Anime & Manga > Haikyu!!
Segui la storia  |       
Autore: ntlrostova    10/07/2018    1 recensioni
Pensò ai duecentomila yen che doveva raccogliere per i Lil Tykes. Pensò che Sawamura era uno studente dell’università. Pensò a se stesso e Iwaizumi, sei anni, o forse di meno, che si lanciavano un pallone e ridevano.
Era impossibile.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quando una disgrazia è accaduta e non si può più mutare, non ci si dovrebbe permettere neanche il pensiero che le cose potevano andare diversamente o addirittura essere evitate: esso infatti aumenta il dolore fino a renderlo intollerabile.
- Arthur Schopenhauer

 
______________


Potare le astilbe del giardino della signora Miura non era un’attività del tutto soddisfacente, ma il rosa dei fiori lo tranquillizzava tanto quanto la consapevolezza che sarebbe stato pagato. Era un bel giardino, e quando diede voce a quel pensiero — “Mi piace stare qui.” — in risposta ottenne un grugnito.

Iwaizumi aveva appena finito di tosare l’erba, e continuava a passarsi il dorso della mano sulla fronte e a grugnire.

“Fai schifo,” disse Tooru.

Iwaizumi non reagì con un grugnito, e Tooru ci rimase un po’ male, però sbuffò mentre andava a ritirare il denaro. Quando tornò indietro, il bottino stretto in un pugno, Tooru gli chiese, “Siamo ricchi?”

“Estremamente,” rispose Iwaizumi, e gli consegnò i mille yen guadagnati.

Era poco in confronto a duecentomila, ma era tanto in confronto a niente, e Tooru si sentiva forte. Ma perché non riusciva a trattenersi dall’essere irritante, disse lo stesso, “Quanto tempo ci vorrà ancora? Sono passate due settimane. Due! E sembrano, tipo, otto mesi.”

Iwaizumi, prevedibilmente, replicò, “Oh, Dio, vuoi stare zitto?” ma, prevedibilmente, stava ridendo.

 
______________
 

Tetsurou sbadigliò sonoramente, fino a far lacrimare gli occhi. Reclinando la testa all’indietro, si stiracchiò e lasciò andare un grugnito.

Faceva caldo e la frangia gli si era già incollata alla fronte per il sudore. Come se non bastasse era stato costretto a svegliarsi prima di quanto avesse voluto, perché quando ti impegni in una raccolta fondi il tempo è denaro e non puoi dormire fino a tardi anche se è estate e te lo sei meritato dopo tutto quello che hai patito durante il primo massacrante trimestre all’università.

E ora Bokuto lo stava facendo aspettare sul ciglio di una strada assolata e desolata.

Dio, tutto a Miyagi sembrava desolato.

Ma perché, perché si era messo in quella situazione?

Era tardi per scappare? Kenma ce l’avrebbe avuta con lui, dopo?

Tetsurou sospirò e affondò i pugni nelle tasche dei pantaloni. Notò un bambino fermo sotto un lampione, a qualche metro da lui, con una palla da calcio stretta tra le mani.

“Ti interessa la limonata?” gli chiese.

Il bambino trasalì e si voltò a scatti verso di lui. Si portò un indice al petto come a dire, Ce l’hai con me? e, quando Tetsurou annuì, si guardò attorno, sperduto. Lentamente, scosse la testa e si scostò di un millimetro più lontano da lui.

“Davvero?” insistette Tetsurou chinandosi verso di lui. “Noi ne vendiamo una davvero buona.”

Il bambino trasalì di nuovo, tenendo la palla stretta al petto. “Non ho sete.”

Tetsurou scrollò le spalle e scrutò la strada, a destra e a sinistra. Di Bokuto neanche l’ombra.

Prima o poi avrebbe dovuto insegnargli a leggere l’ora.

“Allora…” disse, sempre rivolto al bambino. “Ti piace il calcio?”

“Io non ti conosco,” fece il bambino, tremando leggermente.

“Neanche io,” fece Tetsurou. “Come ti chiami?”

“Io… devo andare, mia madre mi aspetta.” Il bambino lanciò due rapide occhiate e attraversò la strada. “Non seguirmi, per favore.”

“Bella chiacchierata!” gli urlò dietro Tetsurou.

“Ehi, Kuroo.”

Un bisbiglio alle sue spalle gli fece fare un balzo. Tetsurou strillò come quando a tredici anni era andato a vedere The Grudge da solo e di nascosto dalla madre.

“BOKUTO!” gridò, tenendosi una mano sul petto. “Lo sai che ho il cuore debole. E perché hai quegli occhiali scuri? E quell’impermeabile nero? Sono appena le nove del mattino e ci saranno già trenta grad-”

Shhhhhhhhh,” Bokuto allungò un indice verso le labbra di Tetsurou, che fece per parlare di nuovo, solo per essere zittito ancora.

“Sono in missione.” Bokuto ammiccò nella sua direzione al di sopra degli occhiali. La quantità di gocce di sudore che gli imperlavano la fronte cominciava ad essere preoccupante.

“Bokuto, ti stai sciogliendo. Togliti quella roba di dosso, altrimenti dovrò raccoglierti con una cannuccia.” Tetsurou allungò una mano nella direzione dell’amico per aiutarlo ad uscire fuori da quella trappola di plastica che si era infilato addosso, ma Bokuto lo scansò.

“Ascoltami, Kuroo.”

“Perché continui a sussurrare?”

“E’ una faccenda segreta,” disse Bokuto sottovoce.

Tetsurou lo squadrò indispettito dall’alto in basso cercando di capire se fosse serio, poi, con un pff di scherno, gli voltò le spalle e lasciò perdere la faccenda.

Faceva troppo caldo per discutere. Se Bokuto aveva deciso di morire, gli stava bene. Si incamminò verso il parco dove vendevano la limonata, consolandosi al pensiero dei cubetti di ghiaccio nel frigo portatile.

“Kuroo, Kuroo… Ehi!” Bokuto gli arrancava dietro, con un po’ di difficoltà.

Fa’ finta di non conoscerlo, Tetsurou.

“Kuroo!” Bokuto accelerò il passo e alzò il tono di voce, “Ehi, ehi, ehi! Kuroo, aspetta!”

Testsurou aveva intenzione di cominciare a correre, solo per farsi quattro risate, ma decise che non ne valeva la pena, dato che avevano già attirato l’attenzione di una vecchietta e una donna sedute su una panchina lì vicino.

“Cosa c’è?” chiese, voltandosi.

“Guarda cos’ho qui,” Bokuto ridacchiò e fece per sbottonarsi l’impermeabile.

Tetsurou guardò le espressioni orripilate delle spettatrici e afferrò il polso di Bokuto.

“Scusateci,” disse, rivolgendo loro un sorriso forzato. Ascoltò il borbottio delle due signore mentre si allontanavano e raggiungevano l’ombra di un albero diversi metri più lontano.

“Avranno pensato che stavi per vendermi qualcosa di illegale,” Tetsurou sghignazzò, incrociando le braccia.

“Oh,” disse Bokuto, sollevando un sopracciglio e guardandolo al di sopra delle lenti, “Quello che sto per mostrarti non è illegale, ma dovrebbe esserlo.”

Si sbottonò l’impermeabile e Tetsurou vide una gran quantità di bottiglie d’acqua depositate nelle tasche interne e tre confezioni di gavettoni infilate nella cintura dei suoi pantaloni.

Tetsurou scoppiò a ridere, tenendosi la pancia. “Cos’hai, cinque anni?”

Bokuto ghignò maliziosamente, poi lanciò qualcosa in aria. Mentre questo qualcosa tracciava la sua parabola in cielo, Tetsurou si rese conto con rammarico di quale fosse la sua natura e cercò di scappare. Bokuto gli aveva appena tirato un gonfio gavettone rosa contro.

Tetsurou stava per darsela a gambe, quando Bokuto schiacciò il gavettone a mezz’aria, come se stesse giocando a pallavolo e lo colpì tra le scapole, inzuppandogli la maglietta.

La risata di Bokuto tranciò l’aria e, anche se a Tetsurou quell’acqua fresca addosso non era dispiaciuta, si voltò minaccioso verso l’altro ragazzo. “E guerra sia.”

Si rincorsero lungo tutta la strada ridendo e scagliandosi contro gavettoni, fermandosi solo per fare nuove munizioni e per schivare i poveri passanti innocenti.

Una volta arrivati al parco erano ormai zuppi, le loro acconciature completamente rovinate. Avevano finito l’acqua e Bokuto era parecchio contrariato dal fatto di avere ancora parecchi gavettoni da usare. Ciò che non sapeva era che Tetsurou aveva una piccola sorpresa in serbo per lui. Teneva nascosto dietro la schiena un palloncino pieno d’acqua e aspettava il momento giusto per attaccare.

Bokuto camminava a grandi passi sul prato. Si era tolto l’impermeabile e l’aveva legato in vita, adesso gli pendeva lungo i fianchi e gli faceva da strascico.

Quando arrivarono in cima alla piccola collinetta alla cui base c’era lo stand della limonata, con Tsukishima e Yamaguchi già seduti ai loro posti, Tetsurou calpestò l’impermeabile, tenendolo inchiodato a terra con il piede.

L’amico perse l’equilibrio e cercò di riconquistarlo mulinando furiosamente le braccia.

Tetsurou gli diede una spintarella con la punta delle dita e Bokuto, con un urlo, prese a rotolare lungo la collina. Tetsuoru vide Yamaguchi sollevare lo sguardo nella direzione del trambusto prima di precipitarsi a rotta di collo lungo il fianco della piccola pendenza, sfruttando l’umidità dell’erba per scivolare e guadagnare velocità, e in poco tempo raggiunse l’amico, sdraiato supino in terra. Stringeva il gavettone in una mano.

Con una risata di trionfo, prima che Bokuto potesse alzarsi, glielo scaraventò in faccia, facendolo annaspare. “Dolce è la vendetta.”

Bokuto, ansimando tra gli accessi di risa, si sollevò sui gomiti e si sforzò di mettere su un broncio. “Mi hai pugnalato alle spalle.”

Tetsurou tese una mano verso di lui e lo aiutò a sollevarsi. “Non frignare, hai cominciato tu.”

Tsukishima si voltò nella loro direzione, un sorriso sghembo a tagliargli il volto. “Giornata umida, senpai?”

Bokuto, al suo fianco, abbassò la testa ed emise un basso grugnito. “Non ne sono sicuro, ma credo che ci stia prendendo in giro.”

Tsukishima rise e Tetsurou credette di vedere il sarcasmo trasudare dalla sua risata. La cosa lo infastidì parecchio.

“Yamaguchi,” disse Tsukishima, guardando Kuroo negli occhi e senza smettere di sorridere. “Per caso ha piovuto?”

Tetsurou vide Yamaguchi coprirsi la bocca con una mano per smorzare una risata. Allargando le braccia disse, “Fatti abbracciare, Tsukki.”

“Già, vieni qui.” Bokuto avanzava verso l’altro ragazzo a braccia aperte, distendendo e contraendo le dita, come ad invitarlo. Tsukishima, però, lo ignorò completamente, appoggiando il mento sul palmo della mano e sbuffando piano, come se l’intera faccenda lo annoiasse a morte.Come se poco fa non si stesse divertendo da matti.

Bokuto era così serio che Tetsurou dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere. “Che stai facendo?” gli chiese.

“Cerco vendetta, no?”

Yamaguchi emise un’altra risata nasale, ma la sua attenzione venne catturata dall’arrivo di un cliente, un bambino con una palla da calcio sotto il braccio.

“Ehi!” esclamò Tetsurou. “Io ti conosco.”

Il bambino, che si stava frugando in tasca in cerca dei soldi, sobbalzò.

Tetsurou si avvicinò a grandi passi. “Avevi detto di non avere sete.”

Il bambino si strinse nelle spalle. “Adesso sì”

“Oh, bene.” Tetsurou sorrise, sporgendosi oltre il tavolo. “Spero che ti piaccia.”

Il bambino lo guardò ad occhi sgranati, prese il bicchiere colmo di limonata che Yamaguchi gli aveva preparato e lasciò gli spiccioli sul bancone. Poi se la diede a gambe.

“Non so se sia giusto,” disse Bokuto. “Spaventare così i bambini.”

“Volete andare a giocare con lui?” chiese Tsukishima, di nuovo con quell’odioso sorrisetto sul volto.

Tsukishima.” Bokuto strinse i pugni e digrignò i denti. “Ripetilo se hai il coraggio.”

Tetsurou gli strinse una spalla e gli fece segno di smetterla.

Tsukishima, completamente indifferente alla minaccia, riprese a guardare il vuoto. Yamaguchi gli disse qualcosa e i due cominciarono a parlare, dimentichi di loro.

“So come vendicarci,” sussurrò Tetsurou.

“Non ti ho sentito,” disse Bokuto, a voce troppo alta.

Ovvio, proprio ora che dovevano essere il più silenziosi possibile si metteva a urlare. “Shhhhhhh,” lo zittì Tetsurou. “Ho un piano. Ascolta…”

In una manciata di minuti, spiegò all’amico cosa aveva intenzione di fare.

“Sei sicuro che Yamaguchi non si arrabbierà?” chiese Bokuto.

“E dai, non hai voglia di divertirti un po’?” ribatté Tetsurou. Quella fu la fine della discussione.

Bokuto andò a prendere il suo posto, in piedi vicino al cartellone e pronto a intercettare clienti. Iniziò fin da subito a sproloquiare a gran voce sulle proprietà benefiche della loro limonata.

“Questo ragazzo qui, signori e signore del parco,” diceva, indicando Yamaguchi. “Spreme i limoni in maniera esemplare.”

Sfruttando così la distrazione di Tsukishima e l’imbarazzo di Yamaguchi, Tetsurou aveva il tempo di trafugare delle bottiglie di limonata dal frigo portatile senza essere visto e di versarne il contenuto nei gavettoni, che nascondeva poi nelle tasche dell’impermeabile di Bokuto, poggiato su una delle sedie.

Una volta finiti i gavettoni e gran parte della limonata di scorta, Tetsurou iniziò a pentirsi e a dubitare della moralità di quell’azione, ma si sforzò di scrollarsi il senso di colpa di dosso. Ormai era fatta, e non c’era spazio per le esitazioni.

I clienti erano stati veramente pochi, considerando i convincenti discorsi di Bokuto, ma l’amico aveva fatto bene il suo lavoro, concentrando l’attenzione degli altri due ragazzi su di sè.

Quando Bokuto smise di parlare per un secondo, Tetsurou gli fece segno di avvicinarsi.

“Allora, sono stato bravo?” gli chiese, quando fu vicino, guardandolo con occhi scintillanti di aspettativa.

“Sì, Bokuto.” Tetsurou gli batté una mano sulla spalla. “Sei il migliore.”

Bokuto ridacchiò e incrociò le braccia. “Lo so.”

“Adesso prendi dei gavettoni dall’impermeabile,” gli disse Tetsurou, dopo essersi accertato che Yamaguchi e Tsukishima non stessero ascoltando.

Proprio in quel momento il fratello di Tsukishima, Akiteru, fece la sua comparsa abituale. Da quando avevano iniziato la raccolta fondi, due settimane prima, quel ragazzo era venuto a comprare un bicchiere di limonata regolarmente. Ogni tanto portava gli amici, o una ragazza, e un paio di giorni era tornato più di una volta: lo stand della limonata guadagnava migliaia di yen grazie ad Akiteru.

La bevanda nella brocca da versare ai clienti era finita e Yamaguchi doveva riempirla di nuovo. Bisognava agire in fretta, prima che qualcuno si accorgesse delle bottiglie mancanti.

Tetsurou incitò Bokuto ad essere più veloce e prese due gavettoni a sua volta.

Quando furono armati si avvicinarono di soppiatto a Tsukishima, che stava parlando con il fratello, mentre Yamaguchi guardava nel frigo e corrugava le sopracciglia. Tetsurou annuì verso Bokuto, poi lanciò i gavettoni. Quattro palloncini ricolmi di limonata esplosero addosso a Tsukishima.

“Vendetta!” esclamarono Tetsurou e Bokuto all’unisono e il loro grido risuonò nel parco prima che un silenzio glaciale calasse attorno a loro.

 
______________

               
“Whaaa, Tanaka-san!” esclamò Hinata. “Che figo!”

Tobio doveva ammettere che la rapidità con cui Tanaka strofinava i finestrini era davvero sorprendente. Li faceva brillare in men che non si dica e riusciva anche ad occuparsene di due contemporaneamente. Le sue braccia si movevano velocissime, tanto da lasciare solo una scia nell’aria.

“Ha, ha, ha!” Tanaka si fermò per un secondo, asciugandosi la fronte con il dorso della mano. “Sono nato per questo lavoro.”

Aveva deciso di venire all’autolavaggio perché il chiosco dei baci non aveva funzionato granché e perché Iwaizumi aveva abbandonato Tobio e Hinata mormorando di non riuscire a sopportare i loro continui battibecchi.

“Voglio provare anch’io,” esclamò Hinata, mollando il secchio ricolmo d’acqua che trasportava a fatica proprio quando Tobio stava per offrirsi di aiutarlo.

Mentre Tanaka istruiva Hinata, Tobio prese il secchio da terra, osservando i due da lontano e andò svuotarlo nella grata alla base della strada in salita che avevano scelto come posto di lavoro.

In realtà era stato Iwaizumi a sceglierlo perché sapeva che c’era una pompa dell’acqua che potevano usare pagando poco il proprietario e perché, in questo modo, tutta l’acqua sarebbe defluita dal fianco dell’altura direttamente nel tombino.

Quella mattina avevano avuto solo un cliente, della cui auto si stavano occupando Tanaka e Hinata.

Iwaizumi preferiva lavorare da solo, perciò, quando c’era lui, Tobio e Hinata passavano un sacco di tempo insieme e, per questo, trovavano anche tutti i motivi possibili per litigare. Quindi, forse era meglio che adesso l’attenzione di Hinata e la sua energia fossero rivolte verso Tanaka.

Tobio si incamminò lungo la salita, il secchio vuoto che gli ballonzolava al fianco, quando un’auto griffata, forse una Lamborghini, gli sfrecciò accanto e andò a fermarsi sulla spianata in cima alla strada.

“WOHAAAAA!” esclamò prevedibilmente Hinata.

Tobio raggiunse la Lamborghini in tempo per vedere un uomo in giacca e cravatta uscirne. Parlava concitatamente e gesticolava in maniera frenetica. Sembrava che stesse conversando con l’aria, ma poi Tobio si accorse che aveva degli auricolari nelle orecchie.

“Ti ho detto che sto arrivando,” disse. “Non puoi farlo aspettare un’oretta?”

Hinata osservava la costosa auto con tanto d’occhi, muovendosi a gran velocità da un punto all’altro della macchina per poterla guardare da punti di vista diversi, non mascherando la propria ammirazione.

Tobio doveva ammettere che era un’auto impressionante e non poté fare a meno di fissarla a sua volta.

Il cliente terminò di parlare negli auricolari e salutò Tanaka stringendogli la mano. “Mi serve che splenda dentro e fuori e ne ho bisogno tra un’ora. Pensate di farcela?”

Tanaka annuì con vigore, senza riuscire a spiccicare parola.

L’uomo gli consegnò le chiavi, li salutò distrattamente e si avviò a piedi lungo la discesa, premendo un pulsante sugli auricolari.

“Ho detto fra un’ora, devo ancora comprare le bibite…”

“Pensate che sia l’autista di qualche pop idol?” chiese Hinata coprendosi la bocca con entrambe le mani.

“Idiota,” disse Tobio. “Che ci farebbe un pop idol qui a Miyagi?”

“Kageyama.” Hinata sventolò una mano in aria. “E’ ovvio. Ci verrebbe in vacanza. Miyagi è un posto bellissimo.”

Se doveva essere sincero, Tobio non trovava niente di entusiasmante nella prefettura in cui vivevano. Stava per ribattere proprio questo quando Hinata si allontanò da lui e catturò l’attenzione di Tanaka.

“Tanaka-san, mi occupo io di questa,” disse, riferendosi alla Lamborghini.

Tanaka emise un sospiro incerto. “Hai un bel coraggio, Hinata. Io ho paura che si graffi solo a guardarla.”

“Ci penso io ad evitare che combini guai,” intervenne Tobio

Tanaka si grattò la nuca, combattuto, poi si strinse nelle spalle. “Massì,” disse, indicando il van rosso che aveva alle spalle. “Io finisco quella e poi vengo a dare una mano. Ma non trasformatela in una competizione, capito?”

Tanaka porse le chiavi a Hinata, ma le ritirò immediatamente prima che l’altro potesse prenderle. “Capito?” disse, squadrandoli entrambi in cagnesco.

“Sì, Tanaka-san,” esclamò Hinata e, finalmente, prese le chiavi. Le guardò e un sorriso determinato gli si disegnò sul volto. “Io pulisco gli interni.”

“Che?” ribatté Tobio. “Volevo farli io, quelli.”

“Tu non hai il telecomando.”

“Tu non sai come usarlo.”

“Certo che lo so.” Hinata prese ad armeggiare con il telecomando legato al mazzo di chiavi che gli tintinnava tra le mani. “Devo premere questo pulsante, o questo… Mh, forse questo!”

“Da’ qua,” sbraitò Tobio e gli prese il telecomando dalle mani. Premette uno dei pulsanti a caso, e le luci dell’auto lampeggiarono.

“Eh?” fece Hinata. “Finiscila di sorridere a quel modo. Fai paura.”

Hinata fece per aprire la portiera, ma Tobio gli afferrò il lembo della maglietta e lo tirò lontano.

“Io ho le chiavi,” disse e tirò la maniglia del conducente. Hinata lo spinse di lato, facendogli perdere l’equilibrio e cadere sul lastricato.

“Idiota!” urlò.

“Ehi, voi due!” gridò di rimando Tanaka. “Che cosa vi ho appena detto? Fate a turno.”

Tobio si rialzò da terra, raddrizzandosi la T-shirt. Hinata era seduto dietro al volante della Lamborghini. “Oi, Kageyama!” esclamò, sporgendo la testa fuori. “Quando sarò il miglior giocatore di pallavolo del Giappone avrò una macchina come questa. E tu te la potrai sognare.”

Tobio emise uno sbuffo di scherno. “Non arrivi ai pedali.”

“Come ti permetti?” disse Hinata agitando il pugno. “Guarda che li tocco e che quando avrò preso la patente sarò molto più alto.”

Tobio andò a girare la manopola per attivare la pompa d’acqua, poi la tirò fino alla macchina e puntò il getto contro Hinata che lo prese in piena faccia e annaspò.

“Smettetela subito!” gridò Tanaka. “Ma non avete imparato niente?”

Tobio si scusò con Tanaka, poi prese a strofinare il parabrezza, cercando di imitarlo nella velocità, mentre Hinata si occupava di lucidare con uno strofinaccio umido gli interni. Anche se, più che lavorare, sembrava che stesse curiosando in tutti i cassetti.

Quando Tobio ebbe riempito un secchio di acqua insaponata si rivolse a Hinata attraverso il vetro ripulito. “Io vado a svuotare questo, quando torno farai meglio ad essere uscito da lì.”

Hinata soffocò ciò che stava per dire con un pfft divertito. “Che paura, Kageyama-kun.”

Tobio si limitò a fissarlo per qualche istante, fino a quando Hinata non cambiò espressione, poi per la seconda volta quel giorno, si avviò lungo la discesa per versare l’acqua nel tombino.

Erano passate due settimane e Tobio e Hinata non facevano altro che litigare. A Tobio non dispiaceva discutere e fare a gara e, come gli aveva detto Hinata due settimane fa: Noi non facciamo sul serio. Aveva accettato di far parte della raccolta fondi perché era importante per lui. Tuttavia non poteva negare a se stesso che era da quando l’estate era iniziata, da quando Hinata gli aveva chiesto come l’avrebbe passata, quella sera piena di stelle, che Tobio sperava di trascorrere del tempo con lui. Voleva parlargli, ma non sapeva cosa dirgli e voleva stare in silenzio e ascoltarlo e sederglisi accanto, spalla contro spalla. Voleva tutte quelle cose, ma non sapeva come ottenerle. Forse Tsukishima aveva ragione, forse era davvero lui l’idiota.

“Kageyama!” Il grido di Hinata lo riscosse dai suoi pensieri. “Spostati, va’ via di lì!”

Stava correndo a rotta di collo giù dalla spianata e urlava come un pazzo. Tobio spostò lo sguardo in cima alla salita, e capì perché. Sgranò gli occhi quando vide la Lamborghini scendere a retromarcia verso di lui e guadagnare velocità. Si faceva sempre più vicina, sempre più vicina.

Più su, notò Tanaka che strillava e gesticolava. Tobio sapeva di doversi scansare, lo stava ordinando al suo corpo, ma le gambe non si muovevano.

Poi si sentì strattonare di lato e vide arancione e perse l’equilibrio.

Mentre sbatteva sul lastricato, un boato di vetri infranti e lamine di acciaio distrutte si riversò tutto intorno.

Hinata era sdraiato supino accanto a lui, ansimante. Si alzò di scatto su un gomito e tastò il petto di Tobio, incredulo.

“Oddio,” sussurrò, con un groppo in gola, prima di sdraiarsi di nuovo, lasciando andare un grosso sospiro.

Tanaka li raggiunse in gran fretta e si piegò con le mani poggiate sulle ginocchia, tossendo per via del fumo che li avvolgeva. Aprì più volte la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse, sconvolto.

Si passo le mani sulla testa, freneticamente. “State bene? Oh, mio… Che avete fatto?”

Tobio si alzò a sedere, tremando come una foglia, e vide cosa era successo. La Lamborghini era completamente devastata, spiaccicata contro il muro. Il secchio di plastica che Tobio teneva in mano pochi secondi fa era andato in pezzi.

Se non fosse stato per Hinata, ora Tobio sarebbe stato lì, tra l’auto accartocciata e il muro, ridotto a una maceria.

 
______________


Yuu camminava, anzi, correva, trascinandosi dietro il guinzaglio. Spostava lo sguardo dappertutto, veloce come un bolide, più veloce, ma niente.

Com’era potuto succedere?

Per le strade e i vicoli di Miyagi, sotto il sole di mezzogiorno, le poche persone presenti osservavano Yuu passare loro accanto come una furia e sollevavano le sopracciglia, sorpresi.

Forza, pensava, guardando tra i cespugli.

Forza, e le sue scarpe da ginnastica calpestavano il lastricato con un ritmo frenetico.

Forza, e non gli veniva in mente niente, niente, niente.

Dove sei?

Yuu andò al parco, supponendo che lì avrebbe avuto più fortuna.

“Puchi!” urlava, incurante delle coppiette sdraiate all’ombra dei salici. “Puchi!”

Continuò a strillare quel nome fino a quando uno scampanellio raggiunse le sue orecchie e dalle fronde dei salici comparve, come attraverso una tenda, la testa di Yachi.

“N-Nishinoya-senpai?” disse. “Che ci fai qui?”

Yuu notò la presenza di Kyoko che osservava la scena al di sopra della spalla di Yachi.

“Ho bisogno del vostro aiuto,” disse, mostrando loro il guinzaglio per cani che si era portato appresso. “Ho perso un cane.”
 

______________
 

Note:
Oof, questi otto mesi sono sembrati due settimane. A chiunque stia leggendo: scusa.
Vi vogliamo ancora bene. Voi?
Seconda parte domani (✿◠‿◠)

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: ntlrostova