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Autore: _Destinyan_    10/07/2018    1 recensioni
Inghilterra, 1945.
Antonio ha vissuto tutta la sua vita in un orfanotrofio, vorrebbe che la gioia trovata lì non finisse mai. Sarà però costretto a dover affrontare la realtà una volta capito che cosa significa crescere, conoscere il mondo... e affrontare qualsiasi tipo di viaggio pur di rivedere Lovino.
Genere: Angst, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giugno 1958

Inghilterra

Antonio saltò nella macchina, nel posto dietro. Ancora non riusciva a credere ai suoi occhi. Guardò verso il finestrino con sguardo perso e pensò a tutte le cose non dette ad Arthur, al fatto che probabilmente non si saranno mai più rivisti, sarebbe stato difficile da accettare. Da piccoli non andavano affatto d’accordo e ancora adesso Antonio non riusciva a capire perché fossero amici, eppure Arthur gli sarebbe mancato. Forse in un momento del genere nella sua vita fu come una salvezza.
“Allora, sei pronto?” Francis disse facendo tornare Antonio sulla terra.
“Sì, vai pure.” Rispose di fretta. La ragazza si girò e gli sorrise mentre Francis mise in moto la macchina.
“Antonio, perdonami, non ho ancora avuto ancora l’occasione di presentarti la mia fidanzata.” Francis disse, guardò, dallo specchietto retrovisore centrale con gli occhiali da sole, Antonio.  La ragazza sorrise “Mi chiamo Jeanne!” Disse lei, girandosi e allungando la mano verso di lui. “Francis mi ha detto che siete amici dall’infanzia.”
“Già.” Antonio disse sorridendo e stringendo la mano della ragazza. Aveva i capelli corti, castano chiaro, mossi e gli occhi azzurri. Due orecchini di perla le brillavano sulle orecchie ed indossava una camicetta bianca con un pantalone a vita alta celeste chiaro. Sia lei, sia Francis erano sempre così ben vestiti e apparenti. Antonio aveva una semplice camicia a maniche corte infilata nel pantalone, i capelli ricci sempre in disordine, non faceva una bella figura. Anche la macchina, con i sedili rivestiti in pelle e lucidata perfettamente all’esterno, Antonio si sentiva un po’ geloso. La coppia stava chiacchierando già da un po’ ormai, mentre Antonio rimase in silenzio a ragionare, era troppo ansioso. Mancavano ancora due ore di macchina prima di arrivare in aeroporto, e non sarebbero passate così velocemente. Francis si mise a raccontare qualche aneddoto e Antonio rideva divertito a quelle storie, lo stesso fece lui. Arrivò un momento in cui nessuno sapeva più cosa dire e quindi Jeanne accese la radio.
“Ho voglia di ascoltare un po’ di musica.”
“Sono d’accordo.” Antonio disse subito.
Per raggiungere un canale che si sentisse per bene Jeanne dovette smanettare con la piccola valvola un paio di volte, poi finalmente…
“Love me tender
Love me sweet…”

Jeanne esultò “Oh, Elvis!” si girò per guardare Antonio “Ti piace?”
“Sì, certo.” Ovviamente gli piaceva “Non ascoltavo questa canzone da almeno un anno!” Sorrise.
“..Never let me go
You have made my life complete
And I love you so”

Jeanne tornò a sedersi comoda e sorrideva godendosi la canzone, Antonio guardò verso il finestrino e osservava il paesaggio scorrere e si rese conto che quella canzone gli faceva pensare a Lovino.
“All my dreams fulfilled
For my darling I love you
And I always will”

Continuava a pensare ad ogni momento, ogni lettera, la foto che aveva ancora con sé. “Stai pensando a qualcuno, Antonio?” Jeanne disse in tono gentile all’improvviso. Antonio si rese conto di star sorridendo mentre guardava il nulla. Arrossì violentemente e Jeanne rise, non voleva prenderlo in giro, era solo una domanda innocente in realtà. A prenderlo in girò ci pensò Francis prima di essere sgridato dalla fidanzata.
Mancava ancora un’ora all’aeroporto e stavano cantando tutti e tre ad alta voce Mr.Sandman. Francis e Jeanne erano molto bravi, Antonio anche se la cavava. I finestrini spalancati, le sigarette accese, con il sole di giugno che batteva sull’asfalto, le loro voci che si disperdevano nell’aria. Finalmente il tempo cominciò a passare velocemente.
Quando arrivarono all’aeroporto i capelli di Antonio erano più indomabili del solito, i boccoli di Francis invece erano rimasti intatti. Antonio rimase sbalordito da quello che vide, non aveva mai visto un aereo da così vicino, né tanto meno un aeroporto. Aspettarono nella sala d’attesa e Antonio guardò un aereo decollare, capì di avere paura di volare in quel preciso istante. Lo stomaco si tappò e la sua gamba si agitò nervosamente. “Non credo di voler prendere l’aereo.”
Jeanne vedendo il suo volto pallido cercò di calmarlo “Tranquillo, Antonio, non ti succederà nulla. Diglielo anche tu, Fr-”   Quando si voltò verso il fidanzato, notò che anche Francis non aveva una bella cera e rise di gusto, poggiò le sue mani sulle ginocchia di entrambi “Andrà tutto bene, tranquilli.”
“Certo, certo.” Francis disse mentre fissava un altro aereo decollare.
Arrivò il loro turno dopo una lunga attesa, Jeanne salutò Francis con un baciò e abbracciò Antonio, prese le chiavi della macchina e si allontanò. Sarebbe rimasta a guardare l’aereo partire.
Antonio rimase affascinato per tutto il tempo e quando si sedette al suo posto, si trovò accanto ad uno sconosciuto. Un uomo di mezza età che successivamente russò per tutta la durata del viaggio. Quando Antonio si voltò per vedere la situazione del suo amico, scoprì che quello si era addormentato sulla spalla di una donna che cercava in tutti i modi di spostarlo. Antonio si trattenne dallo scoppiare a ridere, non vedeva l’ora di raccontarlo a Francis quando sarebbero scesi.

Germania

Al termine del viaggio, Antonio ancora rideva per quello che era successo a Francis che provava a zittirlo invano. Dopo aver ripreso i bagagli si trovarono spaesati in un grande aeroporto, circondati da tedeschi che non parlavano la loro lingua.
“E ora che si fa?” Antonio chiese mentre si guardava attorno.
“Dovrebbe esserci Gilbert ad aspettarci da qualche parte.” Rispose l’altro “… Spero.”
Francis si incamminò verso l’uscita e Antonio lo seguì velocemente. “Sei sicuro di quello che stai facendo?”
“Non proprio.” Rispose un po’ spaventato.
“Cosa ha risposto Gilbert alla lettera?” Continuavano a camminare.
“Non era chiaro su questo punto.” Disse mentre si grattava la nuca. 
“FRANCIS!” Antonio esclamò.
“Tony, Tony…” Francis si voltò a guardarlo “Tranquillo, è tutto sotto controllo.”
Le persone continuavano a passare e nessuna traccia di Gilbert. Antonio non sapeva bene come descrivere i suoi sentimenti, non ci aveva mai pensato, ma… forse Gilbert non lo aveva ancora perdonato per essere sparito all’improvviso, in ogni caso non avrebbe potuto spiegarglielo. “Dannazione.” Disse sottovoce.
Francis, che lo aveva sentito, si voltò “Antonio, qualche problema?”
“Tranquillo.” Disse “Sono solo un po’ nervoso.” Provò a parlare in modo tranquillo.
Si trovavano finalmente all’uscita dell’aeroporto, cercarono e si guardarono intorno. Antonio poggiò le valigie e notò un telefono pubblico. “Francis, dammi il numero di Gilbert, c’è una cabina telefonica lì.”
“Ehm…”
“Cosa?”
“Non è stato molto chiaro neanche su questo punto.”
Antonio tornò accanto alle sue valigie “E adesso?”
“Ok, fammi ragionare…” Francis brontolò. Guardò oltre la spalla di Antonio e spalancò gli occhi. “E quello chi è?” disse a bassa voce.
“Chi?” Antonio chiese spaventato mentre guardava Francis.
“Dietro di te.” Rispose. Antonio provò a girarsi. “No, aspetta, così sembriamo troppo sospetti.”
“Che devo fare?” Antonio era ancora più spaventato ora.
“Girati, ma con calma.”
“Ok?” Antonio si girò guardando in aria, facendo finta di nulla. Poi notò un ragazzone imbarazzato con i capelli biondi tirati indietro con del gel e gli occhi azzurri, i lineamenti spigolosi, in mano un cartello con scritto “Antonio e Francis?”. Il moro si voltò e sorrise. “Quello è Ludwig!” “
L’altro spalancò gli occhi “Cosa?!” cercò di sforzarsi “Io lo ricordavo… diverso.”
“Non lo vedi da troppi anni.” Antonio rise. “Andiamo!” Presero le valigie e si avvicinarono sempre di più. Il biondo si voltò e fece un sorriso accennato.
“Ludwig!” Antonio urlò e gli corse incontro per abbracciarlo.
“Oh.. ehm…” Disse Ludwig con la voce bassa, mentre dava una pacca sulla spalla impacciata ad Antonio “Ciao.” Antonio lasciò la presa e lasciò Ludwig ricomporsi.
 Francis lo guardò “Ma tu almeno ti ricordi di me?” rise, mentre fissava il ragazzo sbalordito.
“Sì, certo.” Ludwig non sapeva bene come rispondere “Non perfettamente, sono passati 10 anni almeno.” Fece una piccola pausa e poi parlò di nuovo “Chiamo un taxi per farci portare a casa.” Si avviarono e Ludwig fece come aveva detto. Quando il taxi arrivò caricarono le valigie e salirono in auto. Francis e Antonio passarono il tempo a guardare dal finestrino la città e a scherzare con Ludwig, che sembrava ancora imbarazzato.
“Che avete fatto in questi anni?” chiese Antonio per rompere il ghiaccio.
Ludwig alzò le spalle “Nulla di particolare, tutto normale.” Poi chiese “Voi due invece?”
“Io mi sono dato al teatro e sto già progettando il mio matrimonio per l’anno prossimo.”  Francis disse eccitato. “Auguri allora!” Disse Ludwig educatamente.
Antonio sorrise “Anche io nulla di che, ho fatto vari lavori, ma quello più importante è stato quello nella libreria.” Ludwig sorrise imbarazzato, sembrava non sapesse cosa dire, Antonio trovava carino il suo essere così timido.
Dopo una mezz’oretta di macchina Ludwig ci avvertì che eravamo nelle vicinanze “Scendiamo ora allora, arriviamo a piedi.” Francis propose e io annuii. Ludwig allora parlò al taxista.
 “Du kannst hier aufhören” Disse e la macchina si accostò. “Auf wiedersehen” disse mentre scesero dalla macchina. Francis ripeté con lui con un accento tedesco fintissimo.
Con le  valigie e chiacchierando, arrivarono dopo dieci minuti circa davanti ad un palazzo. “La nostra casa è al terzo piano.” Disse Lud mentre aprì la porta.
“Oh, wow.” Francis e Antonio dissero all’unisono mentre guardavano il palazzo.
“Gilbert sarà felice di vedervi, questa mattina era molto agitato.” Lo disse abbozzando un sorriso e Francis e Antonio si guardarono, Antonio era molto nervoso, Francis solo eccitato.
Arrivarono davanti al portone verde e Ludwig suonò il campanello, dopo pochi secondi Gilbert aprì la porta. Non era cambiato di una virgola. Regalò ai suoi vecchi amici un sorriso splendente e iniziò ad urlare con la sua voce gracchiante. Ludwig lo pregò in tutti i modi di farlo zittire o sarebbero stati rimproverati dai vicini. “Venite dentro, forza!” i due entrarono. Casa di Gilbert e Ludwig era una casa modesta, un lungo corridoio con tre stanze. Il salone che era collegato all’ingresso, una cucina, una camera da letto e un bagno. Ludwig invitò Antonio e Francis a sedersi sul divano. Era un divano marrone che aveva l’aria di essere un po’ vecchio. Antonio vide un giradischi con alcuni vinili poggiati accanto. Gilbert chiese cosa volessero da bere, Antonio rispose acqua, ma si ritrovò un bicchiere di birra. “Oh, grazie?” disse quando l’albino glielo porse, ridendo. Gilbert si sedette su una poltrona lì accanto e iniziarono a chiacchierare.
“Allora, cosa avete da dirmi?” disse sorridendo.
Francis fu il primo ovviamente a parlare e iniziò a parlare di tutta la sua vita, come aveva già fatto con Antonio, ma questa volta in modo più teatrale. Nel frattempo con una mano teneva il bicchiere con l’alcool e con l’altra la sigaretta accesa. Gilbert vedendo la situazione prese il suo pacchetto di sigarette e ne accese una e poi disse “Di solito non fumo mai, per via di Ludwig, non sopporta l’odore, ma questa volta capirà, abbiamo ospiti.” Antonio ne prese una e si unì anche lui. Gilbert, come Antonio, non era un fumatore incallito, ma quando ne aveva l’occasione non se la faceva sfuggire. Francis parlò per almeno mezz’ora e fece ridere Antonio e Gilbert molte volte, poi fu il turno dell’albino. Gilbert annunciò di lavorare come cameriere in un ristorante, mentre Ludwig voleva dedicarsi alla scrittura. Non aggiunse molto, comunque Antonio sapeva già tutto, si erano visti fino a quando lui non andò via.
Poi fu il turno di Antonio di raccontare. Guardò Gilbert, e sentì lo stomaco contorcersi. Cosa si sarebbe inventato?
“Da dove posso partire?” si schiarì la gola “Quando sono andato via io… ho raggiunto la città.” E guardò nuovamente Gilbert, che abbassò lo sguardò e sospirò.  “Gilbert, mi dispiace…”
“Ehy, no, no tranquillo, ormai è passata!” Gilbert agitò le mani.
Antonio rispose subito “No, davvero…”
Francis li guardò confuso “Cosa mi sono perso?”
Gilbert e Antonio si guardarono, come se stessero decidendo a chi toccasse il compito di spiegare la situazione. Antonio decise di parlare.
“Il giorno in cui lasciai l’orfanotrofio, in realtà sarei dovuto rimanere in paese, Gilbert era riuscito a trovarmi un posto in cui stare e lavorare.” Guardò verso l’albino che sorrise amaramente “Quel giorno invece di raggiungere il paese, cambiai strada e andai verso la città.” Guardò Francis che alzò solo le spalle.
“Hai avuto un grande coraggio, sicuramente.” Antonio non si aspettava una risposta diversa da parte di Francis.
Gilbert rimase in silenzio, poi parlò “Perché?”
Antonio si morse le labbra, gli dispiaceva così tanto, non avrebbe potuto nemmeno spiegare la verità. E poi ricordare quel giorno gli faceva così male, e gli faceva così male pensare di nuovo a Lovino. Inventò quindi una scusa. “Volevo andare via e iniziare da capo, ne sentivo il bisogno. Mi dispiace non averne parlato fin da subito con te e gli altri, Gilbert.”
Gilbert sorrise e gli diede una pacca sulla spalla “Ormai è passato.” Si alzò “Se volete scusarmi.” E andò verso il bagno. Antonio sospirò, sentiva gli occhi di Francis scrutarlo e quando lo guardò, scoprì che il suo amico stava sorridendo. “Non sai dire le bugie, Toni.” Disse.
“Cosa?!” Antonio esclamò. Era così evidente?
Francis rise di gusto “Tranquillo, non mi interessa sapere il reale motivo. Forse è Gilbert che ce l’ha ancora con te.”
Antonio alzò gli occhi al cielo. Gli dispiaceva davvero essere andato via senza preavviso, ma Gilbert non poteva restare arrabbiato con lui per il resto della sua vita. Si alzò e andò verso il balcone, voleva stare qualche minuto da solo, Francis non fece nulla se non continuare a godersi la sigaretta e la bibita.

***

Per le prossime notti Francis e Antonio avrebbero dormito uno sul divano e uno su una brandina, vecchia e scricchiolante, che Ludwig aveva messo nel salotto. Dopo aver cenato (Una cena preparata esclusivamente da Gilbert), chiacchierarono un poco, ma Antonio decise di andare a dormire presto dato che si sentiva troppo stanco. Le ultime cose che sentì prima di chiudere gli occhi furono lo scricchiolio della brandina e la risata di Gilbert.

***

Vienna

Lovino e Feliciano, finalmente diplomato, passavano le giornate estive insieme, dal mattino fino alla sera ora che il fratello non aveva più impegni di nessun tipo. Avevano aspettato almeno due settimane dal diploma di Feliciano prima di parlare con sua madre del fatto che sarebbero partiti. Lovino si rendeva conto che forse ne avrebbero dovuto parlare prima, ma Feliciano non era mai pronto, e ormai era il momento.
Un pomeriggio Lovino era come al solito seduto al bancone a disegnare, mentre invece Feliciano puliva il pavimento e Roderich metteva in ordine. La campanella sulla porta suonò e Lovino, il quale non sapeva davvero come comportarsi in quelle situazioni, preso dall’imbarazzo si dimenticò di salutare. Roderich salutò al suo posto e i suoi occhi viola lo fulminarono. Ogni volta si rendeva conto di non sentirsi affatto a suo agio e forse non era così benvenuto. Elizabeta gli diede una pacca sulla spalla “Tranquillo, lo sai Roderich com’è antipatico a volte.” Disse sorridendo.
Lovino alzò gli occhi al cielo “Non comportarti come se mi conoscessi.”
Elizabeta sospirò. Il ragazzo si voltò a guardarla “Più tardi dobbiamo parlarti di una cosa.”
La donna spalancò gli occhi “Tu e Feli?”
“Solo Lovino!” Feliciano disse di fretta spaventato. Lovino lo guardò con la bocca spalancata e l’altro alzò le spalle in risposta.
“Certo, va bene. Stasera a casa me ne parlerai.” Disse lei allontanandosi per andare dal cliente da poco entrato.
Feliciano disse a bassa voce, mentre passava la scopa accanto al bancone “Scusa.” E Lovino roteò gli occhi di nuovo.
Al tramonto Feliciano e Lovino tornarono a casa prima di Elizabeta e Roderich. Vienna era colorata con colori aranciati e rosa. Godettero dell’aria fresca che si avvicinava con la sera e parlarono un po’ durante il tragitto. Spesso passavano ragazzi della loro età, con le biciclette mentre tornavano a casa magari, Feliciano quando li vedeva per qualche motivo sorrideva, oppure ammirava con meraviglia ogni angolo della città, Lovino pensò che forse era un po’ deprimente passare l’estate a lavorare nel proprio negozio di famiglia con il proprio fratello italiano appena uscito dall’orfanotrofio, si sentì in colpa per Feliciano, ma non disse nulla di tutto questo. Era davvero frustrante sentirsi una palla al piede.
“Vuoi un gelato?” Feliciano disse verso di lui all’improvviso. Ravanò nelle tasche del pantalone “Ho qualche soldo qui dentro.”
“Non cenerai più così.” Lovino disse consapevole che sarebbe successo come le ultime tre volte.
Feliciano rise e lo spinse verso il locale “Tranquillo, stavolta mangerò!”
Quando arrivarono a casa Feliciano iniziò a preparare la cena, mentre Lovino andò in camera. Si sedette sulla scrivania del fratello e rimase a pensare a quello che avrebbe potuto dire ad Elizabeta. Non doveva essere rude, quella sarebbe stata la parte più difficile. “Nessuna parolaccia, non essere sgorbutico, sii educato.” Si ripeteva a solo mentre continuava a pensare. “Cazzo!” Alla fine esclamò. Sospirò rumorosamente. Perché doveva essere sempre tutto così difficile per lui?
“Lovi, vieni a darmi una mano!” Feliciano lo chiamò dalla cucina, lo raggiunse per preparare la tavola e in quel momento tornarono Elizabeta e Roderich. Si andarono a sistemare un pochino e poi tornarono per cenare.
“Quindi… Di cosa dovevi parlarci Lovino?” Roderich chiese mentre tagliava la carne.
Lovino si strozzò con il suo boccone “Oh, sì…” si ricompose “è una cosa importante.”
Elizabeta e Roderich smisero di mangiare “Cos’è successo ragazzi?” chiese la donna, guardando i fratelli.
“Nulla, nulla.” Feliciano disse subito. “Dobbiamo solo chiedervi un favore.” Guardò il fratello in aiuto e l’altro si schiarì la gola.
“Io e Feliciano stavamo pensando… di…” Abbassò lo sguardo “Andare in Italia.”
“Però verrò a trovarvi ovviamente!” Aggiunse subito feliciano. La coppia rimase immobile e in silenzio.
Lovino alzò lo sguardo e vide Elizabeta, di fronte a lui, a bocca aperta. “Ehm…”
“Cosa?” Roderich disse subito mentre si aggiustava gli occhiali. “Perché volete andare in Italia?”
“Per la nostra famiglia, dovrebbe esserci nostro nonno paterno lì.” Lovino spiegò e si passò una mano fra i capelli. “Mi sono documentato in ogni modo possibile mentre ero in orfanotrofio.”
Roderich guardò verso sua moglie, la quale sospirò “Siete forse impazziti?” il tono di Elizabeta era molto freddo. “Santo cielo.” Esclamò.
Lovino e Feliciano si guardarono spaventati. Feliciano provò a parlare, ma venne interrotto di nuovo dalla madre. “Ne riparleremo. Ora fateci prima ragionare…” Roderich alzò gli occhi al cielo e poi guardò male Lovino, il quale si coprì il volto con la mano.
Nessuno parlò, nessuno disse una parola. Roderich si alzò e andò in camera, Elizabeta mise in ordine la cucina e poi seguì il marito, a Lovino e Feliciano non restava che andare nella loro camera. Feliciano andò alla scrivania, Lovino si lanciò sul letto. “Che facciamo se dicono di no?” Feliciano chiese.
“Andiamo comunque.”
“Lovi?!”
“Hai sentito bene.” Si mise su un fiancò e si mise a guardare oltre il vetro della finestra “Sono venuto fino qui a prenderti.”
“Ma Lovino…” Feliciano si lamentò. Lovino non gliel’avrebbe fatta vincere.
“Perché non vogliono lasciarti andare?” chiese alla fine “Non lo capisco.”
“Perché si preoccupano per me, fratello.”
“Io posso prendermi cura di te!” Lovino disse “La mamma si fidava di me, voleva che io stessi attento a te, che ti consolassi.” E gli tornarono alla mente i ricordi riguardanti la madre. I pomeriggi passati nel giardino con lei, mentre cantava. Feliciano non rispose più e si mise a disegnare.
“Cosa disegni?” chiese Lovino in tono scontroso.
Feliciano disse in tono gentile “Dei fiori.”
“Mh, immaginavo.” Lovino continuò a guardare verso la finestra. Lui poteva prendersi cura del fratello, non aveva bisogno di Elizabeta e Roderich. Chiuse gli occhi e si addormentò.

“Bella ciao, bella ciao.”

In Inghilterra le cose sarebbero andate meglio.

“E seppellire lassù in montagna.”

“Dov’è papà?”

La mamma tossiva sempre più forte.

“Oh bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao”

Lovino era spaventato, la mamma ora era a terra, il papà ormai non c’era più, Feliciano non smetteva di piangere.

“Seppellire lassù in montagna…”

Un portone, molto grande, il più grande che Lovino avesse mai visto. Diluviava, era notte. La mamma tossiva. Bussò alla porta.
Lovino disse mentre teneva la gonna della mamma “Mamma…” nel frattempo la sua mano e quella di Feliciano si strinsero sempre di più.


“Sotto l’ombra di un bel fior.”

“Lovino, prenditi cura di Feliciano.”

“Prenditi cura di Feliciano.”

“Lovino.”

Quando gli occhi si spalancarono Lovino aveva il fiatone e il cuore gli batteva fortissimo. Si era ricordato di quel momento, quella notte di fine Marzo, in Inghilterra. Il suo cuore non si fermava più. Si alzò in piedi e trovò Feliciano a dormire sulla scrivania, si affacciò e vide il disegno finito. Un vaso pieno di fiori gialli. Si allontanò senza svegliarlo e quando raggiunse la cucina trovò Elizabeta.
“Lovino?” Disse lei a bassa voce “Che ci fai sveglio?” La donna stava bevendo un bicchiere d’acqua.
“Io..” sbuffò “Ho fatto un brutto sogno.” Scosse la testa. Suonava davvero stupido detto da uno della sua età.
“Possiamo parlare?” la donna chiese. Lovino alzò le spalle e i due si sedettero al tavolo. “Lo sai perché io venni all’orfanotrofio, Lovino?”
“Per adottare un bambino immagino…” Disse lui, quasi in modo maleducato. Elizabeta rise, forse per imbarazzo.
“Ricordi quello che ti dissi in cortile? Che se ti avessi spiegato perché volevo adottare un bambino non avresti capito perché eri troppo piccolo?”
“Sì, lo ricordo, più o meno.” Gli tornò in mente la scena, molto sfocata.
“Ecco, Lovino, io… ” Elizabeta esitò qualche secondo “Non posso avere bambini.” Concluse.
Lovino si sentì terribilmente in colpa per quello che disse tanti anni prima a Elizabeta. La donna continuò a parlare. “Io e Roderich abbiamo desiderato per così tanto un bambino, abbiamo aspettato e aspettato, ma nulla. Quando finalmente arrivò eravamo così felici… Ma ho perso il bambino.” Lo disse mentre gli occhi diventavano più lucidi. “Ci volle un anno per convincermi ad adottare un figlio. Rod mi pregò. Quindi raggiungemmo l’orfanotrofio…” Lasciò in sospeso la storia “Per il resto sai come sono andate le cose.” E sorrise.
Lovino aprì la bocca per dire qualcosa, ma si tirò indietro. Non si aspettava nulla del genere.
“Vedi… Feliciano è stato come un raggio di sole nella nostra vita.” Elizabeta continuò a parlare “Arrivò e rese tutto felice. Con i suoi giochi, i disegni, il canto.” E iniziò ad elencare tutti i pregi di Feliciano e questo fece roteare gli occhi a Lovino. “Per questo… l’idea di vederlo partire mi fa stare male.”
Lovino si morse le labbra e guardò in basso “Andrò da solo se necessario.” Fece per alzarsi, ma Elizabeta lo interruppe. “Non ho detto questo.”
Il ragazzo tornò a guardarla negli occhi, mentre lei continuava a parlare. “Potrà venire con te, Lovino. Mancherà terribilmente sia a me, che Roderich, ma prima o poi doveva accadere. Sono contenta che tu sia con lui.” Sorrise dolcemente, e il suo sorriso riscaldò Lovino. “Devi promettermi una cosa.”
“Sì?”
“Prenditi cura di Feliciano.” Disse con una voce dolce, che nelle orecchie di Lovino somigliava a quella della madre. Trattenne le lacrime e si alzò in piedi. Elizabeta prese un sorso di acqua dal suo bicchiere.
“Torno a dormire, domani darò la notizia a Feli.” La donna lo interruppe nuovamente.
“Mi sarebbe piaciuto avere due figli.” Lovino si voltò e gli occhi iniziarono a fargli male perché non riusciva più a trattenere le lacrime. “Perché non sei mai venuto con noi?” Lo disse in tono triste questa volta.
“Perché… io… Non volevo rimpiazzare la mia famiglia.” La voce si spezzò alla fine. Si rendeva conto che se forse avesse seguito suo fratello fin dall’inizio le cose sarebbero state diverse per lui. “Buonanotte.” E quando raggiunse la camera, chiuse la porta e scoppiò in lacrime. Scoppiò in un pianto liberatorio, e alla sua mente tornarono tante di quelle cose, alla madre, al padre, ad Antonio, e lì pianse ancora più forte, pensò alla signorina, ad Elizabeta e poi guardò Feliciano, sulla scrivania a dormire.
“Prenditi cura di Feliciano.” Disse ad alta voce, e rise della situazione. “Ma che diavolo mi prende?” e si lanciò di nuovo sul letto.

***

Germania

Erano passati alcuni giorni da quando Francis e Antonio avevano raggiunto la casa di Gilbert. I due erano già stati accompagnati a visitare la città. Gilbert a volte li lasciava a casa da soli per andare a lavoro, mentre Ludwig restava a casa per lavorare al suo libro.
Era l’alba. Antonio, ancora in pigiama, andò sul balcone per ammirare lo spettacolo. Lì trovò anche Ludwig, che leggeva un libro. “Ehy Lud, anche tu non hai dormito stanotte?” gli chiese mentre chiudeva la finestra, per non svegliare Francis.
“Io in realtà mi sveglio a quest’ora.” Disse tranquillamente e sfogliò una pagina.
“Ah..” Antonio disse semplicemente. C’era da aspettarselo da un tipo come Ludwig. Abbassò lo sguardo e lesse “Feliciano” su un pezzo di carta. Quello che Ludwig aveva in mano non era un libro, ma una specie di taccuino. “Aspetta un momento…” Antonio mormorò e Ludwig chiuse di fretta il quaderno.
“Cosa?” Chiese arrossendo.
“TU SEI..” Poi abbassò la voce ricordandosi di Francis nella stanza “Sei in contatto con Feliciano?”
“Diciamo di sì.” Disse alzando le spalle.
“Ma è fantastico!” Antonio disse entusiasta.
Ludwig lo guardò in modo strano “Antonio… posso fidarmi di te?”
Antonio sbatté le palpebre velocemente “Ma certo!”
Il tedesco guardò in giro, poi di nuovo Antonio “Io e Feliciano ci siamo incontrati…” Antonio aprì la bocca e sorrise, ma Ludwig lo zittì “Non ti spiegherò tutti i particolari.” Disse in modo diretto. “Però ci siamo incontrati, a Vienna e…” poi smise di parlare. “No, questo non posso dirtelo. Arrossì un pochino e Antonio non capiva perché si stesse comportando in modo strano, ma rimase in silenzio ad ascoltare. “Diciamo che nell’ultima lettera che mi ha mandato… Mi ha detto di essere con Lovino.”
Il cuore di Antonio iniziò a battere all’impazzata “Lovino è con Feliciano? A Vienna?”
“S-sì, a quanto pare.” Si aggiustò i capelli biondi, che non erano acconciati e quindi aveva la frangetta davanti la fronte. “E…”
“Aspetta, aspetta.” Antonio lo zittì “Come sta Lovi? Che ha detto di lui? Insomma intendo… voglio sapere i particolari!” Iniziò a fare domande a raffica e sentì lo stomaco agitarsi sempre di più.
“Antonio, aspetta un secondo, non è questa la cosa importante.” Ludwig sospirò.
Antonio arrossì e rise “No, no, certo, non è questa la parte importante.” Invece lo era eccome, voleva sapere tutto di Lovino.
“Mi ha detto che raggiungeranno l’Italia insieme. E ha chiesto se voglio raggiungerlo.” Ludwig continuò a spiegare, e inarcò un sopracciglio quando vide che Antonio ormai sorrideva senza rendersene conto. “Ti senti bene…?”
“Sì, ma ascolta, Lovino andrà con lui in Italia?”
“Certo.” Alzò le spalle e poi spalancò gli occhi quando Antonio si abbassò così da ritrovarsi faccia a faccia. “Stanno andando dal nonno.” Ludwig disse quasi spaventato.
Antonio gli afferrò le spalle “Lud, devi andare assolutamente!”
“Non so Gilbert come possa prenderla…” Cercò di spiegare.
“Verrò io con te.” Antonio esclamò. Ludwig sorrise lievemente.
“Grazie, Antonio…” Il ragazzo si alzò in piedi “Ne parleremo a Gilbert appena possibile. Ma potremo raggiungerli sono quando avremo loro notizie.”
Antonio sorrise “Sì.” Non sarebbe riuscito a spiegare in parole quello che provava, avrebbe rivisto Lovino sicuramente, tutto grazie a Ludwig, grazie a Feliciano, a Gilbert, a Francis e ad Arthur. Non poteva essere più grato di quello che gli era capitato.

***

Vienna

“Gli hai detto tutto?” Lovino chiese a suo fratello mentre mangiavano il solito gelato, lungo la solita strada.
Feliciano si chiuse timidamente nelle spalle “Veeh, io…”
“Feliciano!” esclamò l’altro. “Dovevi dirmelo.”
Fratello, mi dispiace. Ma ero così felice e io e Ludwig volevamo rivederci così tanto. Quando venne a trovarmi ci siamo promessi…”
Lovino alzò gli occhi al cielo. “Ti prego, risparmiati le smancerie!”
Feliciano si mise il broncio “Stavo solo dicendo che ci siamo promessi di incontrarsi, non poteva restare a Vienna con me!”
“Fammi capire… è venuto a Vienna solo per incontrarti, ma non poteva restare?”
“Come poteva?” Rispose con un’altra domanda “Nessuno può sapere di questa storia!”
Lovino si mise una mano tra le sopracciglia “Mi sta dicendo che una volta arrivati in Italia dovremo avvertire Ludwig per farlo arrivare dalla Germania in modo da poter stare con te senza che Elizabeta, Roderich e Gilbert lo sappiano?” Guardò suo fratello mentre si gustava il suo gelato.
“Sì, esatto.” Rispose semplicemente.
Lovino scoppiò, stranamente, a ridere. “Che cazzo… Ok, va bene, credo?”
Feliciano gli saltò al collo, rischiando di far cadere il gelato “Grazie, Lovi!” E poi continuò a camminare allegramente. Lovino scosse la testa e si rese conto di quanto il fratello fosse fortunato.
Lui invece Antonio non lo avrebbe più rivisto.







----Angolo dell'autrice----
Mi sono fatta aspettare di nuovo. Che dire?
Esami finiti, esate appena cominciate.
   
 
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