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Autore: anyaccia    07/07/2009    0 recensioni
Jacob Black vive con i genitori, Billy e Sarah, nella riserva indiana di La Push. Frequenta il liceo con gli amici Quil ed Embry e la sua passione è aggiustare auto...per ora!
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan, Jacob Black
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Tornato a casa notai un paio di persone sotto il portico, e la macchina del capo della polizia, Charlie Swan, parcheggiata nel

Tornato a casa notai un paio di persone sotto il portico, e la macchina del capo della polizia, Charlie Swan, parcheggiata nel vialetto. Era uno dei migliori amici di mio padre, spesso loro due e Harry Clearwater andavano a pesca insieme, e non si perdevano una partita del campionato di football.

 

Parcheggiai il pic-up fuori dal garage e poi raggiunsi gli altri in casa.

“Ecco Jacob” sentii papà che faceva il mio nome.

Mi avvicinai e vidi che stava parlando con Charlie.

“Ciao Jacob

“Ciao Charlie, tutto bene? Era tanto che non ti vedevo da queste parti.

“Ho avuto un po’ da fare negli ultimi giorni. Non vivo più da solo ora, c’è mia figlia con me. Ti ricordi di Bella?”

“Vagamente...eravamo piccoli credo, l’ultima volta che l’ho vista.”

“Credo sia in cucina con Sarah, perché non vai a salutarla?!”

 

Entrai in casa, mia madre stava cucinando, sentivo un buon profumino provenire dai fornelli. La raggiunsi e vidi che parlava con una ragazza.

“Oh Jake, sei arrivato!” mi fece uno dei suoi più radiosi sorrisi e mi presentò la nostra ospite “Ti ricordi di Bella Swan?”

“Più o meno, credo siano davvero molti anni che non ci vediamo. Ciao Bella.

 

Ed ecco che un paio di grandi occhi marroni, di una dolcezza disarmante, puntò l’attenzione su di me. Rimasi un pochino imbambolato mentre mi parlava.

“Ciao Jacob. In effetti l’ultima volta eravamo dei bimbetti, eh eh eh!”

 

Allungò la mano, timidamente, per salutarmi. Se ben ricordavo aveva un paio d’anni più di me, ma il suo viso di porcellana era quello di una ragazzina, con le gote rosa, come le labbra. I lunghi capelli scuri le ricadevano sulle spalle. Era vestita semplicemente, con dei jeans e una camicia rossa. Non mi era mai successo prima di soffermarmi così a lungo su certi particolari, guardando una ragazza, ma lei era diversa da tutte le altre. Soprattutto era completamente diversa dalle ragazze di La Push, che si distinguevano per la pelle naturalmente scura, lo sguardo fiero e gli occhi neri, così come i capelli, lisci come la seta. Come le mie sorelle.

Le strinsi la mano, e la sua pelle era morbida e liscia, sembrava così delicata al confronto delle mie manone, abituate a sporcarsi di grasso per motori e impugnare attrezzi da meccanico. In quel momento, nel breve contatto che ci fu, la guardai negli occhi, e non riuscii a scorgerne il fondo. Sembravano talmente profondi che avrebbero potuto assorbire una persona, farla perdere al loro interno. Erano magnetici e bellissimi.

Quell’attimo incantato venne spezzato dal vociare dei nostri padri che rientravano in casa per mettersi a tavola.

Bella si sedette accanto a me, così potemmo chiacchierare per tutta la durata della cena. Mi raccontò che era tornata a Forks, dove era nata, perché sua madre si era risposata e presto sarebbe partita col suo nuovo marito, un giocatore di baseball, per lavoro in giro per il paese. Così lei aveva deciso di lasciarli al loro girovagare, per passare del tempo con Charlie, e per finire il liceo.

L’ascoltai attentamente mentre mi spiegava che il clima di Forks non le era mai parso idilliaco, ma che dopotutto per una persona di carnagione così chiara, era l’ideale, un rischio in meno di scottarsi.

 

“Certo qui difficilmente prenderai un’insolazione!” le dissi scherzando. “Oggi comunque è stata una giornata particolarmente soleggiata, cosa rara da queste parti”.

“Sì, è vero”disse sorridendo, e il discorso si concluse lì.

 

Finita la cena, lei a Charlie uscirono in giardino con Billy; li seguiii e scoprii che la nuova proprietaria del pic-up era proprio Bella. Ero piuttosto entusiasta della novità, un po’ perché ero fiero di aver riparato a dovere quel rottame, rendendolo un mezzo di trasporto di tutto rispetto. Un po’ perché questo creava una sorta di piccolo legame tra noi.

Salii con lei in macchina e le spiegai qualche trucchetto necessario per farlo partire, e per non farlo ingolfare. Ad un tratto, per caso, entrambi appoggiammo le mani, che si sfiorarono, sulla leva del cambio. Per una frazione di secondo sentii come una scossa elettrica percorrermi il braccio. Non so se lei se ne accorse, ma mi sorrise, e ritrasse la mano.

Una volta che Bella e Charlie se ne furono andati mi chiusi in camera mia, a pensare.

 

  
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