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Autore: Mother of Dragons    15/06/2018    1 recensioni
Ambientata diversi anni dopo l’avvenimento di Pokémon Bianco 2/Nero 2. Hilda ha circa 20 anni.
“Poco sapeva l’ingenua Hilda di coloro che, nel bene o nel male, avevano cambiato la regione ove viveva,se non da fugaci parole scambiate con Hilbert, il fratello gemello riconosciuto ormai come eroe e salvatore.
Ma nessuno come lei aveva provato a verificare, con l’occhio e con il cuore, che si potesse ben oltre andare agli archetipici ruoli di buono e cattivo, risonanti di favole oramai riflettenti una società svanita.
Ciò che l’apparentemente intrepido Hilbert non aveva mai avuto il coraggio di fare.”
Sono una dilettante che scrive per mero piacere,dunque potrei non risultare all’altezza di molti di voi,ma spero ugualmente vi possa essere gradita.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ghecis, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Era passata ancora un’abbondante mezz’ora, e Hilda non era ancora riuscita a prender sonno. La sua mente ancora abituata a quelle brevi dormite a contatto con gli umidi fili d’erba e i ruvidi ramoscelli probabilmente faticava ad assuefarsi a quelle lenzuola forse fin troppo morbide, ma la sensazione di tepore da esse proveniente difficilmente avrebbe impedito il riposo, anzi conciliandolo. Rigirandosi ripetutamente fra le pieghe della coperta, lei stessa si chiedeva cos’è che stesse tenendo sveglia la sua giovane mente, seppur non turbata o angosciata. Forse era ancora troppo presto? O lei si sentiva troppo lontana da casa sua? Era vero che, effettivamente, non aveva mai trascorso una notte così distante dalla propria ristretta stanza da letto dalle cui variopinte pareti si poteva sentir trasparire la rassicurante voce della madre, e dalla cui finestra ogni mattina un raggio di luce si posava delicatamente sul suo volto per svegliarla. Adesso era sola, volontariamente affidatasi a persone a lei sconosciute, cercando di fidarsi di coloro che per giunta avevano un tempo la nomea di individui inavvicinabili. Ma ciò la faceva sorridere, in qualche modo. Lei aveva avuto il coraggio di approcciarsi a loro di sua pura sponte, e ora stava anche godendo del privilegio di un alloggio decisamente più caldo e comodo rispetto a quello che chiunque altro poteva possedere. Fra una fugace perplessità ed un’altrettanto effimera sensazione di gratificazione, Hilda si sentiva come una principessa nel castello di un cattivo... Una principessa coraggiosa, che quasi si era rapita da sé, decidendo ella stessa di provare l’ebbrezza di trarsi in balìa delle mani di un malvagio ormai non più tale. “La vita non è una fiaba, Hilda. Lo so, sei ancora giovane e hai probabilità di correre un rischio forse eccessivo per la tua portata. Ma questo te lo devi ficcare in testa: chi vuole conoscere deve farlo di persona. In qualunque modo si mostrerà il soggetto della tua indagine, dovrai trovare un modo per reagire a riguardo.” Per lei era ormai il momento di gettar via il sentito dire, prospettandosi invece verso un allargamento dei confini della sua mente, un desiderio immane di conoscenza. “Sono certa che il perfido di ieri può benissimo essere l’eroe di oggi. Io, Hilda, ne darò la prova. E se così non fosse, perirò soddisfatta.” ...perirò soddisfatta. Un sussulto balzò improvviso nella sua mente, al seguito del quale un brivido le percorse la schiena, come fosse stato attivato da un ingranaggio. Cosa aveva appena mormorato, o magari solo pensato, colei che tanto coraggiosa si professava? Tanto il Team Plasma era ormai svanito da un bel po’ d’anni, se qualcuno di loro avesse celato ancora un’oscura trama sarebbe finito nuovamente nell’occhio del ciclone. Ormai era sicura che i suoi membri fossero redenti...certo, non se tutto ciò fosse una copertura per passare all’azione quando il popolo di Unima nemmeno se lo poteva aspettare. E lei, magari, sarebbe stata la prima, imprudente cavia di un loro eventuale piano. Non era quello il destino che lei aveva ed avrebbe scelto; tutte le sue certezze sul fatto che il Team avesse deciso di smettere con la sua politica di terrore per iniziare da zero sembravano divenire sempre più traballanti, la paura instillava in lei un impellente desiderio di scappare, il coraggio di così spericolate decisioni forse avrebbe fatto meglio ad essere sostituito da una vita più sicura e noiosa. Avrebbe dovuto fidarsi, alla cieca, di ciò che le avevano detto il giorno stesso i rutilanti servitori dinanzi all’imponente portone della villa? “...Non ne posso più...” Hilda si levò di scatto sul piede tremante, ormai sopraffatta dalla paranoia che non le permetteva il sonno e che le tarpava ogni speranza. Non poteva continuare a trascorrere la notte in tal modo, consentendo a paure probabilmente futili di drenare tutte le energie che aveva in corpo. “Andrò a bere un bicchier d’acqua. Devo calmarmi.” Dopo un paio di affannosi respiri, la ragazza s’incamminò verso il piano inferiore dimenticando le pantofole, mentre scostava delicatamente le disordinate ciocche brune dal viso ancora lucido. Spaesata in quell’ambiente così vasto, riuscì tuttavia ad adocchiare la porta aperta della sala da pranzo a cui era annessa la cucina, alla quale ella bramava al fine di inumidirsi la gola asciugata dall’ansia. “Ah ah, ancora in piedi, signorina Hilda? “ La furba, ma simpaticamente curiosa voce maschile emerse in quel vago silenzio, facendo di conseguenza roteare verso di sé il viso sorpreso di lei, che per poco non avrebbe rovesciato il bicchiere colmo d’acqua fresca. “...Oh cielo, chiedo venia, non avevo intenzione di spaventarla...” si scusò, ora più piano, l’uomo in pigiama nero sulla soglia della porta- “mi perdoni se l’ho colta troppo di sorpresa. ...Sete,anche lei?” “Si figuri, signore. S-sì...sete.” Hilda gli sorrise timidamente, come per rispondere allo stesso imbarazzato sorriso che lui aveva assunto. Anche il bicchiere d’acqua per il quale lei si era alzata senza indugiare era ormai stato accantonato dalla vista di quel candido volto genuinamente impacciato, contornato dai boccoli verdi, che pareva sfumare l’autorità- seppur mutata in bontà d’intenzioni- della sua figura in una protettiva dolcezza. “Prenda tutto il tempo che le serve,signorina!” L’uomo riprese ad assumere un tono ben più allegro, seppur privato di ogni cinismo, forse nell’intento di distogliere Hilda dal minuscolo incidente accaduto qualche secondo prima. “E non esiti a rivolgersi a me in caso di bisogno. Le auguro una buona notte, mia ospite!” “B-buona notte anche a lei, signore... La ringrazio ancora per l’ospitalità da lei fornita” gli rispose dunque un’Hilda ormai calmatasi, mentre oltrepassava a passo lento la soglia della sala da cucina per raggiungere nuovamente il letto e finalmente dormire senza alcun timore. Ghecis continuò a tenere fisso sulla soglia il suo sguardo, incuriosito quanto intenerito dalla giovane e timida ospite da lui conosciuta e accolta solo qualche ora addietro. Era come un onore, per lui, aver ricevuto una visita così spontanea dopo diversi anni di solitudine, accompagnata poi da un forte pentimento che non aveva, però, attecchito nei cuori di coloro che lo conoscevano, o forse neanche giunto alle loro orecchie. Aveva deciso, in un velo di prudenza un po’ timorosa, di ritirarsi nel suo privato, scortato da pochi fedeli che vollero perdonare lui e loro stessi. Nessuno più parlava del tanto acclamato, poi tanto temuto Ghecis, che ora poteva godere di un po’ di silenzio e di tranquillità, nei quali si dilettava a coccolare il proprio corpo fra aromi e rilassati pensieri, nonché a dedicare una generosa parte del suo affetto alle altrettanto raffinate figlie. Era provato, tuttavia, dal senso di solitudine che ancora non era riuscito a colmare; il suo muto volto rassegnato e reduce di un controverso passato non faceva trasparire che un misero barlume di speranza nei confronti della giovane castana, la quale avrebbe probabilmente soddisfatto il suo desiderio di compagnia almeno per qualche giorno. Eppure Hilda, adesso beatamente avvolta in quei soffici drappeggi di lino, pareva notare che il tormento da lui provato non era riuscito a scalfire l’eleganza e lo splendore che, tanto il suo corpo quanto la sua parola, non smettevano mai di sprigionare.​
   
 
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