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Autore: laragazzadislessica    04/06/2018    1 recensioni
Se non tutta la discendenza licantropa di Klaus fosse morta?
Se uno di essi fosse sopravvissuto allo sterminio di Mikael e se fosse dotato di un potente potere?
Storia che si allaccia all'episodio 01*13, ma che prosegue in un'altra direzione.
Genere: Drammatico, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah/Hayley, Klaus/Caroline, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I was calling your name
But you would never hear me sing
You wouldn’t let me begin
So I’m crawling away
'Cause you broke my heart in two
No, I will not forget you


Non capì, in realtà il cervello le si bloccò completamente. Le parole di quella ragazza non avevano alcun senso, eppure destarono in Klaus una reazione strana. Il suo corpo si irrigidì al tal punto da assomigliare a una statua di se stesso.
- Appena puoi scappa. - le bisbigliò voltando di un solo centimetro il capo, senza però distogliere lo sguardo a quella che in teoria era sua sorella che lontano da loro sorrideva in un modo volpino, poi però Caroline non vide altro.
Non vide altro, perché Klaus voltandosi l'abbracciò prima di scaraventarsi dall’altra parte della sala. Atterrarono sulla schiena del divano beige che si spostò per la forza dell'impatto investendo il tavolino in vetro posto davanti. Avanzarono fino a che qualcosa non lì fermò ed era il muro. Il vetro del tavolino si ruppe formando ragnatele nel suo interno e solo poche schegge caddero a terra, nonostante l'età doveva essere di buona qualità. Caroline si trovò sotto di lui, lui che l’aveva protetta ancora una volta. Da chi? E perché? Poi lo vide, quel sorriso volpino era rimasto esattamente dov'era, ma ora sembrava arrivarle da orecchio a orecchio. Con una mano aperta puntava il punto svuotato dalla loro presenza e un risolino tetro pitturò quella faccia di cattiveria nera.
- Oh, che bello, che bello vedere che il temuto Klaus può provare paura. Come è? Dimmi pure! – con fievoli passi quell'essere si avvicinò a loro e allora Klaus afferrò la mano di Caroline trascinandola via con se verso la porta, ma prima che potesse compiere un solo passo, una forza invisibile li prese entrambi e li forzò a stare stesi sul pavimento. Era come se dieci o forse anche di più tir pesanti cento tonnellate l'uno, li stessero addosso. Caroline non riusciva a respirare e la pressione di quella forza le stava inclinando le costole e schiacciando i polmoni, tanto che sentì un liquido caldo uscirle dalle orecchie e dal naso. Sangue.
- Dove andate, Mikeal non è ancora pronto. – li aveva raggiunti e si era inchinata verso di loro. – Ci vuole un po’ per riprendersi dall’incantesimo del cacciatore, ma so che tuo padre è un tipo forte e ci metterà la metà del tempo. –
Mikeal!! Aveva udito bene? Cosa c'entrava Mikeal in quella storia.
- Stu…stuuu… - era la voce di Klaus che tentava di dirle qualcosa, ma quella forza rendeva impotente anche lui.
- Cosa stai dicendo? – gli chiese poi, ma Klaus cercò l'aria da respirare e non fece altro, perché non poteva fare altro. – ok, ti libererò solo la bocca. –
Con un grande sospiro, Caroline avvertì Klaus respirare di nuovo, ma non lo vedeva. Solo soffitto bianco riempiva la sua visuale, perché non poteva, non riusciva a muoversi e gli occhi le si chiusero per un attimo, solo un attimo anche se quel dolore era praticamente impossibile da sopportare.
- Stupida. Credi davvero che Esther e Mikeal ti lasceranno vivere. – furono le sue parole dette con un filo di voce, ma udibili e Caroline aveva udito anche il nome di Esther, cosa diavolo stava succedendo?
- Stai dicendo che vogliono uccidermi, come possono, Bry è indistruttibile. – e l'altra voce, quella che udiva per la prima volta in vita sua, suonò divertita, come se avesse appena ascoltato la più stupida delle cose.
- Pensaci… -  e Klaus si prese un attimo per tossire e sputare qualcosa che Caroline sapeva essere sangue. – pensaci, credi che due come loro, che hanno aspettato così tanto per il loro scopo, si accontenterebbero di mandare l'anima di Bry che odiano così tanto nel purgatorio dove sei stata finora, con il rischio che possa resuscitare come appunto hai fatto tu. –
Caroline sapeva che Klaus fosse forte, ma non fino a tal punto. Poter parlare nonostante quel dolore non era facile e soprattutto tutto quello che aveva detto godeva di senso compiuto, mentre lei non riusciva neanche a mettere tre pensieri in croce. D'altronde non seppe neanche leggere il significato di quelle parole. Tutto quello che il suo corpo stava facendo era resistere, resistere a quel dolore e di non chiudere gli occhi. Se fosse svenuta, quando avesse avuto l'opportunità Klaus non l'avrebbe lasciata lì, non sarebbe scappato, non si sarebbe messe in salvo e qualsiasi cosa ora stesse attentando a loro avrebbe vinto.
- Che dici, lei è un Hoenan e lo so che non lo sai, ma le anime degli Hoenan vengono risucchiate dalla natura per unificarsi d nuovo a lei. La sua anima non c’è più ora. –
- Ma cosa dici tu. Se hai detto che Esther voleva imprigionare il corpo di Bry con un'altra anima per sempre, non credi che anche lei avesse questo dubbio. Bry era una strega e anche un vampiro, cosa ti dice che ora non sia nello stesso posto in cui hai incontrato mia madre e che ci stia guardando? –
Con la coda dell’occhio, Caroline vide Celeste alzarsi e anche in tutta fretta, quell’ultima frase la aveva davvero turbata.
- E se anche fosse. –
Ora Caroline riusciva a guardarle il viso perché era entrata nella sua visuale e vide esattamente quello che le sue orecchie insanguinate stavano sentendo. Panico.
- Pensaci Celeste, tu non sei una stupida, potevi uccidere me e tutta la mia famiglia nel corpo di Bry, allora perché risvegliare anche Mikeal e per giunta nel corpo di un viaggiatore originale. – prese fiato e il suo respiro segnò tutta la sua fatica, ma non demorse – segui il mio consiglio, io che sono stato la loro preda per mille lunghi anni, scappa il più lontano possibile, lascia stare la tua vendetta per ora e fa che io uccida Mikeal per la seconda volta. –
- Perché dovrei lasciare a te Mikeal eh, mi stai solo confondendo vero? Io sono capace di sconfiggerlo benissimo da me. – quell'essere stava letteralmente urlando.
- No, non lo sei. Mia sorella è forte, l'essere più forte che io abbia mai visto, ma tu, tu sei sicura di sapere giostrare tutta questa forza? A che serve avere un’arma potentissima, se poi non si sa prendere la mira. –
Una risata forte rimbombò per tutta la stanza.
- Io non saprei usare questo corpo? Adesso ti mostro se lo so usare o no! –
In quel attimo furono liberi e l’aria nei polmoni fece più male di quanto Caroline si aspettasse.
- Ora!!! – urlò Klaus e di colpo entrambi furono in piedi tentando per la seconda volta la via della porta, ma Caroline non si mosse di un millimetro.
- NOOOOOOOOOO!!!! – urlando Klaus corse da lei che diritta come una colonna di marmo era sospesa nell’aria, ma si sentì le mani afferrare dall’uomo che amava così tanto.
- Perché aspettare per la mia vendetta? –
Celeste. Rebekah le aveva parlato di lei. La strega che poteva entrare nel corpo delle altre streghe e Bry lo era. Era una strega grazie a Esther, quindi poteva anche lei essere impossessata. Ora che finalmente il sangue le circolava nel modo giusto e le portò nuovo ossigeno al cervello, Caroline capì tutto, purtroppo. L'essere più potente al mondo era nelle mani della nemica di Klaus che ora usava il suo potere trattenendola in aria come un burattino. Lei che era la donna che il suo nemico amava. La cosa più importante. Il dolore più forte. La vendetta più dolce. Caroline chiuse gli occhi, perché osservare il terrore negli occhi di Klaus era ben peggio del suo stesso terrore che la stava immobilizzando. Avvertiva le dita stritolate dalla forza delle sue, nel tentativo di tirarla via, di strapparla via e salvarla, di nuovo, ma stavolta... stavolta era diverso.
- Nooo!! Ti prego! Ti imploro non lei! – gli occhi di Klaus gli si riempirono di lacrime e Caroline le aveva viste perché non aveva resistito, voleva vederlo, voleva vederlo per l'ultima volta e anche se il terrore della morte la stava avvolgendo, desiderava asciugarle. – Ti pregooo! – gridò tentando in ultimo un'altra volta tirandola a se, Caroline avvertì il dolore delle sue dita rompersi, ma non si mosse di un millimetro.
- Si, ancora Klaus, supplicami ancora. – ridendo Celeste raddoppiò quella forza che sembrava già suprema a tutto, e piano Caroline scivolò dalle sue mani.
- Klaus… - gli avrebbe voluto dire qualcosa, cosa… non voglio morire, lasciami le mani e scappa, non è colpa tua, - … ti amo. – ora le sue mani erano fuori dalle sue e gli occhi di Klaus si spalancarono quando un’altra forza, la stessa forza, lo spinse sul muro a guardare inerme come il suo nemico stesse per uccidere la sua donna e le lacrime gli bagnarono tutto il viso.
- Lascialaaaaa…. – Klaus urlò di nuovo, ma Caroline oramai non poteva guardarlo. Il suo corpo venne girato come un pupazzo di pezza e messo in ginocchio davanti a quel sorriso demoniaco.
– Celeste, ti ucciderò Celeste, io... io ti torturerò per l’eternità che ti sei scelta, e lo sai che lo farò, non mi importa che il corpo che martorierò sarà quello di mia sorella. Mi addormenterò sentendoti urlare e mi sveglierò con le tua urla. –
- Ok, ma prima trova un modo per ferirmi. – e con due passi Celeste fu da Caroline e le mise una mano al viso. - Non preoccuparti tesoro, durerà solo un attimo. – e il palmo di Celeste si illuminò di una luce chiara, così chiara che Caroline potette vedere il suo ardore anche a occhi chiusi, e calda da asciugarle in un attimo tutte le sue lacrime, poi avvertì il dolore.
 
Molto prima tra le strade di New Orleans
 
Era così leggera che a Marcel sembrava di camminare senza di lei in braccio, ma il distacco della loro pelle era talmente evidente anche in quel grigiore dato da quel tempo così uggioso. La Divina Brynhild, la dea che terrorizzava così tanto la sua Rebekah era tra le sue braccia a occhi chiusi come se stesse solo dormendo, mentre lui stava per consegnarla alle streghe. Era arrivato alla città dei morti, era entrato nel cimitero e percorso il sentiero tra le tombe antiche di persone che una volta avevano respirato l'aria della città che amava tanto, ma le streghe non si erano mostrate. Piano appoggiò quel corpo senza vita su un sarcofago di marmo, mentre la sua mente continuava a martellagli l'idea che non fosse giusto. Amava Rebekah e forse si, quella era la loro ultima chance, ma comunque quello che giaceva inerme su quel pezzo di pietra freddo sembrava solo un corpo vuoto che degnava di una degna sepoltura, senza il dover venire ulteriormente martoriato. Respirò profondamente dal naso e un getto di calore caldo gli investì il viso, era il sole. Finalmente stava finendo di giocare a nascondino, uscendo con fievoli raggi da quelle nuvole fitte che sembravano volersi ritirare. Quanto altro tempo doveva attendere? Doveva attendere? Oppure poteva andare via e lasciare ciò che le streghe volevano in bella mostra? Un altro raggio lo illuminò tutto e se non fosse stato per l'anello che portava avrebbe finito per arrostire come carne alla brace... Si scostò veloce perché gli era sembrato che davvero quel raggio gli stesse bruciando la pelle. Fu un dolore fievole, ma comunque lo aveva avvertito.
- Diamine! - di nuovo e stavolta vide anche il fumo alzarsi dalla sua spalla destra. Cosa diavolo stava succedendo? Non si chiese altro e veloce trovò riparo. Fu facile perché c'erano ancora grandi chiazze d'ombra che le nuvole più pigre lasciavano sul suolo. Fu allora che vide, la vide. Seduta curva su se stessa. I capelli che le coprivano il viso e le braccia lunghe sui i fianchi che sembravano ancora non avere ripreso tono. Bry. Bry si era ripresa. Quando fece per andare da lei o fare qualcosa entrando nella luce solare, si bruciò ancora e allora la sentì ridere. Era una risata sottile e cristallina come quelle delle fate dei cartoni animati.
- È magnifico. - Era la sua voce. Era sveglia. Era viva. Piano alzò il viso verso il raggio che la stava illuminando tutta, ma aveva ancora gli occhi chiusi. - Riesco a sentire tutto. - disse come se fosse stata ipnotizzata da qualche mago da teatro spicciolo.
- Bry? - Marcel la chiamò incerto. Non aveva scambiato tante parole con lei e tanto meno l'aveva mai chiamata con il nomignolo che le stessa gli aveva dato il permesso di usare, ma comunque successe qualcosa. La testa di Bry roteò fino a trovarlo e allora i suoi occhi celeste zaffiro incontrarono i suoi.
- Stai bene?! Grazie al cielo! Tutti ti credevano morta. Dai, ora dobbiamo andare, siamo davvero in una brutta situazione... - non seppe bene il perché, ma le parole gli si gelarono in gola. Non aveva passato molto tempo con lei, era vero, eppure nei suoi occhi vide qualcosa di strano.
- Eccoti, l'uomo che ha sottomesso la mia gente per così tanto tempo, scappato via dalla battaglia lasciando i suoi fedeli nel caos, solo ed esclusivamente per un capriccio di una bionda. Quanto mi fai ridere. - disse e lo fece. Di nuovo quel suono acuto e musicale che era la sua risata si fece sentire. Marcel continuò a guardarla cercando di capire cosa le fosse accaduto e del perché le sembrava strana, ma aveva bisogno di qualche altro indizio.
- Senti, io non so niente di te, ma in quella battaglia non ci sono solo vampiri, ma anche licantropi e se sei davvero la loro regina dovresti fermarli. - si, aveva abbandonato la battaglia e si aveva fatto una cosa che mai avrebbe fatto se non per amore di Rebekah, ma ora che Bry era sveglia poteva mettere tutto apposto.
- Beh, io non mi preoccuperei. Stanno tutti dormendo ora. - Bry gli sorrise e a Marcel gli si gelò il sangue dal modo tetro in cui lo stava facendo. - Non te ne sei accorto, vero? - e la bocca carnosa, esattamente uguale a quella di Klaus, si allungò in un sorriso. - Non sono più lei. -
- No, non può essere! Celeste? - come se qualcuno gli avesse suggerito la risposta di un quiz, Marcel riversò quelle parole dalla bocca come se non fosse stato il suo cervello a concepirle. Lei gli rispose solo allungando di un altro po' il sorriso. Marcel tentò di scappare, ma quel sole lo teneva in trappola.
Celeste aveva impossessato Bry. Celeste era la Divina Brynhild. Aveva il potere dell'essere più forte al mondo. Dell'essere in grado di usare la natura a suo piacimento, di scaturire l'energia del sole da una mano e di spegnere o accendere la magia a suo piacimento. Non poteva essere vero.
Celeste rise nel tono innocente di Bry e Marcel sentì ogni cellula della sua pelle sudare ghiaccio.
- Tutto è stato pensato per questo. Tutto quello che ho fatto, tutto quello che è successo, era solo per arrivare a questo ed è meraviglioso, assolutamente meraviglioso. - strisciò le mani all'indietro sul marmo liscio, fino ad assumere la posizione di chi volesse abbronzarsi in una calda mattina d'estate. - Nessun vincolo da incantesimo, nessun sacrificio, nessun rito. La magia è tutta qui dentro di me. Mi basta solo pensare di annullare l'incantesimo del tuo anello solare e voilà, un passo e ti ritroverai come un carbone fumante o di far addormentare tutti gli esseri della terra, un attimo dopo sono giù nei loro più bei sogni o terribili incubi. -
- Perché? -
- Non ho intenzione di dirtelo. -
- Allora perché io sono ancora sveglio. -
- Perché mi servi. -
- A che scopo? - le chiese e di nuovo Celeste si voltò a guardarlo.
- Uno banale in realtà, non ti dare tanta importanza. -
- Quale? -
A quel punto Celeste alzò una mano nell'aria e mosse le dita nel fargli cenno di avvicinarsi e Marcel contro tutta la sua volontà, decise di accettare il suo invito, tirando un respiro di sollievo quando i suoi piedi al sole non emisero fumo.
- Vuoi che ti racconti una storia? - si tirò le gambe su unendo le ginocchia e chiudendo gli occhi. Tornò a dedicarsi a quei raggi solari che rendevano la sua pelle ancora più bianca.
- Tanto, ma tanto tempo fa esisteva una giovane Celeste. Era una figlia di una grande strega e tutti risiedevano in lei grandi aspettative, ma nonostante questo il suo potere sembrava non eguagliare mai quello della madre. La poverina ci provava ad essere almeno un po' simile alla grande leggenda che rivestiva la sua famiglia, ma non si era neanche avvicinata ad esserne l'ombra. Questo creò scompiglio nella sua famiglia, a scuola veniva presa in giro e quando i gruppi di streghe si riunivano lei veniva tagliata fuori, ma un giorno quella reietta della società delle streghe venne notata da un uomo fantastico. A lui non importava se sapesse trasformare l'acqua in fuoco o bloccare la trasformazione di un licantropo a ogni luna piena, e lei finì per innamorarsene perdutamente. Solo che in ogni storia c'è un cattivo maniaco omicida e nel caso di Celeste fu il fratello bastardo che l'uomo della sua vita si ostinava a portarsi dietro. Venne a sapere del loro amore e divenne geloso, ma Celeste non si sarebbe mai immaginata che si sarebbe spinto a tal punto. L'uomo di cui si era innamorata la pregò di scappare e di fare qualcosa per poter salvare la sua vita, sembrava convinto delle sue parole tantoché Celeste spaventata fece davvero qualcosa. Ricorse a uno degli incantesimi che la sua famiglia si tramandava da anni. Tentò di salvare la sua anima incarnandosi in un altro corpo, così che se la paura del suo amato si fosse rivelata reale, lei sarebbe sopravvissuta. Sapeva di non avere la potenza magica per effettuare un incantesimo tale e sapeva benissimo che avrebbe dovuto chiedere aiuto alla madre, ma come poteva spiegarle che il suo fidanzato vampiro le aveva detto di mettersi in salvo? Poi, una notte di estate musicata da mille frinii, successe. Furono dei fanatici religiosi. Le diedero la caccia, perché qualcuno che non era altro che il fratello dell'uomo che aveva amato come una folle, aveva messo in giro voci su di lei e sul fatto che fosse una strega. L'affogarono in una vasca colma d'acqua e lei, come ogni altro essere vivente, morì e basta. L'incantesimo non era riuscito. L'aldilà che tutte le streghe le avevano promesso non si fece vedere perché Celeste andò a finire in un'altra parte. Era popolato sempre da morti, ma parallelo a quello dei vivi. Era stata un'invenzione di una Viaggiatrice di nome Qetsiyah, per potersi vendicare del suo ex amato. Lì Celeste incontrò la strega che avrebbe cambiato la sua vita, Esther. Le propose un accordo, le avrebbe dato un’altra occasione facendo in modo che il suo incantesimo riuscisse, mentre Celeste in cambio non doveva fare altro che impossessare il corpo di sua figlia licantropa, della Divina Brynhild. Celeste allora le chiese il perché, perché proprio lei e perché proprio la Divina Brynhild, forse la stava ingannando per poter salvare in qualche modo quella che era sua figlia? Esther, però, la rassicurò confessandole che dal momento in cui aveva scoperto di aspettare per la seconda volta un tale abominio, aveva pensato al come ucciderla. Ci aveva anche provato con degli intrugli di erbe e strozzalupo, ma non funzionò. Sua figlia era un Hoenan, un essere fatto e creato dalla natura stessa, quindi non poteva usare la natura per toglierla da mezzo. Allora aveva deciso dii ucciderla una volta nata, ma la sua amica Ayanna l'aveva implorata di non farlo, le aveva detto che se avesse ucciso una figlia della natura, la natura stessa l'avrebbe bandita per sempre nell'usare la magia. Allora studiò un altro modo. Se ci sarà per sempre un'altra anima nel corpo della figlia sarà come averla uccisa. Un piano perfetto. Celeste poteva diventare una Divinità, possedere un potere inaudito e magari anche conquistare il mondo a una sola condizione. Sterminare i Mikealson. Tu cosa avresti fatto Marcel? Tu che hai voltato le spalle a chi ti ha cresciuto come un figlio solo per poter possedere una minuscola cittadina del sud, piena di zanzare e licantropi? - dopo tanto parlare, tornò a guardarlo tirandosi su come se avesse in un tratto riacquistato tutte le forze. - Sto incarnando il corpo più potente al mondo, ma c'è solo una piccola contro indicazione. Il senso dell'orientamento. -
- Che dici, sei un licantropo, come puoi avere problemi con il senso dell'orientamento? - anche se Marcel era stato invitato ad avvicinarsi non lo aveva fatto del tutto. Si era accuratamente tenuto ad almeno tre metri di distanza da lei.
- Già appunto. Esther aveva così a cuore che Bry non incontrasse Klaus o il suo amato Mikeal che dopo averla trasformata ha avuto la geniale idea di infilarle nel corpo un medaglione che annienti magicamente il suo senso dell'orientamento. Allora perché non te lo togli? Mi chiederai, perché Esther gliel'ha messo esattamente nel cuore. Un cuore in una cassa toracica che non può essere scalfita da assolutamente niente. E allora perché non annienti il suo potere con un battere di ciglia? Tu potrai ridomandarmi, bhè non riesco a distinguere esattamente dove sia, o come sia fatto. Potrei sbagliarmi e togliere la magia al cuore che ha reso questo corpo un vampiro, fermandolo per sempre. Quindi Marcel, vuoi accompagnarmi a prendere finalmente la mia vendetta? - la sopracciglia di Bry si alzò in un gesto malizioso che stonò con tutto il resto del viso.
Era una storia così assurda, ma visto che involveva suo patrigno e famiglia non si sorprese affatto. Celeste intanto era scesa con un balzo dalla tomba su cui l'aveva appoggiata e con le gambe incrociate e le mani appoggiate sul marmo, lo stava guardando. La cosa giusta era quella di assecondare i suoi deliri e fare ciò che gli aveva chiesto, ma Marcel corse via. Tentò per lo meno, ma di nuovo l'anello solare smise di funzionare.
- Non mi sono spiegata bene, Marcel? - Celeste curvò la testa verso destra e quegli occhi così chiari usati da lei sembravano solo due biglie di vetro vuote. - Non è una richiesta. -
- Bene. Allora dammi anche fuoco. - non condivideva le scelte di Klaus, l'aveva odiato per aver preso la sua città e tutto quello che era più caro a lui, ma non poteva fargli questo.
- Bene, lo dico io. - e dopo un gesto della sua mano, qualcosa come un vento che soffiava da dietro le sue spalle e potente da poterlo trasportare via, lo portò da lei. - Avrei dovuto farlo dal principio. - Celeste lo guardò diritto negli occhi e una sensazione che Marcel aveva dimenticato, perché da tempo che non l'avvertiva, in quel momento lo investì del tutto. La stessa sensazione dell'asservimento dei vampiri originali.
 
 
Nel presente tra le strade di New Orleans.
 
La sensazione di non poter controllare il suo corpo era ancora viva in lui, mentre a tutta velocità frecciava via da quella che per tanto tempo aveva chiamato casa. Aveva fatto tutto quello che gli aveva detto Celeste, incluso scortarla fino all’hotel in cui Rebekah aveva nascosto Caroline. Non aveva avuto altra scelta. Quando però Celeste ebbe finito con lui, lo lasciò andare. Si, era libero incredibilmente e poteva fare solo una cosa. Tra le parole che gli aveva detto, Celeste si era fatta uscire una cosa e Marcel era andato a controllare. Era tutto vero. Ogni essere che aveva preso parte alla battaglia contro le streghe alleate a Celeste, e quindi a Esther, giacevano al suolo privi di coscienza, ma cosa ancora più strana, tra loro c'erano anche le stesse streghe. Marcel aveva tentato di svegliare alcuni dei suoi sudditi, ma non ci era stato verso. Ogni volta che tentava di alzare qualcuno, questo veniva di nuovo attratto al suolo. Come calamite su una lastra di ferro. Ci aveva messo tutta la sua forza, ma non bastava. Qualsiasi cosa stesse trattenendo quei corpi era di una forza incontrastabile. Smise di provarci anche perché via dei loro cuori. Non stavano battendo. Prima che lo sconforto nell'aver perso così tante persone che in un modo o nell'altro aveva voluto bene, le vide. Genevive, Bastianna e Jane-Anne erano lì, tra quei corpi, allora poteva essere che... Tornò di corsa al cimitero, verso un posto in particolare e aveva avuto ragione. Diede un occhiata a Davina che a occhi persi continuava a guardarsi le mani intrecciate sulle gambe, come se il suo essere fosse ancora bloccato da qualche parte, come se l’aldilà non avesse restituito ancora tutta la sua anima, ma a Marcel non importava. Il petto di Davina si muoveva su e giù, come tutti gli altri petti umani quando respiravano, e non gli interessava nient’altro. Era viva ed era con lui.
L’aveva tirata fuori da quella tomba rompendo a pugni mattoni e cemento, e nonostante le sue grida d’aiuto e il suo profumo nelle sue narici, Marcel indugiò per un secondo quando i suoi occhioni blu lo guardarono, per un attimo aveva creduto che fosse tutto un sogno. Quando poi Davina gli afferrò la manica della maglia in un gesto disperato, Marcel terminò di abbattere la chiusura di quella tomba con un solo pugno. Davina si aggrappò a lui stringendosi addosso come se sul pavimento ci fosse lava incandescente e lui non le disse niente. Il corpo di Davina era caldo, riscaldato dal sangue che le affluiva nelle vene, mosso dal respiro dei suoi polmoni ed era tutto così inaspettatamente bello che il solo pensiero di lasciarla andare gli spezzò il respiro. L’avrebbe tenuta così per il resto della sua vita.
Sospirò pesantemente quando quel attimo pieno di una verità che non aveva ancora capito, gli passò davanti agli occhi. Quella felicità che aveva provato apparteneva semplicemente alla gioia di rivederla in vita, era la felicità di aver ritrovato una persona che non avrebbe mai voluto perdere, ne ora ne mai, convinto allora che fosse solo questo, che nient’altro avesse fatto accedere quella felicità che da tempo non provava.
Il suono del telefono fece alzare lo sguardo di lei, come se il suo cervello non le avesse ancora svelato l’esistenza dei cellulari. Marcel alzò una mano dal volante per potersela infilare nella tasca dei jeans grigi e con un gesto veloce del pollice rispose.
- Oh grazie al cielo! - ansiosa e preoccupata la voce di Rebekah creò in lui uno spasmo.
La sua amata da sempre e la sua amata per sempre. Aveva promesso a se stesso che non l’avrebbe mai fatta soffrire, si aveva promesso.
- Davina è viva. – le disse solo controllando velocemente lo stato della ragazza seduta accanto a lui.
- Grazie al cielo! -  Rebekah dall'altro capo del telefono, si ripetette per la seconda volta, ma la voce aveva perso quasi ogni traccia di preoccupazione.
- E Celeste ha appena impossessato il corpo di Bry. –
A questo Rebekah rispose con niente. Era stata sua l’idea di portare Bry alle streghe credendo che fosse la soluzione a tutto. Lei che l’aveva odiata appena aveva intuito la sua minaccia. Ora cosa avrebbero dovuto fare.
- Si è svegliata e non era più lei. Hai capito che tutto, tutto quello che è accaduto era indirizzato a questo, Celeste voleva Bry e ora l’ha ottenuta. –
- È impossibile, lei era morta e… -
- Stammi a sentire, non è finita qui, lo dovuta portare da Caroline e… -
- Che significa l’hai dovuta portare da Caroline è dove sta andando Klaus. – fu lei ad interromperlo urlando quasi quelle parole.
- Non ho avuto altra scelta, Celeste ha usato il vostro potere dell'assuefazione e io... –
- Mi spiegherai tutto dopo. Ora porta Davina al confine di New Orleans, ci serve la sua magia. –
- Cosa? Non ho intenzione di issare Davina contro quella pazza. –
- Marcel quella pazza ora è con mio fratello, non abbiamo il tempo di fare altro, dobbiamo agire subito prima che Celeste scarichi il raggio solare su Klaus e lo uccida e uccida anche te per la linea di sangue che vi lega, te ne sei dimenticato. –
Di nuovo Rebekah stava pensando a lui prima di ogni altra cosa e un calore amaro gli avvolse il cuore. Cosa altro avrebbe potuto fare per lui e lui cos’altra avrebbe fatto per lei? Avrebbe messo di nuovo in pericolo Davina?
- Non succederà niente a Davina, è una promessa. Ci serve solo una strega che stia dalla nostra parte. –
Come se gli avesse letto nella mente Rebekah rispose alla sua più grande preoccupazione. Marcel guardò di nuovo la sua amica, poteva definirla così?, e stavolta lei lo guardò. Un lampo di vita rispendeva nei suoi occhi come se quell’anima che tardava a tornare fosse lì in un tratto e Marcel interruppe la telefonata.
- Ehi! Stai bene? -  le chiese allungando una mano sulla sua guancia. Lei curvò la testa per ricevere tutto il suo contatto annuendo nella sua possente mano.
- Cosa è successo? – gli chiese in una voce di chi si stesse appena alzando dal letto, ma Davina non aveva solo dormito e poi si era risvegliata, lei si era svegliata dalla morte.
- Un sacco di cose e nessuna di queste sono buone, tranne per il fatto che sei qui dopo tanto tempo e io posso di nuovo guardare la luce nei tuoi occhi, ma non è finita Davina, io sono in pericolo e non ti chiederei di aiutarmi se non ci fosse un altro modo. –
Davina espirò dal naso e la sua espressione gli stava dicendo che non aveva del tutto capito quello che le aveva detto, ma annuì di nuovo.
- Cosa devo fare?
 
Per tutto il tempo tra le strade di New Orleans e non solo.
 
Era troppo forte e non riusciva a riconoscere una scia da seguire. Come se fosse ovunque, come se tutto il bosco, i villaggi, i laghi e i fiumi avessero quell'odore. Sangue. Sangue e sangue. Aspro e pungente da seccarle la gola. Decise di dare un occhiata ovunque. Nonostante la trasformazione e la guarigione veloce che tutti i licantropi avevano, quella febbre non scendeva. Saltò una piccola duna rocciosa attraversata da un fiumiciattolo sorgente da uno sfocio sotterraneo, che moriva poi in uno stagno abitato principalmente da rane. Le zampe davanti stavano per raggiungere l'altra estremità, ma una scossa alla testa la fece precipitare. Si tuffò nel torrente e l'acqua le rinfrescò le carni bollenti, ma Brynhild non ebbe il tempo di concentrarsi su quel sollievo. Aveva un gran mal di testa da quando si era svegliata, ma le scosse significavano un'altra cosa, significavano morte. Qualcuno della sua specie era appena morto. Gli Hoenan erano tutti figli della natura. Tutti uguali e collegati tra loro. Si sentivano gli uni coi gli altri anche a distanza, uniti come se fossero una sola cosa. Forse il nonno di Isaac? Era molto vecchio e quella dannata influenza aveva accorciato quegli ultimi anni che gli rimanevano da vivere... un'altra scossa interruppe i suoi pensieri, stavolta però fu più fitta e quasi pianse dal dolore. Cosa stava succedendo?
Sfruttò il legame degli Hoenan per trovare suo padre, come aveva fatto per trovare Niklaus, lui di certo le avrebbe spiegato tutto. Lo trovò. Era al villaggio e svelta iniziò a correre verso di lui. Aveva quasi percorso tutto il sentiero e gli alberi che circondavano il suo caseggiato a mo’ di barriera naturale. Ancora due zampate e sarebbe arrivata.
L'orrore.
Era appena entrata in uno scenario che mai nessuno avrebbe dovuto vedere in vita sua. Si gelò non riuscendo a compiere altri passi. Sangue... era quello il sangue che sentiva. Era ovunque. Corpi mutilati, amputati, bruciati, straziati e maciullati. I corpi della sua tribù. Un colato di vomito la percorse il ventre fino a liberarsi in un rigetto. Non poteva restare lì un minuto di più. Corse via. Era un sogno. Un incubo. Sì, stava dormendo e la febbre alta le aveva fatto fare quell'orribile sogno. Morti. Non potevano essere tutti morti. Chi avrebbe potuto fare una cosa così... così... Vomitò di nuovo.
Chi era stato? Perché? Cosa doveva fare? Dov'era suo padre?
Tra la paura e il disgusto Brynhild lo cercò di nuovo e il suo cuore si allargò di venti taglie. Era vivo. Suo padre era ancora vivo e lo sentì avvicinarsi. La stava cercando e Brynhild decise di rendergli le cose più semplici incamminandosi verso di lui.
Il lupo del re Amitola era grande quanto tre lupi e di un colore rosso più scuro di ogni altro lupo Hoenan. Le venature oro che caratterizzavano la stirpe reale, in lui si concentravano tutte sul capo, in una forma rotonda e morbida che spiccava in quel colore vinaccio, come una corona d'oro risplende al sole.
Brynhild gli corse incontro piangendo dalla felicità, ma non ebbe il tempo di far altro, neanche di dirgli che gli voleva bene.
- Il mio giorno fortunato. - Una voce lì interruppe. Anche se non lo conosceva affatto, Brynhild sapeva bene a chi apparteneva quella voce. Mikeal Mikealson. - Altri lupi reali e quelli più importanti, se poi di importanza si può parlare con voi abomini. -
Brynhild si voltò per guardarlo. Sentiva ogni particolarità della natura, ma stavolta in lui non riusciva a vedere niente. Solo un alone scuro e nient'altro, ed era la prima volta... no era successo con Kol.
Oh no! Mikeal era diventato come Kol, era diventato un mostro come lui. Cosa era successo? Chi aveva osato tanto? Quell'incantesimo era complesso e solo poche persone conoscevano come farlo e... Esther. Esther sapeva dell'incantesimo, ma come aveva potuto condannare due persone della sua famiglia, la famiglia che diceva di amare tanto, ad una immortale agonia come quella? Immortale, già, Esther aveva reso loro immortali, tutti loro? Aveva fatto questo a tutti i suoi figli e Niklaus? Aveva fatto questo anche a Niklaus, no, no, no... non poteva essere, Esther era stupida, ma non fino al punto di renderlo un vampiro anche sapendo della sua natura da licantropo, giusto. Niklaus... dove era suo fratello, doveva trovarlo e subito.
All'improvviso suo padre si lanciò davanti a lei e la sua grandezza la coprì tutta. La stava difendendo, perché?
Suo padre compì un lungo balzo verso Mikeal e gli atterrò sopra facendolo cadere a terra. Azzannò Mikael al viso facendo schizzare del sangue in varie direzioni. Brynhild non riusciva a credere a i suoi occhi. Non aveva mai visto suo padre usare la violenza e non credeva che ne fosse capace, ma fu certa di una cosa, era stato lui. Suo padre non avrebbe mai attaccato nessuno, non era nella concezione degli Hoenan nuocere agli altri, quindi quell'uomo aveva dovuto fare davvero qualcosa di grave. Come sterminare tutto il suo branco. Perché? Perché aveva ucciso tutti?
Mikeal resistette agli attacchi solo grazie alla forza che il male gli aveva concesso in cambio della sua anima e lo colpì. Brynhild vide la sua mano rompere la pelle dura da lupo di suo padre ed entrargli completamente nella pancia. Il re lanciò un acuto pianto di dolore e dimenandosi cercò di liberarsi, ma più si muoveva e più il sangue sgorgava dalla ferita scivolando sul braccio di Mikeal. Era in difficoltà, suo padre era in pericolo e fu più forte di lei. Corse per aiutarlo. Lei. Una bambina che non aveva mai ucciso neanche una mosca. Afferrò la parte del braccio di Mikeal rimasta fuori dal corpo di suo padre e le zanne trovarono difficoltà nel perforare quelle carni da demone, ma Brynhild ci riuscì. Il padre fu libero, ma il danno che gli aveva causato quel colpo era troppo grande anche per la guarigione veloce dei licantropi. Amitola si accasciò a terra senza poter fare altro. Brynhild lasciò stare il nemico, per accertarsi che il padre stesse bene. L'addome era squarciato in due e il sangue irrigava completamente la ferita gocciolando a terra. L'istinto del suo lupo la spingeva a stargli vicino, ma suo padre ringhiò forte. Le stava dicendo di scappare e di mettersi in salvo. Brynhild diede un occhiata a Mikael che in piedi stava guardando i fori dei suoi dentini, poi tornò a guardare suo padre, ma stavolta la morse. Lo fece così forte che Brynhild ritirò la zampa dal dolore. Era la prima volta che il padre si comportava così con lei e ne fu confusa. Amitola si alzò dolorante nella sua gigantesca statura, ringhiandole contro e facendole compiere dei passi indietro, ma lei non voleva andare, non voleva lasciarlo con quel mostro senza più una vita. Stavolta il re le saltò addosso e solo allora Brynhild scappò via. Corse più veloce che poteva fuggendo via, da quell'orrore, da quella paura. Corse e corse ancora fino a perdere la cognizione del tempo.
Un dolore la stese a terra. Non fu un attacco. Non fu Mikael. Era una scossa. La più pesante e la più dolorosa che avesse mai provato. Suo padre. Suo padre. Era morto.
Si trasformò e stesa a terra pianse. Ora che poteva farlo le lacrime le bagnarono il viso. Il fiato le si accorciò diventando sempre più breve. Le mancava l'aria. Era sola. Era rimasta completamente sola. Suo padre. Tutti. Erano tutti morti. Non riusciva... Non riusciva a respirare. Perché? Perché? Cosa avevano fatto per meritarsi questo? Nel dolore più forte che avesse mai sentito, le lacrime scorrevano dai suoi occhi senza interruzione, senza avere la necessità di battere le palpebre. Bagnarono il terriccio che pastoso le si attaccò al viso. Rimase lì. Stesa ad attendere Mikael. Ad attendere la morte che l'avrebbe portata via da quel dolore. Si arrese al nemico che non aveva mai provocato. Attese che la portasse via da quel mondo in cui era rimasta sola. Completamente sola.
No, non lo era.
Suo fratello. Lui era ancora vivo. Doveva avvisarlo. Doveva aiutarlo. Lei avrebbe trovato la soluzione a qualunque cosa era diventato. Questo pensiero la fece muovere. Si tirò su inginocchiandosi. Aveva il volto strisciato di lacrime che ancora non smettevano di scendere e davanti a lei una luna nascente rendeva il cielo nero come la pece. Avvolta dalla rabbia e da quel dolore più profondo, giurò. Giurò di non tirarsi mai più indietro. Giurò di non essere mai più codarda. Giurò di salvare suo fratello. Giurò di trovare un modo per uccidere Mikael. Sì, l'avrebbe ucciso.
Sarebbe diventata più forte di lui e con le sue stesse mani, gli avrebbe provocato la paura e la disperazione che le stava facendo provare, che aveva fatto provare a tutti i suoi cari, ma sarebbe stato mille volte peggio. Lo avrebbe fatto. A ogni costo.
- Divina Brynhild! -
I suoi occhi non riuscivano a vedere per le lacrime che rimanevano affisse alle iridi, ma si voltò verso la donna che la stava chiamando. Ayanna. La strega corse da lei e inginocchiandosi si tolse il mantello per poterla coprire. Brynhild appoggiò la testa alla sua spalla e pianse abbracciata all'unica donna che poteva considerare una madre.
- Perché? Ayanna perché? - Le chiese tra i singhiozzi mentre ora le mani di Ayanna le afferrarono il viso umido delle sue lacrime.
- Piccola mia. Il male è il male, senza nessuna spiegazione. -
Brynhild annuì senza realmente seguire fino in fondo cosa le stesse dicendo. La sofferenza le aveva annebbiato la mente.
- Niklaus? - Quella era l'unica cosa che le importava ora. Ayanna le asciugò le lacrime prendendosi del tempo prima di rispondere.
- Ho tentato di salvarlo, ma Esther ha trasformato anche lui. -
- COSA?! - Non poteva essere vero. No, suo fratello no. Era tutta colpa sua. Se solo gli avesse detto prima della sua vera natura. Se solo... le lacrime tornarono e quel dolore la spinse in una parte buia dell'universo, dove non esisteva niente all'infuori di quella pena.
- No. Divina Brynhild, ascoltami. - ma Ayanna la scosse forte e lei aprì di nuovo gli occhi - Non permettere al dolore di renderti una vittima, devi combatterlo. - gli occhi nocciola di Ayanna erano fermi su i suoi come se potessero leggervi dentro.
- Come? - Brynhild si asciugò i suoi occhioni blu e stavolta non abbassò lo sguardo. Voleva davvero non provare più quella sensazione.
- Chiederai agli antenati il permesso di diventare immortale... -
- Ayanna... che stai dicendo? - Non riuscì a credere a cosa le aveva appena detto. Come poteva trasformarsi in un demone come quello?
- Ascoltami! Gli altri licantropi superstiti hanno bisogno di te. Sei la loro principessa e sei l'unica che può salvarli. Devi ucciderlo prima che finisca di sterminare tutti i licantropi. -
- Ci sarà un altro modo. Se scelgo di dare la mia anima all’oscurità non potrò più tornare indietro. – obbiettò cercando di capire il come Ayanna non avesse pensato a tale conseguenza.
- Fidati di me. Chiedi alle anime dei tuoi antenati il permesso di rinunciare alla morte. Loro te lo daranno e non diventerai un demone come loro. -
Ayanna la guardò per lunghi secondi poi fu lei ad abbracciarla. Stava piangendo anche lei. L’uomo che aveva amato con tutta se stessa era stato appena ammazzato e per quanto volesse consolare la sua figlioccia, anche lei aveva un limite. Proprio lei che aveva rifiutato di rendere i Mikealson immortali, adesso stava dandole questa possibilità. Credeva davvero nelle sue parole e che nessuno avrebbe reso Brynhild schiava del sangue, o sensibile al suo sole, ma lei era solo una strega cosa ne poteva sapere. L’immortalità le avrebbe dato la forza per uccidere Mikeal esattamente nel modo che avrebbe voluto, ma l’avrebbe comunque resa una bambina per sempre. Non era comunque una maledizione?
Accettò.
Come le aveva detto Ayanna, gli spiriti antichi accettarono. Erano disposti a concederle la possibilità di essere immortale senza però rinunciare ai suoi poteri, doveva solo portagli la testa di chi era stato in grado di compiere tanto. Doveva uccidere Mikeal e per questo non si fermarono solo nel renderla l'unica nel suo genere. Le diedero un'arma potentissima, la potenza del sole. Con un solo gesto poteva neutralizzare ogni vampiro e renderlo cenere in un solo secondo. Così Ayanna la trasformò dando inizio alla sua nuova vita da essere indistruttibile.
“Basta ora svegliati.”
Non stava dormendo, ma doveva svegliarsi. Seguì quella voce che le aveva ordinato di svegliarsi e risalì quel tunnel buio in cui si trovava, ma incontrò un ostacolo. Non riusciva ad aprire gli occhi. Avvertiva il corpo pesantissimo ed era stanca, stanchissima e se si fosse lasciata andare avrebbe riposato...
- Finalmente. –
La svegliò più di quanto avesse fatto la voce di prima, perché quella era suonata in un modo strano e diverso. Chi era? Di chi era quella voce? Cercò di concentrarsi e in un attimo quella voragine nera tanto invitante si chiuse annullandosi del tutto. Non avvertiva niente, né tanto meno ricordava niente.
- Se solo tu non fossi mai nata, non mi sarei mai impegnata tanto per toglierti di mezzo e ora figlia mia, sarai morta e lo sarai per davvero questa volta. –
Figlia! Quella voce era indirizzata a lei? Tentò di muoversi, tentò di fare qualcosa, ma non succedeva niente. Era come se fosse fatta d’aria o peggio come se non ci fosse affatto, forse non stava neanche respirando. Però qualcosa lo riusciva a percepire, era in pericolo. Non poteva restare così in quella condizione, doveva fare qualcosa. Allora smise di capire l’identità di quella persona e tentò di cercarsi, di trovare se stessa. Dov’era? Chi era?  Io...
"Tu ti chiami Brynhild, sei la principessa Hoenan..." fu strano pensare quei pensieri, perché nella sua mente si materializzavano usando un’altra voce, una voce che non conosceva, la stessa che l'aveva fatta rinsavire dal sognare i suoi ricordi. Si, quelli erano ricordi. "Tuo padre è il re Amitola e tua madre è..." quella voce si interruppe di colpo. Qualcosa l'aveva fermata e Bry capì cosa l'aveva interrotta. Il terrore. Bastò ricordare chi fosse sua madre e il resto dei suoi ricordi la investirono. Provare terrore fu inevitabile e avvolse il suo corpo come un rovo di spine e pungeva da morire. Ora che ebbe finalmente coscienza di se, poteva fare qualcosa e il suo corpo rispose. Una scossa potente la fece vibrare tutta e anche violentemente. Il suo potere. Era nato dal ventre, la dove nasceva sempre e le si era sparso per tutto il corpo, come sempre, ma finì li. Niente onda, niente fulmini celesti o raggi solari. Niente.
- È inutile bambina mia, non c’è la farai questa volta. – la voce che l'aveva accolta da quel non risveglio era tornata a parlare e Bry la riconobbe. Era lei, Esther. Perché? Perché la sentiva? Era con lei? Era viva? Dov'era? Cosa le stava succedendo? Nel panico cercò di aprire gli occhi, ma le palpebre sembravano incollate tra loro.
- A me sembra completamente fuori uso, madre. -
- No, Finn. -
Un’altra voce. Chi era? Esther non era sola, con lei c'erano altre due persone, ora riusciva a percepire anche le loro aure.
La terza voce lo aveva chiamato Finn e a Brynhild quel nome non era nuovo, ne tanto meno quella voce stessa non le sembrava del tutto estranea, e poi c'era quella sensazione. Una sensazione che non aveva mai provato prima e per questo non riusciva a darle un nome.
- La senti vero? Questa sensazione di legame che hai con lei? E mio caro Kol non sarà l’unica cosa che potrai fare, ora prendila e andiamo. –
Kol. Ecco l'identità della terza persona, svelata dalla voce di Esther. Kol, conosceva questo nome. Chi era? Chi era Kol e chi era Finn?
"Sono il diavolo" la voce della sua testa le parlò di nuovo e stavolta la distinse a stento con le altre che parlavano attorno a lei. Fatto sta, che bastò quella piccola frase a portale un altro ricordo. Kol col viso insanguinato nella radura oscura e poi i Mikealson, tutti i Mikealson, compreso Finn. Subito dopo il comando di Esther, Bry sentì il suo corpo muoversi nell’aria, poi avvertì il contatto di quello che doveva essere il petto di chi la stesse scortando da qualche parte. Immune e completamente in mano al loro volere, Bry non poteva fare altro che acconsentire, perché davvero non riusciva a fare altro. Allora tornò a cercarsi, forse si doveva spingere più in là. Cosa aveva rimasto indietro? Cosa stava facendo prima di ritrovarsi lì? Io sono Bry, mio fratello è Klaus Mikealson e lui, lui ha bisogno di me. Questa volta non fu la voce estranea che usava la sua testa per suggerirle i pensieri a parlare, ma lei stessa e anche l'effetto fu diverso. Il corpo venne di nuovo colpito da una nuova scossa, stavolta più pesante e le palpebre le si aprirono. I suoi occhi ora vedevano e si vide in braccio a qualcuno. Nel modo in cui la teneva poteva osservarlo da vicino, con la testa appoggiata al suo torace poteva scrutarne i particolari. Un mento bianco diviso in due da una visibile fossetta. Il viso leggermente rettangolare. Occhi incorniciati da folte ciglia scure. La fonte alta e capelli del colore del cuoio scuro. Lo conosceva.
"Si, sono io. Kol. Ora chiudi gli occhi prima che Esther ti scopra."
Cosa?
Come era possibile?
La stessa voce che aveva ascoltato nella sua testa era la sua? Kol le stava parlando usando la psicocinesi o cosa? Come era possibile?
"Semmai telepatia, se vogliamo essere precisi."
Dalla sorpresa gli occhi che le si erano aperti con tanta difficoltà le si spalancarono.
"Chiudi gli occhi, ti ho detto."
Lo fece. Era lei? No, non stava usando la connessione, riusciva a stento ad aprire gli occhi. Allora cos'era? Come potevano comunicare tra loro con il pensiero? E perché Esther era ancora viva? E perché lo era anche Kol e Finn? E Klaus? Dov'era Klaus?
“Se la smetti un attimo di pensare, potrei esserti d’aiuto” Kol tornò a parlarle nella mente, e quelle frasi le fecero un effetto strano, come un leggero solletico. Si tranquillizzò, cerando di liberare la mente dai pensieri, ma... ma come si faceva? Come si poteva smettere di pensare. Fu una cosa strana, tutto era strano, ma ascoltare un’altra persona ridere nella tua testa sicuramente era un esperienza unica per non dire folle.
"Hai ragione, è una cosa folle. Facciamo così adesso ti mostro tutto, tu devi solo fidarti di me."
 
   
 
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