmem #013», disse piano, quasi si trattasse di un segreto tra loro due, padre e figlia.

La bocca della piccola si distese in una parvenza di sorriso.

Era un nuovo inizio. L’inizio di una grande e bellissima avventura.

«Kurisu», chiamò con voce rotta.

La scienziata gli rivolse un’occhiata curiosa, inclinando appena la testa. «Cosa c’è, Rintarō?».

«Da questo giorno in avanti, tutto ciò che ho… lo dono a voi».

 



Note dell'Autrice: Duhuhu. Siamo finalmente giunti alla fine di questa piccola raccolta. Personalmente mi ritengo piuttosto soddisfatta, perché era da parecchio che non mi ritrovavo a scrivere con così tanta facilità. Ma bando alle ciance.

-Sono sicura che alcuni di voi si staranno chiedendo: "che caspita c'entra la parola 'rivoluzione' con quello che hai scritto?". Beh, in questo caso la risposta è semplice e implica un concetto che fortunatamente sono in grado di spiegare da sola (niente fisica quantistica, yay!). Senza dubbio ho scelto questo titolo perché è una parola ambivalente: una rivoluzione può indicare a livello storico un forte cambiamento a livello sociale o economico, no? E direi che avere un figlio deve essere una rivoluzione bella grossa per una persona. Però rivoluzione è anche il moto della Terra attorno al Sole, e chi può rivoluzionare il sistema solare di Okabe se non sua figlia? La cosa divertente è che l'idea mi è venuta conversando allegramente con SkyObserver. Le avevo detto "Certo che avere un figlio deve essere una rivoluzione, per qualcuno". Lei mi ha brillantemente fatto notare che, sorpresa sorpresa, avevo appena trovato il titolo per la mia storia.

- Chi mi conosce sa l'amore spropositato che nutro nei confronti della voce di Kanako Itou. Hajimari No Uta ("Canto del principio") è una canzone inserita nel singolo di "Fatima" la opening dell'anime di Steins;Gate 0, e che ho voluto tradurre dal Giapponese perché mi piace moltissimo. Non credo che la citazione che ho scelto abbia bisogno di spiegazioni.

- Non ho inserito Leskimemes. Mi sento un po' triste.

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Steins;Gate / Vai alla pagina dell'autore: Class Of 13