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Autore: Yumeji    29/05/2018    1 recensioni
- Non verrò ad allenarmi con te, Forsyth. Te l'ho detto, noi abbiamo sistemi di preparazione diversi: quanto tu hai bisogno di sudare, tanto io ho bisogno di riposare - cercò di tagliar corto alzandosi a sedere, appoggiandosi con la schiena al tronco dell'albero sotto cui fronde aveva deciso di fare la sua siesta.
Era strano ma non ricordava precisamente quando fosse arrivato lì, segno che probabilmente aveva dormito più allungo di quanto credesse. Il sole era alto sopra l'orizzonte e un cielo terso, di un azzurro quasi accecante, gli riempì per un momento lo sguardo mentre cercava di ricordare dove fosse esattamente.
Dov'era l'accampamento? O forse non era in un accampamento?
Faceva troppo caldo perché fossero nel Rigel, ma allo stesso tempo, vista la lunga siccità da cui era stata colpita, era difficile crede che un luogo simile si potesse trovare in Zofia.

ATTENZIONE: Questa fanfic è stata ispirata da "Come se fosse posseduto" di VaultEmblem, pubblicata su questo fandom, è consigliabile conoscerla per poter apprezzare meglio la one-shot. Pubblico questo "seguito" con il consenso dell'autrice.
[FE15 | Forsython | Forsyth & Python]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: Questa fanfic è stata ispirata da "Come se fosse posseduto" di VaultEmblem (https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3758631&i=1) , pubblicata su questo fandom, è consigliabile conoscerla per poter apprezzare meglio la one-shot che segue. Pubblico questa fanfic con il consenso dell'autrice la quale mi ha concesso il permesso di scrivere un seguito (ma se in futuro VaultEmblem deciderà di scrivere altro sul tema provedderò a cancellala). Godetevale!



- Cosa stai combinando Python? - gli domandò Forsyth chino su di lui, nell'inutile tentativo di destarlo dal suo pisolino. In tutta risposta l'arciere si volse dall'altra parte, dandogli le spalle, in un chiaro messaggio di voler essere lasciato in pace. Era stanco, doveva riposare. Cosa c'era di male in questo? Non capiva perché Forsyth gli si rivolgesse con un'espressione tanto severa. Non era certo la prima volta che lo beccava a bigiare un allenamento o simili. Solo in battaglia Python non aveva mai avuto il coraggio di mancare, c'era bisogno di qualcuno che coprisse le spalle a quel megalomane pieno di ideali e buone intenzioni.

Quante volte gli aveva evitato di finire in una trappola o accerchiato colpendo a distanza i nemici che gli si avvicinavano alle spalle? Gli sarebbe bastato mancare un tiro una sola volta perché Forsyth si trovasse in guai seri. D'altronde, per quanto non lo entusiasmasse la campagna a cui il suo migliore amico aveva tanto ardentemente aderito, aveva scelto di guardargli le spalle. Era stata una decisione sofferta, sopratutto perché, inseguito, il trovarsi a ricevere meriti su meriti in battaglia era stata una seccatura non da poco per il suo animo pacato e menefreghista. A lui interessava solo che Forsyth non finisse ammazzato in maniera stupida e brutale, non voleva promozioni, non voleva soldi e potere. Gli bastavano un piatto abbondante di cibo e un letto caldo la sera per dirsi contento. Nella prossima vita si sarebbe di certo reincarnato in un gatto. Loro sì che non avevano seccature.
- Python! - lo chiamò ancora Forsyth, il tono alterato nel trovarsi a scuotere l'amico afferrandolo per una spalla, - Smettila di far finta di dormire! Svegliati! - gli ordinò. - Guarda che non me ne vado finché non ti svegli! - aggiunse, sperando di ottenere qualche effetto, e trovandosi così ad affrontare quel familiare sguardo all'apparenza sempre vagamente annoiato e seccato.
- Non verrò ad allenarmi con te, Forsyth. Te l'ho detto, noi abbiamo sistemi di preparazione diversi: quanto tu hai bisogno di sudare, tanto io ho bisogno di riposare - cercò di tagliar corto alzandosi a sedere, appoggiandosi con la schiena al tronco dell'albero sotto cui fronde aveva deciso di fare la sua siesta.
Era strano ma non ricordava precisamente quando fosse arrivato lì, segno che probabilmente aveva dormito più allungo di quanto credesse. Il sole era alto sopra l'orizzonte e un cielo terso, di un azzurro quasi accecante, gli riempì per un momento lo sguardo mentre cercava di ricordare dove fosse esattamente.
Dov'era l'accampamento? O forse non era in un accampamento?
Faceva troppo caldo perché fossero nel Rigel, ma allo stesso tempo, vista la lunga siccità da cui era stata colpita, era difficile crede che un luogo simile si potesse trovare in Zofia.
La distesa d'erba da cui erano circondati era di un verde lucente e vivo, si trattava di un prato immenso, tanto grande da dargli l'illusione che raggiungesse l'orizzonte. Si era alzato un po' di vento e lunghi steli d'erba si ripiegavano dolcemente al suo avanzare, creando un movimento ad onde che tanto ricordava la marea. Per quanto piatto era un paesaggio magnifico, armonioso, agli occhi di Python non poteva esserci luogo migliore. Tutto era tranquillo e pacifico, si trattava un posto perfetto in cui fermarsi e riposare.
Persino troppo perfetto, ragionò tornando a portare la propria attenzione sull'amico, che ancora lo fissava con quello sguardo colmo di rimprovero. Per qualche motivo quella situazione gli pareva così irreale. Forse però era solo perché si sentiva ancora mezzo addormentato.
- Allora? - domandò quando l'altro non iniziò con la sua solita predica sull'impegno e la buona volontà che a lui mancavano totalmente, - Cosa c'è? - sbuffò un poco irritato, quando ancora Forsyth si limitò a fissarlo senza pronunciare una sillaba. - Mi svegli e poi te ne stai zitto? - incrociò le braccia la petto, notando solo allora della mancanza non solo del proprio cavallo, ma pure dell'arco e della faretra con le frecce. Di norma se la teneva a fianco anche quando riposava, per lo meno doveva tenersi pronto in caso di un attacco improvviso.
Forse le aveva lasciate sul cavallo? Si domandò, chiedendosi subito dopo se magari l'animale, dopo aver pascolato un po' in giro, non fosse tornato all'accampamento senza di lui e ciò non avesse messo in allarme Forsyth. Magari l'amico aveva finito con il pensare al peggio e forse poteva comprendere il perché della sua faccia preoccupata.
- Tu... tu non ricordi niente? - gli domandò il soldato, lo sguardo colmo di una confusa meraviglia. Per un momento parve impallidire mentre si raddrizzava, scostandosi dall'amico solo per prendere posto di fianco a lui, sedendosi a terra in ginocchio, afferrandosi la testa fra le mani con fare sconsolato.
- Ehi, stai bene? - nel vederlo in quelle condizioni, una genuina preoccupazione attraversò Python, il quale si raddrizzò per sporgersi verso l'altro, afferrandogli un braccio per fargli scoprire il viso. Avvolte capita che Forsyth si facesse sconsolato od abbattuto, sopratutto se l'amico finiva con l'esasperarlo con i suoi atteggiamenti pigri e svogliati. Solitamente però non era tanto teatrale, si limitava a riprenderlo o al massimo, se davvero era arrivato a farlo arrabbiare in maniera seria, gli metteva il muso e non gli rivolgeva la parola per qualche ora.
Per quanto ogni volta promettesse di non parlargli per giorni interi, Forsyth aveva un cuore troppo buono e tenero per rimanere infuriato con lui a lungo.
- Hai di nuovo esagerato con gli allenamenti, idiota idealista? Ti fa male da qualche parte? - insistette quando l'altro si limitò a scuotere il capo, l'espressione amareggiata e un tantino sofferente. A quel punto Python temeva sinceramente che l'amico potesse essere stato colpito da un qualche tipo malessere, forse causato da un eccessivo sforzo.
- Oh, piantala Python! - sbottò Forsyth scostandogli con fare brusco la mano, sollevando il capo per affrontarne lo sguardo, la voce alterata da un'emozione che l'altro non riuscì a decifrare, un misto di paura, rabbia e confusione. Era raro per lui perdere la calma a quel modo, solo l'amico di infanzia riusciva a portarlo ad alterarsi tanto. - Davvero mi stai chiedendo se sto bene? - gli domandò in un tono ironico e sprezzante che Python non gli aveva mai sentito fare, - Mi stai prendendo in giro, vero? Non puoi non ricordare! - gli si afferrò alle spalle scuotendolo con forza, arrivando a spingerlo con violenza contro il tronco dell'albero su cui Python finì con il sbattere malamente la nuca. Forsyth pareva vinto da una smania che per un momento spaventò l'amico, cui sguardo si riempì di stupore mentre una fitta di dolore gli piegava le labbra in una smorfia.
- Lasciami, idiota! - gli inveì contro, riprendendosi dallo stupore iniziale per scostarlo da se, allontanandolo via nell'alzarsi in piedi, facendolo cadere con il sedere per terra. - Ma cosa ti prende?! -  urlò rabbioso, tenendosi in una posizione di vantaggio scrutandolo dall'alto in basso. Non sapeva cosa l'altro avesse, ma era consapevole della loro differenza di forza. Per quanto anche Python fosse un soldato allenato, la sua costituzione non era paragonabile a quella dell'altro, cui fisico si era irrobustito nel portare armi e armature ben più pesanti di arco e frecce.
- Scu... scusa - balbettò Forsyth trovandosi a scuotere il capo, l'espressione dispiaciuta ed incredula di qualcuno consapevole di aver perso il controllo e stupito di se stesso per averlo fatto. - Non volevo reagire così - aggiunse ancorando lo sguardo a terra pentito, - E' che... che questa situazione...- mormorò prendendosi il viso fra le mani. C'era sincera disperazione nei suoi occhi.
- Ehi, guarda che è tutto okay - nel vederlo tanto scosso Python avvertì una morsa di senso di colpa morderlo alla bocca dello stomaco e si trovò a chinarsi sull'amico, ancora seduto a terra, appoggiandogli una mano sulla spalla per rassicurarlo. - Sarai stanco, capita a tutti di scattare una volta ogni tanto. Non è successo nulla, non devi fare quella faccia - tentò di consolarlo, per quanto non gli riuscisse bene e si trovasse al quanto impacciato nel farlo.
Si trattava di una situazione inedita, abituato com'era a prendersi gioco del amico, del suo impegno e dei suoi ideali, per poi ammirarlo in segreto. Lui non aveva nulla di così forte a muoverlo, e forse alle volte un poco invidiava quella forza d'animo che l'altro era in grado di mostrare, poi però ricordava quanto belle fossero le pennichelle, il prendersela comoda e gli passava.
- Sono morto, Python - Forsyth sollevò il viso per incrociarne lo sguardo, l'espressione seria nel parlare, capace di provocare un brivido lungo la schiena del altro, cui viso per un momento si irrigidì per poi aprirsi in un sorriso nervoso.
- Questa era pessima... non le sai fare le battute - rise per quanto avvertisse una morsa di gelo afferrargli le viscere, inconsciamente indietreggiò, sentendo la punta della proprie dita farsi fredda. Cos'era quella paura che gli risaliva dalla gola? - Ammetto però che mi hai preso di sorpresa - disse voltandogli le spalle, avvertendo il bisogno di allontanarsi, l'istinto alla fuga a fargli fremere l'animo mentre il suo sguardo cercava, in quella distesa verde lussureggiante qualcosa di familiare a cui afferrarsi. Una parte della sua mente non comprendeva il motivo per cui stesse cercando un rifugio in cui nascondersi, non voleva però perdere tempo a chiederselo.
- Sta per mettersi a piovere - commentò nel avanzate di qualche passo, stringendosi nelle spalle quando il dolce vento che prima accarezzava la pianura si fece più forte, provocandogli una sensazione di freddo. Verso l'orizzonte, da prima terso e di un azzurro abbacinante, una grigia coltre di nubi aveva cominciato ad ammassarsi. Un fulmine per un momento squarciò l'aria precedendo di qualche secondo il tuono. - Dovremmo tornare all'accam...- si trovò a proporre prima di ricordare che non c'era alcun accampamento, - Dobbiamo cercare un rifugio, sembra un bel temporale - si corresse, continuando a dare ostinato le spalle all'amico, il quale aveva preso ad avvicinarsi. Python lo avvertiva alla proprie spalle, a scrutarlo con lo sguardo triste e un poco penoso, lui però non aveva alcuna intenzione di voltarsi ad affrontarlo. Era stupido, ma temeva il suo migliore amico. Si conoscevano da una vita e assieme ne avevano affrontate di tutti i colori: si erano uniti ai liberatori e superato il pregiudizio dei nobili; avevano combattuto al fianco di Alm e affrontato nemici temibili; si erano persino trovati a battersi contro una divinità per la miseria! Ed erano sopravvissuti entrambi anche a quello, quindi, di cosa aveva paura?
- Python - lo chiamò, il tono colmo di pietà,
- Ah, che rottura però - sbuffò lui grattandosi la nuca con uno sbadiglio, cercando di mantenere un'aria indifferente, rimanendo ostinato a fissare il cielo che rapidamente aveva preso ad oscurarsi, come se la sera fosse calata di colpo. - Era una giornata perfetta fino a poco fa -
- Python - di nuovo Forsyth ne pronunciò il nome e sta volta, per qualche motivo, la sua voce suonò alle orecchie del arciere come molto lontana, eppure avrebbero dovuto essere solo a pochi metri di distanza. - Python, lasciami avvicinare - gli domandò, il tono simile ad una supplica che però l'altro non era in grado di comprendere. Lui non stava facendo nulla per impedirglielo,
- Non ti fermo mica - gli rispose, il tono più ostile e freddo di quanto avesse voluto. Il disagio da cui era stato travolto stava lasciando spazio ad una rabbia sottile ma devastante. Non voleva vederlo. Forsyth doveva andarsene. Doveva andarsene. Il solo sentirne la voce d'improvviso lo infastidiva, perché aveva dovuto parlare? Perché l'aveva svegliato? Stava così bene a dormire sotto quel cielo troppo perfetto, in quel prato così bello da non poter essere reale.
- Python, non scacciarmi! - il tono d'allarme dell'altro lo infastidì, obbligandolo a voltarsi verso di lui, le braccia conserte al petto,
- Guarda che io non sto facendo nul-...- la frase gli morì in gola e gli occhi gli si strabuzzarono dalla meraviglia nel trovarsi di fronte ad un muro invisibile, ma palpabile al punto da deformare l'aria, che lo divideva dall'amico. - Cosa diamine è? - esclamò incredulo toccando la superficie liscia e fredda di quella parete, la quale si deformò attraversata da un susseguirsi di piccole onde simili a quelle che ricoprivano uno specchio d'acqua infranto. A differenza di una superficie liquida quella si dimostrava solida e, nonostante Python aumentasse lo sforzo per attraversarla, glielo impediva. - Magia? - domandò alzando lo sguardo, trovandosi così faccia a faccia con Forsyth, separati da quel muro sottile ma all'apparenza irremovibile.
- No, non è magia - fece lui, scuotendo anche il capo in senso di diniego, battendo con il dorso del pugno su quella superficie, provocando un'altra serie di sottili onde a deformarla. - E' opera tua - gli spiegò fissandolo dritto negli occhi, trovando nuovo stupore e confusione nel suo sguardo azzurro dal taglio sottile, - Ti infastidisco e per questo mi stai cacciando... molto tipico da parte tua a dire il vero - aggiunse con uno sospiro stanco e un poco amareggiato.
- Io non ho un simile potere - negò Python una vaga irritazione a graffiargli la gola, per essere un apatico quel giorno si dimostrava più emotivo del solito, ma probabilmente ciò era solo dovuto al fatto che trovasse Forsyth più insopportabile dell'usuale.
- Bhé, qui invece ce l'hai - replicò lui stizzito, ben consapevole che l'altro gli stesse rendo le cose complicate di proposito solo perché si divertiva a stuzzicarlo. Era impossibile che non ricordasse nulla di ciò che era accaduto. Se diceva il contrario era perché non voleva ricordare, non perché non potesse. - Avanti Python, devi sapere dove ci troviamo - lo incitò, trovandosi poi ad indicare con un cenno del capo la tempesta che si stava formando alle spalle dell'arciere. - Anche "quella" è opera tua -
Spaesato dalla sue parole Python gli diede per un momento le spalle, osservando la le nubi cariche di pioggia formatesi all'orizzonte, e che ormai avevano raggiunto anche il cielo sopra alle loro teste.
- Cosa stai dicendo? Io non conosco questo posto! - affermò battendo con entrambi i pugni sulla parete che li divideva, mosso da un senso di frustrazione che andava a piegargli le labbra in una smorfia, mostrando i denti. - Non so come ci sono arrivato. Stavo così bene prima che tu mi svegliassi! - sbottò avvertendo la rabbia fomentare in lui, -Tu... tu sai dove siamo!? - realizzò subito dopo, trovando conferma di ciò nell'espressione corrucciata dell'altro. Una leggera ruga si era formata fra le sue sopracciglia, le quali sussultarono un poco, aveva l'aria colpevole di quando da bambini cercavano di nascondere una marachelle, e lui puntualmente confessava subito. Un altro lampo squarciò il cielo, seguito subito dopo da un tuono frastornante. Il temporale era vicino.
- Cos'è di preciso l'ultima cosa che ricordi Python? - di nuovo l'espressione di Forsyth si era fatta seria, la postura solida nel stanziargli di fronte, i piedi ben piantati a terra, il fisico massiccio, il petto in fuori, pronto a ricevere su di se qualunque colpo avrebbe tentato di infliggergli. Pareva essersi preparato ad una battaglia.
- E cosa c'entra questo adesso? - sbuffò Python alzando lo sguardo al cielo, trovando irritante e detestabile il fare dell'altro. Faceva sempre a quel modo quando tentava di impartirgli una delle sue lezioni.
- Tu intanto rispondimi, e piantala di sbuffare. E' così che la felicità fugge via - gli intimò, il fare irremovibile e sicuro, la stessa parvenza di se che sapeva dare nel bel mezzo uno scontro. Un aspetto di Forsyth tanto diverso e del tutto inedito da quello che Python aveva conosciuto prima della loro adesione ai Liberatori.
- L'ultima cosa che ricordo... l'ultima cosa che ricordo - si trovò a cedere e ad obbedirgli, trovando troppo stancante discutere. - Eravamo... cioè, ero - si stupì nel rendersi conto di non essere in grado di riportare alla mente delle immagini precise. Con facilità riusciva a tornare agli avventi del passato, sopratutto agli scontri che aveva condiviso con Forsyth, il resto però era come avvolto da una patina di sporco, offuscato e lontano. - Avevamo ricevuto qualche giorno di permesso, giusto? Tu volevi tornare al nostro villaggio, io invece non ne avevo proprio voglia -
- Come al solito - commentò Forsyth con un vago sarcasmo, interrompendo per un momento il suo afflusso di pensieri.
- Sì, però alla fine tu hai insistito così tanto che ho ceduto e... - la pioggia lo colse di sorpresa, riversandosi su di lui con la violenza di un nubifragio, - Ah, porca p..!-
- Python, modera il linguaggio! - lo interruppe l'altro prima che potesse finire di imprecare, i capelli che, bagnati dalla pioggia, gli ricadevano sul viso, attaccandosi alla fronte e coprendogli gli occhi.
- Ma che importa?! Chi vuoi che mi senta qui? Non c'è nessuno - emise un verso frustrato l'arciere, riversando il proprio nervosismo colpendo più volte la superficie che li separava. Avvertiva l'esigenza di usare un poco di violenza contro il proprio amico di infanzia, e aveva cominciato a maledire quella maledetta parete invisibile che gli impediva di raggiungerlo.
- Ti sento io, e non voglio che usi certi termini volgari. Anche se sei da solo dovresti mantenere comunque un certo contegno, siamo pur sempre soldati a cui sono stati affidati titoli ed importanti mansioni, dovremmo essere d'esempio per i nostri sottoposti - aveva attaccato con la predica.
Erano sotto ad un acquazzone da paura, divisi da un incantesimo sconosciuto, separati dagli altri delle guarnigione e Forsyth si metteva a fargli la predica sul linguaggio poco decoroso che usava. Per certi versi l'amico si rivelava davvero una persona incredibile, e non sempre in senso positivo.
In un altro momento Python non avrebbe reagito in alcun modo alle sue parole, limitandosi a lasciarlo parlare senza ascoltarlo, la pioggia però lo irritava, impedendogli di passarci sopra, dandogli una fastidiosa sensazione umida ed attaccandogli i vestiti alla pelle. L'unica possibilità di riparo in una distesa di chilometri e chilometri di pianura, era l'albero dove aveva fatto la sua pennichella, il quale era giusto alle spalle di Forsyth. E non poteva raggiungerlo per via di quel maledetto muro invisibile!
Python ebbe appena il tempo di pensarlo che per poco non si trovo a cadere in avanti, perdendo il supporto datogli dalla superficie a cui era appoggiato.
- E' sparito?..- commentò confuso, per poi decidere che non gli importava. Veloce afferrò l'amico per un braccio, strattonandolo per costringerlo a correre, portandolo a cercare riparo sotto le fronde dell'albero da cui si erano allontanati.

- Cosa diavolo sta accadendo!? - sbottò Python appoggiandosi sulle proprie ginocchia per riprendere fiato, eppure era convinto che si fossero allontanati di soli pochi metri, perché aveva dovuto correre per ben dieci minuti prima di arrivare?
- Te l'ho detto, è colpa tua. La pioggia, quel muro e pure la diversa percezione della distanza - fece Forsyth, i vestiti zuppi quanto quelli dell'amico dopo l'inaspettata corsa sotto la pioggia. A differenza sua non sembrava per nulla affaticato, l'espressione era tranquilla e il respiro normale. Python cominciò a chiedersi se non avesse davvero bisogno di allenarsi di più.
- E io ti ho detto che non ho capacità simili! - si ripeté sentendosi ancor più agitato ed irrequieto, la pioggia l'aveva aiutato a distrarsi, ma non poteva negare di aver avuto una sensazione di paura a stringergli lo stomaco nel rendersi conto che qualcosa, nei suoi ricordi, non andava.
- E' la tua mente Python! Tu hai il controllo qui, altrimenti chi altro? - replicò Forsyth, il tono alterato di quando l'altro lo esasperava. Era certo che l'amico sapesse tutto, ma era solo per semplice ostinazione e menefreghismo se continuava a fare il finto tutto. Preferiva fingere di non sapere per evitarsi delle seccature.
- Ah, io avrei il controllo? E pensi che abbia voluto farmi piovere in testa? - si raddrizzò per affrontarlo faccia a faccia, stranamente, ora che ne aveva la possibilità, non aveva più alcuna voglia di colpirlo. - Aspe... dove hai detto che siamo? - comprese le sue parole solo una attimo più tardi, lo sconcerto e lo scetticismo a riempirgli lo sguardo. Forsyth era forse impazzito?
- Piantala con questo atteggiamento e sforzati un po' di ricordare! - lo incitò urlandogli contro, - Io sono morto e tu hai finito con il rinchiuderti qui dentro -
- Tu... tu non sei morto! - sentenziò Python, le mani strette forte a pugno e le braccia rigide lungo i fianchi, attraversate da un leggero tremito. - Piantala di dirlo o finirai per farmi arrabbiare sul serio - non si accorse della smorfia che avevano preso le sue labbra, piegata come in un ringhio a mostrare i denti. - E comunque, supponendo che questa sia davvero la mia mente, vuol dire che siamo in un sogno? - un lampo tinse per un momento il cielo di una luce accecante, seguito quasi nello stesso istante da un tuono.
- E' più complicato di così - si trovò a sospirare Forsyth, grattandosi con un certo disagio la nuca, di nuovo quel fare colpevole che Python riconosceva senza fatica.
- Cosa intendi dire? - dimenticò della rabbia da cui era stato attraversato un momento prima, per una volta l'arciere si concesse un'espressione seria. Credeva ancora poco alle parole dell'amico, ma se si trattava di un sogno almeno poteva spiegarsi perché la sua memoria fosse tanto confusa, al punto da non ricordare come fosse arrivato lì.
- E' successo qualcosa... - ebbe un momento d'esitazione Forsyth, ricordando come l'altro si innervosisse nel sentirlo definirsi morto e di come ciò peggiorasse lo stato della tempesta che li circondava, portando i fulmini a scagliarsi sempre più vicini a loro. - Deve essere successo qualcosa - sentenziò senza aggiungere altro, - La mia anima è finita nel tuo corpo Python, e solo tu sai come c'è finita -
- Non ho idea di cosa tu stia parlando - negò Python, spostandosi con una mano i capelli che gli si erano attaccati in maniera fastidiosa alla fronte a causa delle pioggia. Sembrava sincero, ma Forsyth era certo del contrario. Non era però interessato a sapere cosa fosse accaduto di preciso dopo la sua dipartita, preferiva piuttosto affrontare la situazione che aveva di fronte. Doveva convincere Python ad accettare la sua morte e, sopratutto, obbligarlo ad uscire da lì prima che fosse troppo tardi. Forsyth non aveva idea di cosa potesse accadere al corpo di Python in quel momento in cui nessuno ne aveva il controllo. Supponeva però non fosse nulla di buono.
Quando lo aveva lasciato, il corpo dell'arciere era in una situazione critica, ferito gravemente, temeva potesse accadere il peggio se non lo avesse convinto al più presto a tornare in possesso della sua vita.
In più non riusciva a sopportare l'idea che l'amico potesse essere in pericolo per colpa sua. Si era comportato come un inetto, incapace persino di accorgersi di non essere chi credeva. Come aveva potuto solo pensare di essere il proprietario del volto che, ogni mattina, vedeva riflesso nello specchio?
Ancora una volta un tuono squarciò l'aria, preceduto dalle ombre argentee create dal lampo, e Forsyth cominciò a chiedersi cosa sarebbe accaduto quando quella tempesta avesse avuto fine. Stava forse a rappresentare lo stato fisico del suo amico? Oppure la sua confusione emotiva e mentale? C'era un modo per far tornare quel cielo sereno come un tempo o sarebbe rimasto per sempre coperto dalle nubi? E aveva senso chiederselo? Piuttosto che rimanere fermo preda ai dubbi, Forsyth sapeva di dover agire, arrivando anche ad essere brutale se necessario o quella testa di coccio di Python si sarebbe rifiutato ancora una volta di recepire il messaggio.

Finalmente deciso afferrò il coltello che teneva appeso alla cinta, non sapeva da dove provenisse né da quanto tempo di preciso ce lo avesse addosso, aveva solo pensato di aver bisogno di un arma e di colpo, nel cercarla, se l'era trovata a portata di mano. Qualcuno avrebbe potuto definirlo pazzo per ciò che si accingeva a fare, ma ormai si trovava con le spalle al muro, il solo fatto che la mente dell'arciere rispondesse ai suoi pensieri, adattando l'ambiente circostante ai suoi desideri era preoccupante, dimostrava quanto sottile fosse la linea che delimitava le loro anime unite in quello stesso corpo. L'aver usurpato per tutto quel tempo il fisico di Python portava Forsyth ad avere una parte di comando anche sul suo inconscio, segno che la personalità, o forse l'intero IO dell'altro stava per scomparire chissà dove per lasciargli la totale sovranità della sua vita. Forsyth non comprendeva il motivo dietro un tale sacrificio, era solo consapevole di non poterglielo permettere. Quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe svegliato quell'idiota da una pennichella troppo lunga.
- Ehi, Python - lo chiamò dopo un silenzio di pochi secondi ma che parve lungo un'eternità, l'arciere sollevò di nuovo lo sguardo verso di lui dopo averlo portato a terra, forse a studiare le condizioni dei propri stivali ricoperti di fango. Subito la sorpresa gli colmò le iridi chiare, lo sguardo spalancato dalla confusione nel trovare la lama di un coltello attraverso da parte a parte il palmo della mano di Forsyth.
- Co... cosa diavolo hai fatto, idiota!? - urlò dopo un momento che la voce gli era rimasta soffocata in gola dallo stupore, - Sei impazzito? - in un gesto istintivo si sporse verso di lui, ma rapido Forsyth gli fece cenno con la mano di fermarsi.
- Osserva bene - gli consigliò afferrando l'impugnatura del pugnale e estraendolo con un movimento deciso, sul volto alcuna espressione di dolore o fastidio.
- Ma che... - un leggero pallore attraversò Python nel trovarsi a fare come l'amico gli aveva ordinato, l'espressione a farsi ancor più inquieta, - Perché... perché non sanguini? -
- Perché i cadaveri non lo fanno, Python. E per quanto tu lo neghi, sai che io sono morto, quindi la tua mente agisce di conseguenza - in realtà Forsyth non aveva avuto alcuna certezza che il subconscio dell'altro avrebbe davvero reagito in quel modo, ci aveva solo sperato. - Se mi squarciassi il ventre il risultato non cambierebbe - aggiunse, ma subito l'arciere scattò verso di lui, cogliendolo di sorpresa, sottraendogli con un movimento repentino la lama di mano. Si era mosso più rapido di quanto l'altro potesse anche solo prevedere.
- Non provarci nemmeno a fare una cosa simile, Forsyth! Non voglio essere protagonista di qualche incubo grottesco in cui devo raccogliere per una seconda volta le tue stupide budella idealiste - gli intimò rabbioso, le labbra rese sottili in una smorfia furente, prima di distendersi in un sospiro stanco, con una mano a premersi la fronte. - Perché devi sempre esagerare? - gli domandò lanciandosi il coltello alle spalle, il quale si dissolse nel nulla prima di toccare terra, - Non potevi solo lasciarmi in pace? - sbuffò mentre il cielo, sopra alle loro teste, cominciava a schiarirsi.
- Allora stavi davvero solo facendo finta di non ricordare - sospirò a sua volta Forsyth, incrociando le braccia al petto notando come rapido Python stesse recuperando il controllo della propria mente, al punto che la pioggia aveva appena smesso di cadere. Avvolte era davvero estenuante avere a che fare con lui, sentiva il bisogno di sedersi.
- Non è che facessi finta - alzò le spalle Forsyth, appoggiandosi con una spalla al tronco dell'albero, alzando lo sguardo all'azzurro del cielo che veloce stava riconquistando il suo posto sopra ai loro capi. - Io "non volevo" ricordare - puntualizzò. -  Ma se insisti ad infastidirmi arrivando a ferirti da solo non mi lasci scelta che darti corda -
- Bene, allora puoi riprenditi il tuo cor..-
- Non ci penso proprio - rifiutò ancor prima di lasciargli finire la frase,
- Non è qualcosa che puoi rifiutare! - sbottò Forsyth irritato, - O ti riprendi il tuo corpo o muori - non era sicuro sulla seconda parte, ma era meglio mostrarsi drastici piuttosto di lasciare all'altro spazio di manovra per trovare un modo con cui svincolarsi.
- E tu lascieresti che il mio splendido corpo che così generosamente ti ho donato finisca con il perire ed essere seppellito in una fossa tre metri sotto terra? - prese un tono finto melodrammatico ed al quanto irritante l'arciere, divertendosi nel giocarsi dell'altro.
- Io non lo voglio il tuo corpo, Python! - si lasciò urtare ancora una volta dai suoi modi, finendo per urlare, - Non te l'ho mai chiesto, e poi sei fin troppo magrolino, la tua costituzione non è per nulla adatta al mio modo di combattere - senza accorgersene spostò il fulcro del discorso trovandosi ad elencare gli svariati difetti di quella situazione. - Anche se mi ci mettessi di impegno, con gli allentamenti e con una dieta ferrea, con la tua corporatura non riuscirei a raggiungere i risultati a cui ero abituato - con espressione seria ne cercò lo sguardo portandosi il pugno chiuso al petto, all'altezza del cuore. - Tu non sei me Python, e io di certo non posso essere te. Lo sai che prendere la mira con l'arco a cavallo mi da' la nausea? E anche se in questo i tuoi muscoli e i tuoi sensi sono allenati, per me è un incubo. Le mani mi prudono, la mia fronte suda, smanio per andare al centro della battaglia. Vedo il signor Lukas o lord Clive che si lanciano nella mischia in prima linea e il mio primo istinto è quello di seguirli  - si trovò a sfogarsi.
- Sarebbe un suicidio - commentò Python, all'apparenza più interessato a guardare il cielo che ad ascoltarlo.
- E' proprio questo il punto! Io non posso adattarmi ad essere ciò che non sono, e neppure gli altri ci riescono -
- Che vuoi dire? - era riuscito ad attirare la sua attenzione,
- Un Python che si allena di continuo, sempre disponibile e colmo di ferrei ideali, non credi sia un po' inquietante? All'inizio io non me ne rendevo conto, ma poi ho capito... Gli sguardi che gli altri mi, anzi, TI rivolgevano erano colmi di pena e compassione. Credono che tu ti sia comportato in quel modo per compensare alla mia perdita - gli raccontò, notando una vaga espressione di imbarazzo e disgusto attraversare il volto dell'arciere. Non doveva piacergli l'immagine di se stesso che l'altro gli aveva dipinto, e per lo meno ciò significava che un poco teneva ancora a se stesso.
- Bhé... non hanno tutti i torti. Alla fine la compensazione alla tua perdita è essere posseduto da te, quindi non sbagliano poi di tanto - recuperò la sua faccia tosta alzando le spalle,
- E piantala con questo atteggiamento menefreghista! Stiamo parlando del tuo corpo, diamine! - sbottò ancora una volta, e Python per un momento parve rifletterci su in maniera seria, per poi scrollare il capo con un sospiro.
- No, mi dispiace. Non riesco a fingere che mi importi. Alla fine ero felice a poter rimanere qui a riposare, avrei potuto continuare per sempre -
- E lasceresti ad un altro il compito di vivere la tua vita? Non puoi davvero essere così pigro, non lo credo - si infiammò Forsyth, colmo dei suoi ideali e della sua voglia di vivere. - Il Python che conosco io, per quanto sfaticato ed insensibile, alla fine compie sempre il suo dovere - quelle parole parve smuovere qualcosa nell'animo dell'arciere perché il vento si alzò, agitando le fronde dell'albero sotto al quale si erano riparati.
- Il mio dovere? - fece in tono sarcastico ed esuberante, staccandosi dal tronco per andare a sfidarlo faccia a faccia, - E quale dovrebbe essere il mio dovere a questo punto? La guerra è finita! Abbiamo distrutto l'ultima divinità o quel che era, e per aver partecipato a tutto ciò credo di aver fatto abbastanza -
- E' la tua vita, Python! - i loro volti erano tanto vicini da poter respirare l'uno l'ossigeno dell'altro, non che in quell'illusione ne avessero bisogno, - Ed è tuo dovere viverla, non puoi passare il resto dei tuoi giorni a rimanere qui a dormire! -
- Tu non puoi più dirmi cosa devo fare! Sei morto, dannazione! - in un moto di rabbia afferrò l'amico per le spalle, spingendolo via, non riuscendo però a smuoverlo di un solo passo. - Non puoi più venire a darmi ordini, Forsyth. Tu sei il primo che è venuto meno a quel dovere -
- E questo cosa c'entra? -
- C'entra eccome! - strinse i denti serrando con forza la mascella, - Tu avevi un infinità di alti ideali per cui vivere, perché io che mi accontento di esistere dovrei sopravviverti? Dove sta il senso di una cosa simile? - il tono acuto della sua voce prese una nota disperata.
- Non c'è mai stato un senso nella morte Python! Abbiamo fatto una guerra, per la miseria, come puoi ancora cercarci un motivo? - alzò a sua volta la voce, arrestando il fiume di parole che l'amico gli riversava addosso, - Se la morte avesse davvero un senso, il nostro esercito non avrebbe subito così tante perdite durante gli scontri e gli orfani non esisterebbero - sentenziò, un'ombra scura ad attraversargli il volto, un senso di pietà a colmargli lo sguardo.
- Una motivazione per cui io sia morto e tu sia vivo, non esiste. E' solo accaduto, e tu devi accettarlo. Non c'è alcuna legge che decida se esiste qualcuno più meritevole di vivere rispetto ad un altro - l'ambiente attorno a loro era ancora sereno e pacifico, un venticello piacevole accarezzava ora la pelle di entrambi e in un istante i loro vestiti si erano asciugati dalla pioggia. La mente del arciere pareva ancora ben legate a quell'illusione, eppure Forsyth avvertiva un mutamente avvenire appena sottoterra. Python era tutt'altro che stabile in quel momento, per quanto cercasse di mostrare il contrario, lo poteva comprendere da un'occhiata, con forza si aggrappava a quel sogno di calma e tranquillità per tenerlo ancora in piedi. A causa del tumulto da cui era attraversato il suo animo non poteva però durare a lungo, presto quel mondo di finzione si sarebbe sgretolato.
- Bhé... allora sono io a deciderlo! - strinse i pugni Python, trovandosi ad avvertire il peso di quella finta realtà divenire come un macigno sopra la sua testa. - Anzi, l'ho già deciso da un pezzo. Ho considerato la mia e la tua posizione Forsyth, e ho ritenuto che fosse meglio per tutti che fossi tu a continuare a vivere - sentenziò deciso, - Per questo ti ho ceduto il mio corpo -
- Non è qualcosa che puoi o che devi decidere tu! - rimbeccò Forsyth, il tono brusco e violento, - Non sei dio, non puoi controllare la morte, non è una cosa giusta. E' contro natura -
- Se la morte è qualcosa senza senso allora io posso decidere di dargliene uno, posso renderla giusta - non lo ascoltava, del tutto irrazionale.
- Ah, quindi che sia TU a morire sarebbe una cosa che definiresti "giusta"? - il suo tono si fece acido, sarcastico, - E' un ragionamento folle, degno solo di un aspirante suicida -
-  La mia morte è sempre meglio della tua! - gridò l'arciere, simile ad un bambino intento a fare i capricci,
- Questo è quello che credi tu! - non era da meno Forsyth, testardo ed irremovibile come quando era in battaglia.
- Questo è quello che pensano tutti! -
- Cos-? - sussultò preso in contropiede, - Sei impazzito? Chi credi penserebbe una cosa simile? -
- Con i tuoi opprimenti alti ideali tu sei molto più utile di quanto potrebbe mai esserlo un menefreghista come me - gli confessò, dimenticandosi della riluttanza con cui aveva sempre svincolato sull'argomento. - Non sono altruista quanto te, non ho il tuo stesso spirito di sacrificio per la causa. Mi accontento di poco e non ho le tue stesse aspirazioni. Tu... -
- Credi che io sia meglio di te? - balbettò Forsyth trovandosi ad arrossisce, da una parte sentendosi elogiato, dall'altra confuso, non credeva che l'amico pensasse cose simili nei suoi confronti.
- Tu sei meglio di me sotto molti aspetti - si morse l'interno guancia, avvertendo un leggero disagio per ciò che aveva appena ammesso.
- E tu sei meglio di me per certi altri, io non mi sono mai ritenuto migliore di te, Python - obiettò rapido, superando l'imbarazzo iniziale, - Anzi, avvolte ho invidiato la tua capacità di lasciarti passare tutto addosso senza mai farti prendere o toccare da nulla. E comunque non ho mai creduto di meritare di vivere al posto tuo -
- E perché io invece dovrei avere il diritto a farlo? -
- Tu non ti sei preso alcun diritto Python, è solo accaduto. Accettalo e vai avanti! - gli impose deciso, - Lasciati alle spalle questa illusione - aveva un tono quasi implorante,
- Io non voglio esistere in una realtà dove tu non ci sei. Dopo averti seguito nelle tue stupide imprese per tutto questo tempo non ce la faccio, è troppo - cedette a quell'ultima confessione. Una crepa scura aveva cominciato ad attraversare il cielo limpido, spezzandosi in una ragnatela che, simile ad un ferita, ne cancellava l'azzurro tingendolo di nero.
Alle sue parole Forsyth, sospirò, sentendosi esausto come un maratoneta a fine corsa,
- Forse non dovrei dirlo, ma sentirti dire questo mi ha rende un po' felice - gli sorrise grattandosi nervoso la nuca, - Tu che sei sempre così indifferente, ti fai sconvolgere fino a questo punto dalla mia morte -
Il cielo si spaccò, lasciando breccia ad una distesa di tenebre che disperse pure il sole,
- E' ovvio che sia così, idiota... Non sono così insensibile - sbottò l'arciere scuotendo il capo alzando gli occhi al cielo, il tono un poco divertito.
- Sì, lo so. E so anche che sarai in grado di andare avanti - disse convinto, un sorriso dolce ad arricciargli le labbra, - Non certo come avrei fatto io, non compiendo le mie stesse scelte, ma andrai avanti come Python, avanzando con le tue gambe -
- Credi davvero che possa farlo? - per la prima volta l'arciere si mostrò esitante e fragile.
- Se sopravvivi, sì - annuì Forsyth incrociando le braccia al petto, provocando l'improvviso silenzio dell'altro, il quale fu attraversato da un leggero sussulto,
- Se sopravvivo? - domandò lui socchiudendo lo sguardo, riservandogli un occhiata storta.
- Bhé... mi sono fatto ferire durante una battaglia e in questo momento il tuo corpo è sospeso tra la vita e la morte - dovette raccontargli, un sorriso nervoso a fior di labbra,
- Ah... quindi mi hai fatto la tua ramanzina idealista solo per il gusto di farla? - il mondo attorno a loro stava raggiungendo l'apice del suo collasso, tanto che ormai esistevano solo loro due, l'albero sotto al quale trovavano riparo e il terreno su cui appoggiavano i piedi. In quel momento però Python non poté evitarsi di soffocare una risata.
- Un atteggiamento molto da me, non trovi? - confermò Forsyth, ridendo a propria volta,
- Ah, per la miseria... - esclamò l'arciere, tenendo sempre quell'aria divertita e strafottente, - Dopo quello che mi hai detto, non posso certo lasciarmi morire così -
- Allora questo è un addio - un velo di tristezza oscurò il volto del soldato, cui sorriso morì sulle labbra.
- "Addio" un corno - sentenziò Python, il volto convinto e deciso, - Aspettami lassù o in qualunque luogo andrai, tra una quarantina d'anni verrò ad incontrarti e ti lascerò di stucco raccontandoti la storia della mia vita -
- Oh, quindi non hai più intenzione di darti alle pennichelle? - rise amaro, cercando di godersi quegli ultimi istanti che condivideva con lui.
- Certo che no, a quelle non rinuncio. Ma ovviamente farò dell'altro oltre a quelle...- lo volle rincuorare, - Sarai fiero di me, Forsyth - era serio.
- Idiota, io sono sempre stato fiero di te, Python... anche se ammetto che la tua pigrizia e menefreghismo hanno messo a dura prova l'alta considerazione che ho di te - rise ancora una volta,
- Sei stato un buon amico -
- Tu invece sei stato il mio migliore amico -
-  Se avessi avuto più coraggio, quando eri in vita, ti avrei confessato che mi ero innamorato di te - ammise, portando lo sguardo a terra, - Ma non ci tenevo ad essere un'altra Faye, non sono forte come quella ragazza -
- Anch'io avrei dovuto confessarti che ti amavo, ma questo sono i tipici rimpianti di un morto - ammise a propria volta Forsyth, appoggiandogli una mano sulla nuca, accarezzandogli i capelli, - Vivi come hai sempre fatto, Python. E non dimenticare più chi sei - fu il suo ultimo consiglio prima di dissolversi a sua volta, riducendosi in tanti granelli di polvere come l'ambiente circostante.
- Sarà fatto... anche se non ti prometto nulla, amico mio -



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NdA: Causa vari impegni lavorati ci ho messo una vita a finirarla e ho dovuto farlo piuttosto sbrigativamente, mi dispiace se il risultato alla fine è stato piuttosto scarso.
  
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